Il solito clero...

"L'Avvenire d'Italia" del 22 c.m. Prima pagina: articolo di fondo sull'eredità dei Kennedy dopo cinque anni da Dallas. Il grosso titolo circa le dimissioni di Rumor e lo sganciamento di Moro. Poi i cinque fratellini asfissiati dal gas e un miliardo di dollari al franco francese. Volti con un sospiro di sgomento la prima pagina del giornale cattolico e nell'angolo in alto a sinistra a caratteri di rilievo, leggi e ti sì allarga il cuore sinceramente a respiro di regno di Dio, le prime parole di una lettera di Paolo VI all'arcivescovo di Hanoi: "Avremmo voluto condividere le dure prove del popolo vietnamita". Ho continuato a leggere lo confesso, con il cuore che mi batteva e con un nodo di commozione. "Se le circostanze fossero state più favorevoli molto volentieri, siatene certi, saremmo personalmente venuti in mezzo a voi, per incoraggiarvi nelle vostre dure prove e per farvi sentire con quale animo noi le condividiamo"
Ora noi crediamo che il cuore di Paolo VI è fatto veramente così. E e ciò che particolarmente ci commuove in Lui. Ha il cuore libero e apertissimo a sensibilità immediate e profondissime.
Ed è bellissimo ascoltarne il palpito colmato di sofferenza, addirittura di angoscia, fino a coglierne tutto lo slancio, che sarebbe sicuramente di cose meravigliose.
E a leggere quelle poche righe ho sentito quella profondità di angoscia e quello slancio e sinceramente ho creduto che è stata sofferenza terribile per Lui, non poter bruciare tutte le circostanze non sufficientemente favorevoli e non poter andare ad abitare, almeno per qualche tempo, fra il popolo del Vietnam. E mi è venuto da sognare un papa che va a condividere le situazioni umane più disumane nel mondo, in un'incarnazione cristiana vissuta fino all'estremo.
E mi bastava intanto sapere che questo sogno Paolo VI lo sognava nel suo cuore.
Ma disgraziatamente ho continuato a leggere e dopo poche righe ho trovato la precisazione circa questo eventuale viaggio di Paolo VI nel Vietnam, di Mons. Vallainc, direttore della sala stampa della S. Sede.
"Si tratta di un modo di dire per esprimere più significatamente la partecipazione spirituale di Paolo VI alle celebrazioni del centenario, ecc.".
Se potessi parlare con il Papa o se riuscissi a fargli pervenire una lettera (ma non ne ho un'ombra di fiducia e quindi non gliela scrivo) vorrei pregarlo di levarselo di torno questo Monsignore, questo spegnimoccolo di luce accesa, questo pompiere su un po' di fuoco nel cuore di poveri cristiani.
Gente che incartapecorita dalla diplomazia, inaridita dalla prudenza degli uomini e abituata alla falsità del giornalismo, porta anche intorno al Papa (che volere o no è realtà diretta e scoperta di Regno di Dio nel mondo) i soliti sistemi, fino a poco tempo fa, delle corti regnanti e ora dei gabinetti dei governi, dimenticandosi di tutto, dalla fedeltà al Vangelo fino al più elementare rispetto della buona Fede dei Cristiani.
E Paolo VI per via di Mons. Vallainc mi è apparso ancora una volta un povero uomo al quale cambiano tranquillamente le parole in bocca oppure dichiarano disinvoltamente che quello che dice è così tanto per dire: e, nel caso, sono parole dette tanto per dire qualcosa di intenso a un popolo che nientemeno è il disgraziatissimo popolo vietnamita.
Bravo, Mons.Vallainc, se non altro per la voglia che fa crescere nel cuore dei cristiani, di veder spazzar via d'intorno al Papa, quel monsignorume che lo soffoca. E questo per un Amore serio, profondo, fatto veramente di Fede e di fedeltà, al Papa, Vicario di Cristo.
don Sirio Politi
"L'Avvenire d'Italia" del 22 c.m. Prima pagina: articolo di fondo sull'eredità dei Kennedy dopo cinque anni da Dallas. Il grosso titolo circa le dimissioni di Rumor e lo sganciamento di Moro. Poi i cinque fratellini asfissiati dal gas e un miliardo di dollari al franco francese. Volti con un sospiro di sgomento la prima pagina del giornale cattolico e nell'angolo in alto a sinistra a caratteri di rilievo, leggi e ti sì allarga il cuore sinceramente a respiro di regno di Dio, le prime parole di una lettera di Paolo VI all'arcivescovo di Hanoi: "Avremmo voluto condividere le dure prove del popolo vietnamita". Ho continuato a leggere lo confesso, con il cuore che mi batteva e con un nodo di commozione. "Se le circostanze fossero state più favorevoli molto volentieri, siatene certi, saremmo personalmente venuti in mezzo a voi, per incoraggiarvi nelle vostre dure prove e per farvi sentire con quale animo noi le condividiamo"
Ora noi crediamo che il cuore di Paolo VI è fatto veramente così. E e ciò che particolarmente ci commuove in Lui. Ha il cuore libero e apertissimo a sensibilità immediate e profondissime.
Ed è bellissimo ascoltarne il palpito colmato di sofferenza, addirittura di angoscia, fino a coglierne tutto lo slancio, che sarebbe sicuramente di cose meravigliose.
E a leggere quelle poche righe ho sentito quella profondità di angoscia e quello slancio e sinceramente ho creduto che è stata sofferenza terribile per Lui, non poter bruciare tutte le circostanze non sufficientemente favorevoli e non poter andare ad abitare, almeno per qualche tempo, fra il popolo del Vietnam. E mi è venuto da sognare un papa che va a condividere le situazioni umane più disumane nel mondo, in un'incarnazione cristiana vissuta fino all'estremo.
E mi bastava intanto sapere che questo sogno Paolo VI lo sognava nel suo cuore.
Ma disgraziatamente ho continuato a leggere e dopo poche righe ho trovato la precisazione circa questo eventuale viaggio di Paolo VI nel Vietnam, di Mons. Vallainc, direttore della sala stampa della S. Sede.
"Si tratta di un modo di dire per esprimere più significatamente la partecipazione spirituale di Paolo VI alle celebrazioni del centenario, ecc.".
Se potessi parlare con il Papa o se riuscissi a fargli pervenire una lettera (ma non ne ho un'ombra di fiducia e quindi non gliela scrivo) vorrei pregarlo di levarselo di torno questo Monsignore, questo spegnimoccolo di luce accesa, questo pompiere su un po' di fuoco nel cuore di poveri cristiani.
Gente che incartapecorita dalla diplomazia, inaridita dalla prudenza degli uomini e abituata alla falsità del giornalismo, porta anche intorno al Papa (che volere o no è realtà diretta e scoperta di Regno di Dio nel mondo) i soliti sistemi, fino a poco tempo fa, delle corti regnanti e ora dei gabinetti dei governi, dimenticandosi di tutto, dalla fedeltà al Vangelo fino al più elementare rispetto della buona Fede dei Cristiani.
E Paolo VI per via di Mons. Vallainc mi è apparso ancora una volta un povero uomo al quale cambiano tranquillamente le parole in bocca oppure dichiarano disinvoltamente che quello che dice è così tanto per dire: e, nel caso, sono parole dette tanto per dire qualcosa di intenso a un popolo che nientemeno è il disgraziatissimo popolo vietnamita.
Bravo, Mons.Vallainc, se non altro per la voglia che fa crescere nel cuore dei cristiani, di veder spazzar via d'intorno al Papa, quel monsignorume che lo soffoca. E questo per un Amore serio, profondo, fatto veramente di Fede e di fedeltà, al Papa, Vicario di Cristo.


don Sirio Politi


in Popolo di Dio: PdD anno 1° novembre 1968, Novembre 1968

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