Pensiamo, per via di alcuni motivi personali e di comunità, che anche noi dobbiamo cominciare a dire qualcosa circa il gran problema, così agitato ai nostri giorni, del celibato del Sacerdozio Cattolico.
Non è per fare studi approfonditi o per entrare in polemica contro gli uni e contro gli altri, con queste pagine e con quelle che seguiranno e che raccoglieremo con totale sincerità unicamente nella scelta sacerdotale in cui abbiamo giocato e giochiamo tutta la nostra vita, intendiamo semplicemente offrire il nostro pensiero e l'esperienza che andiamo vivendo e che pensiamo di approfondire sempre più per una pienezza di valori umani nella fedeltà ad un sacerdozio che crediamo profondamente terra d'incontro fra Dio e gli uomini da dopo Gesù Cristo con misure di appartenenza letteralmente assolute.
Non ci stiamo preoccupando, evidentemente, di difendere la santità della virtù cosiddetta angelica, né di continuare ad affermare un privilegio che segni una distinzione di più e quindi una lontananza - fin quasi alle misure di una disincarnazione - dalla comune vita degli esseri umani, per chi Dio ha chiamato al Sacerdozio.
Ma non giudichiamo però lo stato di verginità una croce che la Chiesa ci butta addosso col Sacramento dell'Ordine. E tanto meno pensiamo che verginità significhi diventare di legno, inaridirsi del sentimento, paura ed orrore della donna, vivere immersi fin sopra gli occhi nell'acqua santa, annusar peccati al soffio di ogni venticello, sesso uguale a perdizione sicuramente ipotecata, chiudersi nell'urna sotto vetro e candele uguale a santità.
Perché verginità non è Medio evo che continua nei nostri tempi. Un credere ancora agli angeli aureolati di luce e alati di sogno o alle streghe scatenate dal diavolo per la dannazione degli uomini.
Confessiamo anche sinceramente però che nemmeno ci convince a favore della verginità, in maniera determinante, il pensiero della Chiesa e meno ancora che il celibato per il sacerdozio cattolico sia una legge ecclesiastica. Le diverse encicliche che ogni tanto i papi emanano per riaccendere il fervore celibatario dei sacerdoti, non è che ci abbiano entusiasmato mai gran che, e non possiamo non riconoscere che insieme all'educazione e formazione alla vita sacerdotale, così assurda, ricevuta in seminario coi libri di meditazione e di avviamento alla vita spirituale, ascetica e mistica, possono, al massimo, essere riuscite a realizzare una passività e rassegnazione al problema, ma non sono sufficienti ad aiutare ad una scelta chiara, totalmente positiva, estremamente vissuta, non molto, cioè, al di là di un consenso, di una adesione, sia pure consapevole, ad una legge. E' terribile, ma è vero: in fondo bastava soltanto accettare la legge. E' di qui che anche noi contestiamo che la verginità del Sacerdozio possa e debba essere una legge ecclesiastica.
Noi, grazie a Dio, vi troviamo - e sempre più ce ne cresce la sicurezza nell'anima, anche se ignoranti come siamo non possiamo fare dimostrazioni culturali di raffinata sapienza teologica, esegetica, storica e via dicendo e non ce ne importa niente - noi vi troviamo, nella verginità sacerdotale, una motivazione che si rifà a Dio, che risale e si chiarisce in Gesù Cristo e nella continuità del Mistero Cristiano nel mondo.
Per me non è una legge, è un fatto teologico di rapporto fra me e Dio, è una, condizione che realizza una accoglienza unica e totale di Dio nella mia vita, una appartenenza esclusiva a Gesù Cristo, cioè a seguito di Lui, a Dio e all'umanità., fino alle misure della ragion d'essere della mia vita.
Cioè, insieme ad altre componenti, la verginità è realizzare una vita spiegabile soltanto con Dio, unicamente con Gesù Cristo.
Il Sacerdozio deve essere questa realtà di vita, se sacerdozio vi dev'essere nel fatto religioso, diversamente si tratterà di un presidente di assemblee di preghiera e di lettura biblica, di un insegnante di materie religiose, o di un impiegato di amministrazioni ecclesiastiche o di un sagrestano che accende e spenge le candele e altre cose certamente tutte buone, ma, senza dubbio, un'altra cosa di quello che è - o dovrebbe essere - il sacerdozio cattolico.
E' impressionante che in questi nostri tempi il problema della verginità non sia sentito e affrontato e vissuto come un progredire del Regno di Dio, un andare avanti dello sviluppo e del chiarimento incessante della Rivelazione, un purificarsi sempre più del fatto religioso e specialmente del Mistero Cristiano nell'andare avanti dei tempi: progresso quindi logico e giusto sulla linea dell'incontro sempre più chiaro e profondo degli uomini e Dio, che pure deve avvenire, se è vero che anche nel Mistero religioso si progredisce come in tutto si progredisce, pena l'essere dei morti.
E invece la verginità sacerdotale viene ancora giudicata una legge e quindi da abolire, un medio evo e quindi - che vergogna aver aspettato tanto - da concludere una buona volta, una schiavitù logicamente da spezzare, un complesso di tabù di cui finalmente liberarsi.
No, non siamo d'accordo. Per noi questo non è progresso religioso, cristiano, non è Regno di Dio che viene sempre più. Per noi progresso è Dio che è sempre di più Dio e quindi crescita di valore umano. E' Gesù Cristo sempre più capace di centuplo in questa vita, se è vero che sarà vita eterna, nell'altra.
Con questo nostro convincimento non vogliamo però mancare di rispetto alla Chiesa orientale, cattolica o ortodossa, che da sempre vive il suo sacerdozio nel matrimonio. E nemmeno vogliamo mancare di comprensione affettuosa per il ministero
pastorale che i nostri fratelli protestanti svolgono insieme alle loro famiglie, e per alcune delle quali abbiamo particolare affetto, ammirazione profonda amicizia.
E nemmeno minimamente intendiamo condannare i sacerdoti cattolici che la pensano diversamente da noi. E chi è ritornato sulle sue scelte iniziali e ha deciso diversamente della propria vita riprendendo personalmente - in contrasto quindi con la Chiesa nella sua disciplina secolare - l'iniziativa del come vivere la propria vita, rispettiamo e amiamo fraternamente senza ombra di risentimento,anche se - e ce lo permettano senza offendersene - con un'ombra di tristezza.
Non possiamo però non chiedere che sia affrontato con serietà e responsabilità di Regno di Dio il problema del celibato ecclesiastico. E' problema di valori umani, ma è insieme e specialmente problema di Fede e di misura di una scelta e di una presenza cristiana nella vita umana.
Umilmente ma fermamente, pensiamo che sia doveroso un rispetto per tutta una storia di fedeltà - sofferta fino alle misure estreme, come del resto deve essere quando si tratta di fedeltà - ad un impegno di vita spiegabile soltanto con Dio a seguito di Gesù Cristo, anche se tutto è stato fin qui, attraverso la limitatezza della iniziativa della Chiesa, realizzata per mezzo di una legge ecclesiastica.
Non accettiamo assolutamente che tutta una fedeltà a Dio attraverso la Chiesa sia scambiata per un tabù, sia considerata sopravvivenza di Medio evo, oscurantismo pesante e avvilente. E respingiamo che l'abolizione di quella fedeltà sia liberazione da passare per progresso di valori umani fino a poter essere giudicata crescita del Regno di Dio.
Non sappiamo bene questo nostro impegno individuale e di comunità di scrivere su questo problema, a cosa possa concludere. Vorremmo tanto che fosse per un parlarci fraterno e sereno, fra noi sacerdoti, di ciò che noi personalmente e direttamente riguarda.
In ogni caso se non altro potrà essere utile a vincere la nausea che ormai ci prende ogni volta che si apre un quotidiano o, peggio ancora, un qualsiasi settimanale a rotocalco, per via di quelle immancabili pagine, sempre tanto tristi e squallide, di fidanzamenti e matrimoni di preti e roba del genere, a grande vantaggio soltanto dei giornali ecclesiastici e dei giornalisti a sensazione.
don Sirio
in Popolo di Dio: PdD anno 2° febbraio 1969, Febbraio 1969
Luigi Sonnenfeld
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