LA VOCE DEI POVERI: La VdP luglio 1961

Problemi di dignità

«Ma tra voi non sarà così; al contrario chi vorrà tra voi diventare grande sarà vostro servo e chi vorrà tra voi essere primo sarà vostro schiavo»... (Mt. 20, 26-27)

L'unico titolo di dignità nel Cristianesimo è l'ultimo posto, è essere servitore di tutti, addirittura schiavo. Servo, titolo onorifico; schiavo, posizione di privilegio. Roba da matti.
Eppure è un ordine cavalleresco, un'aristocrazia dello spirito, una dignità nobiliare istituita dal Figlio di Dio fra gli uomini.
Peccato che questa istituzione onorifica non abbia avuto molto successo. Chi ha cercato di prendere in considerazione questo strano modo di pensare proprio di Gesù Cristo, normalmente lo ha fatto con dei sospiri o con artificiose ricerche di umiltà o contentandosi di modi esterni, apparenti.
Ci sovviene l'impressione sgradevole di tanta mielosa umiltà, sdolcinatura sull'orlo del vaso traboccante d'ambizioni terribili e spietate. E anche tanta professione di servilismo intesa soltanto al proprio tornaconto.
Nel nostro povero mondo religioso e cristiano vi è tanta falsità proprio perché da una parte bisogna essere umili, distaccati, a servizio, sensibili degli altri e quindi «poveri servi e schiavi di tutti» (le parole di Gesù sono lì e non possono evidentemente essere ignorate), d'altra parte però vi sono le ragioni di prestigio, di privilegio, i motivi di prudenza, di equilibrio, vi sono cioè le considerazioni umane e gli interessi personali... e quindi la inevitabilità di una composizione del contrasto è a tutto danno della sincerità, perché il modo esterno, l'apparenza, sarà tentativo di fare qualcosa in ubbidienza a Cristo nelle Sue raccomandazioni di umiltà e povertà, in realtà però tutto va avanti secondo i modi umani con capacità veramente raffinate e costanze imperturbabili.
Cristianesimo in guanti gialli. Spiritualità diplomatica. Virtù salottiera. E Gesù, senza tante storie, direbbe «razza di vipere», «sepolcri imbiancati». «Voi siete coloro che vogliono passare per giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori, perché ciò che è in onore fra gli uomini, è abominazione davanti a Dio» (Luca 16, 15).
Però vi sono state e vi sono anime che hanno accettato le parole di Gesù e il suo modo di pensare, con cuore aperto e non hanno avuto paura di essere soltanto dei servi e degli schiavi. Perché servire è Amore vero. Prestarsi, offrirsi, donarsi senza limiti e misura. Essere a completa disposizione. Rinunciare ad ogni diritto. Accogliere ogni dovere. Lasciarsi prendere e sopraffare e sfruttare. Acconsentire ad ogni uso di se stessi. Lasciarsi portar via da qualsiasi vento. Resi veramente schiavi di un destino d'Amore. Schiavi di questo padrone fatto di esigenze infinite, di richieste incessanti, di diritti spietati.
Gesù, servo di tutti gli uomini, schiavo di tutta l'umanità fino al Sangue e alla Croce. E fino al Pane consacrato, fatto il Suo Corpo e la Sua Anima e la Sua Divinità, per essere mangiato da tutti.
I Suoi Santi, fedeli servitori di Lui e di tutti.
Schiavi di Dio e del Suo Mistero di salvezza.
Legati mani e piedi agli stessi destini del Figlio di Dio fatto uomo, in balìa di tutto il terribile e spaventoso bisogno, che gli uomini hanno, che sulla terra qualcuno li ami fino a logorarsi e morire per loro.
E anche quelli che hanno servito la Giustizia. Si sono offerti alla soluzione dei problemi umani e hanno fatto fare un passo avanti alla storia spingendola col loro sacrificio personale. Servitori umili e devoti, logorati anche essi da sogni impossibili, schiavi di un dovere, di una ubbidienza a misterioso Amore.
E i poveri servi e schiavi dell'umanità, nascosti nel segreto del loro niente. Nemmeno per un momento vengono alla ribalta. Alla loro casa natia non metteranno una lapide, né al loro nome dedicheranno una strada. Il loro servizio li ha nascosti nel sottofondo dell'esistenza umana e la "normalità" della loro schiavitù dispensa perfino di ringraziarli.
E tutti viviamo del loro servizio e sfruttiamo la loro schiavitù. No, i conti con loro non possono essere saldati col pezzo di pane come a un cane e nemmeno con l'osso che noi abbiamo spolpato.
Sono senza dubbio i più fratelli - i più vicini e i più veri - di Colui che ha detto che «...il Figlio dell'Uomo non è venuto per essere servito, ma a servire» (Mt. 20, 28).


La Redazione

Ho saltato il muro

Gli operai dell'azienda hanno occupato lo stabilimento.
Dopo tre mesi di agitazione per ottenere un aumento di paga di poco più di 100 lire, la tensione è arrivata al punto che la Direzione ha minacciato al mattino seguente di lasciare chiusi i cancelli. E gli operai non sono usciti quella sera.
Attraverso il muro di cinta hanno loro portato, le mogli e gli amici, coperte e paglia ed è cominciato questo strano, volontario campo di concentramento.

Li ho trovati seduti, lassù in alto, sul muro. E sotto i picchetti di polizia e carabinieri.
Ho chiesto alla Direzione di poter entrare fra loro. Niente. Ho detto che il sacerdote è concesso anche ai carcerati e ai condannati a morte. Ma nulla da fare. Mi sono appellato alla terribile responsabilità davanti a Dio. Ma anche Dio conta poco quando si tratta di interessi.
Sono passati molti giorni. Ho continuato ad andare lungo il muro a soffrire una sofferenza di poveri uomini per avere la possibilità di soffrire in un lavoro duro, pesante e incapace di dare da mangiare e una casa decente e una scuola ai propri figli.
E' venuta la domenica. Ho chiesto di andare a celebrare la Messa. Ma ancora un rifiuto. Allora ho messo gli arredi sacri in una valigia. Sono tornato sotto il muro con una scala. Sono salito e gli operai mi hanno aiutato a scendere di là.
Avevo scavalcato una legge terribile, quella che separa così spaventosamente gli uomini. Legge di ordine naturale, ma che è così tanto osservata dagli uomini fino alla ferocia, alla crudeltà, all'odio più spaventoso. Perché il diritto di proprietà è ancora rimasto allo stato d'istinto e non accetta mitigazioni razionali, sistemazioni umane e tanto meno sopporta che se n'occupi il cuore.
Nemmeno Dio sembra che ci possa far nulla e il Cristianesimo lo esaspera soltanto, quando non riesce a superarlo con la forza dell'Amore e della Povertà.
Ho scavalcato questo abisso di divisione e mi sono sentito come in terra libera, fra uomini liberi.
Camminavo qua e là guidato dagli operai a vedere la loro precaria e tanto penosa sistemazione di occupanti. E mi hanno fatto vedere l'azienda: una attrezzatura semplicemente primitiva, un macchinario antiquato di quaranta anni fa, un'organizzazione di lavoro assurda e un disordine inconcepibile. Mi dava l'impressione di una forzatura artefatta di modo di lavoro per intristire e rendere esasperata la fatica quotidiana di quei poveri operai.
Hanno preparato l'altare con attrezzi di lavoro e lamiere. E tutti poi d'intorno all'altare come intorno ad una tavola di famiglia.
Un silenzio enorme.
Può darsi che molti non siano credenti. Forse alcuni hanno voluto questa Messa per interesse di pubblicità: ma a me non importava nulla dei motivi e delle intenzioni - e nel caso ero felice che almeno quella Messa «servisse» a dei poveri, a degli operai: troppe volte ho tanto sofferto nel dover fare Messe e funzioni sacre che «servivano» soltanto ai ricchi - l'importante era che Dio fosse lì fra i poveri, che Gesù Cristo consumasse lì, fra gli operai, il Suo Sacrificio di Redenzione, che fosse presente - vivo e vero - a dare senso, significato, valore infinito ed eterno a questa povera vicenda umana, a queste situazioni d'ingiustizia, a questa sofferenza per i diritti fondamentali alla vita. Il Figlio di Dio coinvolto in questa tragedia umana. Il Suo Amore in questa nostra spaventosa miseria di comprensione fraterna.
Ho detto loro queste cose con le lacrime agli occhi e con l'anima tesa e aperta ad una comunicazione di tutta la Verità.
Qualcosa vi era di limpida purezza e di verginale sincerità in quei pochi minuti: il Mistero di Gesù presente in tutta la Sua realtà umana e divina e la mia Fede intera e totale e la loro sofferenza: vi era abbastanza perché nascesse sotto il baraccone, fra quei carri merci ferroviari in riparazione, fra quei poveri uomini carichi di sofferenza e d'incertezza e un povero prete in condizioni di illegalità a celebrare la S. Messa, nascesse e fruttificasse la speranza di un Amore e la realtà di una Salvezza, la fiducia in una Giustizia che non fallisce perché c'è Dio. E la pena di uomini, l'angoscia di una lotta, la tragedia di tanta esistenza saliva a Dio in cerca di Amore e di Redenzione affidandosi al Mistero di Gesù Cristo, Figlio di Dio e fratello nostro, fatto noi tutti fino alla morte.
Dopo la Messa mi è sembrata cosa puerile e ridicola quella dichiarazione che mi è stata letta da un inviato della Direzione nella quale mi si diceva che, a seguito della mia violazione di domicilio, la Direzione si riservava di prendere tutti i provvedimenti che riteneva più opportuni. D'accordo: che la legge facesse pure il suo corso, ma nel cuore adoravo la libertà dei Figli di Dio, vasta e aperta e inincatenabile «come il vento che spira dove vuole e ne senti la voce, ma non sai donde venga né dove vada: perché così è d'ognuno che è nato dallo Spirito» (Giov. 3, 8).
Enormi strette di mano e mi accompagnavano al muro della legge: ora dovevo scavalcarlo per ritornare nella legalità degli uomini onesti, galantuomini, saggi e prudenti (cioè quelli che stanno bene, hanno il conto in banca, un impiego sicuro, appoggi potenti, posizioni di privilegio).
Stavo pensando se Dio era più di là o di qua dal muro. E mi ricordavo di Gesù e della Sua storia di Figlio di Dio fatto Uomo e mi colmava il cuore di gioia pensare che Lui aveva scelto di vivere la Sua vita terrena e umana al di qua del muro, dove sono chiusi come in campo di concentramento i poveri, i deboli, chi è nulla e zero nella vita. E per questo l'avevano condannato come un malfattore e un sovvertitore dell'ordine pubblico, alla morte di Croce e ve l'avevano inchiodato fra due ladri, lasciandovelo morire dissanguato.
Ma aveva perdonato perché nessuno rimanesse fuori dal Suo Amore e quindi con Amore ho risalito il muro della legge e sono tornato fra «gli altri»: mi aspettavano nella mia piccola Chiesa perché io celebrassi la Messa per loro, per loro e per tutti, perché almeno in Dio, per l'adorabile presenza di Gesù, vincolo d'Amore, possiamo essere tutti fratelli.


don Sirio

Parole: carboni accesi

"Ed ora a voi, o ricchi! Piangete, gemete per i guai che cadranno sopra di voi. Le vostre ricchezze si sono putrefatte e le vostre vesti son rose dalle tarme, L'oro vostro e il vostro argento si sono arrugginiti e la ruggine loro si alzerà a testimone contro di voi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete ammassato tesori negli ultimi giorni! Ecco! La mercede di quegli operai che hanno mietuto i vostri campi e che avete loro frodato, grida e il grido dei mietitori è giunto fino agli orecchi del Signore Dio degli eserciti. Voi avete vissuto sulla terra in mezzo ai piaceri e alle delizie e avete saziato i vostri cuori per il giorno del massacro..».
Lettera di S. Giacomo Ap. 5,1-5


«Vivendo in un quartiere di case malsane a contatto quotidiano con una cinquantina di persone, io ero veramente il compagno, il fratello, l'amico, il padre. Al di là del portone del cortile, in una certa periferia, ero ancora il fratello, l'amico, almeno fino alla fermata dell'autobus: poi oltre non restavo che il curato e ancora con una C maiuscola. Questa vicinanza così fraterna era idonea a far scoprire Dio, poiché partendo dal compagno, superando ciascun gradino della scala, scoprendo di volta in volta il fratello, il padre, il prete, si indovinava, al di là del prete, Dio all'orizzonte - un Dio che non era più una "invenzione dei preti" ma veramente "l'amico del compagno" e quindi suscettibile di diventare "nostro amico"».
P. LOEW



Figlio dei Romani

Il manovale italiano siede presso il binario:
è mezzogiorno, e mangia il suo pasto di pane e bologna. Sibila il treno: uomini e donne ai tavoli
ravvivati da rose rosse e gialle giunchiglie
mangiano bistecche che colano una bruna salsa,
fragole e panna, dolci e caffè.
Il manovale italiano finisce pane asciutto e bologna,
li annaffia con un sorso d'acqua portata dal ragazzo
e attacca la seconda metà delle dieci ore di lavoro:
deve badare ai binari perché rose e giunchiglie
si scuotano appena nei vasi snelli di cristallo
posati sui tavoli dei vagoni-ristorante.



Carl Sandburg
(dal Volume «Chicago»)



Una povertà insopportabile

Una delle povertà capaci di ridurci veramente miserabili fino all'insopportazione vicendevole e forse anche dell'esistenza umana stessa, è l'essere così divisi, separati, addirittura diversi, come gente estranea, nemica.
E' triste, pesante, faticoso fino alla stanchezza che schiaccia, questo clima di ostilità nel quale dobbiamo vivere e respirare.
«Quest'aiuola che ci fa tanto feroci». Non può che essere maledetta questa terra con quei suoi valori materiali che offre, se scava abissi di divisione incolmabili, fra le anime, gli spiriti, le idee, i sentimenti e i destini umani.
Siamo così lontani gli uni dagli altri che a riflettervi anche per un solo momento, è angoscia tremenda.
E l'attaccamento al proprio tornaconto, al proprio interesse è violento, fino alla guerra aperta e a tutte le risorse, gli espedienti, i cavilli più raffinati: tutto va bene perché ormai il pensiero, le idee, la coscienza, la sistemazione di tutto è in relazione dell'affermarsi del proprio egoismo. E anche l'egoismo è impegnato unicamente nelle realtà materiali: si nutre soltanto di fogli da mille fagocitati in numero sempre crescente.
Capita spesso di parlare con le persone e di guardarle di là dal velo degli occhi, fin nel più profondo dell'anima, per tentare la gioia di scoprire l'idea pura, l'ideale vergine, l'onestà limpidissima della ricerca, la chiarezza delle intenzioni e specialmente l'immacolata libertà da ogni motivo personale, egoistico, materiale, terreno, banale...
La libera purezza di parlare soltanto per l'aperta ricerca della Verità: senza paura di pagare di persona, senza timore delle conseguenze. L'Amore candido e verginale alla giustizia per la considerazione onesta di ogni valore, nella serena disposizione e volontà di dare a ciascuno il suo, con dolcezza e normalità per sicurezza di cuore e limpidezza d'anima e bisogno essenziale.
L'immensa e purissima impressione di gioia di parlare aperti a tutto il problema umano, come arrivati sulla cima di montagna si guarda intorno fino al lontanissimo orizzonte, lasciandoci dolcemente sopraffare dall'immensità che ci sommerge.
Lo sconfinare della parola in spazi infiniti, lo smarrire la consapevolezza di se stessi, i limiti del particolare nella visione universale. Staccarsi dalla terra, sfangare i piedi dalla propria pozzanghera e levarsi alla ricerca di un cielo vero, sgombro di nuvole e di nebbie, e di una terra libera e vergine dove potere decorosamente abitare.
Ma siccome questi sono sogni, utopie, e siccome il mondo è quello che è e bisogna essere concreti, pratici, saggi e prudenti, allora facciamo come tutti o continuiamo sempre a fare come abbiamo fatto fin qui.
Accanto a una trincea o dirimpetto, ne scaviamo un'altra. Ad un egoismo spietato ne opponiamo un altro ancora più spietato. Alziamo le difese coscienziosamente e prudentemente.
E corazziamo le posizioni facendoci le idee adatte, le opportune mentalità. E allora l'ingiustizia si ammanta di legalità. L'egoismo si camuffa di difesa della civiltà. Tutto è una mascheratura orrenda e non ci si capisce più niente. Perché tutto è congegnato a bella posta perché il pane non sia più pane e il vino non sia più vino.
Ormai la Verità è pietra preziosa introvabile perché della vita diritta, chiara e sicura, per trovarla, ne è stato fatto un labirinto: forse è perché quell'ultimo illuso che ne è innamorato si stanchi di cercarla?
La responsabilità umana attualmente nei confronti della Verità e della Giustizia, è gravissima non soltanto perché non si cerca più e non si ama più la Verità e la Giustizia, - valori ormai troppo giudicati come pura perdita in rapporto al dio interesse - ma si intorbidano le acque e si ingarbugliano le cose perché ne venga la convinzione che la Verità e la Giustizia sono valori assurdi.
Dio sta scomparendo sempre più come presenza di valore e di rapporto fra gli uomini e allora anche ciò che è proprio unicamente di Dio perché valore totalmente legato e dipendente da Lui, come, nel caso, la Verità e la Giustizia, svanisce e la povertà - quella vera fatta di immiserimento di autentiche essenzialità per l'esistere umano - cresce: cresce come una marea inarrestabile, come un cattivo odore che tutto appesta, come una pazzia che si affaccia a portar via sempre più gli ultimi angoli di lucidità.
Ci stiamo aggrappando a tutto come disperati, come gente che affoga, ma tutto è naufragio quando si è in alto mare e la barca va a fondo. Non serve nemmeno gridare.
E basterebbe un po' d'onesto Amore alla Verità. Appena un'ombra di senso di Giustizia, cioè sentire il dovere di consentire che anche gli altri possano vivere e respirare. Basterebbe una briciola di libertà da tanta, troppa materialità.
E un po' di Dio fra noi e un po' di Gesù Cristo.
Almeno come quando di tra le nuvole, basse e pesanti, un colpo di vento fa uno squarcio di azzurro e un raggio di sole, limpido e schietto, ci fa battere gli occhi per troppa luce.
Diversamente è proprio tanto duro e faticoso vivere, cioè continuare a credere che l'Amore fra gli uomini non sia un assurdo.


Noi poveri

Discorso da fratelli

Siamo pochi e forse vi è anche tutta un'apparenza di stranezza e quindi giustifìcatamente possiamo anche essere presi poco sul serio o considerati poveri esaltati o estremisti, o più benevolmente, utopisti ormai fissati in modo inguaribile.
C'è chi arriva fino a considerarci comunisti o "filo" e qui vi preghiamo di stare attenti anche perché - e sappiamo benissimo cos'è il comunismo, potete esserne certi - non ci sembra bene usare una parola che indica un prossimo per offenderne un altro.
D'altra parte se diciamo delle cose (o le scriviamo) in privato e in pubblico, che sicuramente sono la Verità cristiana perché copiate a lettera dalla Parola e dall'esempio di Gesù e insegnate dal Magistero della Chiesa e voi dite che sono discorsi comunisti o roba da «Unità», noi non sappiamo che farci. Non è certamente motivo sufficiente che noi non testimoniamo la Verità così come crediamo che sia la Verità di Dio, il fatto che - ma è cosa proprio preoccupante? - diciamo cose che qualche volta, dicono anche i comunisti.

E' un problema questo che impressiona assai ed è motivo di grave meditazione. Ti rendi conto cosa dici quando affermi che parlare dei poveri, mettere in evidenza problemi di giustizia, cercare d'insegnare che tutti siamo fratelli, non usare due pesi e due misure, riconoscere i diritti fondamentali di tutti e quindi non sopportare che tu affoghi nel benessere e quel poveraccio lì, che pure lavora ed è onesto, affoghi nella miseria, lui e la sua famiglia, che mal si sopporti che ci sia chi si arroga ogni diritto e chi abbia sempre e soltanto doveri ecc. ecc., sono discorsi comunisti e roba da estremismo pericoloso e sovvertitore?
Può darsi che noi siamo troppo dalla parte dei poveri (non sappiamo bene però qual'è la giusta misura dell'Amore cristiano e, abbia pazienza, non possiamo venirla a imparare da lei, caro signore), però sono così tanti ad essere dalla parte dei ricchi, che non ci viene affatto lo scrupolo che manchi loro qualcosa mancando noi.
E poi non è giusto che qualcuno sia dalla parte dei poveri senza riserve e condizioni? Anche perché per essere dalla parte dei poveri bisogna esservi in modo totale e continuo: diversamente non si riesce a rimanere loro fedeli. E' troppo scomodo e poi stancano terribilmente e se diamo loro un dito, prendono il braccio e poi tutto e ci mangiano vivi.
Si resiste soltanto lasciandoci coinvolgere, diventando poveri come loro: poveri materialmente e poveri di considerazione, d'importanza umana.
Del resto l'esempio e la parola di Gesù è lì, chiara e lampante, a darci ragione.
Torniamo al punto. Non è che chiediamo incoraggiamenti e approvazioni e nemmeno puntiamo a dei successi: non saremmo poveri sul serio se avessimo di queste intenzioni.
Però saremmo felici - e non solo per noi - se non fossimo infastiditi da giudizi ingiusti, da considerazioni interessate.
Le difficoltà di essere poveri e d'amare la povertà ai nostri giorni e in questo nostro mondo, non sono poche e di poca entità. Vi sono motivi di contrasto e di angoscia che arrivano fino a toccare il midollo dell'anima.
Aiutateci ad essere poveri, a vivere sereni nella povertà, a realizzare l'Amore fraterno nella povertà, a cercare Dio e ogni valore divino e umano nella povertà, a lavorare con coraggio nella povertà, ad essere felici nella povertà. La nostra povertà è povertà anche per voi che non siete poveri, ma se non amate e rispettate la nostra povertà e non aiutate i poveri ad essere serenamente poveri, voi rimarrete senza quel minimo di povertà indispensabile perché il Regno di Dio sia in voi.
E in questi nostri tempacci la responsabilità più grave che hanno i ricchi è che con la loro mentalità egoista e il loro modo di vita sfacciatamente lussuoso, mettono a disagio i poveri e sempre più screditano la povertà e la rendono disgrazia.
E oggi ad amare la povertà ci vuole realmente una gran Fede.


i cristiani poveri

(citazioni e comunicazioni)

«Non tanto mi compiaccio della mia attitudine a fare alcune poche cose, che è dubbia, quanto della mia assoluta, quasi unica inettitudine a farne centomila altre, che invece è cosa certa. Qui veramente sento di essere una persona lavorata da una volontà interna consapevole e inconsapevole.
...Certo il lavoro più difficile è ricavare un frutto dalle proprie incapacità; ma bisogna tenerle care: sono una grossa parte del patrimonio dato a un uomo; la capacità di fare molte cose diverse ha quasi sempre per confine la mediocrità, la capacità di fare tutto ha per confine il niente».

Guido Piovene


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