LA VOCE DEI POVERI: La VdP maggio 1961

Gli inutili discorsi

Non ci interessano affatto i problemi di politica. Per molte ragioni, fra le quali, non ultima, è il fatto che almeno dalle nostre parti, fin qui, ogni politica è sempre stata contro i poveri, o almeno, non per i poveri.
Non sono i poveri a fare la politica, ma sono sempre i ricchi, gli arrivati, i conservatori, quelli che guardano lontano e possono preoccuparsi del domani, avendo sicuro l'oggi. Possono mettersi al tavolo, fare progetti, studiare complicazioni e strategie e calcolare se conviene o no ecc., chi invece gli scade l'affitto e non sa come pagarlo o ha bisogno di medicine per il bambino che sta male, o gira per le strade bussando dovunque per cercar lavoro o deve scioperare per cinque lire di più rischiando di essere licenziato o di urtarsi a morte con i compagni di lavoro se non sciopera, i poveri insomma, non possono credere nella politica perché non possono aspettare di poter fare l'elegante gioco di ottenere tutti i propri interessi senza rischiare nulla ma sacrificando totalmente gli altri, né possono contentarsi di sbadigliare oggi sperando di mangiare domani.
Questo enorme problema dovrebbe insegnarci un sacco di cose. Tanta sfiducia nella politica - il termine è comprensivo di tante cose, come dire, per esempio, macchina, intendendo automobile - è determinata dalla sua strumentalità nelle mani di pochi (o di poche classi) che se la possono permettere, per troppi altri invece - per i poveri, la gente che vive sulle braccia e alla giornata - la politica è una leucemia che svuota di energie a poco per volta anche il fisico più robusto e sano.
Ma sembra che il mondo a poco a poco non possa essere più governato dalla elegante diplomazia salottiera e anche il popolo non accetta più - subire non vuol dire accettare - programmi altisonanti di retorica come i discorsi di certi onorevoli sugli eterni valori della civiltà.
La mentalità corrente fra la gioventù del nostro tempo costringe ad abbandonare certe illusioni: gli ideali stanno crollando a uno a uno come le vecchie torri a difesa del castello del marchese e il nemico si sta facendo sempre più sotto le mura. A che serve tenere alzato il ponte levatoio?
Bisogna capire le nuove esigenze e accettarle. Ma notate bene, cari amici, non accettarle per forza, ma per Amore. Convinti che sono idee giuste, che sono ideali buoni anche se nuovi, che sono esigenze rispettabili anche se contro i nostri interessi, che questi tempi dovevano venire e che sono già stati ritardati anche troppo, ecc. E' doveroso accorgersi finalmente che non siamo solo noi a vivere, anche gli altri devono vivere, ma non devono vivere per far vivere noi, hanno il nostro stesso diritto alla vita, né più né meno che noi.
Il comunismo, cari fratelli, ha un senso storico unicamente perché l'umanità non trova in se stessa la forza di superare certi punti morti. Troppi lavorano soltanto a alzare le dighe contro la corrente inarrestabile della storia e la corrente della fiumana allora diventa violenta e rovescia tutto.
La libertà nel suo primo valore essenziale dovrebbe essere consentimento all'espansione serena e aperta del senso umano, fraterno, di giustizia e di Amore che la storia va maturando nel suo seno misterioso.
Se è vero che il Regno di Dio si sta facendo ogni giorno di più.
Ogni volta che l'egoistico spirito conservatore d'individui, dì caste e di classi e di popoli e di continenti commette il peccato mortale di fermare o di voler impedire per amor del proprio tornaconto - peggio ancora quando questo tornaconto artificiosamente è coperto da mascherature di difesa di valori umani, sociali, ecc. - l'affermarsi e il crescere di una valutazione umana su un piano di uguaglianza, di fraternità, di giustizia e di Amore, nascono nel vivo della storia violenze spaventose.
Poteva non essercene bisogno.
Finché ci si occuperà dei poveri, degli operai, del popolo ecc. perché non diventi comunista o smetta d'esserlo, si sta bleffando la storia, cari amici, E in questo modo manteniamo al comunismo un suo preciso significato storico. Lo rendiamo necessario. Perché qualcuno che faccia, sia pure in modo impazzito quello che gli altri non fanno, occorre. E' inevitabile.
E la colpa è nostra, è tua, è vostra e di tutti quelli che continuano tranquillamente a pensare a se stessi, ai grandi valori della civiltà, ai destini eterni, alla difesa della persona umana, ecc. e intanto dormono nei loro privilegi, si rigirano bellamente fra i cuscini della politica e pensano che tutto poi non vada male se folle immense si pestano i piedi per vedere Elisabetta d'Inghilterra.


La Redazione

Discorsi cattivi

I poveri non li ascolta nessuno. Al massimo si finge di ascoltarli quando possono servire e spesso fa fatica anche questa finzione e si cerca di stabilire condizioni politiche da poterli trascurare completamente. Eppure siamo noi che si tira fuori dalla dura terra la farina per i grissini e pasticcini e il vino prelibato per i suoi rinfreschi, cara Signora, E l'inverno lei si scalda col carbone strappato a centinaia di metri sotto terra, bagnato di sudore e spesso di sangue. Ancora miniere, poi alti-forni dalla lava di fuoco, poi impianto industriale dove siamo legati al lavoro a catena. E ora il figlio di papà può correre a pazzo in automobile e mi investe in curva sbandando, mentre torno a casa in bicicletta. Il tutto pagato sempre e unicamente dalla nostra sofferenza.
Così facciamo le spese di tutti. Quando poi c'è stato da difendere i sacri confini, noi siamo andati a morire per l'ideale e gli altri sono rimasti a far quattrini e a preparare la buona e saggia politica per difenderli,
E tocca sempre a noi.
Discorsi vecchi, vero? Ma piaga sempre nuova, inguaribile come il cancro. E lamenti buoni soltanto a farci passare come sovversivi dell'ordine pubblico, estremisti pericolosi, tizzoni d'inferno.
Ma un po' di Amore per noi quando verrà?
Perché ci volete costringere a essere cattivi, a sperare nella rivoluzione, a complottare nel segreto?
Quando affermiamo i nostri diritti alla sicurezza del lavoro, quando vogliamo un salario sufficiente, non vogliamo nulla di ciò che è degli altri, ma vogliamo che ci sia dato il nostro: non è giusto difendere questa proprietà fatta di braccia, sudore, fatica e logorio di anni e anni di vita, come l'altra proprietà così scrupolosamente rispettata - ci sono eserciti di carabinieri e di polizia appositamente - fatta di fattorie, di palazzi, d'industrie, di capitali?
Pretendete prendere tutto il nostro e darci il meno possibile del vostro. Da qualche tempo non siamo più disposti a questa ingiustizia. Allora ci dite che siamo dei rivoluzionari. No, caro signore, siamo povera gente soltanto stanca. Avvilita. Delusa.
E lei, col suo egoismo, ci fa l'ultimo male, spingendoci ad aver fiducia soltanto in chi e contro di lei. D'accordo che e anche contro di noi; ma che la nostra proprietà fatta di braccia, di sudore e di fatica ce la rubino loro invece che lei e la sua mania di arricchire sempre di più, per noi in fondo è lo stesso: rimaniamo sempre gli eterni poveri condannati a girare la macina per la farina degli altri.
Ma dei suoi palazzi, della sua fuori serie, del suo conto in banca, della pelliccia di cincillà della signora ecc. a noi non può importare nulla: e se tutte queste miserie il vento le spazza via, non e che noi giudichiamo l'avvenimento come la fine del mondo. Come basta per noi una stanza, un vestito da lavoro e uno per le feste, una magra busta alla quindicina e uno scialle per la moglie ecc., può bastare anche a lei. Che siamo di pelle diversa?
Ora che legge queste cose, lei pensa: ma questa e miserevole propaganda comunista. Ecco, qui sta il guaio. Siamo ancora al punto che certe idee così semplici e chiare come parole di Vangelo, vengono identificate col comunismo.
Siamo ancora indietro, caro commendatore, cara signora e carissimo reverendo: siamo ancora indietro riguardo alla serena e aperta comprensione di certo serio problema. E' proprio cosa dolorosa. Così ci costringete, per esempio, a pensare che chi lotta seriamente per una uguaglianza sociale, chi cerca una giusta vicendevole considerazione di valori, chi predica una realtà umana di fraternità ecc. sia il comunismo e basta.
Se vogliamo una comprensione più umana del lavoro, della fatica, della vita povera, operaia, secondo voi bisogna ricorrere al comunismo.
Non c'è altro che non siano parole, discorsi, prediche, ideali e sospiri? Non c'è un incarnarsi in questa nostra esistenza, un vivere e un morire fra noi, un dare tutto alla nostra povertà, un perdersi nel nostro travaglio quotidiano, un raccoglierci aperto in una forza d'Amore e salvarci da questa perdizione d'ogni giorno?
Forse siamo stati amati sul serio una volta sola e l'hanno messo in croce. No, storicamente non l'ha messo in croce la povera gente.
D'allora non ci ama più nessuno sul serio perché la sorte è segnata?
Almeno avessimo la fede di poter credere e accettare che noi poveri siamo ancora Lui crocifissi nel mondo. Ma questo è impossibile perché non siamo capaci di perdonare chi ci mette e ci tiene in croce. Però anche così potreste aiutarci a battere meno il martello o almeno con più riguardo, sui chiodi che ci ribadiscono in croce e non darci sempre fiele e aceto e schermirci di cendo: scendi già dalla croce se ti riesce e ti crederemo.
Disgraziatamente noi non siamo Gesù e (è spaventoso, tragico per noi poveri) sempre meno crediamo alle Sue Parole,
Ma non è tutta colpa nostra.


Noi poveri

Tempo di Ascensione

Cristo è asceso al Cielo e S. Marco con una frase molto descrittiva di tutto un infinito Mistero dice che «siede alla destra di Dio» (16, 19), Storicamente Gesù è rientrato, scomparendo dalla visibilità degli occhi di carne, nel nascosto e segreto mondo di Dio; nel Mistero della sua Gloria.
Ma non è che sia meno presente sulla terra. Forse lo è di più perché non è in un angolo della terra, ma è su tutta la terra perché è nella Gloria di Dio e tutta la terra è misteriosamente abitata da Lui. Da ogni punto del mondo può essere cercato e trovato perché è tutto disteso ai Suoi piedi e da ogni angolo - anche il più oscuro - può essere veduto nella visione della Fede e dell'Amore.
Con l'ascendere al Cielo Gesù è uscito anche dalle apparenze di una storia particolare, da uno svolgimento determinato, da una presenza legata a un luogo e fra persone limitate e prestabilite. Uscendo dal definito si entra nell'infinito e si diventa e si è realmente di tutti. Comincia un'altra presenza storica, quella vera, definitiva, eterna, immutabile e perfetta, perché è il termine di tutto: là dove si doveva arrivare.
Perché il nascere è l'inizio, il vivere è il camminare verso, il morire l'essere arrivati dove è compimento, perché giustifica e dà senso al nascere stesso e al vivere di ogni giorno.
L'Ascensione al Cielo di Gesù chiarisce la Sua Incarnazione, la Sua nascita e tutto il Suo Mistero di esistenza storica sulla terra. Tutto era per il Suo ritorno carico di tutta l'esistenza umana alla destra di Dio: questo portare la natura umana attraverso la sua Persona divina fin dentro il segreto infinito della Divinità. Il Suo ascendere al Cielo è sicuramente il salire più in alto che mai sarà compiuto dall'umanità. Il salire più in alto, lo entrare e il rimanere per sempre coinvolta nel giro infinito del Mistero di Dio.
Il giorno dell'ascensione è il giorno della nascita - il primo giorno di vera esistenza - della natura umana, sveltamente e in modo personale, nel segreto intimo del Mistero della Divinità. Da oggi viviamo veramente insieme, noi uomini e Dio. Lo spazio è stato realmente valicato e i limiti della nostra esistenza superati: tutto da ora è al di là e al di sopra con destino immutabile ed eterno.
Mistero che segna il nostro cammino e rende preziosi i nostri giorni. Colma di speranza la nostra pesantezza e solleva la nostra materialità.
Non possiamo fermarci come se non fossimo dei chiamati, come se non fossimo degli aspettati. Chi ha camminato avanti a noi ha lasciato segni chiari e orme evidenti. E il Suo essere arrivato ci assicura che la strada è buona, è quella giusta anche se dura, spinosa, quasi impossibile perché spesso sembra porti a smarrirci chissà dove.
Possiamo perfino prendere per mano i ciechi e gli storpi e condurli. Ci è dato di indicare la giusta direzione a chi ce la chiede, perché ormai, se bene stiamo attenti, ci è stato donato un istinto di orientamento come quello degli uccelli migratori che volano e volano attraverso le montagne e i deserti e sulle distese del mare, ubbidendo soltanto al richiamo misterioso di là dove devono arrivare.
Anzi dobbiamo caricarci sulle spalle chi non sa camminare e chi ormai è stanco e non gli riesce più ubbidire alla speranza. Perché la tentazione di fermarci e cercar di illuderci di essere arrivato è terribile. Tutti la proviamo ogni tanto nel profondo dell'anima e nell'angoscia della carne assetata e affamata. Perché spesso su questa strada siamo come colonne interminabili di poveri uomini e di povere donne rapiti dalla nostra terra, povero ma amato paradiso terrestre, e costretti da violenze misteriose e implacabili a camminare e camminare verso una terra che sentiamo troppo lontana e troppo diversa.
Bisogna aiutarci perché nessuno cada esausto, vinto dalla stanchezza o dalla febbre o dalla paura. E se devo dare l'acqua della mia sete per chi sta morendo riarso e bruciato, non devo esitare, anche se poi la sete crescerà fino all'insopportabile. Così del mio pezzo di pane per la mia fame. Perché arrivare là è essenziale per loro come per me.
«Se uno vuole litigare con te per toglierti la tunica, cedigli anche il mantello. E se uno ti forza a fare un miglio, va con lui per altri due. Dà a chi ti chiede...». (Mt. 5, 40-42).
Perché è chiaro che la legge che ci deve guidare non può essere che l'Amore. L'uguale destino impone e comporta identici diritti e doveri. Quindi non esistono differenze, se non per quelli che devono dare di più, perché di più a loro è stato dato.
Sono come gli Apostoli che distribuivano il pane moltiplicato dal miracolo di Gesù: si saranno accorti certamente che quanto più ne davano, più ancora si moltiplicava e cessò di moltiplicarsi quando smisero di prenderne dalla cesta.
La nostra povertà spirituale quasi sempre è determinata dal nostro cuore troppo chiuso, dalla nostra anima troppo gretta. Bisognerebbe rimanere vuoti per aver dato via tutto: solo allora saremmo ricchi di Amore.
Che farsene delle virtù e dei meriti, dell'essere buoni e onesti, se siamo senza Amore? La santità cercata per il «posto» assicurato in Paradiso è qualcosa che indispone ai nostri giorni. Tutti i problemi a tipo esclusivamente individuale (compreso quello della salvezza quando viene inteso così) non sono risolvibili col cristianesimo. E' adorabile, perchè non può essere unicamente che Pensiero di Dio, che Gesù abbia reso gli uomini umanità intera, concatenandoli in responsabilità meravigliose gli uni con gli altri, fino a dipendenze inimmaginabili.
Lui ha vissuto così la Sua storia vivendo tutta l'esistenza umana, salvandola tutta nella Sua morte e nascondendola tutta - per quanto da Lui dipende - nel Mistero della Vita Trinitaria di Dio.
Ora, nel particolare della storia dell'umanità, vissuta da me, da te, da tutti i credenti in Lui, bisogna che sia realizzata e compiuta questa Sua Presenza universale.
E' asceso al Cielo e siede alla destra di Dio per il compiersi in continuazione eterna del Suo Mistero di vero Dio e di vero Uomo, ma vuole essere accanto a ciascun essere umano che vive in ogni angolo della terra, attraverso un Amore che è ancora carne e sangue, parola, azione, gioia, sofferenza, passione a morte, che si chiami con il mio, con il tuo nome. Il mio, il tuo nome, ma tutto il Suo Mistero, perchè Lui solo è «la Via, la Verità e la Vita» (Gv. 14, 6). Lui solo è "la Luce vera che illumina ogni uomo che viene a questo mondo" (Gv. 1, 9).
Così possiamo non avere paura per noi e per gli altri e per tutti gli uomini di smarrire la strada, di morire di fame e di sete e che ci sorprenda il buio prima di essere arrivati.


don Sirio

Le nostre parole (dette o no) a Dio

Ti chiedo perdono, Signore, se qualche volta esagero un po' nel pensare a me e ai miei interessi. Ma ormai anche Tu sai che in questo mondaccio non si può fare, diversamente se si vuole avere successo. E' vero: adoro il mio tornaconto, attendo con devozione ai miei affari, tengo in cornice a capo del letto il mio egoismo col lumino acceso davanti. E Tu forse, ad essere sinceri, non sei più di un componente qualsiasi di cui ho bisogno per il conseguimento dei miei scopi.
Però non mi pare che questi siano grossi peccati, non ne sento quasi mai parlare al Vangelo della Messa di mezzogiorno, alla quale vado sempre, quando posso.
Devo riconoscere che Tu non mi vieni mai in mente quando guadagno più del doppio nel mio commercio. Però do la paga sindacale ai miei dipendente perchè la legge va rispettata. Di questi tempi però non è possibile basarci sulla Tua Giustizia quando si tratta di dare a ciascuno il suo: quando invece non riesco ad avere tutto quello che credo sia il mio diritto allora vado dicendo che non c'è più religione a questo mondo.
Se un povero dice che così non si può più andare avanti e un operaio si lamenta perché la busta della quindicina non basta per l'affitto e per quei tre o quattro bimbetti (ma chi glie li ha fatti fare così tanti?), mi viene un senso di soffocamento noioso come per gli inutili lamenti di un malato ormai cronico e, Signore Iddio Onnipotente, non posso non disapprovare altamente la debolezza sinistra del governo attuale e il suo demagogico sensibilizzarsi verso «le in-saziabili esigenze» di questa gente che arriva perfino ad avere il televisore e la stanza da bagno... non si contenta mai. Tanto più che la via del benessere non è quella giusta per combattere il comunismo.
Io invece, Signore, nel mio commercio o nella mia professione non guardo per il sottile. Le tariffe sono tariffe. E vendo la mia merce o la mia scienza come il bigliettaio sull'autobus.
Non faccio nemmeno come certi preti (non so se sia vero però) che hanno diviso i funerali e i matrimoni in classi: prima, seconda e terza. Come se dal numero delle candele e dei tappeti quello andasse più presto in paradiso o avesse più benedizioni e figli maschi nel suo matrimonio. Per me, da vero democratico, sono tutti uguali, ho rispetto del mio prossimo: li considero tutti di prima classe i miei clienti e mi faccio pagare più che sia possibile.
Ora, Signore, Ti chiedo perdono, riconosco che potrei fare le cose un po' meglio, però sono un galantuomo e in fondo un buon cristiano: l'altro giorno ho dato anche una buona offerta per il nuovo organo della Cattedrale. Il Parroco dice che ce ne vorrebbero tanti come me e ogni volta che mi vede m'incoraggia sempre a continuare nella via del bene.

(Vangelo di S. Luca 18,9-14)




Sulla via di Dio

Se potessi esprimere quello che ho nell'anima, credo che sarebbe un vero sollievo. Non riesco a pensare: neppure con me stessa so chiarire quello che provo. Tante e tante idee senza senso che si annebbiano a vicenda. Tutto è privo di valore o lo ha solo per un momento.
Ora sono sicura di una cosa, fra poco penso il contrario o forse cerco e cerco senza trovare i motivi che giustifichino quello che penso. E questo dalle cose più sciocche alle più importanti.
Sono come in balìa di tutto e di tutti. Tutto è buono, tutto è vero, tutti hanno ragione...
Ma forse in fondo all'anima non è proprio così, anzi spesso mi sembra di non essere mai stata così serena e sicura qualsiasi cosa mi capiti o mi accorga di pensare. Non credo che quando si hanno le idee chiare e si sa cosa si vuole, voglia dire che va meglio di quando è tutto il contrario.
Ho presente però che molte volte ho capito e che momento per momento tutto è andato secondo una logica strana, ma senz'altro in diretta dipendenza dai misteriosi piani di Dio.
Allora va bene. Cioè va bene da parte di Dio ma io non corrispondo. Non è la solita frase, è proprio una nuova coscienza. Nello stesso momento che penso «non corrispondo» simultaneamente avverto benissimo che dovrei fare di più e penso a cosa dovrei fare. Questa o quella cosa particolare hanno così tanta importanza? Si e no. Allora manca qualche cosa alla radice: forse manca un buttarmi a capofitto, con piena totale generosità.
Mi è stato dato tutto, ma mi sento come se ne avessi sentito parlare, non come se ne avessi fatto la mia vita. Perché ancora non ne ho fatto completamente me stessa.
Rimango molto disposta e cerco di non mettere limiti, lo cerco proprio. Dio continuerà a fare come ha sempre fatto se resterò completamente a Sua disposizione. E chiarirà Lui tutto. E ho Fede chiara ed aperta che mi porti ancora avanti.
Dio può tutto, da Lui è possibile ottenere quanto di più bello si può pensare in questa vita. Può fare di una ragazza senza senso una donna. Può dare un cuore a chi non ne ha. Può far pensare agli altri a chi pensa solo a se stesso. Può dare forza a chi è il più debole in questo mondo. Può colmare il cuore di gioia a chi non ha nessun altro che Lui. E' capace di dare la vita giorno per giorno a chi è morto nella fiducia e nella speranza...
Che importa se non capisco, se sono così confusa, se non so cosa è bene fare, se non vedo qual'è il Pensiero di Dio e il Suo disegno misterioso?
E' terribile, è vero, ma posso cominciare a non pensare a tutte queste cose e tirare a dritto. Devo e per Amore. E posso. Posso veramente perché lo desidero, perché quel poco che ho nel cuore è tutto, per me. Non è ancora la mia vita, ma ha tutto per poterlo diventare tanto mi è essenziale.



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