Sacerdoti di Gesù

Ho visto su un settimanale di questi giorni un grosso titolo, seguito anche da un servizio fotografico: "Una moglie per il prete". Ho pensato a tutto questo problema che ora si trova sulla piazza, raccolto dai giornali quasi sempre per motivi scandalisti e commerciali. Ho pensato soprattutto a tutti i sacerdoti che si trovano "dentro" questo problema e che lo sentono come un'angoscia o una tragedia. Oppure lo vedono come una "soluzione" al loro disagio interiore, all'amarezza e al vuoto di una vita giudicata ormai inutile. Ho ripassato nella memoria gli insegnamenti della teologia classica e di quella appena appena sfornata dai teologi del momento. Ma nessuno mi ha soddisfatto; nessuno mi ha dato una risposta che mi sembrasse autentica. Mi è venuto il sospetto, il presentimento che il "problema" stia da un'altra parte. Non si tratta di decidere se sia bene o no che i preti si sposino; se i sacerdoti siano o no liberi di una scelta di fronte al celibato; se la disciplina ecclesiastica vada riformata e aggiornata. Mi sembra che questo sarebbe un mettere "un pezzo di stoffa nuova su un vestito vecchio", o "il vino nuovo in otri vecchi".
Forse, in tutto questo non veder più chiaro il senso della propria verginità, , la ragione della rinuncia al matrimonio da parte di molti preti, c'è un appello segreto dello Spirito Santo alla Chiesa. Forse Dio ci chiama a scoprire qualcosa di più alto, di più intimo e anche di più drammatico.
Ho sentito tanto il bisogno di guardare l'unico Sacerdote dell'umanità, Gesù Cristo, Lui che è la Radice di tutto il sacerdozio cristiano, il "mistero" ultimo racchiuso nel destino di ogni prete. Lui che porta in sé tutta la Pienezza di Dio e tutta la realtà dell'esistenza umana. In Lui, nella profondità del Suo Amore, nel segreto del Suo destino sacerdotale, ho trovato piena e perfetta risposta al problema che così tanto tormenta tanti preti del nostro tempo, turba le coscienze dei cristiani e mette scompiglio nel cuore della Chiesa.
Se guardo Gesù Cristo, mi accorgo di non credere più al sacerdozio, mio e di tutti i preti del mondo, come ad un "ministero", ad un "servizio" o ad una "funzione", la quale può essere esercitata in qualunque condizione di vita, nel matrimoni o nella verginità, nella ricchezza o nella povertà, nell'umiltà o nel privilegio. Credo invece con tutta l'anima che Gesù Cristo, "sommo ed eterno Sacerdote" ha portato nel mondo, nella storia, un nuovo tipo di sacerdozio, sostanzialmente diverso da qualunque altra espressione sacerdotale. Sento con assoluta certezza - ed anche con profonda gioia - (e vorrei poterla offrire ad ogni prete che di questo soffre) che il Sacerdozio di Gesù, e quindi anche il mio sacerdozio nato dal Suo, esige una consacrazione dell'essere, un perdersi totalmente nel Mistero di Dio e dell'uomo. Per cui Verginità, Povertà, Amore, Dono di sé, Spirito di Pace, Fame e Sete di Giustizia, Croce, non sono che aspetti di un destino che è vita vissuta, esistenza concreta, carne e sangue bruciati dal Fuoco di Dio, anima e cuore sopraffatti da esigenze impossibili. Il celebrare l'Eucarestia, il Perdono dei peccati, l'Annunzio della Parola di Dio, non sono un "ministero" che si possa esercitare come una professione qualsiasi: sono invece il fiorire all'esterno, sulla superficie della storia umana, di un "mistero" che il Padre ha nascosto nel cuore del Figlio Suo fatto uomo e che dal Suo Cuore continua a fluire nei cuori di tutti coloro che sono stati presi nei lacci di un Amore implacabile, troppo vasto per trovare subito capacità d'accoglienza; troppo impossibile, per essere accettato in base alla logica.
Non è ormai più possibile appartenere a qualcuno, possedere qualcuno, avere qualcuno per sé; non posso più avere una donna per me, perché di mio non ho più niente. Sono stato spogliato del mio avere; mi è rimasto soltanto l'essere, ma non il mio. Qualcuno ora vive al posto di me. Qualcuno si è impadronito della mia vita, del mio cuore, del mio destino.
Sono talmente povero, che non posso, non vivere la verginità, perché essa non è altro che la massima espressione della povertà cristiana. E il Sacerdozio di Gesù realizza questa povertà, ne fa la radice più intima della vita di ogni prete. Della mia vita, come della tua, fratello carissimo nel sacerdozio, che pensi di trovare in una donna quello che solo il cuore di Dio può darti. Ogni donna davanti a me, davanti al mio sacerdozio non può essere altro che l'immagine dell'umanità che aspetta il Suo Sposo, l'immagine dell'ansia materna di Dio per ciascuna delle Sue creature, l'immagine della tenerezza e dell'amore che deve ricolmare ogni angolo della terra. Ma essa non può essere per me motivo di tutta un'esistenza, ragione di una scelta particolare e individuale. Ormai io appartengo a un Altro: e questo proprio in forza del Sacerdozio di Gesù Cristo, in forza di questo Amore inspiegabile che è penetrato a viva forza nel tessuto della mia povera vita e l'ha sopraffatta.
Forse, quando nella Chiesa fu decisa la "disciplina del celibato" per chiunque venisse consacrato sacerdote, ciò non fu deciso proprio per i motivi di Gesù Cristo. Questo "vuoto d'anima" è stato forse la causa di tutte le false impostazioni di vita sacerdotale in tutto il corso della storia della Chiesa e lo è tuttora. Questo "vuoto", forse, si trova anche nell'attuale insegnamento teologico, non sempre nato da un approfondimento autentico delle esigenze del Regno di Dio, così come ce lo ha presentato Gesù. Lui solo può essere la chiave del mistero di ogni prete, perché siamo i "suoi" sacerdoti. Come Lui siamo stati "consacrati"dallo Spirito di Dio per annunciare ai poveri il Vangelo, per portare ai prigionieri la liberazione, ai ciechi la vista, per mettere in libertà gli oppressi, e promulgare un anno di grazia del Signore" (Luca,4, 18-19). E questa "consacrazione" è qualcosa che prende irrimediabilmente la nostra vita, l'assorbe, la rende simile al pane e al vino dell'Eucarestia: ormai sono per sempre il Corpo di Cristo e il Suo Sangue prezioso.
Il Sacerdozio di Gesù - quello vero, quello che ancora forse non ha illuminato a giorno il volto della Chiesa è una strada senza ritorno, un Amore senza confini, un fiume che si perde nell'Oceano. E' una fame e una sete di Valori infiniti che Dio accende nel cuore di qualcuno dei suoi figli, che nessun pane della terra può saziare e nessuna fontana estinguere. Anche se questo pane e quest'acqua avessero la bellezza e la dolcezza di un cuore di donna. Perché l'unico cuore per cui Dio ha fatto i Suoi preti - come il cuore di Gesù Cristo - è il Suo.


don Beppe Socci


in Popolo di Dio: PdD anno 2° febbraio 1969, Febbraio 1969

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