Un giorno - non sappiamo bene quale sia questo giorno misterioso della nostra vita, ma se ben ci pensiamo possiamo riuscire a scoprirlo con una certa approssimazione - un giorno ci è stato inviato un Angelo. Non aveva le ali dorate né era vestito di sole, forse non aveva nemmeno il giglio in mano, ma ci ha portato un messaggio di Dio. Le sue parole sono scese nell'anima nostra. Ci ha chiesto se eravamo pronti ad accettare che dalla nostra carne e dal nostro sangue, nel nostro tempo, nascesse il Figlio di Dio.
La Fede al Cristianesimo è questa richiesta, e questo invito, e questo annuncio.
Forse abbiamo esitato a lungo. Abbiamo respinto per un bel pezzo. Ci siamo difesi arroccandoci nel chiuso della nostra mediocrità. Può darsi che abbiamo detto di no. Di no a Dio. Di no alla Fede.
Dio ha insistito e ci ha convinti. La resa. Il cedere alla Sua Grazia, l'accettare il compiersi del Suo Mistero. Che Lui facesse di noi tutto quello che più Gli piaceva.
Il tempo del fervore, dell'entusiasmo religioso. Del rapporto con Dio chiaro e aperto.
Lui era dentro di noi. Viveva nascosto nel seno misterioso della nostra vita religiosa. Attesa paziente per una faticosa maturazione. Il Suo crescere in noi alimentato dalla Grazia. L'opera segreta dello Spirito Santo per questo farsi di Dio in noi.
Ha preso qualcosa e forse tutto di noi. Certamente non ha scartato niente. Non ha avuto paura di nulla. Povera carne debole e fiacca, sangue povero e forse inquinato. Cuore senza violenza di Amore. Anima stanca e disorientata. E mediocrità. E miserie senza fine. Tutta la nullità di vuoti paurosi, di assurdità impossibili.
La dolce, paziente fecondità della Grazia nel povero seno del nostro esistere umano e cristiano.
Fino a quando?
Forse è doveroso domandarci se ancora il nostro Natale è arrivato. Il giorno della nascita di Dio dalla nostra carne. Il venire di Dio alla luce della nostra testimonianza. Il suo uscire da noi attraverso la nascita verginale della Verità, dell'Amore di Dio.
Abbiamo solo paglia a disposizione e un povero presepio. Silenzio di notte fonda intorno e buio impenetrabile. Forse ostilità o almeno indifferenza e incomprensione. Ma il Mistero deve nascere. La Verità deve venire a questo mondo. L'Amore bisogna che viva fra gli uomini. Perchè la Parola di Dio deve continuare a incarnarsi e a nascere e ad abitare fra noi.
Ecco: Dio e visibile. E' carne e sangue. E' esistenza umana. Respira l'aria fredda della notte. E' riscaldato dall'Amore di una Madre. Accoglie i poveri che dormono sotto le stelle dove cantano gli Angeli la Gloria a Dio e la pace agli uomini. Nulla di eccezionale e di straordinario. Nulla di appariscente e di chiassoso.
Così Dio che nasce da noi, i credenti in Lui. Così la nostra carne raccolta da Lui per il Suo nascere incessante nel divenire del tempo.
Nasce nel campo sotto le zolle rovesciate dalla vanga. Nasce nell'officina di sotto il martello sull'incudine nello splendore del ferro incandescente. Nasce dalle pagine dei libri affaticati dallo studio. Nell'ospedale sul letto del malato. Nella casa popolare di periferia fra il gridare dei bambini sulla scala comune o nel cortile sassoso. Nella nuda cella distinta da un numero e chiusa a catenaccio dal di fuori, povera cassa da morto dell'ergastolano...
Può e vuole nascere nel mio cuore, nel tuo, nel cuore di tutti come speranza sicura. Bisogna darGli di nascere dovunque perchè è la Bontà, è la Pace, è l'Amore. Senza di Lui tutto è morto, senza senso, senza valore. Terra deserta, buio senza fine.
«Dal cielo cada sulla terra questa rugiada e le nuvole piovano il Giusto. Si apra la terra e lasci germinare nascere e fruttificare la Salvezza».
E' tempo ormai che ognuno si offra a Dio perchè Lui sia vivente fra noi, abiti le nostre case e mangi il nostro pane, cammini fra la folla, si sieda in un angolo del treno, lavori legato al proprio lavoro, si asciughi sudore e lacrime e consenta ancora di essere inchiodato al proprio destino e a quello di tutti e non per violenza di cose e d'uomini, ma per puro e libero motivo di Amore.
Sono i nostri auguri, cioè la nostra preghiera a Dio e a voi tutti, perchè ancora una volta il Miracolo si compia sì che il nostro nome sia «Emmanuel» che vuol dire Dio è con noi. (Isaia 7, 14).
La Redazione
E' finito un anno. E mi sembra che il tempo sempre più sia cosa seria, anzi problema terribile. Ogni istante è come un qualcosa di prezioso tenuto sulla mano. Ne sento il misterioso valore e vorrei viverlo con intensità infinita. Mi sembra che contenga una eternità e vi è dentro il misterioso e infinito valore della conoscenza e dell'amore di Dio. Un rapporto di contemplazione. Una realtà di Presenza che vorrei raccogliere senza che se ne perdesse assolutamente nulla.
Non so a volte cosa mi passa nell'anima. E' qualcosa alla quale il corpo stesso partecipa e vive. Investe tutto il mondo, raccoglie l'universo intero e è felicità intima, nascosta eppure universale, piena, totale forse fatta di nulla eppure colmata di tutto. Spesso ne ho quasi paura perchè non sono ben sicuro della natura e della verità di questa penetrazione di me stesso in tutte le cose di questo essere tutto in me, cosa sia, me stesso e mistero di partecipazione realizzato nell'aperta e totale Presenza di Dio: è in Lui che tutto l'Amore (questa realtà misteriosa e meravigliosa di comunione universale) si attua e si ottiene. Fino al punto che ho quasi paura che sia misteriosa e strana e pazza sentimentalità, frutto di buona salute, d'incoscienza serena, di desideri e esigenze ormai appagabili su questo piano di sensibilità acutizzata da apertura poetica o panteistica.
Non so e credo che non riuscirò mai a chiarire con sicurezza.
Sta il fatto che mi ci abbandono interamente e totalmente. Forse provoco perfino le occasioni per questo abbandono totale, per questa offerta a disposizione di un filo d'erba, del mare e dell'azzurro del cielo, di una donna, di un bambino, della vicenda umana, del mistero di tutto e di tutti i problemi dell'esistenza... Vedo le cose, più assai che con gli occhi, con una visione tutta di conoscenza dell'essenziale, del nascosto, dell'intimo mistero. Si stabiliscono rapporti tra realtà distanti eppure vicinissime separate soltanto dalle apparenze, divise soltanto dal visibile. Vi è un terreno comune, vi sono punti d'incontro, abbracci segreti, conoscenze immediate: basta raccogliere, aprire le mani e specialmente il cuore. Basta vivere aperti, pronti e consentire che ogni cosa entri liberamente e entrata trovi subito, con semplicità e dolcezza, il proprio rapporto, come una mano tesa o le braccia aperte.
Ho cercato di realizzare nell'anima mia, nel mio corpo, nel mio cuore questa capacità di accoglienza, questo essere pronto ad ogni cosa che si presenta e che entra in rapporto con me. Ho cercato di togliere via ogni difficoltà o impedimento. Anche il più piccolo velo. Ogni distanza. Ogni separazione. Ho tanto desiderato che ogni cosa, ogni problema trovi la rispondenza immediata, ciò che può stabilire «comunione», comprensione, intesa, partecipazione e quindi AMORE. Che tutto, assolutamente tutto possa trovare Amore.
Allora problemi: sono inevitabili. Superamento di posizioni. Abolizione di difese. Accettazione di ogni rischio. Adattarsi all'insicurezza. Angoscia d'incertezze. Terrore dei senza limiti. Solitudine di mentalità e deserto di situazioni. E logorio del cuore. E la sofferenza del sempre è troppo poco.
Lasciare che comandi l'Amore. Desiderare e contentarsi di essere solo Amore. E' povertà terribile. E' perdere ogni diritto. E' rischiare di essere meno che nulla. E' rimanere vuoti, scavati fin nella radice dell'esistere. Perchè a un certo punto il proprio io è un altro: Dio, Gesù Cristo, tu, voi, loro, tutti e ogni pietra, ogni albero, un istante, l'universo, l'eternità... tutto.
Tutto questo problema di modo d'esistenza e questa ricerca di soluzione non so se mi è nato nella carne e nel sangue e non so se è perchè io sono fatto così e tanto meno se affiora in me, viene nella mia superficie salendo su dal mistero terribile dell'esistenza umana, dai secoli della sua storia e dalla esperienza del mio tempo: non so perchè e per come tutto è così. Penso spesso che possa perfino essere manifestazione lussureggiante di una giungla nascosta di una misteriosa terra inesplorata, rimasta ignorata perchè non scoperta e che esplode la sua ricchezza e violenza incontenibile in misteriose maniere. Non so. Un fiume sotterraneo fatto sorgente in qualsiasi punto della montagna. O violenza di fuoco che deve pur trovare un cratere per liberarsi. Non lo so proprio.
Mi sembra però che Dio abbia portato tutto questo problema a misure infinite. La Fede in Lui e la conoscenza di Lui ha dato realtà di una concretezza meravigliosa a tutta questa misteriosità che mi travolge. E l'amore per Gesù ha precisato, ha definito, ha dato senso e valore e verità in misure universali. Lui sento e credo e amo veramente come Chi ha vissuto interamente e totalmente la misura di libertà piena e perfetta. Tutta la Verità ciò che io appena appena intravedo e sogno. Lui ha avuto l'infinita potenza di Amore di raccogliere tutto nel Suo Cuore, nell'Anima Sua e farne la ragion d'essere della Sua Vita. Lui sintesi perfetta di tutto il divino e l'umano, punto d'incontro, di convergenza assolute.
E ogni cosa ha trovato totale e perfetta risposta nel Suo Cuore. Tutto Lui ha accolto e tutto in Lui ha trovato comunione.
L'essere cristiano mi mette in questa verità. Mi dà quest'unica ragion d'essere. Questo dovere di consacrazione. Mi sento a disposizione di tutto e di tutti. Pronto. Ho soltanto paura di non essere pronto a morire come io so che dovrei morire. Ma lo voglio tanto. Ora è l'unica cosa che desidero. E capisco come e quanto sarebbe necessario morire «uccisi». Ma sarà sempre morire uccisi, in qualunque modo si muoia. Perchè dev'essere «qualcosa», che uccide: qualcosa di questo mondo, di questo universo che si è amato così tanto fino a consegnargli la propria vita e abbandonargliela perchè ce la prenda come meglio gli piace e ne usi secondo tutti i suoi diritti, in esecuzione perfetta, in realizzazione totale del Mistero di amore di Dio.
don Sirio
Al mattino i bambini ancora dormendo
senza parole mi dicono:
non dire quello che pensi, papà,
stasera e domani
bisogna ancora mangiare.
E sento ancora la voce:
lustra le scarpe
a chi di dovere
perché la fatica non basta
per darci ancora da mangiare.
E mi ripetono piano:
dal tuo Amore siamo nati
ma è dal tuo morire
di ogni giorno chinando la schiena
che noi si può ancora mangiare.
E lungo la giornata li ascolto:
mi pesa il piede sul collo
mi pungono spine avvelenate nel cuore non posso alzare la testa...
così tanto mi costa il vostro mangiare.
* * *
O Trinità eterna, Tu sei un mare senza fondo dove, m'immergo, tanto più ti trovo, e quanto più ti trovo, tanto più ancora ti cerco.
Di Te, non si può mai dire: basta! L'anima che si sazia nelle tue profondità, ti desidera incessantemente perché è sempre affamata di Te, Trinità eterna; sempre brama di vedere il tuo lume nella tua luce.
Come il cervo assetato sospira l'acqua delle fonti, così l'anima mia desidera uscire dal cercare tenebroso del corpo, per contemplarti quale realmente sei, nella pienezza del tuo Essere.
Fino a quando il tuo volto resterà nascosto ai miei sguardi?
O Trinità eterna, fuoco ed abisso di carità, dissipa la nuvola del corpo mio; perché la conoscenza che mi hai dato di Te stesso mi riempie della tua verità e mi costringe a bramare di essere liberata dai miei legami terreni; essa mi rende avida di dare la mia vita per la gloria e l'onore del Nome tuo, perché io ho gustato ed ho visto, con l'intelletto, nella tua luce, l'abisso delle tue grandezze, e la bellezza dell'anima che è creatura tua.
Vedendomi in Te, ho visto che ero fatta a tua immagine, poiché Tu mi hai fatta partecipe della tua potenza.
O Padre eterno, Tu hai comunicato al mio intelletto la Sapienza che appartiene al tuo Unigenito Figlio; e lo Spirito Santo che procede da Te e dal tuo Figlio unico mi ha dato la volontà che mi rende capace di amare; perché Tu, o Trinità eterna, sei il mio creatore e io sono la creatura tua; e mi hai rivelato, con la creazione nuova che mi ha dato il sangue dell'Unigenito tuo, quanto Tu sia innamorato della tua creatura.
Santa Caterina da Siena
Caro Lettore,
credo cosa inutile dilungarmi in una presentazione di Don Sirio che lei conosce, se non altro attraverso gli scritti pubblicati dal nostro giornale.
Desidero invece intrattenermi brevemente con lei sul suo libro «Una zolla di terra» (ed. La Locusta) uscito proprio in questi giorni.
«Non è un trattato di teologia e nemmeno un libro di meditazione secondo gli schemi normali... Forse ho soltanto scritto una lunga lettera a chi si può scrivere a cuore aperto e come ogni lettera, anche questa è fatta di parole semplici e vere: parole scoperte e raccontate con gioia e sofferenza nel segreto dell'anima e scritte con tanta fiducia perchè vogliono essere soltanto Amore».
Con queste parole Don Sirio prendeva congedo dal suo libro, contemporaneamente presentandolo. E' un'analisi sottile e profonda del proprio cuore; un mettere a nudo la gioia e il dolore di uomo e di sacerdote, sensibilmente cosciente di agire in un disegno che pur svolgendosi nel tempo ne è fuori, in quanto eterno.
Dall'inizio alla fine sempre ci pone una visione unitaria, sviluppata di volta in volta in un suo aspetto particolare ma sempre senza che questo faccia perdere la veduta d'insieme: la ricerca costante di Dio e del suo Amore e per Esso e in Esso agire.
Per questo forse il libro è privo di indice.
Vi troverà la costante, meditata, viva, ricerca di Dio e del suo Amore per potere, attraverso Esso, arrivare all'uomo, la sola cosa importante, veramente importante, quella, l'unica, per la quale Dio stesso si è mosso, incarnandosi e morendo in croce.
Risulterà allora chiaro come il nostro destino sia legato intimamente al destino di tutti, parte integrante di un disegno vasto e senza tempo, per l'attuazione del quale «mille anni sono come il giorno di ieri che è trascorso; come un turno di guardia nella notte».
Per questo, giustamente scrive l'Autore, «quando io non comprendevo la Verità nascosta nel destino di tutti, allora pensavo soltanto a me».
E' avere compreso l'insegnamento di Cristo e pertanto arrivare ad avere per casa la terra e per fratelli i popoli tutti.
Troverà sempre chiarezza di immagini e il linguaggio necessario a dire una cosa e quella sola e spesso... qualche punto dove altri, forse avrebbe messo un punto e virgola.
Ma anche questo contribuisce a dare al libro un fascino proprio che, se le capiterà di leggere il testo a voce sommessa, non mancherà di notare. Dà infatti l'impressione di sentire la viva voce dell'Autore, con il suo periodare sobrio, spezzettato, martellato, pensato, vissuto.
Questo aspetto sono certo non mancherà di risaltare ai numerosi amici di Don Sirio e a quanti lo ascoltano nella sua spiegazione domenicale del Vangelo nella nostra chiesa di S. Andrea e nella sua Chiesetta del porto.
Cordialmente
Il Direttore
«Vi faccio sapere che ho molti pretendenti, voi mi direte: "Prendi quello che ti piace e buona notte", ma io non so chi mi piace di più.
Quando alla sera vado a casa dal lavoro c'è R. che mi aspetta lì vicino, poco più in su c'è C, ancora più avanti c'è F. e tutti vorrebbero accompagnarmi. R. ha diciannove anni, lo conosco da 2 e so che è un bravo ragazzo, ma guarda un pò troppo le ragazze. C. lo conosco da un anno e mezzo, ha 21 anni, in settembre va a fare il militare, mi ha già chiesto di fidanzarmi 10 volte. F. lo conosco fin da piccola, perché abita vicino a me, ha 17 anni, è molto buono ma è molto timido. Ho tanti altri amici e conoscenti i quali mi corteggiano, ma questi 3 mi interessano di più. Vi prego di aiutarmi a risolvere questo problema, perchè alla domenica, siccome tutti mi aspettano in qualche posto, finisco per stare a casa. Notate che ho 17 anni e credo di essere anche carina, perché quando cammino per strada tutti gli uomini mi fischiano dietro».
Dal Volume "Le Italiane si confessano", Ed. Parenti
La giustizia va rispettata non solo nella distribuzione della ricchezza, ma anche in ordine alle strutture delle imprese in cui si svolge l'attività produttiva. E' infatti insita nella natura degli uomini l'esigenza che nello svolgimento delle loro attività produttive abbiano possibilità di impegnare la propria responsabilità e perfezionare il proprio essere.
Per ciò se le strutture, il funzionamento, gli ambienti di un sistema economico sono tali da compromettere la dignità umana di quanti vi esplicano le proprie attività, o da ottundere in essi sistematicamente il senso della responsabilità, o da costituire un impedimento a che comunque si esprima la loro iniziativa personale, un siffatto sistema economico è ingiusto, anche se, per ipotesi, la ricchezza in esso prodotta attinga quote elevate e venga distribuita secondo criteri di giustizia e di equità.
Giovanni XIII
Se si vuole contribuire alla pacificazione della comunità si deve impedire che l'operaio che è o sarà padre di famiglia venga condannato ad una dipendenza o servitù economica inconciliabile con i suoi diritti di persona.
Pio XI
- «Chi lavora non deve sentirsi straniero nel luogo della propria fatica: egli è un comproduttore, soggetto dell'impresa e non semplicemente oggetto.»
Pio XII
«Guai a chi fabbrica la sua casa senza giustizia, e fa lavorare il suo prossimo per niente e non gli dà il suo salario».
Ma tu non hai occhio, non hai cuore che al tuo interesse, al sangue innocente per spargerlo, all'angheria ed all'oppressione per praticarla. Perciò così parla il Signore: «Avrà la sepoltura di un asino, trascinato e buttato al di là delle porte di Gerusalemme».
Geremia, 22,18-19
Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455