La Chiesa motivo d'ateismo

L'altra sera ci parlava un giovane francescano che sta facendo una dura vita di lavoro in una azienda di sistemazioni idrauliche.
Parlava in modo chiaro e limpido, raccontando la sua esperienza di rapporti umani e religiosi nel suo ambiente di lavoro. Senza ombra di polemica, anche se con immensa angoscia.
E' bellissimo questo affrontare i terribili problemi del mistero della Chiesa nel mondo, con cuore sgombro da ogni risentimento e sempre più puro per la purificazione della sofferenza e per la violenza di Amore. E' un miracolo che sta avvenendo nel nostro tempo che viene giudicato il tempo della contestazione amara e acida e che invece è così meravigliosamente tempo di Amore vero e cioè chiaro, aperto, appassionato.
Sarebbe gran cosa se i Vescovi accogliessero questo Amore e si decidessero ad ascoltarne le parole che somigliano tanto alla Parola, quella che, grazie a Dio, viene pronunciata dallo Spirito in ogni tempo, e in modo particolare nel nostro. Diversamente, ascoltando cioè soltanto "i collaboratori", i segretari, i teologi, gli esperti, ecc. (i complicatori di professione del "sì, sì e no, no") troveranno le parole (Dio mio, quante!) della scienza, della competenza, della saggezza, della cultura, ma forse mancheranno della Parola, quella che viene pronunciata e proclamata ogni volta che "il Verbo di Dio si fa carne e viene ad abitare fra gli uomini".
Ugualmente in ogni parrocchia e forse tanto più per l'immediato e quotidiano contatto così estremamente possibile, bastando solo aprire la porta e spalancare la finestra, fra il sacerdote e il popolo delle case, della strada, del lavoro, della scuola.
Si ha tanto l'impressione (ma è constatazione, ad essere sinceri) di una ostinata e assurda respinta all'ascolto della Parola che viene - e tanto timidamente e rispettosamente - sussurrata dall'anima del popolo, della povera gente, balbettata - e così tanto a fatica - da chi è senza cultura, da chi non sa parlare. Da chi è sempre eternamente oggetto di fiumane di parole e soffocato fino alla nausea dalle diarree verbose degli uomini di cultura, senza che mai gli sia concessa, almeno una volta tanto, la Parola.
E' questa ancora una pesante ingiustizia del nostro tempo, sia culturale che politico. E' un disamore e un orgoglio e cuore chiuso della Chiesa cosiddetta del Vaticano secondo, che, va a finire, in concreto, è uguale del Vaticano primo, cioè quella di sempre.
Un cambiamento radicale da fare e decisivo è quello di rivedere - almeno - il monopolio della Parola perché dovrebbe essere venuto il tempo che la Parola, perché possa essere libera comunione e cioè Chiesa, non debba più essere genere di contrabbando.
Dunque quel nostro amico e fratello ci raccontava e, senza avvedersene, ci raccontava cose terribili. Conosciute, esperimentate, sofferte infinite volte anche da noi, ma sempre cose nuove, come succede per piaghe vecchie che si riaprono.
Con precisione, fatta di esperienza quotidiana, di minuto in minuto, di vita a gomito a gomito e cioè quando la sincerità è tutta scoperta e viene fuori la verità nascosta anche negli angolini più segreti e ricoperti dell'anima (solo il prete operaio può arrivare a questa esperienza di sincerità assoluta con i compagni di lavoro), raccontava che nel gruppo dove lui lavorava, otto su dieci erano atei dichiarati e convinti, uno ateo nella vita pratica, uno con qualche sensibilità religiosa (ma, diceva, sarebbe stato meglio che fossero atei anche quelli). Può darsi che questa statistica non faccia impressione, perché si sa come è il mondo operaio, una gran massa di ignoranza, di materialismo, di marxismo, di diavolerie varie, e conviene non occuparsene nemmeno. Mentre forse impressiona di più quando nella cifra delle elemosine in chiesa, la domenica, nelle fedeli e puntualissime statistiche che sono i registri cassa, si manifesta un certo calo, indice evidente di un rilassamento di fervore religioso. E non sappiamo bene nemmeno se impressiona, e tanto meno se in qualche modo sgomenta fino alla disperazione (che qui sarebbe sacrosanta disperazione), quello che il nostro fratello operaio raccontava. Che l'argomentazione più seria e convincente per il loro ateismo, gli operai la trovavano nella Chiesa. Nella storia della Chiesa che conoscono seriamente. Nella Chiesa nella sua realtà attuale. Nel contrasto fra la Chiesa e il Cristianesimo. Nella potenza politica, economica. Nel privilegio del clero. Nella assurdità del come si presenta la religione nel nostro tempo. Nell'ecclesiasticismo e nel clericalismo così scoperto e così esclusivista, monopolizzante della religione. Nella Chiesa che rende assurdità storica l'essere religiosi. Nella Chiesa che mentre vuole essere affermazione di Dio, è invece, così come si presenta e è, un dimostrare che un Dio fatto così è impossibile che possa esistere...

Vengono in mente i libri della "morte di Dio", i teologi, i filosofi, gli studiosi dei cataclismi religiosi.
Sono i frutti di propagande abili e astute. E' questo mondaccio laico e laicizzante. Ecco a che cosa portano gli edonismi del mondo moderno. E' tutto un problema di una stampa pornografica e blasfema. Sono le conseguenze drammatiche di una crassa ignoranza religiosa a seguito di una mancata, appropriata catechetica.
Si tratta anche di un problema (e mentre si dice questo si guarda di qua e di là perché nessuno senta) di mancanza, di vuoto d'autorità. E' un liberismo eccessivo che dà i suoi frutti: abbiamo seminato vento anche politicamente in questi decenni del dopoguerra, ora raccogliamo tempesta.
E in raduni di aggiornamento pastorale, in consessi di studio per la disamina dei problemi religiosi attuali, nelle innumerevoli commissioni specificate per l'approfondimento di qualsiasi problematica religiosa e pastorale fino alle commissioni episcopali e alle conferenze nazionali dei Vescovi ecc., chi ne dice una e chi un'altra, chi spiega e giustifica in un modo e chi in un altro, questo atteggiamento, o meglio ancora, questo rapporto, fra non un gruppo di operai, ma la classe operaia, il mondo della cultura e tanto più quello studentesco e giovanile ecc., e la Chiesa: ma nessuno, almeno con confessione pubblica e con un "mea culpa" visibile, dice che può anche darsi che in quella argomentazione d'ateismo di quel gruppetto di operai - riflesso di tutto un mondo ateo o ateista - ci sia molto di verità. E che cioè la Chiesa, per tutto un insieme disgraziatissimo di cose (antiche e attuali), anche se evidentemente senza cattiva volontà di nessuno, possa risultare argomentazione e riprova di ateismo.
Una terribile apologetica a rovescio. Nemmeno una luce che si è spenta, ma qualcosa che fa buio. Non si tratta più di una trasparenza velata, nebbiosa, opaca ma di un muro, di una montagna insuperabile, di un ostacolo che costringe a rinunciare. Non di qualcosa che non avvicina, che non converge, ma che allontana, diverge, come di violenze centrifughe che spingono lontano.
La testimonianza all'opposto. L'indicazione che manda da un'altra parte. Un messaggio che allontana. Una verità che inganna. Un Amore che tradisce..
E' l'ora in cui è urgente e dovere di fondo per la Chiesa prendere sul serio quella pagina del Vangelo che parla di troncare anche un piede o una mano e strappare perfino un occhio, pur di evitare lo scandalo.
Diversamente, la macina del mulino sarà legata al collo e tutto sarà gettato nel profondo del mare.
Perché di scandalo si tratta quando non si è, come si dovrebbe, motivo di bene, di verità e cioè di Dio, ma argomentazione invece che si risolve a danno di Lui.
Può darsi che questo ragionare sia giudicato eccessivo, estremista, pessimistico.
Può anche darsi però che un prendere alla buona certa spaventosa responsabilità davanti a Dio e agli uomini, possa anche essere ottima pigrizia giustificata con la fedeltà alla tradizioni, pacifismo sciocco scambiato per saggezza, mentalità ottimistiche fatto di vuoti di coscienza. Può anche darsi che sia a seguito di un parlare soltanto col sagrestano, i tre o quattro uomini cattolici in pensione, le buone donne che vengono a spazzare la chiesa.. O con il commendatore e il cavaliere. La buona famiglia borghese. La madre superiora delle suore ecc.
Ma forse le opinioni cambierebbero se i Vescovi e i preti uscissero per la strada, senza troppe insegne e segretari i primi, e nemmeno quel pezzo di colletto i secondi, a parlare con chiunque si incontra. Gettar là il discorso di Dio in un bar affollato di uomini. Davanti ai cancelli di uno stabilimento. Nelle lunghe file agli sportelli delle Mutue e nelle stanze d'attesa degli infortuni. Dovunque si affolla e si ammassa il terribile problema del vivere di ogni giorno. Si ammucchia la stanchezza dell'oggi e l'angoscia del domani. E cresce la marea del risentimento e dell'odio, anche se impotente e rassegnato in sopportazioni e pazienze senza fine.
A gettar là il discorso di Dio, esperimenterebbero - e con sofferenza infinita - come immediatamente viene fuori il problema della Chiesa e della Chiesa papa, cardinali, vaticano, vescovi, preti, frati, suore. E quanto diventa impossibile sostenere il discorso di Dio, di Gesù Cristo..
Fenomeno spiegabile, lo sappiamo bene (e per molto tempo vi abbiamo creduto a queste spiegazioni e vi ci siamo aggrappati più o meno disperatamente, come arrampicarsi sugli specchi) spiegabile per la cultura raffinata, per 1'apologetica a botta e risposta, come i battibecchi sulle piazze di miserabile memoria, per il tomistico mai concedere, più che si può negare e distinguere sempre...
E va bene, mettetevi pure l'anima in pace, quanto volete, noi ci soffriamo su con amarezze indicibili. E non vogliamo farci coraggio con acquietamenti fatti di compromessi di coscienza.
Non andiamo in crisi di Fede o di Sacerdozio perché la Chiesa è questa enorme e quasi insuperabile difficoltà, fra gli uomini e Dio. Nemmeno per ombra. Soltanto non ci arrendiamo ad adattarci ad una Chiesa che sia difficoltà alla Fede.
E intendiamo lottare con tutte le nostre forze perché prima di tutto noi, per tutto quello che noi siamo Chiesa, e poi perché tutta la Chiesa, sempre più diventiamo e siamo argomentazione di Dio e testimonianza positiva, indicativa e cioè evangelica di Cristo. Una Chiesa che faccia luce e non buio nel Mistero di Dio, davanti ad ogni uomo e fino ai confini della terra.
E' una montagna da gettare in mare. E ci viene in mente una montagna di rifiuti vista una volta alla periferia di una grande città.

E' terribile pena dover riconoscere di non avere la Fede quanto un granello, di senapa, perché si direbbe a questa montagna, gettati in mare, e lo farebbe.
Una volta un santo ordinò ad una montagna di gettarsi in mare per lasciare il posto libero ad una Chiesa da costruire.

La Comunità


in Popolo di Dio: PdD anno 2° ottobre 1969, Ottobre 1969

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