... Cosa si deve fare?

Sono tempi di crisi questi della Chiesa. Ormai anche chi ha gli occhi bendati e il cuore fasciato dagli ottimismi più ovattati non può non averne dura spietata esperienza.
Vi sono tensioni ormai alla radice delle cose. Un affastellarsi di legna secca e pare ormai che il fuoco già divampi: il problema è tutto soltanto nella impossibilità di prevedere la violenza dell'incendio e quanto e cosa sarà che rimarrà inevitabilmente incenerito.
La marea sale ad ogni giorno che passa: l'unica sicurezza è che non sarà un diluvio universale che tutto abbia a sommergere. C'è sicuramente un'arca di Noè che rimarrà a galleggiare portando con sé la speranza di nuovi cieli e di una nuova terra.
Ma ormai non è più possibile sapere e individuare come sarà quest'arca che porta con se la promessa, e chi è che vi sarà sopra imbarcato. E' il tempo della predicazione profetica di Giovanni Battista, sulle rive del Giordano, ai farisei e ai sadducei: "Razza di vipere! Chi vi ha insegnato a sfuggire l'ira che vi sovrasta? Fate dunque frutti degni di pentimento; e non crediate di poter dire dentro di voi abbiamo per padre Abramo. Poiché io vi dico che Dio può da queste pietre suscitare figli di Abramo. Ma ormai la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non fa buon frutto si taglia e si getta nel fuoco".

Ma ciò che angoscia, fino allo sgomento, è che non sembra che si alzi su dai nostri tempi un Giovanni Battista.
A volte si ha la terribile impressione di sentire muoversi le fondamenta della Chiesa, le colonne e gli archi piegarsi paurosamente, come quando la terra trema e viene soltanto l'istinto di fuggire, come se fosse da un attimo all'altro il crollo.
E non appare ancora un Francesco d'Assisi che metta sotto 1'architrave, a impedire la rovina, la sua spalla forte e robusta.
Ma forse non è nemmeno giusto aspettarsi che sia qualcuno a sopportare lo spaventoso peso, di tutto riprendere e rianimare per tutto riavviare sulla strada buona lungo la quale soltanto può camminare il Regno di Dio.
Forse è venuto il tempo - e sarebbe segno di meravigliosa crescita - in cui tutti siamo chiamati per un'elezione profonda da parte dell'espandersi sempre più a largo raggio dell'azione dello Spirito Santo, alla responsabilità della soluzione della crisi che travaglia e soffoca la Chiesa. All'impegno di rinnovare e ravvivare nella Luce di Dio e del Mistero Cristiano, 1'autenticità della Chiesa nel mondo, la visibilità del suo essere segno e realtà di Regno di Dio, la forza di salvezza del suo essere pugno di lievito nel seno dell'umanità.
Tanto più che non si tratta di salvare nel senso di conservare preservando dal rovinare, dall'incenerirsi, cose, valori, istituzioni, tradizioni ecc..legate al loro tempo, al loro momento storico e senza dubbio allora segno e manifestazione di Fede: per questa conservazione vi sono i musei con tanto di biglietto di ingresso e le cattedrali e i monumenti d'arte con tanto di via vai turistico, a naso per aria, per non perdere la gioia nemmeno di un capitello o di una pietra logorata dai secoli.
La salvezza da operare a costo di tutta una dedizione totale di sé (perchè così è 1'amore a Dio e all'umanità e quindi la fedeltà a Cristo), ciò che deve essere salvato è la Fede. La visione autenticamente religiosa, biblica dell'uomo in se stesso e quindi in tutta la sua esistenzialità, personale e comunitaria, individuale e universale. Il Mistero di Cristo come realizzazione dell'uomo fino alle misure di compimento totale della resurrezione. La Chiesa come continuità storica di Cristo e sua presenza incessante nella vicenda umana, compiere il destino dell'universo.
E' Dio da salvare. E' Cristo da continuare ad essere Resurrezione. E' la Chiesa da rendere sempre più miracolo di Fede.
Non si tratta più di valori marginali componenti più o meno riferibili, mediatamente o immediatamente, al problema religioso inteso nella sua essenzialità - perchè deve pure avere tutta l'enorme problematica religiosa, una sua essenzialità costitutiva, decisiva, determinante come è capitato nella storia della Chiesa, in altri momenti, che potrebbero essere giudicati anche più burrascosi, drammatici del nostro tempo.
Non si tratta di salvare lo Stato pontificio. E nemmeno il Primato di autorità del Papa. La libertà della scuola. L'indissolubilità del matrimonio. Il celibato dei preti ecc..tanto per citare qualcosa che via via ha impegnato la Chiesa, chiamando a raccolta le forze cattoliche, riuscendo soltanto in maniera che non può non terribilmente impressionare, a polarizzare tutta l'attenzione e uno sforzo di lotta in ciò che meno conta e importa e decide, col risultato di una distrazione pressoché totale nei confronti di ciò che è fondamentale, di ciò che sta alla radice.
E' per questa radicalizzazione e universalizzazione del problema religioso così propria del nostro tempo, che chi ha Fede è un chiamato e porta in se una responsabilità di salvezza di tutto quello che è oggetto della propria Fede. Che chi della propria vita ha fatto una scelta unica e assoluta, di Dio, porta in se stesso una responsabilità non più misurabile a seconda delle proprie forze e dell'incarico avuto e del posto che occupa, ma dipendente dalla misura di evidenza del suo essere in una realtà di vita che comporta, di per se stessa, un'unica spiegazione, soltanto una giustificazione, quella di Dio, quella raccontata unicamente dalle pagine del vangelo.
E' venuto il tempo, grazie a Dio, nel quale non ha più senso, anzi è un'assurdità, fare una scelta di Dio a cuor leggero, per un lustro personale o un accomodamento del problema della propria vita. Manifestarsi come cristiano non permette più (o se non altro sempre meno) un gloriarsene di Cristo a spese di Lui e a vantaggio personale e non è più possibile parlare di Cristo e di Vangelo in quel modo enfatico, altisonante, retorico a cembalo sonoro e a bronzo squillante.
Più che rempirsene la bocca ed esprimerlo in liturgie trionfalistiche, anche la chiesa sta duramente esperimentando, anche se in modo ancora molto incerto e quasi riluttante, quanto il Mistero di Cristo è indispensabile che debba essere prima vissuto e predicato, quanto ogni parola richiede di essere pagata da un consenso totale di tutta una testimonianza.
Doveva essere da un pezzo che si sarebbe dovuto ben sapere che Dio non passa più attraverso la legge, il precettiamo, il moralismo. E l'aver creduto e fatto molto di più fiducia sul Diritto Canonico che sul Vangelo, è stato un grosso peccato che soltanto nel nostro tempo si sta cominciando a scontare.
E' anche di qui che tutta una istituzione sta paurosamente rivelando la sua fragilità e inconsistenza. Tutta una struttura messa su a prezzo di fatica pazzesca e spesso rifacendosi a sistemi e risorse assurde, sta crollando a pezzo a pezzo, come una vecchia costruzione di altri tempi.
Lo smarrimento, l'angoscia, la paura, il guardarsi qua e là senza sapere dove agguantarsi, lo struggersi per inventare iniziative, 1'ansia di mettere insieme riforme, la prudenza che arrischia accenni di coraggio, l'autoritarismo che non riesce più a non scoprire pudori e timidezze, la conservazione che sempre più fatica per non apparire un museo, la cultura che ormai sta accogliendo ogni arditezza ...è lo spettacolo non eccessivamente entusiasmante che la Chiesa, diciamo così, ufficiale, offre al nostro tempo.
Eppure se avessimo Fede, quanto un granello di senapa, dovremmo rallegrarci ed esultare e colmarci di speranza che lo Spirito Santo stia agitando così fin dal profondo le acque stagnanti della nostra santa Chiesa cattolica, apostolica, romana. Se non altro perchè una passività, supina e scolorita, non continua a svuotare di vitalità il Popolo di Dio, disincarnandolo come sempre in una religiosità devozionistica e trionfalistica.
Ormai sta avvenendo il miracolo di un risvegliarsi della coscienza personale, di gruppo, di comunità.
La responsabilità è un autentico, fondamentale valore umano e infinitamente di più lo è in una misurazione cristiana dei valori.
E' in questa realtà di coscienza personale e nella misura consapevole della propria responsabilità, che è ormai necessario e doveroso e bellissimo cercare il proprio impegno nella Chiesa e quindi in tutta la realtà umana: il suo precisarsi, in concretezze ben definite e in misure più che sia possibile esatte. Quando questa coscienza e responsabilità individuale diventa comunitaria per quella realtà di comunione così essenziale nel mistero cristiano, è nella coscienza e responsabilità potenziata e moltiplicata dal valore comunitario, che devono essere cercati gli impegni concreti, la loro modalità di attuazione e la loro misura.
Non è più il tempo, grazie a Dio, di aspettarsi tutto dalla Chiesa. Di riversare ogni responsabilità sul Papa. Di non muovere un dito senza il consenso del Vescovo. Di pendere in ogni cosa dagli uomini del clero. E di rimanere condizionati soltanto alle iniziative degli amici già impegnati - o muoverci solo dietro a esperienze già provate e approvate..
E non soltanto perchè forse nessuno sa bene, fino ad avere la sicurezza di fare una proposta, cosa si deve fare. Dato che ormai è un barare al gioco troppo scoperto un proporre di fare che in fondo significa soltanto un non fare come un crescere che è soltanto un conservare, un riformare che è in definitiva semplicemente un consolidare, un mutare ciò che poi concretamente non muta niente, qualcosa di nuovo che a ben guardare è come un vestito rivoltato..
Ma anche e specialmente perchè essi e cioè Papa, vescovi, clero, ecc...se sanno ciò che in questi nostri tempi deve essere fatto per tutto rinnovare e ravvivare ecc. dovrebbero sapere ( e non è giusto pretendere e aspettarsi che sappiano altro e tanto meno tutto) ciò che sono loro a dover fare, ciò che a loro è richiesto, tutto quello e fino in fondo, che è, secondo la loro coscienza, responsabilità personale e cioè proprio dell'essere Papa, vescovi, sacerdoti ecc. e che può essere estremamente diverso (e dovrebbe tanto esserlo specialmente nelle misure) da quello che è richiesto a me, a te, a noi, a tutti gli altri.
E1 veramente venuto il tempo (e non può essere che un gran motivo di gioia anche se il rischio può apparire tanto impressionante) nel quale è la crescita di ciascuno nello scoprire e nel realizzare a costo di qualsiasi misura di Fede e di Amore, la propria responsabilizzazione personale, che progredisce il Regno di Dio. L'anonimato a folla, a moltitudine, a popolo, non è secondo la dignità dei figli di Dio, dei quali Gesù Cristo è il primogenito.
La prima cosa da fare, a nostro giudizio, è darsi un nome e cognome, un volto preciso, idee chiare, una coscienza sicura, una personalità ben definita, e caricarsi di responsabilità.
E' soltanto a seguito di questo compromettersi personalmente e com'unitariamente e nella misura di disponibilità a pagare di persona, che è possibile scoprire cosa si deve fare e avere la forza di farlo.
Diversamente non rimane che intristire nella solita lamentosa passività che mentre uccide noi, soffoca il Regno di Dio.


La Comunità


in Popolo di Dio: PdD anno 3° febbraio 1970, Febbraio 1970

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