LA VOCE DEI POVERI: La VdP maggio 1962

Il Dovere di essere vivi

Risentiamo ancora - ma forse è una presenza permanente legata, connaturata al nostro esistere umano - il mistero della Morte del Venerdì Santo e il riposo sotterra, calmo e silenzioso, di pace vera perchè colmata di accettazione totale e di speranza sicura, del Sabato Santo. E' meraviglioso il Sabato Santo secondo la nuova liturgia: il suo silenzio profondo, la sua pace solenne, il vero riposo dopo la fatica e il riposo sereno dell'attesa. E' il giorno che ci dice come è il nostro giorno sotto la terra: Sabato Santo uguale a quello in cui Dio si è riposato dopo la Creazione, uguale a quello di Gesù sotto terra dopo il compimento della Redenzione.
E la dolce e incredibile gioia della Resurrezione. Come per il ritrovare una sicurezza che sembrava perduta. Un riprendere coscienza che la vita realmente esiste, che può vincere e sopraffare qualsiasi apparenza contraria. E la certezza ritorna chiara e aperta, decisa e forte..
Bisognerebbe che fossimo capaci di mantenere e incessantemente vivere questa sensazione di vita. Forse anche sensazione fisica perchè la Fede deve riflettere le sue sicurezze anche nel nostro corpo, nella nostra vita concreta di uomini e di donne che vivono in mezzo a tutti.
Il Cristianesimo deve darci, deve comunicarci di poter essere vivi, realmente viventi. C'è una parola che ci riguarda e di cui dobbiamo dare la testimonianza. «lo sono venuto perchè abbiamo la vita e l'abbiamo abbondantemente» (Gv. 10, 10).
La Sua Presenza in noi (e la Fede in Lui e l'Amore, la Grazia, i Sacramenti, la Chiesa vogliono dire che la Sua Presenza è in noi) deve essere sovrabbondanza di vita.
Forse è facile ridurre o limitare questa sovrabbondanza di vita solo alla vita soprannaturale o alla vita eterna. E' certo che questa è la vera vita e è questa vita che dobbiamo cercare e avere in sovrabbondanza infinita. Però rimane vero che questa sovrabbondanza debba riflettersi anche in pienezza di vita umana.
Crediamo fermamente che il Cristianesimo è attuazione piena e totale dell'esistenza umana. E' comunicazione di totalità perfetta di vita anche su un piano umano. Perchè il suo ordine di Valori è secondo il Pensiero di Dio, perchè è redenzione di tutta la realtà umana, perchè è Dio vivente nella storia, perchè è la Natura umana unita alla Persona del Figlio di Dio.
E' dal Cristianesimo che nasce chiaro e profondo e terribile il dovere di essere vivi.
Una vitalità - e è un raccogliere tutta l'esistenza, da un filo d'erba fino a una stella, da ogni battito di cuore fino al movimento dell'universo, e è un vivere ogni attimo, un approfondirsi dell'intelligenza e un colmarsi di Amore - una vitalità che deve essere rivolta interamente in lode di gloria a Dio. E il Cristianesimo è questo sacro Sacerdozio che consacra incessantemente attraverso il Mistero di Gesù Cristo, tutta la vita dell'umanità e dell'universo a Dio.
Una rivalità rivolta a offerta e donata ad ogni uomo e a tutti gli uomini come potenza di Amore, come chiarezza di Verità, come Speranza sicura. E il Cristianesimo è questo pugno di lievito capace della forza di lievitare tutta la massa umana.
Una vitalità incontenibile che mi colma e mi trabocca, mi invade e mi sopraffa fino a straripare al di là delle sponde spaventosamente troppo ristrette del mio cuore, dell'anima mia e dell'attimo troppo breve della mia vita.
Questa vitalità è il semplice dovere di essere vivi cristianamente, cioè è il semplice dovere di consentire a Dio di poter essere in noi secondo l'onnipotenza del Suo Essere Dio. E' il semplice dovere di accettare tutto il Mistero di Gesù: il Suo essere vivo, vivente di tutta la pienezza di Uomo-Dio dopo la Resurrezione.
E siamo invece più morti che vivi. Abbiamo quasi paura della vita. La sentiamo come un pericolo. Camminiamo circospetti e timorosi.
Non si può dire evidentemente che tutta una ascetica sia sbagliata e tutta da rifare, ma nemmeno è giusto pensare che il Cristianesimo vive di paure, è tutta una difesa, una rinuncia. Bisogna essere capaci di sofferenza e di sacrificio, di mortificazione e dì respinte, ma è tutto per poter essere padroni di noi stessi e quindi perchè cresca in noi la misura della nostra libertà. Perchè poi questa libertà ci dia possibilità di vita vera, di essere autenticamente vivi, uomini concreti, sinceramente presenti, in pieno diritto a stare a questo mondo per la consapevolezza di avere molto da dare.
E' meravigliosa quella parola di Gesù che ci accerta che la nostra libertà ci potrà venire soltanto dalia Sua Verità. «Se persevererete nei miei insegnamenti sarete veramente miei discepoli, conoscerete la Verità e la Verità vi farà liberi» (Gv. 8, 31 ).
Il Suo essere Uomo-Dio, risorto da morte, vivo e vivente di vita perfetta e totale che ci occupa, ci prende, ci conquista liberandoci così da noi stessi per un farsi Lui noi fino al punto da avere in noi la Sua Vita e la Sua Vita in sovrabbondanza, perchè tutta la Sua Vita.
E' così che i cristiani sono vivi, presenti nella storia, attivi nell'impegno umano, testimonianza vivente di una vitalità che si allarga e si espande a colmare tutta l'esistenza.
E' terribile, è spaventoso che invece anche per noi il nostro essere vivi, sia perchè abbiamo valori umani, importanze, cariche e onori e è sacrilegio che ci sentiamo vivi perchè abbiamo dei soldi, per il conto in banca e l'amico onorevole.
Non può bastare sentirci vivi perchè abbiamo salute e forza e stiamo godendoci giorni di vita, è, se non altro, troppo poco essere vivi per il buon appetito, per una donna accanto, per un tuffo in mare o perchè è il sole.
E è penoso cercare di essere vivi a base di boccette e di pasticche o di una cura ormonica e pretendere che il medico faccia miracoli e rimanere sbalorditi e risentiti perchè le medicine non fanno sempre effetto.
Perchè non accettiamo di morire? L'essere vivi per noi non vuol dire non morire. Non può non farci paura morire, ma non può che essere paura puramente animale, istintiva, paura che dovrebbe essere vinta dalla sicurezza che «la vita non viene tolta, viene soltanto cambiata» come canta la liturgia.
Il dovere di essere vivi. La nostra vita è come un meraviglioso sogno di Dio. Ha creato la nostra vita materiale. In questa vita materiale ha fatto respirare la vita umana dell'intelligenza e della volontà comunicando spirito di vita eterna raccolto dal Suo Essere Spirito senza principio e senza fine. E insieme ha donato all'uomo la Sua Vita intima, ha donato il Suo Essere Dio facendolo partecipe della Sua Natura divina. Si è fatto Uomo, e Dio ha vissuto la vita umana e l'uomo è entrato e è unito alla Persona del Figlio di Dio e quindi la natura umana è nel circolo vitale della Trinità. Ci nutre questa vitalità divina diventata nostra realtà d'esistenza e di destino col Suo Corpo e col Suo Sangue, vivi e viventi della Sua Vita...
Fino a poter ben dire: «Colui che crede in Me, come dice la Scrittura: fiumi d'acqua viva scorreranno dal suo seno». (Gv. 7, 38).
Confessiamo di essere spesso che rigagnoli, appena pozzanghere o cisterne male stagnate. E qualche volta fontana inaridita e terra riarsa.
Allora chi ha sete dove potrà andare per dissetarsi?


La Redazione

Tempo di Resurrezione

"Io sono il Primo e l' Ultimo e il Vivente: e fui morto ed ecco sono vivo per i secoli dei secoli". (Apoc. 1, 18)

E' meraviglioso questo riversarsi di vita nel mondo ad ogni primavera. Qualcosa di segreto che si rivela con dolce e sicura violenza, una vitalità addormentata e nascosta che s'impone con espansione incontenibile. E' una sopraffazione lenta e decisa,
E un mattino apri gli occhi e ti lasci vincere, Cammini per un sentiero segnato fra il verde nuovo e ti lasci portar via, ti abbandoni sull'erba nuova, calda e odorosa di umidità e accetti di essere vivo, vivente di una vita vasta, aperta, misteriosa, profonda d'infinito.
Ogni anno la natura crea le condizioni favorevoli per la comprensione e l'accoglienza del miracolo della Resurrezione. Perché la terra contiene il Mistero. E' simbolo meraviglioso di una Realtà, è indicazione di una verità, e ambiente stupendo per una contenenza essenziale.
E mi pare che il Mistero, a un tratto, trasparisca e si riversi inondando di luce. La Realtà forza l'apparenza e si espande violenta. La Ferità supera - almeno ogni tanto - il simbolismo e questo povero mondo riflette una Presenza, la terra ne palpita e ne trema. Qualcosa di sacro, di divino è questo fiorire, questo azzurro nuovo, questo splendere dell'aria, questo trepidare di vita.
Trovo la Sua Resurrezione diffusa dovunque. Si allarga e si distende a muovere tutto. E' fatta di alberi in fiore e di erba nuova. E' dove si cercano per unirsi il cielo e il mare e corre misteriosa lungo il crinale delle montagne immerse nell'azzurro.
Colma la vallata, si vede benissimo e si apre sulla pianura di campi coperti di nuovo colore.
L'ho vista nei tuoi occhi senza timori e senza veli. So che è nel tuo cuore. Vive nelle tue vene e segna chiaramente, con trasparenza cristallina, il tuo destino.
E' per la Resurrezione che non ho paura di nulla. Mi dà di non pensare al male che è morte. Mi concede di poter vedere soltanto il bene e di accogliere allora tutto, a cuore aperto, in pace perfetta. E' liberazione serena, è purezza verginale. Dio è fra noi. E' vivo. E' il vivente. Gli offro me stesso perchè deponga, allarghi in me la Sua Vita. In me, in te, in tutti, nella umanità, in ogni angolo, in tutto l'universo.
In un mattino lontanissimo - ma è come se fosse stato stamani - prima che il sole di tutti i giorni spuntasse a vincere il buio della notte, dal buio della morte ha inondato di luce l'universo la Resurrezione. E' nata allora veramente la Vita, la Vita che non tramonta all'ora di sera.
Quando è nata dal Seno di una Donna, è nata per la morte, ma quando è rinata dal buio della morte è nata unicamente per la Vita. E' da allora che la Vita è cominciata veramente in questo povero mondo afflitto e schiacciato dalla morte.
Bisogna accorgercene della presenza di questa Vita, bisogna che lo sappiamo che la Vita vive fra noi. E' necessario averne esperienza. E' doveroso provarne il palpito violento, l'energia nascosta, la vitalità incessante.
Non può non essere anche nelle cose, non comunicarsi anche alle cose, alla terra, all'aria, all'acqua. Anzi il mondo sente questa Presenza e la vive nella sua verginità naturale, nella sua purezza di creazione. E' il nostro occhio che è nell'ombra e non vede, e il nostro cuore che è chiuso e non si apre: e ci fermiamo al velo, all'apparenza, alla crosta. E' per questo che il Mistero rimane coperto, nascosto, segreto. Ma non è meno vivo, meno vivente, meno resurrezione.
Occorre la Fede chiara e limpida, come un vento che spazza nebbie e nuvole, come un sole che sorge a tutto dolcemente illuminare. Il cuore allora vede attraverso gli occhi una visione nuova e l'anima scopre l'invisibile: la dolce facilità di vedere ciò che non si vede. E avvertire che l'invisibile riversa, riflette l'unica luce nella quale è possibile vedere chiaramente ciò che si vede.
La certezza che Gesù è risorto e che è vivo dona senso e valore ad ogni realtà. Il tempo diventa un passare che non è un cadere nel vuoto. L'esistere non è più un morire ogni giorno. L'Amore non è illusione vuota come una pazzia. Gli altri non possono essere più nemici. La terra è veramente abitata. La storia sono uomini vivi a farla.
Perchè la vita umana è veramente viva. E' viva di vita autentica. Ne ho un pegno, una garanzia sicura. Si comunica a me, a te, a tutti, perchè è già nostra vita. E' tutta la nostra Verità, perchè noi siamo questo stesso destino.
E' molto bello sapere e credere che noi siamo vivi non tanto per questa nostra ombra di vita, impressione di vita (il tempo ci toglie ogni concretezza e ogni senso di possesso), ma perchè Dio possiede, ha in Sé, la pienezza della vita umana. Vive la natura umana in modo attuale, presente, e ne porta in Sé tutto il meraviglioso destino. E' in questa pienezza di vita vissuta da Dio, presente in Dio che trovo e sento racchiuso, accomunato il mio vivere. Qualcosa di me è veramente vivo, e già al di là della morte. E non qualcosa di me, ma tutto me stesso e tutto il destino umano.
Dio ha preso nella Sua Persona divina la natura umana, l'ha partecipata fino alla morte: ma l'ha vissuta fino alla morte per riprenderla liberata dalla morte, risuscitandola per avere intera e perfetta, realmente viva, la Vita umana nel Suo Mistero di Vita divina.
E il Suo vivere d'Uomo, dopo una brevissima pausa di morte, continua con tutta la pienezza della vita: pienezza e totalità umana nella potenza e onnipotenza della Vita di Dio.
Questo adorabile Mistero di Gesù vivente.
Non diciamo che Gesù è vivo in modo simbolico, come per un ricordo. Non è vivo per la vitalità della Sua Parola, della Sua dottrina. Non è vivo per la Sua incidenza nella storia, per una presenza d'importanza storica. Non è vivo e presente per la perenne attualità del Suo messaggio. Per questa vita basterebbero i monumenti sulle piazze e i libri che parlano dei personaggi della storia.
Gesù, il Figlio di Dio fatto Uomo, è vivente perchè è risuscitato dalla morte e è vivo di vita vera, concreta, reale. E' vivo al di fuori del tempo, ma questa vita si riflette, è presente nel tempo perchè è ciò che ogni uomo è e perfettamente sarà. La Sua storia ancora una volta è la nostra: ha preso tutto di noi, anche ciò che è oltre la morte, la nostra vera vita, la nostra gloria, la nostra eternità. Lui è veramente e in modo adorabile il Figlio dell'Uomo.
Il mio corpo affaticato e stanco, pauroso di anni e di mistero, può accogliere la Vita, Lui, il risorto, il vivente. Nel mio morire d'ogni giorno (e il tempo o la malattia, o la disgrazia mi uccidono e mi fanno polvere e cenere) vi è già questo lievito, cresce quest'albero della vita, vi è questo sale di conservazione, vi è la luce «che illumina ogni uomo che viene a questo mondo» (Gv. 1,9).
Siamo i credenti nella vita. Il Cristianesimo non è la religione dei morti. Non campa sui funerali e non si regge per via dei suffragi. Contro i sadducei negatori della vita eterna e quindi negatori anche di una autentica concretezza di vita terrena, Gesù gridava (e si sente già la voce del risorto, del trionfatore della morte, del vivente) a difesa di Dio principio e motivo di vita: Dio «non è il Dio dei morti, ma dei viventi perchè tutti vivono per Lui» (Lc. 20, 38).
Il Cristianesimo è presenza viva di Gesù. Crediamo e adoriamo un vivente. Permanenza di vita, attualità di vita. Vita viva, vivente. Attività continua, operosa. Vita che vive una glorificazione incessante di lode a Dio, vita che vive una salvezza sempre operante di tutta resistenza umana, di ogni più piccolo atto umano e di tutta la storia.
Non è una presenza distaccala, rassegnata, lontana, ormai vivente per proprio conto. Non è un ideale, un sogno di gente che muore, non è attaccarsi a una speranza per vincere la disperazione di condannati a morte. Non è qualcosa di mummificato messo sotto vetro. Una statua fatta di devozione sospirosa e affumicata di candele...
Io credo e adoro e amo Gesù: Dio fatto Uomo e come Uomo muore, ma al terzo giorno, questa umanità del Figlio di Dio morta, risorge e è finalmente viva di vita totale. Adoro questa vita, amo questo vivente: mi dice in questo momento le Sue parole, mi guarda con occhi vivi fino in fondo l'anima.
Sento la Sua vita pulsare in me e nel mondo in modo dolce e violento. E' attività, impegno. E' qualcosa di vivo, di vivente. E' urgenza misteriosa, spinta incessante, fuoco ardente, Amore appassionato.
E assurda allora è una staticità, un conservatorismo piatto e inerme. Il Cristianesimo non è un quietismo buddista o un fatalismo mussulmano. E tanto meno un pacifismo pacioccone o una remissività facilona. Ancora meno può essere una religiosità attendista o formalistica, un pietismo vuoto e meccanico.
Il Cristianesimo è testimonianza viva di vita. Ricerca incessante e appassionata di sempre più intensa partecipazione alla Vita vivente di Gesù. Scambio e dono vicendevole di Vita fra Lui e noi. E' parola viva. E' speranza viva. E' amore vivente. E' Uomo-Dio risorto. E' Resurrezione.. E' vita eterna.
E ogni mattina e quando voglio, ma specialmente quando la morte mi vince e mi soffoca e mi sento già morto perchè vivo soltanto perchè respiro, quando ho paura di non riuscire a vivere e mi prende il terrore di avere di vivente solo il nome (Apoc. 3, 1), allora il Mistero di Gesù vivente si fa presente, concreto e reale davanti a me, fra le mie mani. La Vita vera, la Resurrezione viva, il Corpo e il Sangue vivente sono Pane e Vino. Cibo e bevanda. Nutrimento vitale. Sazietà infinita.
Mi vuole sopraffare, la Vita. Mi vuole rapire nella Sua Resurrezione, il Vivente. Perchè vuole che nella mia morte - in quella di ogni giorno e in quella dell'ultimo giorno - trionfi e splenda la Vita. In me e in tutti.


don Sirio

Ho incontrato il Signore

Ho incontrato il Signore
proprio alla svolta della strada
ho incontrato il Signore
che mi ha teso la mano.

Era un piccolo, un piccolo bambino
che mi ha preso per mano gentilmente.
Era un mendicante
un povero vecchio mendicante
che mi ha preso per mano piangendo.

Era un compagno
un vero compagno
un vecchio compagno
abbiamo diviso il pane da compagni.

Era lui e te
e ancora lui e ancora te
e ancora lui e ancora cento
non importa, era ogni volta Gesù ma senza parlare.

Bisogna fare attenzione
ogni giorno ai vecchi angoli delle strade
perchè il Signore è là
che tende la mano.

(Da un disco inciso dalle Piccole Sorelle di Gesù)


Tristezze da morire

Mi sono fermato qualche giorno fa a chiacchierare con un gruppetto di apprendisti operai. Ragazzi di 16, 17 anni. So che è estremamente difficile parlare con loro. Conosco ciò che pensano e è una tristezza terribile, da soffocazione. Da non sapere cosa dire perchè il discorso che fanno è come sparare nel cuore: si rimane come morti ad ogni possibile fiducia e speranza. In alto mare e non si sa a cosa aggrapparsi.
Questo nostro mondaccio occidentale ha demolito nei giovani la giovinezza. Quella vera, capace di ideali aperti e sereni, la giovinezza fiduciosa nella vita, disposta a cercare valori con impegno personale, con generosità dì speranza.
E subito il discorso è andato a finire dove mi aspettavo. La vitaccia che si deve fare. Sempre lavoro. Schiavi degli altri. Pochi soldi. Nessuna soddisfazione.
La storia delle soddisfazioni è una tragedia. Sono tutte condizionate dai soldi. Ci vogliono i quattrini. Con quelli si fa tutto, si compra tutto, si può avere tutto.
Nemmeno la ragazzina la domenica si trova senza quattrini. E se non hai almeno la moto non ti guardano nemmeno.
I quattrini. Sono l'unica cosa che conta in questo mondo.
16, 17 anni e l'unico valore apprezzato e cercato sono i quattrini.
Ho timidamente azzardato a mettere davanti la ricchezza della salute, ma ho capito bene che per considerarla il valore che è bisogna non averla. Ho cercato di far riflettere che la felicità e quindi anche la giovinezza per poterla godere bisogna saperla avere nel cuore, non si compra a fogli da mille. Ma il discorso andava nel difficile, nel complicato. E qui è fame e sete, di quella che annebbia tutto e fa soltanto rabbiosi e duri e spietati.
Il discorso delle soddisfazioni è quésta fame e sete che incupisce e disorienta i giovani del nostro tempo. Non è un problema di sessualità nel senso trito della parola. E' problema di facilitazione, di tutto a portata di mano. Significa non ideali, ma immediatezza, non ricerche complesse, ma concretezza. Vuol dire sensazione di sazietà e forse, ancora meglio, sicurezza di possibilità di ogni sazietà e sicurezza facile, spontanea, normale. Istintività libera, risposta immediata, assurdità del non consentito, del non possibile. Immoralità di situazioni di contrasto o di impedimento, insopportazione di difficoltà e anche di attesa.
E il mondo che non è fatto così è un assurdo, un'indecenza, un'ingiustizia.
Una volta gli scontenti di situazioni presenti pensavano alla rivoluzione, al rovesciamento per iniziare un'esistenza nuova e ne affrontavano e ne sostenevano la fatica e il pericolo, l'angoscia e anche la disperazione.
Mi verrebbe da dire che quelli erano tempi di sogno. Qualcosa di stupendo.
Ora tutti sanno che per avere la felicità, il benessere, la giustizia, la pace, l'amore, il lavoro (si può aggiungere tutto quello che si vuole) occorrono e bastano i quattrini. Questa rivoluzione non più fatta di barricate ma di milioni, non più di società segrete ma di società anonime. E ciò che deve essere ottenuto o conquistato sono le fuori serie, i motoscafi d'alto mare, la villa in montagna e al mare. Il conto in banca.
Ora ciò che rivoluziona la propria esistenza si compra. Ciò che sistema il proprio ideale si compra. La ragion d'essere del proprio stare a questo mondo si compra.
E si allarga a macchia d'olio la convinzione che la felicità è questione di quattrini.
In fondo quei ragazzi hanno ragione. Lavorano a giornate intere a costruire motoscafi da venti milioni in su, soltanto di costo, e quasi sempre sono genitori che li comprano perchè i figli sono stati promossi agli esami e così potranno divertirsi coi loro amici durante l'estate. Loro si possono levare tutte le soddisfazioni, dicono.
Giorni fa, dice uno, erano a bordo e mangiavano, bevevano, fumavano e io ero lì accanto a lucidare dei mobili; non mi hanno offerto nemmeno una sigaretta.
Così questo mondo fatto di milioni (e cresce ogni anno), sempre più vive soltanto di ricchezza; e non di ricchezza benessere, ma di ricchezza-valore assoluto.
E ormai anche gli operai si stanno imborghesendo. E quelli che sono riusciti a sistemarsi se ne fregano di quelli che stanno male. E chi ha i cottimi non pensa a chi non li può fare. E chi si arrangia con gli straordinari non lotta per i disoccupati. C'è il televisore da pagare. C'è il sogno della macchina. L'appartamento elegante. E forse una mezza mantenuta che vuole essere mantenuta del tutto. Il mondo è fatto così e mi diceva un operaio con grande sussiego, come se fosse chissà quale conquista, che la domenica se l'avessi incontrato non l'avrei distinto dal padrone da quanto era elegante. Evidentemente dimenticava il baciapiedi che faceva durante la settimana. Gli industriali, i ricchi, stanno comprando poco a poco anche gli operai. Soltanto che vogliono spendere troppo poco: non riescono a rassegnarsi a spendere un po' di più, ma se lo facessero riuscirebbero a concludere l'affare. Ormai tutto è veramente questione di mercato.
Mi ha fatto infinita tristezza (e mi è venuto dal cuore di dire che allora non vi è proprio più speranza) il leggere una lettera di una ragazza, appartenente al Konsomol, l'organizzazione giovanile sovietica. E' stata pubblicata dal giornale dell'organizzazione. E' una giovane studentessa. Scrive: «un tempo quando conoscevo ancora troppo poco la vita, io avevo uno scopo: apprendere. Ho ottenuto il diploma della scuola secondaria e attualmente studio all'Istituto. Ma ora tutti i miei bisogni «puri» e disinteressati hanno ceduto il passo a un solo desiderio: i soldi. Il denaro è tutto: lusso e confort, amore e benessere. Col denaro avrete amici e compagni, tutto ciò che potrete desiderare. Voi condannate coloro che non lavorano, che non fanno nulla. Ma essi sono al contrario da invidiarsi perchè possono godersi la vita. Non si vive che una sola volta. Io non so ancora come potrò realizzare i miei sogni, ma quasi tutte le ragazze sperano di fare un buon matrimonio con qualcuno pieno di soldi...».
Una tristezza infinita. Era una speranza, una segreta fiducia. Tutto è veramente inutile. Verrebbe la voglia di spengere ogni ideale, come l'ultima candela. Al buio forse si vede meno l'orrore che ci sta d'intorno e si soffrirebbe di meno.


Un prete

Trentasette lire

Un bel sole di maggio, più bello ancora quest'anno perchè ha qualcosa del miracolo in questa primavera così incerta e perturbata. Alle 13 l'ora della siesta, faticosa e stanca perchè troppo in fretta, a mezz'ora prima di tornare al lavoro in cantiere.
Gli operai erano lì, appoggiati all'angolo del cantiere o raggomitolati in piccole barche tirate in secco per riparazioni. Mi ci sono trovato casualmente ma subito ho respirato aria buona fatta di cordialità e di simpatia.
Ho notato immediatamente che qualcosa di complicato, di pesante, qualcosa di fastidioso li preoccupava.
E' arrivato il segretario della Camera del Lavoro. Ha cercato di trovarsi un po' in alto e ha chiesto di parlare.
Ho conosciuto il motivo dell'agitazione. In un contratto a livello aziendale un anno fa fu concordato un aumento giornaliero di 70 lire. In questi giorni è stato concesso un aumento zonale di 43 lire: di qui la rottura del contratto precedente da parte della Direzione del Cantiere e la perdita di 37 lire al giorno per gli operai.
E chi parlava diceva che la serietà e la dignità delle maestranze non consentiva di fare agitazioni per 37 lire: conveniva soltanto fare un'ora di sospensione dal lavoro come semplice risposta alla Direzione che non aveva avuto la dignità e la serietà di non arrivare a togliere a un operaio 37 miserabili lire al giorno.
Non ho voluto interessarmi a fondo della questione. Può darsi che da un punto di vista legalitario la rottura di quel contratto sia stata una cosa lecita e un paio di operai hanno sostenuto, polemizzando piuttosto aspramente con l'oratore, errori commessi nella stesura di quell'accordo. Mi veniva da concedere tutte le ragioni immaginabili e possibili alla raffinatezza di chi guarda il moscerino e inghiottire disinvoltamente il cammello. Da un pezzo non riesco a veder troppo l'aspetto «legalitario» delle cose, forse nemmeno le sottigliezze moralistiche dello spaccare in quattro il capello e non davvero, almeno mi sembra, per un'abitudine a bere grosso o per manica larga. Mi appare in modo immediato e scoperto il contenuto umano delle cose, dei fatti, dei problemi e quello mi prende e quello mi ottiene non lasciandomi tempo e cuore per occuparmi di tutto il resto che normalmente è fatto apposta per soffocare valori e importanze essenziali.
Trentasette lire. Vi ho visto in questo poco più che un francobollo per una lettera, una rivalsa per aver dovuto cedere un anno fa ad una pressione sindacale, giudicata piazzaiola. Una dimostrazione che la legge è la legge e quindi coltello tenuto saldamente dalla parte del manico. E mi pareva che i milioni uscissero dalla banca e venissero a prendere pochi centesimi nelle tasche sfondate di quei poveri uomini: il capitale che si riprende trentasette lire perchè dice che sono sue, e ciò che è suo è suo.
Poco più di un francobollo. Quattro sigarette e mezzo nazionali. Tre lire in meno di un caffè. Il lavoro di una giornata. Alle dipendenze in modo completo. Disponibilità per ogni richiesta.
Lavoro anche di domenica e la sera fino a tardi. Offerta di vite e d'esistenza di uomini. Milioni. Automobili. Ville. La grande ricchezza. Tutta l'agiatezza possibile. Trentasette lire al giorno in meno sulla paga.
Mi ha commosso fino nel più profondo - e certe cose sono valori autentici - quell'atteggiamento superiore degli operai: non è dignitoso per delle maestranze fare delle agitazioni per 37 lire. E avevano la convinzione di essere dalla parte della ragione. Anche un legale aveva sostenuto il loro buon diritto. Ho dato un'occhiata al testo dell'accordo e anche a me è sembrato che fossero nel giusto. Non è dignitoso fare delle lotte sindacali per 37 lire. Bisognava convenirne: non era dignitoso, forse anche perchè certe cose è bene che le faccia soltanto il capitale.
E' suonata la sirena. E in fretta la riunione sotto quel bel sole di maggio si è sciolta. Si sono ammassati in fretta al portone per timbrare a tempo il cartellino d'entrata: segnare con un minuto di ritardo si rischia di perdere mezz'ora. E se succede spesso si rischia il licenziamento.
Li ho visti sparire dentro il cancello e mi pareva che fossero entrati dentro una caserma dove tutto è per forza perchè tutto è senza Amore.
Sono rimasto fuori. Ma mi sono ripromesso, ancora una volta, di rimanere fuori anche da quel mondo che si attacca così con poca dignità e serietà anche a trentasette lire: il mondo del ricco Epulone che si china dalla mensa imbandita a sazietà a raccattare le briciole cadute perchè il povero Lazzaro non le raccatti lui.


* * *

Preghiera d'Amore

Sono contenta che Tu ci sia. Che farei senza di Te? Tu solo, Tu soltanto, Signore, completamente, fino in fondo. Tu soltanto.
Non vorrei essere che Te Penetra fino in fondo. Non ti fermare, non desidero altro. Soltanto Tu.
Gesù. Posso scrivere il tuo nome. Sei forte, sono contenta, puoi tutto, sono contenta. Vorrei essere forte anch'io soltanto per tuo Amore, perchè Tu sei in me.
Non lasciarmi. E' troppo importante. Hai fatto tanto. Sono così felice. Ma ancora di più. Tu solo.
Ho bisogno di Te. Anche gli altri. Crediamo in Te. Ci hai salvati. Vorremmo riconoscerlo sempre. E stare con Te.
Aiutaci. Per tutto, Gesù Figlio di Dio.
Sono contenta di Te.
Mi hai dato tutto. Mi fai vivere e vivere come vuoi Tu. Tu solo, per sempre. Completamente in Te, in tutto, per sempre e sempre di più. Tu soltanto. Aiutaci. L'umanità intera.
Andiamo avanti. Dove vuoi. Come vuoi. Se lo vuoi faremo tutto. Crediamo in Te. Vorremmo soltanto Te.
Credo e Ti voglio bene. Grazie. Non te ne avrei mai voluto e Ti sono riconoscente perchè Tu lo hai voluto. E vuoi volerlo ancora.
Soltanto Tu. Sei così tutto. Ti ringrazio. Sono così felice.
Vorrei dirti tante cose. Ma le sai. Tu soltanto. Ti prego, per sempre. Se vuoi Ti apparterrò per sempre e sempre di più.
Perdonami. Vorrei essere soltanto Tu. Ma non importa, come vuoi Tu. Ma che Ti voglia sempre più bene. Per favore, sempre più tutta tua.
Sono contenta che Tu esista. Sei Tutto. Sei Tu.
Grazie.
Fai tutto quello che vuoi, di più di quello che hai fatto fino ad ora.
Non perdiamo tempo.
Soltanto Tu. Sempre.


e. c.

La poesia dei giorni

Giovedì Santo - Stamani salendo in terrazza ad un'ora insolita ho posseduto la ricchezza della terra; quella che nessuno può accaparrarsi e chiudere in cassaforte. Era, nel chiarore della luce, dono del mattino, e nel tremore dell'aria purificata dalla notte, lo scintillio impazzito di mille e mille gocce di rugiada. Gli ulivi giù per la valle brillavano come per una miriade di pietre preziose, gettate a piene mani. Lontano dalla città di cemento e pietra, tutto era straordinario come nel primo giorno, quando il Signore trovò buona ogni cosa.
- Venerdì Santo - Sono entrata in camera, stasera, al buio; i vetri della finestra grondavano di pioggia, le colline di fiori e i lumi delle case trasparivano sfigurati, come attraverso immensi occhi, colmi di lacrime. Era uno sguardo trepidante d'amore infinito su tutto il dolore del mondo, dentro occhi lavati dal pianto della notte.
- Sabato Santo - Cielo di nuvole alte e distese. Lungo l'Autostrada e poi l'Aurelia, i monti labbra e labbra protendevano a dire la parola muta della terra. E senza voce saliva la preghiera immensa dell'attesa; che venga presto domani e rifluisca la vita dalla nuvola al fiore, il cuore del mondo si
contrae a vuoto oggi che Dio è assente.
Le gigantesche labbra si moltiplicavano apparivano e sparivano nella luce, che le nuvole alte mantenevano ferma ed incolore.
- Lunedì dell'Angelo - Abbiamo percorso tutta la Riviera di Ponente e la Versilia da Bocca di Magra a Viareggio, dinnanzi ad una bellezza riversata in piena felicità.
Spesso la bellezza disarma o dà tremore per quella sua incapacità ad essere ricevuta, per quella sua pienezza e perfezione, che sono quasi disumane.
Oggi è stata un'altra cosa. Il mistero di Dio ci è stato così vicino, questi giorni, e la bellezza diventa solo immagine di un Volto, che il cuore intravede.
Per tutta la giornata quel Volto era nel sole e nel mare, nell'ago di pino e nel verde nuovo, negli alberi fioriti e nelle Apuane candidissime.
E' stato un camminare sulle rive appena increspate dall'onda, tra ricchezza d'alberi ed erbe, nello stupore di un paradiso ritrovato.


Grazia Maggi

Sofferenza per troppo amore

Sarebbe veramente spiacevole e doloroso se certo modo di pensare e quindi di sentire, forse giudicato irriverente, biasimo banale, poca Fede, ecc.
Credo che sia possibile un Amore profondo fino al punto di provocare sofferenza per cose spiacevoli. E deve essere possibile una Fede chiara, limpida e sicura da consentire di poter vedere le cose come stanno, senza timore. Allora non è irriverenza, né biasimo irrispettoso notare certe cose, soffrirne e desiderare intensamente che cambino, che siano più rispondenti ai tempi, specialmente poi quando questa rispondenza d'attualità comporterebbe un'adeguazione più chiara e precisa alla Verità.
Siamo dei poveri, dei semplici. Viviamo ai margini dell'importanza e camminiamo a piedi sulla via come tutti. E' duro e è fatica anche se tutto è per una scelta consapevole e incessantemente rinnovata.
Spesso rimanere nell'ombra, confusi nella folla, schiacciati dall'inutile, mangiati dal vuoto, è tanto penoso e pesante. Verrebbe la voglia di uscir fuori, salire un po' in alto costruirsi almeno un piedistalletto se non altro per respirare più liberamente. Tentazioni anche queste come tante altre e si vincono, anche queste come le altre, lasciandoci sopraffare dalla Verità e consentendo di essere portati via da altro Amore.
Però sarebbe molto bello e ci farebbe un sacco di bene, se chi può e deve aiutarci ci aiutasse veramente. Bisognerebbe che ci fosse un po' più accanto. Che ci sostenesse con tutta una precisa impostazione. Che, se non altro, non facesse vedere troppo un altro modo di pensare e di sentire e di vivere: un altro modo non solo diverso da ciò che si pensa e si sente noi, poveri e semplici uomini della strada, ma diverso da quella che, ci viene detto, è la Verità.
Pretendiamo troppo?
I poveri, gli umili e i semplici (almeno quei pochi che riescono ancora ad apprezzare ed amare la povertà, l'umiltà semplice e spoglia) qualche volta vorrebbero avere degli esempi, è proprio vero, soltanto per sentirsi incoraggiati a continuare, desidererebbero un po' di gioia e di conforto per il semplice fatto di non sentirsi troppo soli.
Non ne abbiamo il diritto?
Può darsi, però non possiamo non desiderarlo con tutto il cuore questo conforto e una briciola di questa gioia.
Può darsi che l'occasione che mi ha dato di pensare queste cose e di soffrirne in modo particolare sia una sciocchezza, ma è perchè il problema è al fondo dell'anima e basta poco a renderlo vivo.
Ho letto giorni fa una lettera «ufficiale» di un Cardinale ad un altro cardinale. Penso una lettera di un fratello a un altro fratello: e era per comunicare una notizia molto semplice. L'ufficialità ne ha fatto un qualcosa di assurdo: una retorica insopportabile, una convenzionalità estrema, una eccessività sforzata fino all'impossibile.
«Em.mo e Rev.mo Mio Oss.mo, ho l'onore di significare all'Eminenza Vostra Rev.ma»... e segue l'esposizione della notizia, una quindicina di righe e conclude: «Nel pregarLa di portare quanto sopra a conoscenza dell'Eccellentissimo Episcopato, profitto della circostanza per baciarLe umilissimamente le mani e confermarmi con profonda venerazione Umilissimo e Devotissimo Obbligatissimo di Vostra Eminenza Reverendissima (la firma). Come si fa a non averne uno stringimento di cuore e a non patire pena che i Cardinali scrivano in questo modo?
E' vero che saranno i segretari che per fare carriera cercano di essere brillanti nello stendere le minute, ma allora il problema si complica. E lasciamolo andare.
Dopo che ho letto, mi sono sentito più povero, ma anche più lontano, più ai margini, e è cresciuta la fatica di continuare a camminare a piedi scalzi, confuso tra la folla, lungo la via comune di tutti. Non è facile e non è senza dramma interiore sentire di essere felici per una scelta fatta dal più profondo del cuore e che poi ci allontana da coloro che, in fondo, amiamo più della nostra stessa vita.
Non dire che sono sciocchezze anche se tu la pensi diversamente, se anche sono problemi che tu non avverti: ti assicuro che spesso tante cose sono terribile sofferenza e la sofferenza merita sempre di essere rispettata, specialmente quando è motivata da motivi di Amore.


un povero

La violenza davanti alla legge di Dio

Le esigenze fondamentali della Legge di Dio scolpite nel cuore dell'uomo e quelle della coscienza cristiana sono assolute: nessuna circostanza, nessun pretesto, in nessun momento, possono dispensarcene.
Tu rispetterai il tuo prossimo, cioè ogni uomo, e prima di tutto il disgraziato e il tuo stesso nemico, nella sua persona, nella sua vita, nella sua buona sorte e nei suoi beni.
Senza questa giustizia elementare che si impone per tutti, non c'è più vita umana ed ancor meno c'è vita cristiana, poiché una carità senza giustizia è una derisione ingiuriosa a Dio.
E' doloroso dover ricordare tali principi. Ma è nello stesso tempo un dovere davanti agli attentati che si moltiplicano, chiunque ne siano i responsabili, quando questi principi sono intenzionalmente misconosciuti dagli uomini decisi ad ottenere, non importa a qual prezzo, ciò che essi giudicano essere il bene del loro paese.
Quegli uomini si ingannano: uccidere e distruggere non può condurre che ad uccidere e a distruggere ancora. La violenza chiama la violenza. Cercare di creare un clima di guerra civile è diventare responsabili della guerra civile; è rovinare ciò che si vuol salvare.
Ciascuno porta la sua parte nel destino della patria, ciascuno ha dunque il diritto di interpretarne gli interessi e il dovere di prendere liberamente le sue responsabilità sociali, civili, politiche; l'astensione non è l'errore minore. Ma un cristiano deve sapere che la patria si perde, invece di difenderla, quando si adoperano, per salvarla, le armi che uccidono la sua anima; questa anima è l'amicizia fraterna e il rispetto reciproco.
E' per le vie della giustizia e della carità, e per quelle soltanto, che passa la pace.
E' perchè, d'altronde, ogni uomo deve essere sempre profondamente presente nelle sofferenze dei suoi fratelli. Sarebbe un errore grave rimanere indifferenti al dramma di tanti esseri umani minacciati oggi in quello che hanno di più caro. Tutti coloro che soffrono hanno il diritto di essere compresi ed amati con rispetto.
Un dovere non contraddice mai un'altro dovere. Il cristiano che aspira con angoscia alla soluzione dei problemi nei quali la sua vita è impegnata, deve avere fiducia in Dio; ma a condizione di rispettare la sua Legge e di pregare.
Faccia Dio che queste parole trovino la via di tanti cuori di buona volontà: a quelli esse sono indirizzate da coloro che hanno cura delle anime.

L'Assemblea dei Cardinali e Vescovi di Francia.
(trad. da «Jesus Caritas», quad. Gennaio 1962).


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