Il giorno in cui gli uomini, tutti gli uomini, si accorgeranno della propria povertà e indigenza, e l'accetteranno serenamente, sarà un gran giorno.
Forse è perché venga questo giorno - nella vita di ciascuno e nella storia dell'umanità - che il Figlio di Dio è nato sulla terra, ha vissuto una poverissima vita e è morto appeso ad una croce: perché gli uomini abbiano possibilità di liberazione da ritorte catene saldate d'orgoglio pazzo, perché l'umanità sia redenta da una vera perdizione dalla via della Verità e splenda la luce nel buio di questo mondo e torni l'Amore fra gli uomini.
E forse è per la resistenza a che nasca per serena aurora in virtù della Grazia di Dio questo giorno, che la storia umana è costretta alla tragedia e violentata da forza misteriosa, terribile e incontenibile: perché ciò che deve avvenire avverrà sicuramente per Amore o per forza...
Il Regno di Dio nel Suo divenire storico urge dentro l'esistenza umana e è ciò che di più spaventoso esista perché non ammette soste o arrangiamenti o riduzioni. L'ultima parola della storia dell'umanità sarà sicuramente come l'ultima di Gesù sulla Croce: tutto è compiuto.
E forse non vi è altra via per il farsi del Regno di Dio nel mondo, di quella storica di Cristo.
La storia dell'umanità ripete e rinnova in secoli e millenni la breve storia del Figlio di Dio nato fra gli uomini.
La Gloria di Dio e la salvezza di tutti si opera nello stesso modo - passione e morte e resurrezione.
E questo perché rifiutiamo la Luce che è stata accesa fra noi e l'Amore che è stato diffuso nei nostri cuori. Tutti rifiutiamo di accettare ciò che ci è stato offerto e preferiamo fare da noi.
Tutti. E quindi il Regno di Dio dovrà farsi nel mondo attraverso e per mezzo di ciò che gli uomini hanno scelto e preferito. Come al tempo di Adamo. Come al tempo di Cristo.
Ogni epoca - come ogni momento della vita di ciascuno - comporta delle scelte. E forse rivela più o meno scopertamente delle minacce per aiutare la scelta.
Non si può rimanere sulle vecchie posizioni. Fare i conservatori è troppo comodo. E vivere su quello che agli altri è costato rischio e sacrificio è sfruttamento sacrilego.
E' orribile mettere i santi dentro le urne e farne dei santuari per elemosine e candele. E così, ugualmente, ancorarci a conquiste di altri tempo, facendone musei o letteratura, dispensandoci di continuare ad allargare l'incendio magari buttandocisi dentro a capofitto.
Attualmente è religioso, sacro dovere davanti agli uomini e a Dio, spogliarci di ogni gonfiatura, scendere dal trono, essere fra la folla a gomito a gomito, consapevoli delle proprie responsabilità.
C'è bisogno di povertà: ma non a clima eroico come roba da santi, povertà di quella semplice, serena, limpida come la Verità e dolce come l'Amore.
Non occorrono sforzi: basta riconoscerci per quello che realmente si è. Il semplice e cordiale coraggio di guardarsi allo specchio (e specialmente dentro la coscienza) e concludere: guarda come sono sciocco.
Una volta i santi per scoprire la loro verità facevano digiuni, stavano nei deserti e si flagellavano a sangue.
Ora per raggiungere gli stessi risultati basta guardarsi un po' a fondo e ridere cordialmente delle proprie scempiaggini, montature, falsificazioni, mentalità balorde. Poi vergognarsi dei propri egoismi, arrossire di tanta grettezza e spaventarsi di tanto buio scambiato per luce.
E scoprire che siamo dei poveri, fratelli di poveri e spesso disgraziatamente poveri ubriachi di vuoto e d'inutile, bisognosi di appoggiarci fraternamente gli uni con gli altri per non cadere miseramente nella fossa.
La Redazione
Cari fratelli,
Riconosciamoci per quel che siamo con serenità e franchezza: povera gente che tira avanti il suo carico di miseria umana, spirituale, morale, intellettuale, fisica, familiare e sociale, ecc. Tanto è inutile, non serve, ammantarci di grandezza, di particolari importanze, di sciocca presunzione e di vane gonfiature.
Venga anche lei, caro Cavaliere, accanto a noi poveri appiedati, perché tanto il suo cavallo non può risolvere il problema dei suoi calli. E anche lei, caro Commendatore, levati quei quattro poveracci che La riveriscono per interesse, è un povero anonimo come noi, dentro questa folla di umanità che va avanti annusando l'aria per orientarsi.
No, caro Monsignore, il fiocco rosso e l'anello in dito, ecc. ormai impressionano soltanto quei poveracci fra noi che misurano la solennità della Festa religiosa dal numero delle lampadine e candele accese sull'altare.
Tanto si sa che sono pietre false da pochi soldi (per fortuna) e il colore dei vestiti (anche se sono di seta) non cambia per nulla «quella povera cosa» che ricoprono.
Ormai fanno proprio pena certe parate che vorrebbero essere di grandezza di forza e di potenza e che invece sono un carosello storico, sempre interessante, soltanto perché il passato fa sempre effetto rivederlo come fosse vivo e presente. Poveri tentativi di dire cose con una lingua morta, ormai incomprensibile. Sforzature penose di voler conservare a costo di tutto valori ormai fuori uso come monete con le quali non si può comprare più nulla. Ma tutto forse è soltanto mancanza di fantasia o di coraggio per cercare non cose nuove, ma cose più vere, cioè rispondenti, quindi in conformità alle esigenze presenti.
Così - e anzi il problema è più terribile trattandosi dei motivi interni che poi sono quelli che determinano le espressioni esterne -, così nei confronti di mentalità. Ormai vi sono mentalità che si sono stabilizzate come banchi di nuvole fra la terra e il cielo e non vi sono venti o tempeste che le smuovano. Come se il tempo si fosse arrestato, fermato. Come se la storia non andasse avanti incessantemente e non perché gli uomini la muovono e la spingono - gli uomini sono tutti statici perché abbarbicati in modo tanto miserabile al loro metro quadrato di terra e attaccati con i denti e le unghie al loro scoglio contro le onde del tempo che a poco per volta, nonostante tutto, li strappa via per inghiottirli nel mare aperto dell'eternità - ma perché è Dio che la spinge con forza inesauribile e violenta e in modi tanto strani e misteriosi perché arrivi là dove deve arrivare.
Soltanto noi poveri facciamo sulla terra questo atto di Fede di lasciarci portare avanti con libertà e facilità: ci abbandoniamo serenamente al fluire del tempo, siamo pronti al farsi delle cose e al maturare dei tempi. Viviamo senza paura.
Non abbiamo nulla da difendere. La casa l'abbiamo in affitto. Mangiamo solo se si lavora e lavorare qui o là, in un modo o in un altro, in fondo, è sempre lo stesso: la fatica e l'insicurezza non cambiano. La libertà? E' un discorso quello della libertà che ormai sa troppo d'irrisione. La libertà è un po' come le autostrade: c'impazza a tutta birra soltanto chi va in automobile. E ormai la libertà è merce acquistabile solo a quattrini. A meno che non giudichiamo libertà poter dire «accidenti qui accidenti là», mentre che si piega il collo sotto il giogo.
Per questo - e per molti altri motivi ancora - i poveri sono gente delusa, sfiduciata, disamorata.
In che cosa devono credere e in cosa devono sperare?
C'è chi seriamente e fino in fondo testimonia che la povertà è un valore? Chi è che ne fa motivo di vanto, di gloria, di libertà? Chi la giudica vera e unica ricchezza?
No, no, anche tu ti intenerisci davanti ai biglietti da mille e diventi gentile e riguardoso, tutto premure per chi ne ha tanti.
Col discorso che «ci vogliono» vendi la tua libertà di Figlio di Dio e di Cristiano, testimone dell'unico, vero, adorabile Povero che sia stato sulla terra, al primo ricattatore della Verità e della Giustizia che ti capita. E anche tu sottobanco imbrogli il tuo prossimo, sfrutti la fatica altrui, ti approfitti a man bassa di tutte le «buone» occasioni che ti capitano o se non altro vivi e mangi e dormi dentro la cassaforte del tuo egoismo.
Va bene: però almeno riconosci che sei più povero di noi, più miserabile, più schiavo. E' seguendo un'altra via, ma sei anche tu dentro questo mar morto saturo di miseria dell'esistenza umana dove tutti si galleggia come naufraghi.
Diamoci la mano, fratelli, e salviamoci a vicenda: voi metteteci un po' a parte della vostra ricca povertà e noi vi daremo un po' della nostra povera ricchezza.
Noi poveri
"Credete che io sia venuto a portare pace sulla terra?". (Lc. 12-51)
Capitano spesso momenti di desolazione, di sconforto. Chi cerca la Verità di Dio senza paura e quindi senza difese di alcun genere, disposto a lasciarsi serenamente inghiottire dall'infinito, rischia inevitabilmente smarrimenti, solitudine, deserto. Il calarsi del Mistero di Dio nella nostra vita non può non sconvolgerci fin nel più profondo. E la Fede è luce spesso che somiglia terribilmente al buio, da far gridare di terrore.
Dio mi prende per mano e mi conduce per le Sue strade. Mi porta via l'anima, perdendola nel Suo Mistero. E mi occupa il cuore soffocandolo d'Amore. E' terribile. E è terribile anche perché tutto in fondo è sempre poco. Mi sento chiuso ancora e non ho più nemmeno orizzonti. Mi scopro ancora troppo mio, eppure ormai non mi è concesso nemmeno di sognare liberamente. Mi difendo a denti stretti, abbarbicato al pezzetto di terra grande quanto la misura dei piedi e sono una povera foglia staccata dall'albero in balìa di tutti i venti. La sofferenza di non essere Verità in modo libero e aperto e la paura, il terrore di esserlo.
Desolazione e sconforto. E pienezza, magnificenza di gioia. Così ogni giorno, ogni momento. Perché Dio non dà pace e non concede riposi se Gli diamo libertà di essere in noi Dio, onnipotenza di espansione infinita, presenza d'incessante diffusione di sé, Bene infinito.
Dio non può essere sistemazione per scioglimento di problemi. La sua luce forse non è per toglierci dalle paure del buio e nemmeno perché vediamo meglio dove mettere i piedi, la sua luce è per accecarci sopraffacendo i nostri poveri occhi fino a far sì che sia abbagliare di luce tutto il corpo, l'anima e tutta l'esistenza e tutto l'universo.
Così la Sua Volontà: non ci viene comunicata perché la Sua Volontà arricchisca la nostra e sia la nostra volere liberamente e liberamente accettare che si compia questa adorabile sopraffazione.
.. (il testo stampato contiene due righe con errori e forse testo mancante..)
E non Mistero di sostituzione e forse nemmeno di trasformazione, è Mistero di accoglienza serena e fiduciosa. E' consentire che tutto si compia per scelta continua, per dolce logica di Amore, per realtà permanente di Adorazione. E occorre, perché è possibile, una misura perfetta di consapevolezza per contemplazione aperta e chiara, semplice e immediata.
Quando Dio è stato accolto come l'Unico e la Sua Presenza è solitaria perché valore infinitamente assoluto, allora nella nostra povera anima comincia a farsi uno strano deserto. Il Mistero di Dio ha fatto terra bruciata di ogni interesse personale e particolare, ma immediatamente comincia a seminare a piene mani gli interessi del Regno di Dio.
E gli interessi del Regno di Dio c'impoveriscono di noi e di tutto e ci arricchiscono di Lui, del Mistero di Dio.
E Dio porta con sé il problema dell'umanità nella sua realtà come individui, come numero e come esistenza umana. Da dopo l'Incarnazione del Figlio di Dio, è impossibile stabilire un rapporto vero col Mistero di Dio non caricato di tutto il terribile problema umano. Dove Dio entra, lì bisogna che vi si rovesci a fiumana incontenibile, straripata, tutto il Mistero dell'umanità. Quando la sopraffazione di Dio nell'anima nostra e nella nostra vita è vera, cioè è secondo la Sua Verità, avverrà anche la sopraffazione in noi di tutto l'umano. E in modo inimmaginabile. Il Mistero di Cristo è lì a dimostrarcelo.
Si scava a poco a poco una solitudine infinita assolutamente irrimediabile perché abitata non da uomo o da donna, ma da tutta l'umanità. Solitudine terribile, spaventosa perché rimasta senza nemmeno un angolo riservato a qualcuno. Nemmeno un po' d'ombra dove fermarsi a far quattro parole con un amico. Perché uno sarà sempre tutti. E perché non rimane posto per nessuno, nemmeno per se stesso, quando tutto il posto è occupato.
Il deserto dei nostri tempi forse è la piazza. E l'eremo sono le case popolari. E la cella è la fabbrica. E il silenzio l'essere schiacciati, assordati dall'infernale rumore della vita moderna.
Perché forse si è con se stessi veramente quando si è immersi nell'esistenza umana. Quando il particolare non esiste più perché non viviamo per uno, per dieci, o per mille uomini, ma tutta l'esistenza umana è nostra perché tutta l'umanità portiamo nel cuore e nel nostro personale destino, allora la solitudine è deserto dove soltanto i Figli di Dio e i fratelli di Gesù possono vivere. Vi è un Mistero nuovo di Verginità che si impone nel Cristianesimo moderno e che non è non sposare un uomo o una donna (è ormai troppo poco questa Verginità e è diventata incompresa e sempre più incomprensibile), ma è trascendere, liberarsi dal particolare di qualsiasi genere possa essere e entrare ed essere in disponibilità universale fino al punto di avere come oggetto e motivo d'Amore l'umanità intera. Quando interiormente manca questa angoscia d'Amore universale, questo perderci nell'Amore di tutto e di tutti fino a che qualsiasi particolarismo, limite e misura e orizzonte non sia bruciato e riarso e scomparso sotto la prepotenza di questo Amore universale come quello di Dio e di Cristo, non possiamo pensare all'Amore verginale di cui parla il Vangelo.
Vi è una sincerità cristiana che ci viene richiesta sempre più, anche se in modi molto strani, addirittura prendendo forme di richieste perfino banali. Il credere in Cristo e l'accettare come esistenza il Cristianesimo ci pone sempre di più ai nostri tempi davanti a doveri terribili. Fra la nostra gente così materializzata che crede solo ai quattrini, sia che ne abbiano tanti o pochi e pensano solo a star bene materialmente, arrangiandosi come meglio possono, crescono, ad ogni giorno, esigenze sempre più spietate e illimitate di Cristianesimo autentico, genuino.
La risposta che offriamo non può essere messa insieme così alla buona: deve essere Parola fatta incarnazione, Mistero di Dio che ha preso «carne e sangue fino ad abitare fra noi da far contemplare la Gloria dell'Unigenito del Padre pieno di grazia e di Verità» (Gv. 1, 14).
don Sirio
Quela Vecchietta ceca, che incontrai
la notte che me spersi in mezzo ar bosco,
me disse: - Se la strada nu' la sai,
te ciaccompagno io, che la conosco.
Se ciai la forza de venimme appresso,
de tanto in tanto te darò una voce
fino là in fonno, dove c'è un cipresso,
fino là in cima, dove c'è la Croce... -
Io risposi: - Sarà... ma trovo strano
che me possa guidà chi nun ce vede... -
La Ceca, allora, me pijò la mano
e sospirò: - Cammina! -
Era la Fede.
Trilussa
Spogliami, Signore e lasciami nudo di ogni falsità ed inganno. Perché mi veda per quello che sono. Devo avere paura di me, orrore di me nella misura in cui sono illuso di apparenze vuote e di verniciature insulse, se cerco sinceramente la mia e la Tua Verità.
Spesso mi credo buono, Signore, anche se so che è orribile cosa e mi sento in diritto di guardare il cielo azzurro e di cogliere un fiore in questa splendide primavera, come se fossi puro abbastanza e non mi accorgo di rubare qualcosa che non mi appartiene e che non so meritare.
Non sono umile e povero come un mendicante alla porta in attesa che la signora si alzi. Mi pare ancora di essere qualcuno eppure so di avere sciupato enormi ricchezze a questo tragico gioco della vita e mi sono tutto mangiato e bevuto fino agli ultimi spiccioli e ora ho brandelli per vestiti e per speranza la Tua sola pietà.
O Signore salvami dallo spaventoso orgoglio di non avere bisogno di Te e dalla paura di consegnarmi una volta per sempre al Tuo Amore.
Vorrei tanto pensare meno a me accorgendomi sempre di più dell'esistenza degli altri e sarebbe una liberazione e un cominciare seriamente a vivere, ma mi costa fatica come alzarmi dal letto al mattino. E continuo a poltrire nella mia vergogna sognando beato che il mondo intero è il mio trono e le schiene degli uomini ne sono lo sgabello.
Perdonami, o Signore, l'orribile peccato d'idolatria che vado commettendo ad ogni istante: sono soltanto un povero pagano con una crocetta d'oro al collo.
* * *
"Io non posso concepire l'Amore senza un bisogno, un bisogno imperioso di conformità, di rassomiglianza e soprattutto di partecipazione di tutte le pene, di tutte le difficoltà, di tutte le durezze della vita.
Non cerchiamo di essere più grandi di Lui; di essere onorati quando Lui è stato disonorato; di essere ricchi quando Lui è stato povero, Lui, l'operaio, figlio di Maria, senza una pietra dove posare il capo; di passare per sapienti quando Lui è passato da ignorante, non avendo studiato la Scrittura; di vivere nel benessere, quando Lui è vissuto col lavoro delle sue mani; di non sapere fare a meno di nulla, quando a Lui mancavano molte cose".
Carlo De Foucauld
"Quanto più Gesù entra in noi, tanto più noi entriamo gli uni negli altri mediante la carità. Invano si cerca di fondere gli uomini insieme con istituzioni filantropiche, non vi perverranno se non col dono di sé e il dono di sé nasce dal dono di Dio".
Monsabré
La parola dell' Apostolo operaio...
"Io non ho bramato ne l'argento ne l'oro, né il vestito di alcuno; anzi voi stessi siete testimoni che queste mani han provveduto ai bisogni miei e di coloro che erano con me e ho fatto di tutto per mostrarvi, lavorando così che si deve avere cura dei bisognosi, ricordandoci le parole del Signore Gesù, il quale disse: «é meglio dare che ricevere».
S. Paolo - Atti 20,33-35
Allora eravamo tutti poveri e fratelli...
«Gli italiani vennero in aiuto a molti ebrei e li nascosero con pericolo della loro vita. Il clero italiano partecipò ugualmente al salvataggio, nascondendo gli ebrei nei monasteri. Il Papa intervenne personalmente a favore degli ebrei arrestati a Roma".
Gideon Hausner
P. G. al processo Eichmann
"Quando ero giovane chiesi un consiglio ad un uomo di alta spiritualità. Mi rispose: «Fa quello che avresti piacere di avere fatto quando, sul letto di morte ti volterai indietro a tirare le somme della tua vita terrena, dopo della quale sarai giudicato da Dio». Ma queste sono cose che non si possono imporre a nessuno. L' uomo ha bisogno di vederle, di approvarle in se stesso; poi liberamente decidere di farle o no".
don Zeno
Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455