Il problema Povertà

Certe verità, come certi valori che sono fondamentali, siccome stanno alla radice dell'essere perchè ne sono realtà costitutive, devono essere colti al loro principio, quasi al momento stesso del loro nascere perchè è allora soltanto che se ne può afferrare la purezza, la freschezza come l'acqua cristallina appena sorge di sotto la roccia nella montagna, fra il muschio tenerissimo e più che sia possibile al primo raggio di sole, al mattino. Perchè dopo diventa ruscello, fra i sassi e poi nel sottobosco, si allarga in torrentello e comincia a portar via un po' tutto con se e poi si distende in fiume e raccoglie ogni scarico, dal corso lento e quasi limaccioso, fino al mare.
Non è possibile discernere la verità, scoprire il vero valore, desumendolo dalla casistica di ogni giorno e tirandola fuori dalle contaminazioni che l'esistenza comporta inevitabilmente e dalle complicazioni più o meno interessate e quindi più o meno deformanti che vi vengono riversate fino a farne realtà intorbidata di colore incerto e di sapore indefinibile.
Uno di questi valori che vanno colti all'inizio, nel loro principio, fin dal loro primo apparire e manifestarsi e offrirsi, è la povertà.
Dopo non è più possibile una vera e seria comprensione e forse nemmeno una semplice intuizione: tanto più poi trattandosi della povertà, valore così esposto alle interpretazioni sfacciate dell'egoismo, alle deformazioni a tutti i livelli a seguito del riversarvisi di motivi interessati, individuali, collettivi, sociali e più ancora per le incrostazioni a spessori impressionanti che la storia vi ha sempre più accumulato sopra.
E' necessario rifarci all'inizio e cioè a Dio, al pensiero di Dio, alla sua scoperta e conoscenza, alla sua contemplazione, perchè la povertà nasce di là, da questa sorgente purissima fino a confondersi e forse anche a significare in maniera concreta l'essenza stessa di Dio.
A questo ritorno, così difficile per noi che abbiamo la realtà dei valori, purissimi in Dio, al loro principio, ma contaminati dall'esistenza - e che esistenza lunga quella dell'umanità nella sua storia spaventosa di contaminazione, intorbidamento e deviazione dei valori in particolar modo, quello della povertà - all'intuizione di come tutto era al principio, ci aiuta - e non sta qui la sua redenzione e l'averci dato la salvezza? - Gesù Cristo.
Dio si è fatto uomo non soltanto per riportare l'uomo ai suoi veri valori, quelli di Dio, ma anche e specialmente per offrirsi come realtà viva vissuta e vivente di quella purezza, di quella verginità di valori rispondenti in modo perfetto e misura perfetta al Pensiero di Dio.
La sua scelta della povertà è per aiutarci alla sua riscoperta e darcene la realtà concreta e quindi la sicurezza che non è sogno o utopia, ma esistenza storica quindi possibile e vivibile ad ogni uomo di "buona volontà".
Per questo la visione della povertà è possibile trovarla nel cristianesimo e la sua logica esistenziale di autentico valore costitutivo dell'uomo vero è una logica unicamente cristiana.
Al di fuori di Gesù, e come le cose si sono stabilite e sempre più si stanno svolgendo, nonostante tutti i tentativi di socialità umana, la povertà rimane ed è un assurdo.
La povertà è un valore quindi religioso particolarmente precisato e affermato da Gesù Cristo.
Per un'intuizione esatta della dimensione povertà bisogna logicamente partire dal riconoscere non soltanto questa realtà religiosa alla povertà ma bisogna essere disposti a cercarvi prima di qualsiasi altra valutazione una vera e propria verità religiosa.
Verità religiosa e quindi cristiana antecedente al valore etico, moralistico, sociale ecc., proprio di quella stessa verità, fino al punto che deve essere ricercato quel valore religioso immediatamente e direttamente nelle sue possibilità e autentiche concretezze di vero valore religioso, perchè, per esempio, chiaramente legato all'idea di Dio, dell'uomo inteso religiosamente, a Gesù Cristo esistenza storica di Dio fra gli uomini.
La sua difficoltà concreta o se vogliamo la sua impossibilità (Gesù direbbe, proprio nel caso, impossibilità per gli uomini ma non per Dio) non deve far velo o ostacolare la comprensione di quella verità e tantomeno aiutare a ridurre a dimensioni di mediocrità esistenziale il suo valore in assoluto.
Semmai potrà essere argomentazione convalidante lo scoprire la bontà concreta e la validità esistenziale di quella verità religiosa ogni volta che arriva ad essere sostanza di vita e storia di uomini. O, se non altro la percezione del sogno meraviglioso (non dell'utopia) di un'esistenza costruita e determinata da quella verità religiosa e cristiana.
Nella realizzazione cristiana della vita il sognare non è un illudersi o un perdersi utopistico, è spesso l'unica sincerità che la nostra vigliaccheria e la miserabilità del mondo nel quale viviamo per le misure estreme della sua mediocrità ci permettono.
La povertà (come del resto la verginità, 1'Amore cristiano del prossimo, la Parola, la croce, la resurrezione e tutto Gesù Cristo) ha bisogno di questa ricerca e di questo innamoramento per la bontà, la verità, il valore religioso, il sogno di Dio, la realtà di Gesù Cristo, la sintesi e il fondamento di tutto il cristianesimo, che, volere o no, la povertà cristiana significa e in se stessa continua e attraverso se stessa realizza.
Fino al punto che è possibile affermare che dove è povertà è Dio, è Gesù Cristo. Nel cielo azzurro dove non sono nebbie né nubi il sole splende di giorno e di notte splendono le stelle. Così è della povertà: questo cielo sgombro di nubi e di trasparenze verginali dove, unicamente, Dio può splendere tutto il suo essere Dio.

don Sirio


in Popolo di Dio: PdD anno 2° agosto 1969, Agosto 1969

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