Un giorno dedicato alla Fede cristiana intorno al Mistero dell'altro mondo. Un convergere di considerazioni circa l'esistenza e il valore dell'anima, realtà spirituale dell'essere umano. Un ravvivare ricordi e affetto e Amore verso persone care che ci hanno preceduto nel camminare di tutti verso l'eternità. Un ritrovarci tutti uniti nella vincolazione di un Amore più forte della morte, partecipi dell'unico, identico destino.
Questo superare lo strazio di separazioni violente e di lontananze terribili per presenza vicendevole, misteriosa del penetrare del tempo nell'eternità e del riversarsi di eternità dentro i limiti del nostro breve giorno terreno.
E' un volgersi a Dio, Principio e Fine di tutto, per trovare nella Sua Verità la sicurezza di una Speranza e nel suo Amore la forza serena e fiduciosa dell'attesa. Forse il 2 Novembre è uno dei giorni più belli dell'anno, anche se è grigio di nebbie, profumato di crisantemi e pieno di foglie ingiallite, cadute da alberi stanchi. E lo sarebbe senza dubbio se avessimo chiarezza di Fede capace di raccoglierne tutta la pienezza di Verità e d'Amore.
Ci testimonia quello che noi siamo, ma non nei confronti del nostro destino terreno che non ha bisogno di testimonianze (la terra ci aspetta tutti, lo sappiamo bene e è attesa di coprire con un pietoso velo materno l'orribile disfarsi del nostro corpo) testimonia invece la realtà del nostro spirito, l'eternità dell'anima umana, la sicurezza di una resurrezione, la speranza di una felicità infinità.
Vuole aiutarci, la solennità liturgica del 2 novembre, a sopportare con pazienza la menzogna del vivere quotidiano e a realizzare ricchezze di Verità e di Bontà mentre si attende, con amorosa e trepida attesa, di uscire dal buio ed entrare nella luce, di passare dal tempo all'eternità, dall'apparenza all'essenza vera della vita. "Perchè, o Signore - canta la dolce liturgia della Messa dei defunti - ai tuoi fedeli la vita è cambiata, non tolta e demolita la casa di questo esilio terreste, si prepara loro una eterna abitazione nei cieli".
E se è tristezza e angoscia, terrore e sgomento il morire, per la tragedia del dolore, il dissolversi del corpo e di tutto ciò che è di questo mondo e l'andare incontro al più buio dei misteri, dovrebbe anche essere letizia dello spirito, gioia della fede e felicità di vero Amore per il nostro trovarci finalmente con Lui, Dio, la ragion d'essere della nostra esistenza e vero e unico motivo di felicità infinita.
Quando tu porti fiori al camposanto forse lo fai perchè questo angolo di terra sia un giardino: e lo è veramente anche se è fatto di fiori recisi. Ma dev'essere così perchè il giardino vero dove i fiori sono trapiantali in fioritura che mai appassisce e muore, è il Paradiso.
don Sirio
Conosco molto bene il mistero spaventoso di una povera carne abitata dall'anima, soffio di Dio, purissimo Spirito. So cosa vuol dire il tormento di vivere il tempo portando un destino eterno. Avere un'esigenza terribile di vita, e sentirsi morire, e vedersi tutto morire d'intorno, rubare tutto piano piano, e sapere che ribellarsi è inutile.
E tutta la tragedia del bene e del male? E tutta la disperazione di sentirsi sempre più inghiottire dal Mistero come il giorno dalle ombre della sera e della notte?
Conosco cosa vuol dire la Volontà di Dio che scende nella mia vita a determinare la mia libertà. E so che mi chiede tutto per potermi dare tutto. E mi spinge nel dolore perchè mi ama. E mi perseguita perchè mi vuole libero, E mi chiede di accettare delle assurdità, in nome di una logica perfetta. L'essere chiamati e respinti. Destinati e liberi. Infinito e nulla. Dio e la negazione di Dio..
E tutto nel vivo della carne e nell'intimo dell'anima. In me, in te, in tutti, nella storia dell'umanità, perché questa è la vera storia degli uomini. La vivo tutta questa storia. Mi sale su dagli abissi dell'umanità, da ogni tempo a da ogni luogo. Cresce ad ogni istante che passa, perchè aumenta il tempo della storia umana e cresce il volume della sofferenza. E' una marea spaventosa che non conosce riflussi. Si alza sempre più. E mi sommerge. Il giorno della mia morte mi avrà ricoperto, e morire, in qualsiasi modo avvenga, sarà sempre morire annegato, sommerso da questa marea spietata.
Eppure anche se le cose stanno così - e stanno veramente così - non mi stancherò e non mi tirerò da parte. Continuerò a lasciarmi portar via, e a lasciarmi sommergere. Fino all'ultimo giorno, Devo parlare di tutta questa tragedia umana a Dio. Non voglio che le voci di disperazione (e anche il ridere tante volte è una voce di disperazione) cadano nel vuoto, come gli urli di chi annega in alto mare, dopo che l'aereo è precipitato o la nave è stata inghiottita dalla tempesta: poveri urli, mangiati dalla solitudine sterminata del mare.
Non voglio che nulla cada nel vuoto.
Mi pare di sapere cosa sia la sofferenza umana, la fatica degli uomini, il loro piangere, il loro morire di ogni istante. La gioia il piacere possono essere abbandonati a se stessi. Terminano in se stessi e portano con sé tutto il loro valore. Vengono sempre esauriti in tutto quello che possono dare. Non hanno bisogno di essere salvati, scoprendo un significato nascosto. Sono fine a se stessi, e portano, con sé la loro ricompensa. Non cadono nel vuoto, perché vengono raccolti e consumati con attenzione e premura, fino al fondo, in tutto quello che possono dare, anzi cercando ancora più in là, come un cane che mangia tutta la carne, poi l'osso, e poi lecca la terra dove la carne era caduta.
La gioia e il piacere hanno bisogno di salvezza, cioè di acquistare un senso preciso diverso da loro, soltanto per la sofferenza della loro brevità e contingenza. Sono la sofferenza di essere troppo poco e di durare così nulla. E acquistano allora il diritto, per comunione al grande problema umano della sofferenza, di trovare chi li raccoglie, li salva dal vuoto.
La sofferenza rimane lì spietata a creare abissi di tormento, vastità di problemi infiniti.
Non riusciremo mai a capire, in profondità, cosa è una persona umana che soffre. E' un abisso che s'affonda sempre più. E' un deserto, dove è soltanto sabbia ardente, e dove cresce l'arsione, e ogni spuntare del sole, è terrore e sgomento. Le onde spietate e rabbiose sul naufrago che protende le mani e grida contro la morte.
Perché la sofferenza? Ci si trova in prigione e ci si sente innocenti, e si può solo afferrare le sbarre e scuoterle urlando.
Dio solo sa cos'è dal momento che trovandola nel mondo anche se non opera Sua, l'ha scelta per viverla tutta e abbandonarvisi senza limite e misura.
Io la conosco, soltanto in quanto conosco e accetto l'Amore di Dio per lei.
E la conosco soltanto, abbandonandomi interamente e liberamente a soffrire la sofferenza di tutti.
Forse negli uomini, ormai, non vedo altro, Per questo forse mi amano: trovano che non ho paura di leggere fino in fondo alla loro anima per scoprirvi tutto il segreto e spesso spaventoso abisso di sofferenza. Non ho paura, ormai, o solo raramente (così per istinto) del fatto che, questo conoscere la sofferenza di tutti, accettandola interamente e partecipandola con sincera e fraterna apertura, mi apra abissi di stanchezza e di tristezza.
Non fa nulla.
L importante è che la sofferenza umana non cada nel vuoto.
E' 1'unico problema serio della mia vita. E so che di qui dipende la mia Fede. E la mia ragione d' essere a questo mondo, altrimenti, forse, sarebbe più onesto l'uscirne.
E anche se la mia vita fosse povera mano protesa, aperta e concava per raccogliere anche una sola lacrima che cade, impedendo il suo cadere nel vuoto, basterebbe, forse, per la gioia di non essere vissuto per nulla.
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Palpebre, dolci palpebre, che un velo
calate, quando io voglio, tra i miei occhi
e i fantasmi del mondo: per la vostra
misericordia imprigionarmi posso
entro me stessa e nulla più vedere
di quel che esiste, ma veder più in fondo
e più lontano. O palpebre, son belli
i volti amati, i fiori al sole, i campi
di spighe ondose; ma più bello il vostro
mistero, In esso abbandonatamente
io mi sommergo e scendo (o salgo ?) al punto
ove l'umano ha termine e il divino
comincia, e scopro eterni paradisi
che il mondo ignora; e vi vorrei per sempre
suggellate su questi occhi di carne
per restar col mio DIO libera e sola
Ada Negri
Non si riesce assolutamente a sopportare perché per fare propaganda elettorale a favore di un certo partito si debbano tradire principi fondamentali cristiani e fare discorsi impasticciati di contraddizioni come questo, diffuso poi a stampa su volantini: "Il segno che vorrete apporre sulla scheda da consegnare alle urne non potrà non essere che la conseguenza logica della vostra adesione alla vostra Pia Associazione: rispetto, cioè, degli ideali di carità cristiana, di amore e di fratellanza che la Chiesa vi ha sempre indicato, anche nella difesa dei vostri interessi; e condanna verso tutti coloro che tali ideali combattono e che appunto per questo, sono in ogni campo i vostri nemici".
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"Non ho fatto piangere alcuno: non ho mai parlato con superbia; non ho mai fatto paura ad alcuno; non sono mai stato sordo alle parole di giustizia e di Verità".
dal Libro dei morti
degli antichi egiziani
Io credo di essere incapace di odiare. Attraverso una lunga disciplina, basata sulla preghiera, di almeno quarant'anni, ho cercato di amare tutti. E il mio Amore non è esclusivo: non posso amare i mussulmani o gli indù e odiare gli inglesi.. il vero Amore è sincero e disinteressato.
Gandhi
Signore, Tu sei proprio Colui che mi era necessario, e non avrei mai osato sperarti così meraviglioso come sei. Sognavo di parlare a Dio, come parlo ad un uomo vivente. Ed eccoti qui, Dio vivente come uomo. O rivelazione di Dio fra noi... O Dio, Gesù Cristo: ormai, per conoscerti non ho più bisogno di torturarmi, ed il meglio è di essere veramente uomo. Poiché tu hai assunta la mia natura, non c'è nulla di umano che non possa diventare la mia religione, cioè un legame con Te.
Io vengo a Te con il mio modo di pensare, poiché, d'ora innanzi, per conoscere Dio fatto uomo, la cosa migliore é avere degli occhi di carne ed una intelligenza d'uomo.
Vengo a Te con il mio modo d'amore, o Cuore Sacro, i cui battiti ritmano l'amore all'unisono con il mio. Vengo a Te come vado a un mio fratello, e in ogni uomo, miracolo, ecco che venero Dio.
Vengo a Te con il mio modo di soffrire, o Crocifisso, del quale la nostra terra ha bevuto il sangue, e le orecchie dell'uomo hanno udito i tuoi lamenti e le tue ripugnanze. Ecco la mia sofferenza, e non la nascondo: essa non è né stoica né violenta, è il mio dolore così com' è, con il tuo dolore di uomo così com'è con ogni dolore di uomo così com'è.
Vengo a Te con il mio modo di pregare, poiché Tu hai delle labbra per rispondermi e perchè Tu hai avuto come me una vera madre scelta fra tutte le nostre donne, per insegnarti le preghiere e farti offrire il cuore al Padre, al nostro Padre.
Vengo a Te con i miei peccati, o agnello di Dio venuto per prenderli su di sé, e per cancellarli portandoli.
Io vivo, ma non sono più io che vivo, sei Tu che vivi in me.
Pierre Lyonnet
Le elezioni sono sempre un bel fastidio. Ma non tanto per il fracasso propagandistico, le frasette e le vignette a effetto dei manifesti e la sorda animosità che incupisce le facce e accende rancori (ormai queste cose e altre ancora, da una volta all'altra, vanno sempre più sistemandosi in dignitosa compostezza e serenità democratica, almeno speriamo) quanto perchè le elezioni rimangono - e è logico che sia così - per chi è sensibile a certi problemi, un fatto di coscienza, Comportano evidentemente gravissime responsabilità e quindi sono scadenze in cui si accumulano per tutti, se siamo gente onesta, problemi veramente preoccupanti.
La superficialità, l'indifferenza, qui sicuramente, è mancare in modo grave ai propri doveri.
Guardando alle elezioni dal nostro punto di vista, cioè secondo la linea di ricerca propria di questa povera voce dei poveri, il problema più grave impostato dalle elezioni è sempre il fatto che il voto è una scelta che non riguarda soltanto me, ma riguarda gli altri forse più di me. Io sto facendo un'azione le cui conseguenze saranno collettive. Se fosse questione di me e basta, sarebbe facile la scelta proporzionalmente alla indifferenza che ho perciò che riguarda la mia persona, ma la mia scelta coinvolge gli altri e per quanto dipende da me comporta conseguenze che interessano questa povera esistenza umana.
Di qui la perplessità, l'incertezza, l'angoscia.
Non posso e non devo dare il mio voto alla leggera, senza questo senso preciso di dovere sociale verso il mio prossimo, di seria preoccupazione dei problemi degli altri, di tutti, senza rendermi conto che non può essere solo una affermazione dei miei diritti, ma anche un gravissimo dovere di Amore fraterno.
Devo scegliere ciò che giudico preferibile per il bene della comunità. La migliore soluzione dei problemi di giustizia deve sensibilizzarmi, e ciò che può decidere libertà e benessere per tutti, assolutamente per tutti.
E se posso permettermi, fino a farmene un dovere, di lottare contro altre idee e programmi e quindi uomini, è soltanto perchè, in coscienza, facendo le scelte che faccio, so di cercare ciò che è meglio anche per quelli che sono gli avversari.
Sono gli altri insomma, la visione dei loro interessi sul piano spirituale, morale, sociale, economico che unicamente può influenzare la mia scelta politica.
Se il voto fosse un atto d'Amore, espressione di una generosa comprensione di tutto il problema umano, sarebbe un vero atto di libertà perchè significherebbe purezza dall'egoismo.
Ma tutto questo, lo so bene, è un'utopia e perchè gli uomini non sono capaci di vero Amore fraterno e perchè, nel caso, nemmeno vi sono raggruppamenti politici ai quali si possano consegnare con fiducia questi atti di Amore fraterno. E è per questo non saper a chi dare politicamente il proprio dovere di Amore del prossimo che le elezioni e la politica sono un'angosciante problema di coscienza.
Tutto invece è un'azione di lotta, una ricerca di affermazione egoistica, una difesa dei propri privilegi, un tentativo di sopraffazione: il tutto coperto dal velo del segreto perchè non apparisca la propria grettezza d'animo.
Ritorno al pensiero del voto come atto di carità, di Amore fraterno.
Presuppone evidentemente il seguire l'andamento politico e amministrativo dal punto di vista altruistico. Presuppone il guardare al futuro non per quello che me viene (appoggi, favori, privilegi interessi, poltrone ecc.) ma per quello che ne verrà a tutti, specialmente a chi più dipende nel suo benessere (leggi: speranza di un pezzo di pane per se e per i suoi figlioli) dalle pubbliche istituzioni. Se esiste questa sensibilità collettiva fatta di vera apertura di cuore e di vasta visione dei problemi umani fondati sull'unico comandamento che regola la vita cristiana dell'Amore verso Dio e verso il prossimo, allora il voto può essere realmente un atto di carità, di Amore cristiano. Cioè vera autentica sincera democrazia.
Diversamente solo Dio sa cos'è quel voto.
A pensarci bene quanti saranno gli elettori veramente degni, perchè puri da ogni egoismo, di dare il proprio voto ?
Quanti saranno i voti realmente espressione di una coscienza retta, di una serena ricerca del bene comune, di un vivo desiderio di provvedere nella libertà e nella giustizia, alla collettività?
Penso con terrore e quasi con un senso di pietà, a chi pubblicamente si offre per ricevere voti come dire: fidatevi di me. Evidentemente non sa di che cosa si carica o forse non gliene importa.
E penso alla facilità con cui ci liberiamo di terribili responsabilità scaricandole addosso a qualcuno che stimiamo (o almeno si spera) capace di portarle tutte coscienziosamente.
E penso a chi si prende la responsabilità di indicare agli elettori come e a chi deve essere dato il voto scaricandoli anche della pena di pensare seriamente alla scelta affrontandone le conseguenze pronti a battersi il petto,
E penso a quanto è angoscioso guardarsi d' intorno e non sapere, in seria coscienza, chi scegliere e di nuovo ancora doversi affidare a motivi raccolti al di fuori di noi e quasi sempre improvvisati e posticci.
Però esiste della gente che può votare - comunque voti - a cuore tranquillo. I poveri. Il loro voto è senz'altro il più puro, il più innocente anche se è venduto a speranze vuote, a ideali sbagliati. Anche se é comprato coll'inganno perchè i poveri sono destinati a essere sempre ingannati. Anche se è dato in mano a chi poi se ne servirà soltanto per interessi personali o di partito, tanto i poveri sono destinati a servire solo di utilità agli altri.
Non hanno mai la parola i poveri. Non contano niente, Non meritano di essere ascoltati. A che servono se non ad appesantire il macchinone amministrativo?
Quanta povera gente che è senza voce in capitolo, condannata eternamente ad aspettare alla porta e tacere. Quanti problemi umani e quante situazioni che non riescono a farsi sentire.
Il voto è l'unica parola, l'unica voce che è loro rimasta - anche se poi forse questa voce si spengerà nel vuoto e quest'unica parola sarà gridata per nulla.
Il diritto (qui veramente uguale per tutti) di dire si o no al come vanno le cose.
E quello della povertà è certamente giudizio spassionato perchè è voce di una sofferenza umana in pieno diritto di gridare aiuto, anche in modo scomposto, da far paura, come uno che sta affogando, o come il malato che non ne può più, o come chi ormai ha perduto ogni speranza.
E' segno di sofferenza quella crocetta accanto ad un simbolo o a un nome. E' come una lacrima, pianto per troppa sofferenza: arriva certamente al Cuore di Dio dovunque cada.
E speriamo che sia una preghiera d' invocazione di un pò d'Amore fraterno e di un briciolo di giustizia in questo povero mondo.
don Sirio
Luigi Sonnenfeld
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