Non vogliamo parlare degli scontenti perchè eternamente pessimisti. Depressi in permanenza, non vedono sempre che il lato brutto delle cose, sempre pronti a cogliere tutto ciò che può scoraggiare, spengere perfino la speranza.
E nemmeno degli scontenti per delusioni patite. Rimasti delusi qualche volta, contrastati nel loro ideale, bloccati nei loro programmi, «tutto il resto non può che essere sbagliato, tutto andrà sicuramente a rotoli, ormai come soluzione non rimane che il cataclisma finale».
Vi sono anche gli scontenti per partito preso, per posizioni ormai definitive. Siccome «le cose vanno come vanno e non vanno invece come dovrebbero andare», allora non possiamo che essere avviati verso il disastro: quindi scontentezza radicale. Tutto da rifare. E generalmente questa scontentezza si rifà al passato e è fatta di rimpianti di «quando tutto era veramente un'altra cosa». Oppure, in altri casi, del resto assurdi come questi di cui sopra, scontentezze che possono arrivare fino alla insopportazione del presente, perchè «la soluzione di ogni problema è un'altra e fino a che non si arriverà a quella, niente da fare, tutto è sicuramente sbagliato».
E potremmo continuare a lungo nella descrizione delle innumerevoli scontentezze umane.
Siamo naturalmente degli scontenti e quindi è logico che troviamo scontentezze dovunque, in noi, intorno a noi, nelle istituzioni sociali, nell'andamento delle cose della storia. Se piove o è il sole. Se si è ricchi o poveri. Se si è buoni o cattivi. Se si invecchia o si muore prima del tempo... non va niente bene, mai, la scontentezza e veramente pane quotidiano.
Ma non è di questa scontentezza fatta di pessimismo, di umore cattivo, di sangue nero, di contrasto per partito preso, di opposizione a tutti i costi, di cui vorremmo parlare. Questa scontentezza ha bisogno soltanto di pazienza in chi ne sta soffrendo (non dev'essere molto allegro essere sempre degli scontenti) e in chi la deve sopportare (perchè il cielo nuvoloso e la pioggerella che non smette mai stanca i nervi a tutti).
Vi è invece una scontentezza capace di rendere profondamente scontenti ma non per motivi propri, personali. Non vi è ombra di amor proprio in questa scontentezza, non vi è per niente ricerca di se stessi e di ritorno, d'interesse personale.
E' la scontentezza determinata da un Amore appassionato alla verità, da una sete e fame insaziabile di giustizia, da misure impossibili d'ideali, da ricerche troppo urgenti e impazienti che tutto sia perfetto, rispondente, coerente...
E' una impossibilità totale di rassegnamento alla mediocrità, alle mezze misure, al compromesso. E' forse quando Dio è apparso in tutta la Sua misura infinita di Verità e di Amore. E' dopo che ci è passato accanto Gesù Cristo e ha lasciato nel cuore lo struggente bisogno che questo mondo abbia qualcosa di Lui per poter essere sopportato e amato e giustificato ad esistere.
Chi sa dire qualcosa di questa misteriosa scontentezza che è nostalgia di Cielo, è violenta presenza di Dio nel mondo, è forzatura dentro l'anima umana per richiamo irresistibile all'Unico Tutto?
E' di questa scontentezza che vorremmo parlare anche se sappiamo molto bene che è difficilmente distinguibile dall'altra, da quella fatta di pessimismo sterile e vuoto.
E' a questi scontenti che vorremmo rivolgere tutta la nostra attenzione e la nostra simpatia, chiedendo per loro considerazione e rispetto, attenzione e gratitudine.
Considerando a fondo questo problema della scontentezza umana e quindi degli scontenti può darsi che spesso giudichiamo il problema con troppa superficialità e è per questo che gli scontenti normalmente vengono poco considerati, per non dire respinti, se non addirittura mal visti e insopportati. Scocciano soltanto e infastidiscono. Riescono soltanto a complicare le cose, forse spesso arrivano a svalutarle e quindi intralciano sempre, sono bastoni fra le ruote. Alla larga quindi più che sia possibile.
E dimentichiamo spesso che allontanando gli scontenti e disprezzando le loro eterne scontentezze, siamo spaventosamente degli orgogliosi, rischiamo di continuare a fare male le cose che facciamo, può darsi che lasciamo cadere dei valori di grandissima importanza. E specialmente può darsi - e questo è il guaio più grosso - che non raccogliamo un vero e profondo Amore alle cose e a noi stessi e non raccogliere l'Amore si sa che è sempre pura perdita anche se nel frattempo si guadagnasse il mondo intero.
E' facile dire: ma insomma tu sei sempre scontento, per te va tutto male. E detto questo chiudiamo il discorso e ci mettiamo in pace.
Lo scontento rimane nella sua scontentezza, ma noi abbiamo respinto la sua sofferenza - a non riuscire ad essere contenti, specialmente quando piacerebbe tanto esserlo, è terribile sofferenza.
E' stata lasciata cadere nel vuoto una ricerca che era sicuramente vera perchè fatta di sofferenza, non è stata raccolta una sincerità offerta con speranza e fiducia. E' stato disprezzato tanto Amore e Amore vero, disinteressato, determinato dalla voglia che tutto sia buono, perfetto, Amore vero che rischia pazientemente di essere respinto, che si offre anche quando sa di non riuscire gradito, Amore vero che sa bene che tutto è da rimetterci, Amore che non è piaggeria, adulazione, sentimentalismo, ostentazione, ma profonda e totale sincerità di attaccamento - chissà per quali motivi strani di simpatia - al problema in discussione e alla persona che lo propone.
Si rimane più poveri a respingere gli scontenti, a non prendere in considerazione seria le loro scontentezze. Più poveri, fino ad essere dei miserabili, perchè chiusi nel nostro egoismo, rinserrati nelle nostre sicurezze, mangiati dal nostro orgoglio. E impoveriti perchè mancheremo di una visione più ampia, di un cuore più aperto, di una intelligenza più pronta. E miserabili perchè incapaci di trovare bontà in una critica, interessamento in una scontentezza, Amore in un'offerta di un qualcosa di diverso che potrebbe anche essere di più di ciò che noi abbiamo.
Perchè non è vero che noi facciamo tutto bene fino al punto che meglio è impossibile. E' stupido pensare che noi abbiamo sempre ragione. Che noi siamo la saggezza e che la prudenza non ci fallisce mai. Le posizioni dogmatiche sono una grossa, anche se assurda, tentazione. E l'infallibilità è tanto facile allargarla ad ogni problema e arrogarsela fin sull'ultima cattedra.
Ciò che segna una impossibilità di avvicinamento delle scontentezze fino ad una loro seria presa in considerazione, sono le posizioni di superiorità, di distacco, di privilegio. E' l'essere rimasti isolati, è per via d'avere gente d'intorno che dà sempre ragione, per la quale va tutto bene e sono una gran cosa anche gli starnuti del principale.
E' in fondo tutta una situazione, spesso, di artificiosità, Dio non voglia, di arroganza o di comodità, sicuramente di idee sbagliate sul rispetto, sulla riverenza, sull'obbedienza, sulla devozione, sulla dipendenza....
E' poca e spesso nessuna considerazione del pensiero degli altri, delle loro scelte personali, delle loro posizioni particolari, dei loro ideali, delle loro coerenze e anche della debolezza, fragilità, sentimentalità che crea in loro particolari sensibilità e necessità assolute di sincerità fino a vere e proprie incapacità a rimandare, a lasciar cadere, a non occuparsi ecc.
Spesso il problema di un rapporto non sereno e cordiale e accogliente e aperto, verso gli scontenti e le loro scontentezze è poco Amore alla verità per non dire paura, è bisogno di un pacifico conservatorismo, è timore di perdita di autorità e d'importanza, è non voler rischiare approfitti e invadenze.
E spesso è perchè gli scontenti sono povera gente. Sono degli immediati e degli imprudenti. Sono anche degli ingenui quando si mettono a dare seguito e importanze alle loro scontentezze, e addirittura imperdonabili quando arrivano a credervi, insopportabili. Spesso sono anche degli orgogliosi perchè viene loro con facilità da disprezzare e poi non si arrendono facilmente. Hanno un senso del rispetto tutto loro particolare e vogliono bene in modo stranissimo perchè non si preoccupano se sono motivo di sofferenza per chi amano. E poi pretendono perfino l'impossibile. E loro poi non sono buoni a nulla, ma a nulla davvero, all'infuori d'essere sempre che degli scontenti.
Sarebbe bello però voler bene agli scontenti. Spesso abbiamo pensato che la Chiesa possa prendere in considerazione questo problema umano perchè la Chiesa può avere tutta la libertà di aprirsi a tutta la ricerca della verità perchè essa ha la sicurezza della verità essenziale. Perchè la Chiesa che è la custode della Verità rivelata può e deve amare chi la ricerca della verità può soffrirla fino alla scontentezza. E perchè la Chiesa sa che ogni essere umano ha sempre un po' di verità, come anche in qualsiasi frammento di specchio frantumato un raggio di sole. E che la verità nel mondo è come il grande disegno del mosaico, ma ogni pietruzza ne fa parte e lo compone. E poi che ogni uomo è buono e può voler bene...
Vorrei tanto che dal Papa all'ultimo curato di campagna, tutta la Chiesa avesse la dolce bontà di accettare volentieri le scontentezze determinate dalle condizioni a volte dolorose e drammatiche, di questa povera umanità: le scontentezze per l'ingiustizia, l'oppressione, la cattiveria, le condizioni di fatica materiale e morale, la realtà di problemi terreni e celesti, individuali, familiari, sociali.... e anche le scontentezze perchè la Chiesa non risponde pienamente alle attese, non è testimonianza totale fra gli uomini, di Dio, non è immagine e somiglianza perfetta di Gesù Cristo....
Questa scontentezza spietata, impaziente, pressante, sincera, appassionata, che non sopporta, non si arrende., sconcerta e sgomenta, ma tutta unicamente perchè così è l'Amore.
La Redazione
E' vero: siamo degli insoddisfatti e in fondo è bellissimo se è vera la famosa frase di S. Agostino, spiegazione splendida di tutta questa terribile condizione umana di scontentezza: «Signore, hai fatto il nostro cuore per te e è inquieto finche non riposa in te».
E' adorabile quindi questo essere sempre insoddisfatti, inquieti, sotto sopra, in cerca ansiosa di qualcosa. E' una povertà che affligge anche chi ha tutto, è fame e sete anche per chi potrebbe essere sazio. E' forse l'unica possibilità di salvezza per la stragrande maggioranza degli uomini che sono arrivati, che. sono sistemati, che sono al posto, perchè impedisce una mediocrità ripugnante, un chiudersi in se stessi e nella propria soddisfazione, un essere felici in se stessi e di se stessi.
E forse per tanta gente l'unica speranza di salvezza di dignità umana e di salvezza eterna, è l'inquietudine, è il non poter essere più, a un certo punto, dei soddisfatti.
E' così tanto presenza attiva di Dio tante volte la scontentezza, questa agitazione di fondo. E' la sua stupenda lotta in noi contro il nostro egoismo. E' meraviglioso questo nemico adorabile della pace per soddisfazione di se stessi. Questa pace, che è soltanto spaventoso orgoglio, Lui la detesta. E' la pace che lo esclude, perchè toglie via anche il minimo bisogno di Lui. E' la suprema falsificazione dell'uomo diventato principio e fine, quindi convergenza assoluta in se stesso. E' una idolatria che Dio non può assolutamente tollerare. E' una illusione penosa e stupida. Una falsificazione assurda. L'inganno totale. La menzogna suprema. E è per questo allora che nella sicurezza del castello incantato che ha tirato su perfino il ponte levatoio, scoppia la congiura di palazzo.
Perchè Dio questa pace falsa la sconvolge facilmente dal di dentro insinuando strane e misteriose scontentezze.
Dio in noi non è mai come un morto, nemmeno quando abbiamo tentato e ci sembra d'essere riusciti ad ucciderlo. E' così anche nella storia. Rinasce sempre come il sole ogni mattina. Come la primavera dopo l'inverno.
Perchè Dio non può stancarsi d'essere Dio, tanto meno può rinunciarci e quindi continua ad essere Dio nel mondo e in ogni anima.
E' così semplice allora spiegare il terribile problema dell'agitarsi degli uomini, del loro essere sempre inquieti, come bruciati da un fuoco di dentro, spinti da una tempesta irresistibile. E' Dio che continua (e ne sia infinitamente ringraziato) ad essere Dio.
Dopo il peccato originale a Dio non è rimasta altra scelta perchè la Verità essenziale - Dio, principio e fine di ogni cosa - potesse rimanere, nell'universo a giustificarne l'esistenza, che l'impedire agli uomini la loro pace fatta di adorazione di se stessi e di visione beatifica dei loro successi e delle loro importanze.
E' tanto Amore da parte di Dio aver fatto dell'uomo, come dice Charles Péguy «un pozzo di agitazione, fino al punto che lui solo è più inquieto di tutto il creato».
Non è giusto lamentarci di Dio che ci tormenta, che ci disorienta, che ci spinge. E non lascia che ci addormentiamo tranquilli, che ci aggiustiamo sistemandoci nelle nostre pacifiche mediocrità. Che sia ringraziato perchè svuota d'importanza quello che facciamo e rende avida la terra e ingrata la stagione. Sia adorato quando il cielo è torbato o le stelle stanno soltanto a guardare, il sole illumina a giorno eppure tutto è notte e buio fitto.
Perchè è allora che Lui diventa più Dio dentro di noi e nel mondo, di più il Solo Unico Tutto, principio e fine di ogni cosa, ragione d'essere, essenzialità assoluta.
E' allora che noi siamo uomini veri, spogliati di ogni falsificazione, liberati da ogni attaccamento. Perchè l'inquietudine è povertà di fondo, la scontentezza è umiltà appassionata, il bisogno è preghiera, la ricerca è Amore.
E la speranza rimane l'unica forza. La Fede la sola sicurezza. E nell'attesa il cuore si apre e si apre fino alla misura che l'infinito Mistero di Dio unicamente può colmare.
Dio vuole la nostra pace ma una pace tormentata dalla voglia dell'infinito.
E Dio si è fatto Uomo per scavare in seno alla umanità abissi d'inquietudine: ha tolto, è vero dalla anima nostra la disperazione del peccato, ma vi ha lasciato però il vuoto infinito perchè non ci fosse più possibile risolverlo con questa o quell'altra storiella, ma unicamente con Dio, la sola pienezza per l'uomo.
Accettare la sua presenza vuol dire disporsi a che il mare ci inondi e ci sommerga, che un vento impetuoso ci porti via, che un cielo infinito di stelle ci colmi di stupore e di sgomento.
Acconsentire a Gesù e voler essere cristiani comporta essere carne e sangue e anima e destino umano che Dio fa suo, personalmente. E che Lui cercherà più che gli sarà possibile di coinvolgere nel suo stesso Mistero secondo la sua vita raccontata, dal Vangelo. Vuol dire non essere più se stessi, ma tutta l'umanità, il terribile problema della salvezza di tutti gli uomini e della gloria di Dio.
E' trepidazione allora e pena e angoscia. Inquietudine profonda. Scontentezza inevitabile. E non tormentarsi appassionato. E' una non pace per via d'infinita ricerca, di ansie insoddisfatte, di Amore incontenibile.
Beati gli uomini che incontrano anime inquiete di quest'inquietudine che si acquieterà soltanto in Paradiso.
Beato chi si è imbattuto in cristiani appassionatamente tormentati dalla voglia irresistibile di un po' di somiglianza con Gesù, crocifissi all'angoscia del problema della salvezza del mondo.
Beati i credenti che non possono non chiedere alla Chiesa e chiedono soltanto il miracolo della presenza totale di Cristo, vero Dio e vero Uomo, nel loro momento storico e sono sempre insoddisfatti per non trovare anche l'impossibile.
Beato te e beato me se fra noi è l'inquietudine e il desiderio cocente e l'impegno totale per essere uniti nel nome di Gesù perchè Lui sia in mezzo a noi e quindi dentro l'umanità.
don Sirio
Signore, prima del principio, la prima preghiera è salita a Te: era il nulla che Ti chiedeva, col vuoto infinito del nulla, che dal suo seno Tu facessi nascere l'esistenza. E Tu il nulla l'esaudisti e lo colmasti di vita.
Signore, poi il nulla del buio Ti chiese che finalmente sorgesse un'aurora di luce. E Tu il buio l'esaudisti accendendovi il sole, la luna, le stelle.
Signore, quando l'universo da Te creato così buono e così bello Ti disse di essere ancora come il nulla perchè era senza occhi che vedono, senza cuori che amano, senza mani che si stringono, Tu esaudisti la preghiera dell'universo senza Amore e creasti l'uomo e la donna.
Signore, e il vuoto scavato dalla pazzia degli uomini tu non l'hai abbandonato perchè di nuovo tutto fosse ancor più che il nulla: e hai ascoltato la preghiera di questo nuovo terribile nulla e hai creato la speranza.
Signore, e nel nulla, abitato soltanto dalla speranza, sei venuto nella pienezza dei tempi. Tu solo potevi, perché Tu solo puoi vincere il nulla, qualsiasi nulla. E' sembrato soltanto che anche Tu ne rimanessi sopraffatto, ma è stato invece un colmarlo all'infinito di Te.
Signore, tutta la storia del nulla continua. Ora è tutta in me: da prima del tempo fino a questo momento me la sento tutta nell'anima. Si ripete e si rinnova perchè ogni essere umano è fatto di nulla perchè possa essere fatto di Te.
Signore, vorrei pregarti con la preghiera del nulla prima che venisse il principio di tutto, con la preghiera del buio e dell'universo senza Amore, con la preghiera del tempo lunghissimo dell'attesa, nel nulla di tutto meno che della speranza.
Signore, perchè forse questa preghiera dei nulla è preghiera che tu non puoi non ascoltare, perchè Tu solo puoi vincere il nulla, o unico Creatore. E poi perchè la preghiera del nulla è l'unica voce che ho.
Signore, ecco il mio nulla - Tu soltanto puoi vedere il mio nulla - è tutto davanti a Te. E è nulla appositamente per Te. Tu sai che ora sono assolutamente nulla di tutto, vuoto assoluto. Sono prima del principio. Come quando hai ascoltato la prima preghiera.
Signore, sono felice di non essere altro che il nulla, di non avere nulla da darTi, perchè Tu hai bisogno soltanto del nulla per cominciare una nuova creazione. Hai bisogno soltanto che tutto sia nulla, più ancora nulla del nulla, perchè Tu compia la Redenzione.
Signore, il nulla Ti chiama e Ti adora. Ti ama. Ti aspetta. Vieni. Vedrai che sarà come allora quando vedevi che tutto era buono e come quando sulla croce gridasti
che tutto era compiuto.
* * *
Non si fece mai conoscere durante la sua vita mortale, usava nel rintanarsi la stessa cura che altri usano per mettersi in mostra; una cura meticolosa e feroce. Pouget non ha pubblicato alcun libro - ma ha avuto una posterità - non somigliava nessuno, da solo costituiva una specie. Non sembrava ma in realtà era una delle più grandi intelligenze del suo tempo. L'oscurità fu il suo «ambiente»: era veramente ignoto al mondo, ma il mondo non era ignoto a questo povero cieco. Una mente aperta ed informata di tutto l'umano sapere, aveva un giudizio sicuro e posato, ardito e prudente, che dopo aver girato sofferto e gemuto trovava infallibilmente la linea precisa di demarcazione tra ciò che si può sapere e ciò che si deve ignorare.
In fondo era un uomo di campagna, paziente e schietto come un contadino: «uomo di Dio» che aveva lasciato tutto, campi, i suoi occhi, le scienze predilette, la tranquillità e la libera disponibilità del suo tempo per le «cose» di Dio.
Pouget era primogenito di sei figli. I suoi genitori erano dei contadini ex umili portatori d'acqua a Parigi: avevano un po' di roba, «qualcosa al sole», potevano bastare a se stessi, servizievoli con tutti ma liberi da tutti: ecco la nobiltà contadina. Imparò a leggere quasi da solo; a cinque anni già se la cavava. Solo a 12 cominciò ad andare a scuole, tre mesi l'anno, alternando lo studio con il lavoro della terra.
Prese la sottana a 19 anni: l'umiltà lo fece entrare nella regola di S. Vincenzo dei Paoli: "non sarò straordinario - dicevo tra me - non supererò i miei colleghi".
Sacerdote, data la sua intelligenza «mostruosa» fu insegnante a Parigi per gli allievi del suo Ordine. Un suo ex allievo dice di Lui «ci faceva constatare che non c'era da temere il piccone o il martello demolitore della sana critica: questo rendeva più visibile e più ammirevole l'opera divina del Cristo costruttore, non appena si dissipava la polvere e venivano tolti i rottami delle ingessature. Che incancellabile impressione ci ha lasciato il tono della sua voce quando parlava di Cristo «omnia in omnibus».
Pouget amava dire che i suoi exalunni non avevano perduto la Fede. «Ai giovani cercavo d'insegnare a imparare. Avevo cercato sempre di «fabbricare» della gente chi capisse qualcosa. Pare che gli alunni lamentassero che mettevo troppo in rilievo te difficoltà - in rilievo, ohimè, saranno messe molto più tardi quando andranno nel mondo, e li tormenteranno. Però non mi si attaccava mai quando ero presente, perchè avrei dato le mie spiegazioni. Il superiore mi difendeva: «Pouget ha la fede, non farà ma del male».
Il Superiore non poté difenderlo e il Padre, fu allontanato dall'insegnamento: aveva 58 anni: sacrificato, come molti a quel tempo, perchè era stato confuso con la scuola degli innovatori. E' la sorte comune di coloro che vogliono affrontare le difficoltà e buttarsi nelle lotte reali: i combat tenti di prima linea rischiano di essere confusi con gli avversari. Non si turbò «Dopo tutto non si è obbligati a insegnare, ma soltanto a cercare la verità. Vedete le dinamo: Quando non vengono innestate girano ugualmente. Io non sono più innestato ma giro. Mi si può togliere l'insegnamento mi si possono togliere i titoli, ma davanti a Dio cos'è tutto questo? Anche se mi si proibisse di confessare, che cosa mi si farebbe? Non siamo obbligati a confessare ma a confessarci. Si è tentati di reagire all'autorità, ma dietro l'autorità c'è Cristo». In questo modo dava alla Chiesa Romana, di cui era umile servitore, il più bell'omaggio ch'essa possa desiderare da un uomo: quello di una conoscenza indomita e di una mente molto difficile in materia di prove.
Non serbava mai amarezza, perchè non aveva mai lavorato per pubblicare i suoi scritti ma solo per la pura verità. Era la rettitudine e la semplicità in persona, non poteva supporre la più piccola mancanza di franchezza in un Loisy o in un Turmel: la sua carità era inesauribile, «non cogitabat malum», faceva prodigi d'interpretazioni caritatevoli per salvaguardare e difendere la loro ortodossia. Fu per Lui un vero dispiacere arrendersi all'evidenza. Quella carità cristiana non era minore per coloro che con tutti i mezzi contrastavano la sua prodigiosa influenza sui giovani: non mise mai in discussione la loro buona fede e le loro eccellenti intenzioni. «E dire che andranno diritto al cielo a causa del loro zelo! Ma sarà divertente vedere la loro sorpresa lassù. Intanto approfittiamo dei meriti di cui ci offrono l'occasione».
Vi era in Lui un alleanza così rara della povertà, della cecità e della scienza. Non aveva affatto l'amore della povertà come di una virtù desiderata e acquistata con sforzi interiori: no, questo amore era così ben ancorato nella sua natura che non sapeva di essere povero, così come non sapeva di essere umile. Aveva una specie di orrore per il denaro. Nel disfarsi delle sue poche lire (del suo pochissimo denaro) metteva la stessa cura che altri hanno nell'accumularlo. Pouget era avaro di povertà. Le sue vesti erano tutte d'accatto. Uno dei suoi scrupoli era di non chiedere nulla alla sua congregazione che era fatta di poveri e per i poveri. Il fratello che lo vegliava nella sua malattia era rimasto terrorizzato dalla povertà delle sue vesti: stracci, cenci inutilizzabili.
Dappertutto c'era questa preoccupazione di risparmiare. «Perchè non prende l'omnibus? - Costa tre soldi - rispondeva - e tre soldi rappresentano abbastanza pane per un povero». Nonostante tutte queste privazioni, Pouget si riteneva fin troppo ricco. Aveva un letto, una tavola, un tetto. Aveva una sicurezza per l'avvenire. «Gli sciacalli hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo. Voi sapete che è duro dormire per terra; la testa vuole essere appoggiata a qualcosa di morbido. Vedete, quando penso a Cristo, che non aveva una casa propria, che era perseguitato, sempre costretto a fuggire da un posto all'altro, mi dico che sono abbastanza ricco».
La maniera di lavorare di Pouget era veramente prodigiosa: «non mi sono mai preso un divertimento o una vacanza». Se pensiamo a un cieco di 80 anni, senza aiuto, sempre più o meno sofferente per gli occhi così sensibili alla luce, disturbato spessissimo dai confratelli, dai penitenti e dagli studenti che lo tiranneggiano, mai in riposo, un vecchio cieco che recitava, pregava, componeva nella sua testa quello che doveva scrivere a macchina, con semplicità e naturalezza, avremo allora un'idea di quella sua straordinaria applicazione allo studio.
«Manus Domini tetigit me»: la mano del Signore lo toccò nei suoi occhi, sigillo, la cecità, su tutta la sua vita e innanzitutto sul suo volto. Aveva perso l'occhio destro a 48 anni, Vanno dopo fu la fine: il contadino dotto che dissodava la fisica e la Scrittura come avrebbe fatto con una brughiera non vide più. I primi momenti furono terribili - diceva che se non avesse avuto la fede, sarebbe stato tentato d'uccidersi. «Accettavo allegramente la mia condizione di cieco, il più allegramente possibile. Ma il passaggio fu duro. Sono soltanto una rovina». Trovò un ringiovanimento nella sua infermità. Pouget cieco si elevò ad altezze di pensiero e di vita che forse non avrebbe raggiunto diversamente. «Questo cieco che da ormai trentanni viveva un giorno si e un giorno no in una nebbia luminosa più penosa delle tenebre gettava raggi così puri di luce che si staccavano da lui e potevate portarli con voi».
Alcuni giorni prima della morte diceva: «La morte è un particolare senza importanza. Direi anzi che è dolce. Ciò che è duro è lasciare coloro che amiamo».
Era la prima volta che si sentiva dire una parola di questo genere; come i contadini era delicato; non diceva mai parole di amore. Il 24 febbraio 1933 il cieco evangelico, cessando di brancolare sulla terra, approdò a Cristo «il suo maestro incomparabile».
Bisogna cominciare ad amare sulla terra Colui che ameremo - diceva spesso Pouget.
don Rolando
da "La vita di Pouget", ed. Borla Torino
"Ho settantotto anni, vado a gonfie vele verso l'eternità. Ebbene, per me non c'è che un personaggio che conta, ed è Cristo. Egli ha un'autorità. La parola di Dio ha creato il mondo. Lui dice semplicemente e dice tutto. Tutto mi riporta a Lui. Se non ci fosse Cristo che cosa faremmo? Allora da questo punto di vista la critica è ben poco. Noi siamo collegati con il mondo invisibile, siamo attaccati a Dio, molto più di quanto non lo sentiamo, con le più intime fibre del nostro essere. Io non sono altro che l'esteriorizzazione d'una delle idee di Dio. Coloro che con l'intimo della loro volontà sono legati a Dio non credo che possano essere rigettati da Dio. Quanto a me cerco di starGli attaccato per quanto posso. Tra poco entrerò nella mia eternità. Credo di non aver mai cercato troppo di comparire; d'altronde l'apparire è stupidaggine, quel che vale è essere.
Il gran giorno dell'eternità è un orizzonte talmente vasto che nulla conta davanti a lui. Nell'attesa cerco di lavorare alla perfezione delle anime, di farle vivere in una maniera ragionevole. La vita è semplice. Basta aver l'intenzione di fare il proprio dovere, e il bene che fate vi vien messo in conto. Per noi cristiani le cose della terra non valgono; l'aldilà è tutto. Nella vita di Cristo vedete come tutto è orientato verso il Padre; lui non fa che passare, e anche troppo presto".
«Cristo per trent'anni, fu un semplice operaio, salvo quando stette con i dottori tra i quali era un ragazzino che pone una domanda. Da lui ci vengono dati i principali atti che indicano la sua potenza. Guarisce e se ne va. La parola è inquadrata in un fatto. Non parla senza necessità. Penso spesso a Mt. 8 v. 20: il Figlio dell'uomo non ha una pietra per posarvi il capo. Cristo è povero, perseguitato, per questo ogni sera va a nascondersi sul monte degli Olivi, per sfuggire ai nemici mortificato, si, ma non macerato. Cristo mangia e beve. Cristo ha scelto tutte queste vocazioni insieme ma non ha voluto che dominasse la macerazione: quando si soffre non si può far bene un'altra cosa, e Cristo ha molto da fare. Non si rovina, e tuttavia non ha nessun riguardo per se. Quando predica il Vangelo va a dormire tardi, si alza prima di giorno e va a pregare. Osservate che cosa mangia: pesce, pane che non sono cose prelibate, e poi la predicazione tra la folla. Mi chiedete se era allegro? Ne triste ne allegro, compassionevole verso il popolo, serio, dolce e umile. Questa è la vita umana moderata, è la contentezza tranquilla. Così le folle seguivano Gesù: masse di povera gente, gli umili, i miti, gli oppressi. Lui stava con loro. Perchè si ripetano ancora fenomeni di simil genere ci vorrebbero dei grandi cambiamenti sociali.
Sul monte degli Olivi Cristo soffre, suda sangue. La sensibilità umana di Cristo doveva essere eccessiva, perchè aveva una natura assai delicata. S'è lamentato. Quando si soffre si può gemere; è la natura che sente e parla al Padre».
"Aveva quasi 33 anni quando fu crocifisso. Che pienezza di vita morale e religiosa in così breve periodo! Se la sua vita privata fu tanto lunga, lo fece perchè voleva essere esempio per la maggioranza e particolarmente per coloro che devono mangiare il loro pane nel sudore della fronte. La sofferenza è una prova; è un'occasione di merito, e la più grande quando è accettata. Toh, io che ho dolor di testa un giorno si e un giorno no, preferirei lavorare piuttosto che sopportare il mio male che è fastidioso.
La morte di Cristo è meritoria a causa della sua obbedienza al Padre. Il Padre non si compiace del sangue ma dell'obbedienza.
Non vediamo mai Cristo malato; doveva avere una forte costituzione. Viveva di elemosine, prendeva le cose come erano, non cercava comodità.
La sua vita apparentemente ordinaria era in realtà straordinaria ed era imitabile da tutti perchè Lui ha vissuto per tutti".
«Cristo s'umiliava davanti a suo Padre ma non davanti agli uomini. Prendete quella che chiamiamo l'agonia: qui è l'umanità che è afflitta, ma la divinità non può esserlo. Cristo si umilia e si rassegna solo davanti a Dio. Quando il sommo Sacerdote gli chiede: «Sei tu il Figlio del Benedetto? - Io lo sono. Non ho mai parlato in segreto, interrogate coloro che mi hanno sentito. Chi sta con la verità ascolta la mia voce». E davanti ad Erode non risponde neanche. Non è cattivo, ma non è neanche tenero. «Dite a quella volpe che ho ancora tre giorni di vita». Il Padre non l'aveva mandato per divertire quella razza di gente. Evidentemente, questo non era il modo di farsi ben volere. Ma i pericoli non lo fermavano. Doveva compiere il mandato del Padre. Doveva essere il modello. Cristo è imitabile da tutti ma nessuno lo può uguagliare. E' un modello incomparabile per le grandi anime. Sarei quasi tentato di dire che Cristo è più vivo adesso che quando stava fra gli uomini, perchè allora seminava mentre adesso la messe germoglia e si estende sempre più».
«Ciò che costituisce la Chiesa sono i Santi. E tra i poveri ce ne sono assai più di quanto si pensa. Le anime sante si trovano più nel popolo minuto che tra i potenti».
«Dio non è una cosa che si possa trascurare, la neutralità nei riguardi di Dio è stata condannata solennemente da Cristo».
«Ci vuol coraggio. Se non ne avessi sarei morto. Capisco come la gente che non crede si faccia saltare le cervella. I miei occhi sono come se sopra ci stesse un gran peso. Ma con tutto questo si può vivere. Quando diventai cieco, credetti di non poter far più niente, di precipitare nella noia. Guardate, sono tanto occupato che non arrivo a tutto: questa è la vita.
La vita è piena di noie, e coloro che meglio le accettano ne hanno meno fastidio. Per servire Dio bisogna stare allegri, e finché non si è come Giobbe provati nel proprio fisico tutte le noie non sono niente».
«I Vangeli sono una fotografia istantanea di Cristo, che esce dall'eternità per rientrarvi».
«Non si perde tempo a prepararsi. Cristo è restato nascosto trenta anni. Appare soltanto per tre anni».
«Gesù Cristo è sempre stato nella lotta fino alla morte. Non s'è mai ritirato nella calma di un rifugio durante la sua vita pubblica, alla quale s'era preparato con un ritiro nel deserto».
«Il nostro fine è l'incrollabile unione con Dio che si perfeziona con l'Amore. Bisogna cominciare ad amare sulla terra Colui che ameremo».
«Credo che possiamo arrivare all'uomo solo con la storia di Cristo, a patto però che sia ben fatta. Quando l'uomo comprende Cristo e crede in Lui, guardate come dà tutto facilmente: osservate i nostri missionari».
«I 12 erano un pugnello in un mondo assai più cattivo del nostro, e lavorarono, e il loro lavoro non fu infruttuoso; e noi dobbiamo continuare il loro lavoro, ed è la stessa forza, il Cristo eterno, che ci sostiene».
«Se vi si dice che - questo non s'è mai fatto -, rispondete con rispetto. Ma quando Cristo apparve si sarebbe potuto dire: questo non s'è mai visto; lasciateci adorare Giove».
Così cominciò, là
in fondo alle scale
che tu scendevi di corsa.
Appena suonava il segnale di fine
dell'ultima lezione.
Là, nella allegra ressa
presso gli spogliatoi,
protendendo con mano
di febbre
la tua contromarca.
Così cominciò, là
nella banda di ragazzi accaldati
(sorridessero pure con malizia
le bambine, vedendoti passare!)
correvi, a perdifiato,
facendo a pallate con l'umida neve.
Per un attimo balenavano in fuga
fiumiciattoli,
nuvole,
borgate,
ma ai tuoi occhi su tutto dominava
quell'unica cosa:
la cosa di cui, ora, sentivi forte la mancanza,
e non potevi comunque sapere ancora
che cosa.
Volevi amore
amore vero,
senza trucco
e comunque tu riesca adesso
a ingannare te stesso,
volevi, - non negare - un amore felice,
e se questo non fosse stato possibile,
ti saresti contentato anche di un amore infelice:
ti bastava solo
che fosse l'amore...
(Evtusenko da La stazione di Zimà)
Ci capitano spesso lettere di amici che, pensiamo, come sono una gran gioia per noi il leggerle, così possono esserlo per i nostri lettori. Ci permettiamo dedicarle a diversi destinatari, nella fiducia che chi le legge, le senta indirizzate a se stesso.
La Redazione
A tutti i preti
Caro don...
Oggi ti scrivo insieme a Gesù per dirti il nostro timore, il nostro affetto, il nostro amarti come sacerdote, la Sua predilezione.
E' sempre stato tanto fedele Dio con te. In questi ultimi tempi, mi pare di vedere come ti si è sempre presentato dinanzi, e ti ha costretto a guardarLo. Non ti ha lasciato andare, nè ha permesso che col passare degli anni tu crescessi e la tua personalità si affermasse. Anzi, sei sempre meno tu che vivi, anche quando ti dà tutto. Vai scomparendo, e Lui cresce, con tanta facilità, mi pare, con tanta padronanza e sicurezza. Perchè sa che sei Suo, ti ha scelto. Ultimamente poi è sempre più Lui, è cresciuto tanto che può fare da padrone anche nella tua vita esteriore; e non ti lascia fare quello che vuoi. E' perchè tu Lo possa cercare sempre, perché ogni nuovo momento della nostra vita ci è donato perchè lo trasformiamo in Lui, e conosciamo di Lui altri aspetti e sempre più ogni cosa Gli sia donata. Ormai non hai più nulla da fare se non farti Amare da Lui e unirti sempre più a Gesù. Sto scoprendo sempre più in questi giorni quanto siamo esistenzialmente legati a Gesù - siamo una cosa sola con Lui perchè in Cristo è raccolta tutta l'umanità anche individualmente.
E' per questo che il nostro bisogno di Lui è così profondo ed è tale il desiderio di identità. Tu non hai niente altro che questo, hai visto quanto sia entrato nella tua vita e quanto voglia vivere in te, ha anche scelto il tipo di vita. LasciaLo tanto fare, perchè diventiate una sola cosa, e in te Lui riviva il Suo sacerdozio, e Ami gli altri e si dia a tutti. Non hai più bisogno di contemplazione e di silenzio perchè ora siate una cosa sola; tu puoi contemplarLo mentre in te ama gli altri, puoi stare con Lui ogni momento, e lasciare che Lui stia con te, e si riposi.
Mi piace tanto sapere che non sei più tu che vivi. Hai tanti motivi per lasciarti andare alla libertà più perfetta, al dono totale - non possiedi più nulla. E' per questo che ora hai tutto. In Gesù ti vengono date tutte le cose, per diritto di Amore. Sono tue le cose create, le persone, e lo sono nel modo più vero, nella loro realtà, così come Dio le ha pensate. E' tuo l'universo che tanto aspetta di entrare in rapporto con Dio, la bellezza delle cose, la bontà della materia, tutto il cielo il mare la terra le stelle - e l'umanità, Sua immagine, che Gesù è venuto a raccogliere ad Amare e farla partecipe delta Vita Trinitaria. Io so che Gesù ti dona ogni cosa, te l'ha data da sempre; anch'io ti do tutto, perchè tu sai Amare e ricevere per offrire.
Tutto l'Amore e la Gioia che sai, tutta la Pace, la serenità, la sicurezza che Lui mi ha dato - ti dono tutto ciò che ho e che sono, all'infinito, insieme a Gesù, come pegno dal Suo Amore e perchè tu possa essere sempre più Suo.
Ti auguro di essere sempre più bambino, più abbandonato, più nulla, di farLo crescere in te. Di essere sempre in cammino, di non stancarti, perchè la via su cui cammini è Gesù; di raccogliere ed Amare tutta la realtà umana con Lui.
Ti ringrazio di lasciarti Amare da Lui, di essere così, di avere vissuto in questo modo; ti ringrazio di quello che mi hai dato - di tutta la tua bontà, la generosità, l'Amore - di essere tanto semplice, attento, rispettoso, felice. Ti voglio una immensità, un'infinità di bene, specialmente in questo momento in cui mi sembra di vedere chiaramente come e quanto Lui ti Ama, e come ti vuole.
Tutto il mio affetto, tutti i miei auguri, anzi i nostri auguri. Non so dirti altro. Non rimane che essere Suoi. Con Amore, Fede, Speranza, Gioia...
* * *
Dedicata alle suore
Cara sorella,
Allora saremo sempre più di Gesù, sempre meglio, con tutti noi stessi. Il nostro tempo, il nostro affetto, l'attenzione, il cuore, la mente, tutto rivolto a Lui. Gli diamo tutto perchè Lui ci ha dato tutto. Non teniamo nulla per noi, per favore, nemmeno piccole cose. Tanto lo sappiamo che dardi tutto vuol dire ricevere ogni cosa.
Vorrei che Gesù facesse di me ciò che desidera, che non trovasse alcun ostacolo. Sento di cambiare sempre più profondamente, dal di dentro. Ma non perchè sono io che «miglioro», o Lui che mi migliora. Non so come dirti - è come se non fossi più io, che vado morendo, ma in me si stesse formando la creatura che Dio vuole, la sposa di Gesù. E' bello che Lui si formi la Sua sposa. Ci ho sempre tanto pensato. Mi ricordo che dopo avere pronunciato il voto di verginità, passati i primi tempi in cui ero tutta trasognata, ho cominciato a cercare tanto come fosse la donna secondo il pensiero di Dio - ci pensavo molto perchè essere la Sua sposa me ne creava molto il dovere però ho sempre creduto che l'unico che potesse farmi diventare donna era Gesù. Perchè è il mio Sposo e il mio Dio.
Porto in me con rispetto profondo, con senso di meraviglia e di gratitudine la pienezza della Sua misura. Pensa quanta gioia deve dare a Dio che una persona Gli si doni totalmente - che le Sue creature tornino a Lui.
Dobbiamo essere sempre più puri, più sereni e semplici, più generosi e più solamente Suoi.
Nel Suo Amore.
***
Alle ragazze
Cara amica,
ho spesso pregato Dio perchè tagliasse i ponti e mi facesse essere completamente sola per abbandonarmi solo a Lui in atto d'amore assoluto, senza alcuna sicurezza per il domani, ed ora ho paura.
Sono una donnetta tragica che non ha niente, proprio niente, dell'animo virile che il cristiano deve possedere, e non vorrei essere così per dimostrarGli che accetto tutto da Lui con gioia, perchè è il mio amore, perchè solo Lui conta, ed invece continuo a soffrire ed ho paura.
Ho capito cosa vuol dire essere sola, però non credevo che fosse così ed è solo un inizio.
Mi è sembrato, ieri, così assurdo Dio, così intransigente ed invece non è né intransigente né illogico perchè è Amore e solo per amore si può vivere soli, altrimenti sarebbe una pazzia, una vita disperata: con l'Amore non c'è neanche il rischio, perchè si ama all'infinito.
E' strano come senta dentro di me il mistero degli altri, come vorrei andare veramente fino in fondo e non riesca a capire perchè devo soffrire se io ho scelto Dio, se ho accettato io nella mia vita quella degli altri, se ho desiderato di essere sola. Il mistero di tutti in una sola che ha paura: una da niente a cui non si darebbe una lira e che invece porta in se il mistero di tutti.
Forse non so bene cosa voglia dire «portare il mistero di tutti nella propria vita», ma capisco quel «riservata agli ufficiali» riferito a una donna come a una cosa... ad uso del signor Bianchi ecc.. e ne soffro perchè sento in me ciò che ci deve essere stato nel cuore dell'altra. «Riservata agli ufficiali» e «riservata a Dio» in fondo sono due riserve in cui è cambiato solo un nome: Dio al posto di ufficiale. Ringrazio tanto Dio di avermi riservata esclusivamente a Lui e di desiderare di pagare per la vita delle altre, a chiunque siano riservate, con la mia vita e la mia solitudine.
Mi sono davvero innamorata di Dio ed ho paura quasi a dirlo perchè mi sembra una cosa immensa, infinita: è meraviglioso che sia potuto accadere ed invece è così normale, giusto innamorarsi di Lui. E sono tanto felice di potergli dire che Egli è Tutto, che ormai può fare di me tutto quello che vuole.
Vorrei solo non ingannarLo mai.
In Cristo con affetto.
***
Ai giovani sposi
Cari amici,
Mi sta capitando che quando si pensava di avere già scelto tutto, già incominciato tutto, capita invece di trovarsi settimana per settimana (anzi, giorno per giorno) a dover riprendere totalmente in mano la nostra buona volontà e rinnovare l'atto di fede. Questa vita iniziata ormai da due mesi è una strada molto difficile, così perlomeno sembra a me, nella mia limitata capacità di amore e di fiducia. Il lavoro (fino alle 6 di sera), più la casa, lavare, stirare, fare da mangiare, mi pesa oltre ogni dire: è un'esperienza terra terra, fatta di schiena dolorante e di occhi che si chiudono dal sonno; fatta di impossibilità di leggere quanto vorrei, di pregare un po' a lungo la sera, sola o con mio marito, di stare attenta a quanto capita agli altri. Ho sempre negli orecchi il «Marta! Marta!» del Signore, ma perfino a lui qualche volta rispondo innervosita: - Ma Dio mio, come faccio, tu sei ottimista! - Così gli offro il lavoro, la pulitura delle scarpe e la stiratura delle camicie: ma non sento ancora, come vorrei, attraverso queste cose la sua presenza, la crescita dell'amore. Il sollievo spirituale, quel senso dolce di attenzione alle cose date da lui: è che credo che prima fosse troppo facile, un po' intellettuale e un po' sentimentale, forse, e che ora mi aspetti alla prova, con le sue solite braccia tese; sono io che non lo vedo e mi affanno.
Però come è diversa la vita! Qualche volta mi è concesso di vedere più chiaramente la ricchezza di adesso, l'uguaglianza con gli altri, la povertà del non disporre del proprio tempo e del fare fatica: soprattutto l'uguaglianza, la condizione comune. E la coscienza di essere in due, in un miliardo, a provare la stessa durezza di esperienza: la vita spirituale è questa, l'atto di fede è perennemente rinnovabile in questo, nella certezza di potermi lasciare modificare da questa nuova condizione in favore dell'amore fino a che a Dio piacerà. Ecco, credo che sia proprio importante non fermarsi ai piedi della scala. Dì fronte alla scala da salire, l'amore per mio marito è diventato grossissimo: la sua misura è in netta derivazione con la capacità di amare tutto il resto della nostra condizione comune. E di credere insieme più d'ogni altra cosa che «Il Verbo si è fatto carne e ha abitato insieme a noi» capace di dividere il pane con noi tutti: al punto che da quando Lui è stato qui non c'è stato più nessuno di noi che sia rimasto fuori dalla sofferenza e dalla Grazia.
Stasera mio marito è uscito e sono in casa sola: è andato a parlare con altri due amici a un consigliere comunale per cercare possibilità di lavoro in qualche organismo pubblico; la strada del lavoro è molto dura, oggi, se si rifiuta come non valido il concetto del «libero professionista» e d'altra parte bisogna farlo perchè è attraverso il lavoro che un uomo adulto dà se stesso e la sua testimonianza, soprattutto se vuole essere testimonianza di povertà.
Nella storia che stiamo vivendo ha una grande importanza il lavoro che si sceglie: vuol dire lasciarsi la possibilità di essere con tutti (per lo meno quelli più duramente in lotta), dì dividere condizione, stipendio, lotta politica e sindacale, amore per la libertà, oppure vuol dire il contrario se la scelta non è buona (per lo meno partendo con la «laurea» e la «cultura»).
Con altre due neo-famiglie stiamo cercando anche di arrivare ad una forma di comunità dei nostri «beni»: vorremmo incominciare finalmente a rendere concreta nella vita la realtà che nulla effettivamente appartiene singolarmente ad un uomo o ad una famiglia al di là dello stretto necessario per la vita. E' una timida forma per incominciare quella spogliazione dall'avidità della «proprietà privata» che vorremmo assumere come atteggiamento costante anche verso tutti gli altri e che all'inizio è più facile e immediato stabilire verso chi si conosce, anche un po' perchè non si sa bene come fare in concreto a generalizzare.
Ecco, questa un po' la nostra vita di oggi: non credo valga la pena di parlarne molto di più. Vorrei soltanto dirvi ancora una cosa: come è importante per noi tutti sapere che voi siete lì, che lavorate, che possiamo sperare anche noi di fare un po' di strada insieme a Voi: quando pregate per gli altri che lavorano, pregate anche per noi, e grazie di tutto.
Con molto affetto, anche a nome di mio marito.
* * *
IL PRETE
«Adesso voi non sarete più un "borghese", qualunque cosa accada, perchè il Signore non vi lascerà: voi siete del numero di quegli spiriti "segnati", sarete ben costretto a lasciarvi condurre dal Signore, magari anche mugugnando, e a perdervi in favore dei vostri fratelli....
Essere prete è ben altro che svolgere un ministero qualsiasi, sempre ristretto e tanto inefficace: questo ministero, in sostanza, vale solo in quanto testimonianza del nostro amore e offerta a Dio della sofferenza nel mondo. Ma come è possibile offrirla senza portarla, e portarla senza averne l'impressione di esserne schiacciati?
Vi riusciremo quando avremo il coraggio di accettare in noi questa irruzione che non lascia più nessun riposo fin quando ci sarà un uomo che soffre e un anima che non ha ancora trovato Dio».
P. Lyonnet
Il conservatore che desidera essere sempre al riparo, al sicuro, è un essere inaridito.
ALEXIS CARREL
C'è qualche cosa di peggio che avere un'anima cattiva e anche di farsi un'anima cattiva: è avere un'anima bell'e fatta. C'è qualche cosa di peggio che avere anche un'anima perversa: è avere un'anima di tutti i giorni.
CHARLES PÈGUY
Chi non è più in grado di provare né stupore né sorpresa è per così dire morto; i suoi occhi sono spenti.
ALBERT EINSTEIN
Abbiamo ali molto più forti di quanto crediamo; soltanto non osiamo spiegarle.
LUISE RINSER
Mi piacciono gli uomini che cercano, quelli che indagano, gli uomini che non si accontentano delle cose comuni, che gridano verso Dio.
PIETER VAN DER MEER
Ti darò ciò che tu desideri. Ti condurrò nella solitudine. Ti guiderò nella via che tu non potrai capire, perchè voglio sia la più rapida.
E perciò tutte le cose che ti circondano sorgeranno in armi contro di te per rinnegarti, ferirti, darti dolore e perciò ridurti alla solitudine.
A causa della loro inimicizia tu sarai presto solo. Ti respingeranno, ti abbandoneranno e ti rifiuteranno. E allora sarai tutto solo.
Ogni cosa che ti toccherà ti brucerà, e allora ritrarrai la mano con dolore, sinché ti sarai allontanato da tutte le cose. E allora sarai tutto solo.
Ogni cosa desiderabile ti scotterà, ti segnerà col marchio a fuoco e tu fuggirai da lei in pena, per essere solo. Ogni gioia creata verrà a te soltanto come pena, e tu morirai alla gioia e rimarrai solo. Tutti i beni che gli altri amano, desiderano e cercano verranno a te, ma soltanto come assassini per tagliarti dal mondo e dalle sue occupazioni.
Sarai lodato, e sarà come essere bruciato al rogo. Sarai amato, e questo ti spezzerà il cuore e ti spingerà nel deserto.
Avrai doni, ed essi ti schiacceranno sotto il loro peso.
Avrai i piaceri della preghiera, ed essi ti nauseranno e tu li fuggirai.
E dopo che sarai stato un poco lodato e un poco amato, lo ti priverò di tutti i doni e di tutto l'amore e di tutta la lode e tu sarai completamente dimenticato e abbandonato e sarai un nulla, una cosa morta, un relitto. E in quel giorno comincerai a possedere la solitudine che hai tanto a lungo desiderato. E la tua solitudine porterà frutti immensi nelle anime di uomini che non vedrai mai sulla terra.
Non chiedermi quando ciò avverrà, né dove, né come: su una montagna o in una prigione, in un deserto o in un campo di concentramento, in un ospedale o al Getsemani. Questo non ha importanza. E quindi non chiedermelo perchè non ti risponderò. Non lo saprai sino a quando non sarà giunto il momento.
Ma gusterai la vera solitudine della mia angoscia e della mia povertà e ti guiderò sulle vette della mia gioia e tu morirai in Me e troverai tutte le cose nella Mia misericordia che ti ha creato per questo fine e ti ha portato da Prades alle Bermude, a St.Antonin, a Oakhal, a Londra, a Cambridge, a Roma, a New York, a Columbia, al Corpus Christi, al San Bonaventura, all'Abbazia cistercense degli uomini poveri che faticano nel Getsemani!
Affinché tu possa diventare il fratello di Dio e imparare a conoscere il Cristo degli uomini ardenti.
Thomas Merton
(da «La Montagna dalle sette balze»)
IL LAVORO CRISTIANO
«Il lavoro ha significato soltanto se veramente rende lo uomo simile a Dio, l'eterno lavoratore, creatore per amore; cioè si esalta solo attraverso il bisogno di donare e lo spogliamente perpetuo della sua ricchezza infinita per amore dell'uomo-Dio, questo grande povero sempre ineusaribilmente ricco.
Il senso cristiano del lavoro consiste nel servire gli altri, nell'arricchire gli altri. Noi, infatti, crediamo che c'è una sola virtù cristiana: la Carità: e che c'è un solo male nell'uomo: il rifiuto egoistico di donare, di donarsi».
P. LYONNET
Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455