LA VOCE DEI POVERI: La VdP aprile 1962

Confessione pasquale

Il nostro non è un foglio di avvio alla perfezione e non trattiamo i problemi indicando soluzioni fatte di santità acclamata, di ascetismi eccezionali e di misticismo aureolato. Cerchiamo di vedere il Cristianesimo nella sua essenzialità di Pensiero di Dio e di esistenza vissuta da Dio, scoprendo, con onesta sincerità, in noi, il dovere di tentare di renderlo vita umana, esistenza ordinaria, semplice presenza di Verità e di Amore, serena testimonianza, cordiale indicazione del Mistero dei rapporti fra Dio e gli uomini e gli uomini e Dio.
Quindi non ci preoccupiamo se qualche volta scriviamo in un modo che potrebbe anche essere poco rispettoso e anche poco umile e anche poco caritatevole, ecc. Difetti, mancanze, cattiverie - tutte cose importanti: ai bambini dicono che per una bugia bisogna stare sette anni in purgatorio. E poi dalle cose piccole si finisce nelle grandi e a poco per volta diventano abitudine e quindi vizio, si prendono cattive strade, l'anima non è bianca come un lenzuolo di bucato... Tutte cose vere e buone.
E' strano però, che a un certo punto il difetto diventa l'unico problema morale, spirituale, cristiano. E tutto, Dio, Gesù Cristo, la Chiesa, i Sacramenti, la preghiera, tutto è per finalmente riuscire a non mancare di pazienza, a non tirare un urlaccio, a non dire una bugia, a non avere un pensiero cattivo, una distrazione durante lo sbadigliare il rosario, a non addormentarci prima di avere recitato le preghiere nel calduccio del letto.
Se il popolo cristiano fosse a questo punto sulla via della perfezione, da non doversi occupare che di questi problemi di rifinitura morale, sarebbe certamente cosa confortante. E speriamo che sia così, non vogliamo essere pessimisti e veder tutto nero, come spesso ci dicono.
Però bisogna stare attenti che non ci capiti di meritare quello che Gesù diceva ai Farisei (erano la gente benpensante, prudente, saggia, ben sistemata, sicura, rispettabile, del Suo tempo): «Vi preoccupate di un moscerino e inghiottite il cammello» (Mt. 23, 26).
D'altra parte, tutto il bagaglio di cianfrusaglie inutili e stupide riempie sempre le nostre confessioni periodiche. Un'occhiata superficiale, affrettata, e andiamo a vuotare il sacchetto delle nostre miserie, così, come mettere il bidoncino della solita spazzatura fuori dell'uscio. Dopo ci sentiamo più puliti, è vero, ma anche sollevati da un certo fastidio più o meno pesante.
La confessione pasquale. Non deve essere così. E nemmeno si tratta di scoprire più peccati, per poi andarli a raccontare al confessore.
Vi sono certamente peccati, responsabilità che forse è impossibile dire, mettere in parole. Forse nemmeno è necessario.
Non si tratta infatti di peccati attuali. Forse non hanno una materia oggettiva ben definita, precisata. Probabilmente non possono essere riferiti a nessun comandamento o precetto della Chiesa. Può darsi che non costituiscano nemmeno problemi di ordine morale. Certamente non sono commessi, come per i peccati comunemente intesi, per debolezza, per violenza di tentazione, per occasioni irresistibili, e nemmeno si tratta di peccati di vera e propria omissione di doveri, di impegni, di responsabilità, ecc.
Forse è in certe particolari occasioni che saltano agli occhi questi peccati, cioè questo «qualcosa» di strano e misterioso che mette a disagio interiormente, che comporta un giudizio severo sopra noi stessi, che ci confonde di vergogna davanti a Dio e davanti agli uomini.
E' un «qualcosa» di terribile colpevolezza scoperta davanti a Dio nella sua aperta realtà di Amore e di Bontà infinita. Lui, Verità di Amore, offerta di Dono di Se fino a tutto il dolore e alla Morte in Croce. Dio, così seriamente impegnato per il nostro bene e la nostra salvezza, fino a pagare di Persona. Così imprudente, Dio, da lasciarsi andare senza considerazioni, in obbedienza soltanto al Suo Amore e al nostro bisogno di Lui... Questo Mistero pasquale fatto di Passione e di Morte e di Resurrezione di Dio, per incidere nella nostra povera carne una violenza d'Amore capace di portarci via nella Gloria di Dio...
Scopro la mia vergognosa mediocrità. E mi balza agli occhi il mio dilettantismo religioso. Vedo di stare facendo soltanto dell'accademia a sfondo cristiano. La mia pratica religiosa è povera sentimentalità pietistica.
Dio è ai margini della mia considerazione dei valori. Non ha tutto di me, non mi schiaccia col Suo peso, non mi sta sopraffacendo la Sua Onnipotenza e non mi sta convincendo la Sua Verità e affascinando in modo irresistibile il Suo Amore .
Lui e gli altri hanno le briciole, come i cani sotto la tavola, se non sono addirittura costretti a stare accoccolati alla porta di casa, in attesa che una volta o l'altra qualcuno si affacci a invitare a sedersi alla stessa tavola. Confessiamo a Pasqua, davanti al tremendo fatto di Dio in Croce, la nostra peccaminosa superficialità, questo nostro dilettantismo religioso che ha ridotto il Cristianesimo a esteriorità vuota e spesso penosamente ridicola, a formalismi convenzionali, a accademismi compiaciuti. C'è un'impostazione cristiana della nostra vita che va forse riveduta. C'è una misura di rapporti con Dio e col prossimo che non è quella giusta. C'è una mentalità facilona e convenzionale. Un tirare avanti spianando prima la strada o aggirando gli ostacoli.
Mediocrità sempre capace di tutto sistemare. Dilettantismo che fa le cose come per passare il tempo o per gusti personali. Paura di Dio e, a ben pensarci, orrore del prossimo. Difese fatte di prudenza. Attenzione al passo che non sia più lungo della gamba. Agire con criterio. Fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio...
Peccati che farebbero sorridere un confessore di confessioni pasquali o l'infastidirebbero come per tempo perduto in sciocchezze. E sono invece grosse responsabilità davanti a Dio e al prossimo e nei confronti della Verità, dell'Amore, della sincerità cristiana.
Almeno una volta all'anno cerchiamo di non fare del dilettantismo religioso, dell'accademismo inutile, della superficialità facilona.
Guardiamoci nel Crocifisso e rispecchierà sicuramente l'esatta misura della nostra mediocrità, della nostra miseria.
E consentiamoGli che la Sua Resurrezione ci liberi dal nostro sepolcro imbiancato, dove è chiusa la nostra morte, per essere «nuova vita» insieme a Lui.


La Redazione

Croce e Crocifisso

Mi è venuto di domandarmi perchè Dio ha scelto la Croce per la morte di Suo Figlio fatto Uomo. Perchè ha voluto che Gesù fosse inchiodato, a braccia aperte e piedi distesi, inchiodato sopra un tronco di legno.
E' pauroso questo immaginare Dio inchiodato sopra qualcosa, come fatto tutt'uno con un pezzo di legno. E' terribile pensarlo confitto a chiodi ribaditi, sopra la croce.
E mi sembra l'indicazione del concludersi del Suo cammino. L'ottenersi pieno e totale del suo mistero. Il compiersi del Suo destino.
E' nato per gli uomini, per l'umanità, e dell'umanità deve essere, fino all'inchiodatura ai suoi destini. Ha voluto essere nostro, congiunto con chiodi al nostro mistero.
Da qualche tempo mi viene da immaginare la croce, il legno, della croce come raffigurazione materiale dell'umanità, Mi pare come di vedere la croce non fatta di legno, di due travi di legno incrociati, ma fatta di uomini e donne. Corpi uniti, legati insieme, sovrapposti, contorti, distesi: vivi di anime vive. Oppressi, stanchi, feriti. Dolore e gioia, speranza e disperazione, qualcosa di buono e un infinito male.
Croce rizzata in ogni angolo della terra. Antica di millenni e di legno verde di questo momento. Cimitero di croci, ma anche unica croce piantata sul Golgota della terra, perchè ogni croce converge nell'unica grande, smisurata croce fatta del destino e dell'umanità intera.
Ogni uomo che nasce, nasce a formare questa croce. E' legno che si aggiunge, è una fibra di più. Così ogni dolore, ogni angoscia, ogni agonia, ogni morte è la grande croce-umanità intera che cresce, che si innalza, paurosa, sul mondo; che allarga i suoi bracci ad abbracciare tutta la terra.
Se la croce sulla quale è stato inchiodato Gesù non è la croce-patibolo per un delinquente condannato a scontare i propri delitti, ma è la Croce dove il Figlio di Dio è stato inchiodato per la Redenzione dell'umanità, allora posso immaginare quella Croce non fatta di legno, squadrato da un albero, tagliato in una foresta, ma fatta di tutti gli uomini e di tutte le donne, raccolta da tutta la carne viva di anime segnate da destini infiniti.
Io sono parte di quella croce, tu sei parte di quella croce, così gli altri e tutti. E ci stringiamo insieme - e vincolo terribile è il male comune, il dolore comune, la morte uguale per tutti, la stessa dannazione, l'identica eternità incombente - a formare il tronco misterioso che dalla terra si leva verso il cielo, a formare la traversa che apre i bracci smisurati.
E siamo stati insieme legati, da una misteriosa speranza, in attesa per millenni, croce rizzata e chiodi pronti.
E su questa Croce un giorno Dio è stato inchiodato a grandi colpi e vi è morto inchiodato. .
Dio è morto inchiodato sopra la Croce-umanità è vi è rimasto, perchè il Suo destino, da dopo che si è incarnato nel seno di una Donna, è di rimanere «inchiodato» alla natura umana, Lui, il Figlio di Dio, la Seconda Persona della Trinità.
E l'umanità porta, inchiodato sopra se stessa, Gesù. E' peso terribile sulla sua storia, peso determinante sicuramente il suo cammino. Cammino determinato da Dio inchiodato sopra di essa, a, incessantemente, agonizzarvi e morirvi.
Io, tu, gli altri, tutti siamo questa croce. Sopra di noi Lui è inchiodato. Non è possibile svincolarci e fuggire. Non è possibile evitare che il Suo Corpo crocifisso sopra di noi ci tocchi e che il Suo Sangue ci coli addosso sopra di noi, da uno all'altro.
Siamo croce e crocifisso. Fatti una cosa sola. Inchiodati insieme, Lui con noi e noi con Lui. Dio voglia che i chiodi siano Amore e siano chiodi ribaditi.
* * *
Ora penso - perchè l'immaginare quasi in modo visivo questo Mistero della croce continua - penso che per me cristiano non vi possa essere destino diverso da quello di Cristo.
La Sua storia deve essere viva ogni momento anche storicamente. Da quando Lui è venuto, la Verità d'esistenza non può che essere la Sua. E Lui deve esistere sempre ed esistere storicamente, in modo concreto, visibile, esperimentabile.
Credere in Lui, in fondo, non può che voler dire vivere di Lui e che Lui viva in noi.
Si, mi è chiesto certamente di lasciarmi crocifiggere alla croce-umanità. A questa croce-umanità del mio tempo, rizzata qui, accanto a me.
I poveri, i malati, gli oppressi, i soli al mondo, gli schiacciati dalla sventura, i malvagi, gli empi... i buoni, i sani, i ricchi, i fortunati, i potenti. Tutti. Sono umanità e quindi sono croce in attesa di un crocifisso. Nessuno può farne a meno.
Dolore, angoscia, disperazione, illusione, ingiustizia, malattia, agonia, morte: tempo e eternità: croce immensa all'ombra della quale sto camminando, vi giro intorno e non posso fuggire, mi copro gli occhi con le mani, ma non posso non vederla. E' dovunque: nella casa dove entro, al cinema dove vado per distrarmi, nel giornale che leggo dopo colazione, nella musica che ascolto, nella lettera che apro, nella tua mano che stringo, nel fondo liquido dei tuoi occhi, nella tua anima, nel tuo Amore, e spesso mi pare perfino nella pioggia e nella luce del sole, sulla cima di una montagna e al filo d'orizzonte fra il mare è il cielo.
So che mi salverebbe dal vederla soltanto una buona misura di egoismo o l'essere incosciente, facilone, grossolano. E spesso vorrei esserle e ho invidia di chi può esserlo.
Ma ormai la visione è inevitabile, è ferma, lì davanti, come una fissazione. E' come una voce che chiama e non si può a lungo fingere di non sentirla. E' in attesa, non si può fare aspettare a lungo inutilmente. Quando vi è bisogno essenziale di noi, non si può dire di no.
E allora, ecco, si allargano le braccia, si aprono le mani e si distendono i piedi a ricevere i chiodi per questa nostra strana e terribile inchiodatura alla misteriosa croce-umanità.
Si è e si deve essere veramente inchiodati, dopo, a questa realtà umana, a questo nostro momento, a tutta la storia. Inchiodati mani e piedi. Impossibilitati a fuggire. Costretti, da ferite profonde, a lasciar sgorgare il sangue. Tutto. A morire così.
Ogni giorno è Venerdì Santo. E in fondo tutto il tempo sono le tre ore d'agonia. Le tenebre coprono tutta la terra. La morte è diventata una Presenza.
. Dopo è la Resurrezione. E non è Speranza soltanto, è certezza, perchè già la Vita è inchiodata sulla morte. Anche in questo momento. Perchè è Dio chi è inchiodato sulla Croce-umanità. E' Lui, in fondo, l'unico Crocifisso. E in questo legno misterioso passa una Vitalità infinita, si espande e si allarga e fiorisce e fruttifica.
Allora rimaniamo volentieri inchiodati alla Croce-umanità che ci è stata destinata. Non cerchiamo evasioni, non guardiamo da un'altra parte, non mettiamo difese. Questa povera umanità così croce paurosa di dolore e di perdizione, ha bisogno di crocifissi: prigionieri del suo mistero, legati al suo carro, vincolati ai suoi problemi, presenti, vivi di carne e d'anima, nella sua paura, inchiodati per chiodi di Amore al suo destino.
Che ogni croce viva d'umanità non rimanga senza il suo Crocifisso.


don Sirio

Preghiera

O sangue di Gesù, lavami le macchie di peccato, quelle che io non ho saputo lavare con tutti i miei propositi, con tutti i miei sforzi, cercando disperatamente in me i motivi che mi aiutassero a uscire da quelle inclinazioni che mi hanno dato e mi danno tanta vergogna.
O sangue di Gesù, inebriami, dammi la vergogna di desiderare non solamente le cose basse, ma tutte quelle comodità che contrastano con il tuo sacrificio e con la tua croce. Inebriami e dammi un amore per gli uomini che non sia più questo amore di concupiscenza che mi fa vedere sempre al centro di tutte le cose, ma un amore di donazione, di sacrificio che mi spinga a dare la vita per i fratelli.
Sangue di Gesù, inebriami e cambia questa mia vita vecchia, timorosa, senza slancio in una vita che sia tutta un grido di amore che scuota il torpore del mondo.
O sangue di Gesù, annega i miei rimorsi, i miei timori, la preoccupazione di me, e fammi guardare il Padre, la sua giustizia, la sua giusta severità verso di me attraverso la riparazione sovrabbondante della tua morte.
Annega la mia tristezza e dammi la gioia, l'ebrezza di sentirmi amato e redento e salvato e già nel gaudio immutabile degli eletti.
O sangue di Cristo, rinnovami profondamente sì che non abbia più paura degli uomini, dei loro intrighi, della loro diplomazia e viva in quella libertà regale dei santi e dei martiri che hanno sgomentato il mondo.
O sangue di Cristo, rinnova il mio gusto, sì che senta il sapore delle cose grandi e sappia volerle e fortemente volerle senza viltà, senza pentimenti, senza esitazioni.
O sangue di Cristo, fammi vedere gli uomini attraverso di te, sì che senta nelle mie vene il bruciore del peccato e dello scandalo e non mi ricordi più delle differenze e dei contrasti e veda tutti gli uomini redenti da Te, chiamati alla grazia dalla voce terribile del sacrificio.
O sangue di Gesù, cambia le mie insonnie, le mie preoccupazioni nell'insonnia e nella preoccupazione della salvezza dell'uomo.
O sangue di Gesù che in questo momento invoco con fede profonda, scendi sul mondo che non ha pace e irriga questa nostra terra di uomini tanto desolata che non sa dare altro frutto che l'angoscia.
Tu che venisti sulla terra per la nostra pace, per il nostro amore, per la nostra fraternità, facci sentire fratelli in quest'ora del mondo.
Sangue di Gesù, mescolati al sudore, alle lacrime degli operai, al pianto dei poveri, alle prime lacrime dei bambini, alle lacrime di nostalgia dei vecchi e rendi prezioso, sacro questo gemito dell'uomo. Che non sia il pianto di uno schiavo confinato dentro i reticolati, ma il pianto dolce dell'esilio, della nostalgia del cielo; del desiderio della rivelazione del Padre, della sete di redenzione di tutti i fratelli.
Sangue di Gesù che sei vita, dammi la grazia di saper stare ai piedi della croce, ascoltando il tuo silenzio, colmandomi della dolcezza di questo dono pieno, definitivo che mi hai dato dall'alto della Croce.
Sangue di Gesù versato fino all'ultima stilla per la tua Chiesa, fammi risentire oggi quelle parole così laceranti che ridicesti per S. Francesco e S. Caterina: la mia Chiesa, la mia Chiesa, la mia Chiesa.
Che posso fare, Signore, per la tua Chiesa, per la nostra Chiesa? gridare il Vangelo con la vita, credere con tutta la forza nella potenza di redenzione del sangue e credere che la tua Chiesa ha tutto questo potere e questa forza, e dirlo al mondo.
O Croce della nostra fede, sei il più nobile di tutti gli alberi; mai nessuna selva ne produsse uno con fronde, fiori e frutti simili. Questo soave legno sostiene con dolci chiodi l'amabilissimo Peso.


fr. Arturo Paoli

La notte di Pasqua

O notte più chiara del giorno
o notte più luminosa del sole
o notte più bianca della neve
più splendente del nostro fuoco
più dolce del paradiso.

O notte che non hai conosciuto le tenebre,
tu vinci tutto il nostro sonno
e ci fai vegliare insieme agli Angeli.
O notte, terrore dei demoni,
notte pasquale, attesa un anno intero.

Notte nuziale della Chiesa
che fai nascere i nuovi battezzati
e spogli il demonio addormentato.
Notte nella quale l'Erede introduce
gli eredi al possesso dell'eredità.





Asterio Vescovo di Amasia (+ 410)

Una conversazione

Poche sere fa sono stato a parlare in una riunione di giovani, studenti o appena laureati. Si riuniscono una volta la settimana per discutere problemi di attualità, presso la sede del partito Socialista.
Il clima culturale è sicuramente a tipo marxista, così il sottofondo della discussione e i criteri di valutazione dei problemi. Però vi è serena accoglienza e possibilità di aperto parlare.
Mi avevano invitato per una conversazione.
Ho accertato abbastanza volentieri, anche se so bene di non avere possibilità culturali e nemmeno di prontitudine dialettica. Ma ho pensato che il tempo così stupidamente retorico e accademico, per non dire di peggio, è finito ed è invece arrivato in modo chiaro e invitante il tempo della serena testimonianza delle proprie idee, il tempo della semplice esposizione dei motivi della propria esistenza. Certo accanimento di difesa e di affermazione della Verità, a tipo battaglie crociate, non va più bene e nemmeno forse una animazione di tentativi proselistici per conquiste alla Fede.
Non mi sono preoccupato di nulla. Forse è semplicismo, forse è ingenuità fanciullesca o anche incoscienza. Non so, a me sembrerebbe apertura fraterna e serena fiducia nella Verità alla quale ho consegnato la mia vita.
In ogni modo sono andato e mi sentivo al mio posto come in chiesa.
Pensando un po' al tema propostomi, la mia conversazione poteva impostarsi in modi assai diversi. Ho creduto bene fare una certa esposizione - sia pure molto accennata - dei principi fondamentali della nostra Fede in ordine ai problemi di esistenza individuale e sociale.
Sono abituato a cercare di cogliere ogni indicazione pratica, anche quella di ordine più concreto, dalle Verità teologiche. Tutto nella nostra fede è a espansione e ritorno al centro, che è Dio, con concatenazioni meravigliose, adorabili. Fino al punto, almeno a me sembra, che mai la ricerca della Verità è soltanto speculativa, teorica, intellettualismo, o culturalismo, perchè veramente la Parola di Dio, come Gesù dice, è Spirito e Vita.
E quindi ho cominciato a parlare di Dio.
L'Unità di Dio come affermazione primaria, fondamentale, valore assoluto. L'esprimersi e l'ordinarsi dell'Unità di Dio nella Vita Trinitaria. I rapporti dell'Unità e Trinità nell'Amore.
La creazione è l'espansione, l'allargarsi dell'opera di questo Amore al di fuori di Dio. E il moltiplicarsi dell'esistenza non annulla la realtà unitaria per una relatività essenziale all'unico valore assoluto.
Nell'uomo tutto questo è inciso nella sua natura umana, che noi crediamo, creata a immagine di Dio.
E' dall'unità di Dio che nasce il valore fondamentale, centrale di tutta la realtà umana, della persona umana. E' dalla Trinità che scaturisce il suo essere ordinata alla comunità.
Persona e comunità: non realtà divise, ottenibili solo con la sparizione di una o dell'altra realtà, ma complementari per una vera e completa, vicendevole valorizzazione.
Così il Mistero di Gesù Cristo. Il suo essere vero uomo - e il suo raccogliere in Sé tutta l'umanità - nella Sua Unica Persona Divina.
Il Cristianesimo è un messaggio alla persona umana. Ed è tutto ordinato alla realizzazione secondo Dio del destino personale di ciascuno. Però la Verità in ogni cristiano è legata all'Amore. E la persona, nel Cristianesimo, attua veramente se stessa, è ciò che dev'essere secondo il Pensiero di Dio, solo in una perfetta realtà di Amore.
L'Amore mi porta al superamento di me stesso e mi dà, in questo superarmi, attuazione di me, completa, perfetta. Quanto più Dio e il prossimo diventano motivi del mio impegno personale, tanto più la mia persona si compie e è.
L'Amore sembra annullarmi e invece mi costruisce e mi rende veramente me stesso: esattamente come in Dio e in Gesù Cristo.
Tutta la costruzione dei rapporti sociali, da persona a comunità e da comunità a comunità, può e deve essere, secondo il Cristianesimo, soltanto opera di Amore.
E è seguito un accenno, sia pure brevissimo, dei passi del Vangelo più indicativi di S. Paolo e qualche accenno al Cristianesimo dei primi tre secoli.
Sulla parete di fianco ogni tanto davo un'occhiata a un grande cartellone con su dipinto la falce e il martello, il libro e il sole nascente. E sentivo come immensa pena nel cuore, l'affannosa, tragica ricerca umana di soluzioni dei tremendi problemi dei rapporti umani. E tutta la sofferenza, e il fiume di dolore che ha travagliato la storia, perchè mai si è voluto guardare agli altri con Amore.
Gli interventi, dopo che ebbi finito di parlare, furono riconoscimenti della sublimità della dottrina, ma anche precisa dichiarazione di autentica utopia, d'impossibilità assoluta di risolvere qualcosa in questo mondo, dove solo può riuscire a qualcosa la forza, la lotta, la violenza.
E' vero. All'Amore, come possibilità di soluzione dei problemi umani, non è possibile credere. Serve soltanto a fare qualche opera buona, ma non può essere sistema di vita, l'unica legge che comanda, la sola forza che ottiene. Chi crede all'Amore è come un povero pazzo che pensi di camminare sulle nuvole a raccogliere con le mani le stelle.
E' duro accettare questa debolezza, questa inefficacia, questa inutilità. Ma forse è questa la forza dell'Amore cristiano. E' il suo morire continuo incessante, la sua efficacia. E forse siamo inutili in questo mondo, noi cristiani, perchè non si muore abbastanza.
Fuori si era fatto buio e pioveva a dirotto.
Me ne sono tornato a casa, dove ho trovato una solitudine nera come la notte. Il lumino acceso accanto al Tabernacolo faceva un po' di chiarore appena in un angolo.


Un Prete

L'oro in Chiesa

Abbiamo visto un manifesto murale in grossi caratteri rossi e neri, annunciarne le celebrazioni del V Centenario della canonizzazione di S. Caterina da Siena. Due iniziative: convegno a Siena degli ospedalieri italiani - S. Caterina ne è la Patrona - e l'offerta di un altare e di un tabernacolo d'oro alla Chiesa di S. Domenico, la Chiesa di Siena che custodisce una insigne reliquia della Santa.
In un foglietto volante i nomi del Comitato d'onore e del Comitato esecutivo.
E' veramente cosa penosa e crea autentico senso di impaccio e di disagio non potersi unire all'entusiasmo del Comitato d'onore e di quello esecutivo. Poveri diavoli come ci ritroviamo, dissentire da iniziative inventate dal presidente degli Spedali di S. Maria della Scala di Siena insieme ai suoi collaboratori, certamente personaggi importanti, e appoggiate a una lunga lista di nomi così autorevoli, come un arcivescovo, più altri quattro vescovi e un abate, e poi professori, ingegneri, avvocati, dottori, commendatori, generali, colonnelli, ecc. tutti presidenti o dirigenti di qualche cosa (non ho mai capito perchè nei comitati d'onore non mettano mai operai, impiegati, agricoltori, ecc.), non trovarci d'accordo e non sentirci di appoggiare quindi certe iniziative, ci fa veramente problema: assai più di quello che si possa immaginare.
Ma è più forte di ogni buona volontà e quindi non ce la sentiamo di. approvare l'idea di questo Tabernacolo d'oro e di questo Tabernacolo d'oro messo insieme con le offerte degli ospedalieri.
Ci perdoni il Comitato esecutivo e d'onore, ma per onorare S. Caterina, la dolce infermiera degli appestati, non c'era altro da fare che un Tabernacolo d'oro?
Sempre più ci è difficile accettare che per onorare Gesù, la Madonna e i Santi occorra l'oro, ricchezza, valori, pietre preziose. Quando il Figlio di Dio è nato fatto Uomo (entrato quindi nel gioco dei valori umani, terreni, materiali) è nato in una mangiatoia, dentro una stalla. E' vissuto del proprio lavoro fino a quando è vissuto di elemosina ed è morto nudo sulla Croce e è stato deposto in un sepolcro dato in prestito.
Pensiamo che in un Tabernacolo d'oro ci si senta a disagio, se è possibile dire così. E è adorabile, bellissimo pensare questo di Lui. Ha voluto essere povero, perchè volete farlo essere ricco? Vuole essere come i poveri, il più povero dei poveri, più povero, diceva, degli uccelli che hanno un nido e delle volpi che hanno una tana, mentre Lui, diceva, non aveva una pietra dove posare il capo. Gli vogliamo bene così, forse gli vogliamo bene perchè è così. No, non possiamo pensare che in un Tabernacolo d'oro ci si trovi come a casa Sua.
Come non possiamo pensare che la Madonna sia contenta, come una ambiziosa donna qualsiasi (principessa o regina che sia, è lo stesso), di una corona d'oro e di gemme preziose, di anelli, braccialetti e collane.
Non pensiamo che questa sia Fede, ma povera mentalità umana attribuita a Chi ha altro criterio di giudizio dei valori è a Chi pensa che ciò che vale e importa è tutt'altro che l'oro e la ricchezza.
Sappiamo bene che a pensare e a dire queste cose, c'è da essere considerati estremisti e peggio ancora, ma noi sappiamo di averle imparate nel Vangelo e scoperte nel Cuore di Dio.
Si possono dire tante cose in difesa di queste iniziative e di queste manifestazioni cosiddette di Fede: d'accordo, le concediamo tutte tranquillamente. Però rimane il fatto che la povertà è l'oro e l'argento del Cristianesimo e la perla preziosa per la quale tutto deve essere venduto.
Ci ha poi impressionato il fatto che questo Tabernacolo d'oro debba essere donato raccogliendo offerte presso gli ospedalieri.
Pensavamo che il Tabernacolo d'oro per gli ospedalieri (Direzione, Amministrazione, Medici, Infermieri, Suore, ecc.) fossero i malati. Forse era conveniente che il Comitato d'onore e esecutivo, per le celebrazioni Cateriniane, organizzasse manifestazioni adatte perchè tutti gli ospedalieri sempre più si rendessero conto che ogni malato dei loro ospedali è un Tabernacolo d'oro nel quale adorare e amare la Presenza di Dio.
Vi può essere nei loro ospedali qualche «Tabernacolo d'oro» particolarmente bisognoso di Amore, di bontà, di pazienza e anche di aiuti materiali, perchè troppo povero, forse, per sostenere una convalescenza in una famiglia troppo male alloggiata e senza, chissà, un letto decente. A questi Tabernacoli d'oro è doveroso e meraviglioso pensare.
E sarebbe cosa stupenda organizzare Comitati d'onore e Comitati esecutivi per sensibilizzare il mondo ospedaliero a questi problemi di Amore.
E ci viene in mente un'ospedaliera, una semplice infermiera di un ospedale ben conosciuto, che ha lo stipendio che ha, il marito disoccupato e due bambini. Sono capitati in ospedale due gemellini di circa tre anni. Sono guariti, ma la mamma li ha abbandonati, gli istituti hanno difficoltà, dovrebbero partire per l'America dove dovrebbero essere adottati, ma i mesi passano e se li è portati a casa quell'ospedaliera: così sono quattro i bambini da mantenere con quello stipendio che ha. In casa, si è portati questi due piccoli Tabernacoli d'oro in cui è sicuramente racchiusa l'adorabile presenza di Dio.
Tabernacoli d'oro che certamente onorano Caterina, la dolce Santa dell'Amore: i Tabernacoli nei quali lei sa molto bene quanto sia vivo e presente il suo Gesù.
E forse La onorano in modo particolare, perchè sono Tabernacoli d'oro senza Comitati d'onore e Comitati esecutivi.


La Voce dei Poveri

Sogni ad occhi aperti

Capita spesso, per circostanze che ci hanno particolarmente sensibilizzato, di trovarci a lasciare andare il cuore e la sua immaginazione (conoscete la meravigliosa fantasia del cuore?) in un mondo, non fatto di nuvole dorate e di prati in fiore svolazzati di farfalle, ma semplicemente in un mondo libero dalle prudenze umane, dalla saggezza dei benpensanti, dalle regole del buon senso, dai limiti ormai consacrati dalla mentalità corrente. Dove tutto ciò che è bene, bontà, Amore, può sentirsi in piena e serena libertà.
Allora le cose perdono la loro complicazione e appariscono come stelle che si possano prendere con le mani perchè tutto è semplice e facile. Mi viene in mente Gesù che diceva tranquillamente di montagne da spostare, invitava a camminare sull'acqua e parlava del Suo Corpo e del Suo Sangue dato in cibo e bevanda. Questo adorabile mondo di Fede che spesso mi viene da sentirlo come un meraviglioso mondo di sogno.
Allora mi sono lasciato andare alla fantasia del cuore.
Era come entrare attraverso un piccolo cancello di legno grezzo: pareva costruito da bambini. Il sentiero di pietre orlato d'erba verde conduceva al piccolo villaggio.
E' un po' difficile descriverlo. Nove piccole case, disposte in cerchio, ma divise una dall'altra e convergenti quasi per raggi invisibili al centro del prato erboso. Lì, una minuscola Chiesa, sfaccettata in risposta alle nove piccole case. Veniva da camminare in punta di piedi come nelle novelle dove tutto è fragile e può sciuparsi anche soltanto a guardare, come i funghi sotto le foglie del bosco.
Una delle nove piccole case. Il soggiorno al piano terreno con due lati dell'esagono e vetrata rivolta verso il centro. Un divano, e due o tre sedie con un tavolo da persone adulte. Piccoli sgabelli e minuscoli tavoli per bambini. Giocattoli in un angolo e libri illustrati. Tanta luce e un clima caldo di famiglia. Una minuscola cucina come se fosse per un gioco. Le scale e si sale di sopra. Le camerette per i bambini, semplici come un nido, e la camera per la mamma e ancora la grande vetrata dell'esagono aperta verso il centro, dove la minuscola chiesa risponde a ogni piccola casa con la sua vetrata.
Questo villaggio di sogno è abitato. Ma gli abitanti non sono fate e piccoli gnomi.
La storia degli uomini, almeno degli uomini buoni, è guidata dall'Amore e spesso succede che chi ha ricevuto tanto Amore s'incontri con chi ne è tanto povero. Allora, se si apre il cuore e si lascia andare libero l'Amore, chi è povero diventa ricco d'Amore e chi lo ha donato ne ha ancora di più, gli cresce nel cuore ad ogni dono, perchè donare l'Amore vuol dire colmarsene sempre più fino alla misura infinita.
Difficile sarà dove trovare di deporre il proprio tesoro d'Amore e difficile sarà da dove trovare di poter ricevere l'Amore.
Ma il sogno continua seguendo fedelmente l'immaginazione libera e aperta del cuore.
In ogni piccola casa abita una donna. Una donna come tutte le altre, dal grembo pronto e capace di figli, ma specialmente dal cuore pronto, capace d'Amore. Qualcosa di lei - le vie sulle quali cammina il destino di ciascuno sono tutte tracciate - qualcosa di lei è rimasto infruttuoso: chi può dire di aver potuto far fruttificare interamente se stesso? Ma l'Amore è ugualmente cresciuto, perchè l'Amore è tutto di noi, è cresciuto e non può non essere albero colmato di fiori e di frutti.
E poi ciò che gli uomini sono soltanto capaci di rubare, e quindi d'impoverire, Dio invece moltiplica all'infinito in sovrabbondanze incontenibili. Di qui la ricerca, il bisogno estremo, forse, qualche volta, fino al dramma terribile di una solitudine impossibile o di un ripiegamento assurdo sopra se stessi. Ma il cuore spinge spesso a forzature violente perchè si apra e lasci andare la luce e il fuoco che lo trabocca. Però ha bisogno non del vuoto, o dell'inutile, o di povera illusione, ma di oggetti chiari, precisi, scelti e totalmente accettati, ai quali donarsi.
E ogni «mamma» lavora perchè è col suo guadagno che mantiene i suoi bambini, perchè un bambino che non ha chi fatica per il suo mantenimento è un bambino senza Amore: non crescono bene i bambini se non costano sudore e lacrime. E questi bambini sono bambini che nemmeno sono nati per Amore.
Concepiti senza essere cercati, mal sopportati in un seno che non li ha voluti, nati soltanto per essere abbandonati. Nessuno più di loro è senza Amore e nessuno più di loro ha diritto all'Amore, all'Amore di una mamma, all'Amore di una casa.
Due, tre, quattro, cinque... sono cresciuti di numero quasi ogni anno. Perchè il più piccolo abbia fratelli più grandi e i più grandi abbiano una sorellina più piccola.
E la piccola, minuscola Chiesa al centro del prato erboso unisce le nove piccole case: è facile volersi bene quando un unico ideale unisce, aiutarsi quando la fatica è la stessa, essere una cosa sola quando il vincolo di unione è motivo essenziale di vita.
Le. difficoltà, i problemi, gli inconvenienti, le complicazioni... sì, tante cose certamente: ma perchè non lasciamo che sia il cuore a comandare? Perchè pensiamo che sia impossibile sognare?
E al mattino una piccola automobile parte allegra di tutti i bambini sgusciati fuori dalle nove piccole case: vanno agli asili d'infanzia i più piccoli, alle scuole i più grandi. E le nove mamme vanno a lavorare, a lavorare per loro, per quei piccoli figli rinati dal loro immenso Amore.


d. S.

Bianchi e neri

Alcuni episodi dell'orribile discriminazione razziale nella grande civiltà degli Stati Uniti.
«Il 20 maggio scorso un autocarro proveniente da Birmingham (Tennessee) sbarcava al posto di blocco di Montgomery (Alabama) un gruppo di studenti neri e bianchi appartenenti all'associazione «Pellegrini della Libertà». Una folla urlante, al colmo dell'isterismo, li assalì. Più di mille studenti razzisti, letteralmente invasati dalla rabbia, le donne ancor più degli uomini.
In un istante più di venti furono feriti fra coloro che erano arrivati. Un negro fu cosparso di benzina e sarebbe morto bruciato vivo, se il fuoco non fosse stato spento. Un bianco, James Zwerg, colpevole di solidarietà verso gli uomini di colore, fu gettato a terra al grido «Ammazzalo!». Il suo viso deturpato fu affondato di forza nel catrame molle della strada.
John Seigenthaler, amministratore aggiunto di Robert Kennedy, Ministro della Giustizia, avendo voluto proteggere una ragazza negra di 20 anni perseguitata da razzisti, fu buttato a terra e talmente malmenato, che, colpito da commozione cerebrale, gli toccò restare all'ospedale un'intera settimana.
Nel frattempo, lo sceriffo della città riceveva un ordine del Tribunale che gli ingiungeva di imprigionare i «Pellegrini della Libertà», colpevoli di essersi opposti alla separazione dei negri negli autocarri, nei treni, negli autobus, nei ristoranti, ecc.
In quello stesso tempo, mille negri erano assediati in una chiesa Battista e cantavano degli inni, mentre il loro «leader», il pastore Dott. King, pregava e fuori diciotto bianchi erano tratti in arresto. A chi era andato a chiedere aiuto per i feriti, le autorità della città rispondevano che tutte le autoambulanze dei bianchi erano in riparazione.
Washington rispose prontamente. Duecento agenti federali furono mandati sul luogo, esasperando ancor più, con la loro presenza, gli isterici della segregazione. Nonostante ciò, 21 antirazzisti «Pellegrini della Libertà» arrestati, comparvero il 23 Maggio davanti al Tribunale della contea, accusati di violazione della legge dello stato di Alabama che impone la segregazione dei negri.
Due giorni più tardi venivano arrestati a Anniston, quattro membri del K.K.K., che avevano appiccato il fuoco ad un autocarro dei «Pellegrini della Libertà» e per mantenere la bilancia in pari, furono arrestati nove studenti negri alla stazione stradale di Jackson (Mississipi), colpevoli di essersi permessi di entrare nella sala di aspetto destinata ai bianchi.
Una campagna era stata organizzata per ottenere che i negri potessero frequentare cinema dei bianchi.
Ogni sera, alcuni negri armati di pazienza e di gentilezza, facevano la coda davanti ai cinema dei bianchi. Quando la cassiera li respingeva, essi si allontanavano compostamente, scusandosi senza un'ombra di ironia o di malizia, e riprendevano posto nella coda. Ognuno si ripresentava così quindici o venti volte davanti alla biglietteria della cassiera, per ricominciare poi il giorno dopo. Questo durò una settimana. Il sabato sera, un giovane negro, impeccabile, che aveva fatto questo traffico tutta la settimana allo stesso cinema, si avvicinò allo sportello della biglietteria, tenendo in mano una magnifica orchidea che offrì alla cassiera.
«Io voglio ringraziarla, signorina» spiegò «d'essere stata così paziente verso di me». E se ne andò. Il giorno dopo la cassiera chiese di essere licenziata.
Ecco la non violenza: disobbedienza franca e rispettosa alle leggi ingiuste, amore per l'avversario, appello rivolto alla sua coscienza perchè da se stesso scopra ciò che vi è di cattivo nel suo comportamento, accettazione da parte della vittima dell'ingiustizia, di soffrire a causa di questa ingiustizia, piuttosto che infliggere sofferenza all'avversario. Noi abbiamo molto da imparare dai negri degli Stati Uniti.
Georges Bois
Cahiers de la Rèconciliation Dic. 61





Se i cristiani non avessero ascoltato gli insegnamenti dei loro nemici mortali, essi saprebbero che niente è più giusto della misericordia, perchè niente è più misericordioso della giustizia e i loro pensieri si adatterebbero a queste nozioni elementari.
Gesù Cristo ha dichiarato «Beati» coloro che sono affamati e assetati di giustizia e il mondo che vuole essere felice, ma che detesta la «Beatitudine», ha rigettato questa affermazione. Chi allora parlerà per i ridotti al silenzio, per gli oppressi, i deboli, se quelli che furono investiti della Parola tacciono?
Lo scrittore che non lavora per la Giustizia disprezza i poveri in un modo crudele come un ricco egoista.
L'uno e l'altro dilapidano la loro ricchezza e sono responsabili, per gli stessi motivi, dello sparire della speranza nel mondo.
Leon Bloy


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