"In principio", dice lo scrittore sacro, prima, cioè, e al di fuori della storia, lo spirito di Dio si muoveva sopra le acque, e questo aleggiare come di vento, brezza fresca del mattino, aveva in sé la forza creatrice, la potenza dell'Amore che suscita la vita. E nel contemplare l'opera sua, Dio si compiace, in ogni cosa, vede un raggio della sua bontà. "E Dio vide che tutto era molto buono".
Quasi rapito da tanta dolcezza, per un'effusione infinita d'amore, Dio vuole fare una creatura a sua immagine e somiglianza, una creatura in grado di amare, di raccogliere in sé la voce silenziosa di tutto l'universo per prorompere in un canto di gioia, capace di parlare con Dio un vero dialogo tra persone. Questa creatura così grande, immagine e somiglianza dell'Amore, Dio pone come "custode e cultore" nell'angolo più bello dell'universo, sintesi e simbolo di tutta la creazione. E così l'uomo a cui è affidato il creato, diventa il collaboratore di Dio.
Da quel giorno, al cominciare stesso della sua esistenza, l'uomo ha iniziato il suo lavoro. Lavoro fatto di gioia e non di fatica, perché è collaborazione, sviluppo ed esecuzione del piano provvidenziale di Dio, perché è lode al Creatore, accoglienza di tutto un mistero di Amore, del grido di gioia di ogni essere inanimato e di ogni creatura vivente per farne un dono, un'offerta a Dio.
E l'uomo, mediatore e interprete tra Dio e l'universo è l'unico sacerdote di tutta l'armonia voluta da Dio, e non vi è nulla di lui che non sia sacro, ogni azione, ogni lavoro è un fatto religioso, un atto di culto.
Anche dopo che l'uomo si è sottratto al suo compito di sacerdote del creato, annullandone e distruggendone l'armonia, tanto che troppo spesso il grido di gioia si trasforma in grida selvagge di angoscia e di dolore, il lavoro resta un fatto sacro, sublimazione e non alienazione per l'uomo. Da quel momento, però, ad esso
difficilmente si accompagna la gioia, ma secondo la condanna del peccato, l'uomo
lavora con fatica e con "il sudore della fronte", ma la condanna riguarda solo le
condizioni in cui l'uomo è costretto a lavorare e non il lavoro che resta un'azione sacra, un fatto religioso.
Anche oggi l'uomo lavora per adempiere la missione di "cultore e custode" affidatagli dal Creatore, purtroppo raramente ha coscienza di questa sua missione e l'egoismo consolidato dai secoli ha fatto sì che per alcuni il lavoro sia solo un affannoso procurarsi l'indispensabile per sopravvivere, tutto un sistema organizzato, un ordinamento sociale tende a distinguere fra lavori più o meno dignitosi. Questa "dignità" è dovuta a un giudizio sociale, che spesso è solo un giudizio economico o di potere, e non un vero giudizio di valore.
Ogni lavoro, ogni opera dell'uomo, ogni sua azione che non distrugga ma conservi e ristabilisca l'ordine e l'armonia dell'universo, ha la medesima dignità e l'identico valore perché è immagine e continuazione dell'opera di Dio.
Per realizzare il piano del Creatore c'è bisogno dell'uomo, sia del lavoratore intellettuale sia del lavoratore manuale, l'uno è complementare all'altro, ognuno dei due ha un compito da assolvere e in questo non può essere sostituito dal superlavoro dell'altro.
Per questo non ci può essere lavoro che possa sminuire la dignità di un uomo, anche e soprattutto se quest'uomo ha fatto di Dio l'unico motivo della sua esistenza (non dovrebbe essere, del resto, questa la condizione di tutti gli uomini?).
L'uomo di Dio al lavoro è due volte sacerdote, mediatore tra Dio e il creato e mediatore tra Dio e gli uomini. Dopo il peccato molti, troppi uomini, lavorano preoccupati solo di portare un salario a casa, quel tanto che basta a vivere in condizioni più o meno umane; perché tutto il loro lavoro non vada perduto, perché sia ancora un'azione sacra e un fatto religioso, ci vuole l'uomo consacrato, in grado di accogliere tutta la fatica dell'uomo, consacrandola e facendone ancora un atto di culto, una lode a Dio creatore.
Sempre più spesso mi succede di avere la sensazione, la certezza di partecipare all'azione liturgica, azione di lode, di offerta e rendimento di grazie, mentre sono occupata nei tanti piccoli lavori di casa, o quando nel campo il sole che picchia rende pesante anche il solo togliere un filo d'erba perché non soffochi la piantina ancora giovane. E quando eseguo uno di quei tanti lavori che da secoli le donne sono abituate a fare, senza averne alcuna soddisfazione, quando lavo, scopo, o preparo la solita minestra fatta in fretta, orologio alla mano, perché gli uomini lavorano e hanno diritto al pranzo pronto all'ora giusta, proprio in quei momenti, così tanto banali, sento "aleggiare lo Spirito di Dio" e lo sguardo compiaciuto dell'Amore mi dice che tutto è molto buono.
E quando sono in cappella, sempre più spesso il mio sguardo si posa, al di là della grande vetrata, sulle ragazze intente al lavoro, migliaia di viti da piantare, mentre il mio orecchio ascolta i colpi del martello che batte sul ferro rovente forgiato sull'incudine, e una nuvola acre di fumo della forgia avvolge l'altare, quasi nuvola d'incenso. Allora ogni cosa si allarga, e tutto diventa un'unica lode a Dio e la preghiera non è solo un fatto umano, rapporto fra l'uomo e Dio, ma è un fatto cosmico fra Dio e il creato tutto.
Mirella
in Popolo di Dio: PdD anno 2° aprile-maggio 1969, Aprile 1969
Luigi Sonnenfeld
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