Violenza cristiana

Durante la conquista spagnola del Perù gli Indios sono stati dispersi, in modo brutale, lontano dalle loro terre avite, eppure ancor oggi essi sono circa 4 milioni su una popolazione totale di 12 milioni di persone.
Ma essi non hanno il diritto di essere felici. Sono costretti a lavorare in condizioni di inferiorità nelle grandi tenute agricole dei padroni bianchi. E questo permette loro solo la sopravvivenza. In alcune haciendas il loro salario è di alcune foglie di cacao, che masticate a lungo smorzano la fame e avviliscono i sensi. La segregazione in atto arriva fino al punto di tenere gli Indios al di fuori del sistema monetario.
Nelle haciendas si lavora in condizioni disumane, dall'alba al tramonto. Gli indios abitano capanne ricoperte di paglia e si cibano solo di zuppe e di patate, non conoscono i benefici della elettricità e dell'acqua corrente. I giovani soffrono di dissenteria e di difterite e i vecchi - spesso hanno solo 20 anni - sono minati dalla tubercolosi e da altre malattie polmonari; mancano di assistenza medica perchè non possono pagare i rari medici che si avventurano nelle campagne.
E a questa miseria così grande si aggiungono i maltrattamenti, non è raro vedere un contadino mutilato e sfigurato dai colpi di coltello dei sorveglianti. L'aridità del suolo e la durezza delle condizioni di vita, costringono spesso i contadini a lasciare la terra per la città, ma le loro condizioni di vita non migliorano, spesso passano tutta la vita in attesa di un ipotetico lavoro o sono costretti ad accettare lavori umilianti in condizioni disumane.
La situazione degli Indios del Perù non è che un esempio, se ne potevano scegliere molti altri per ricordare l'esistenza quotidiana, schiacciante e sottile della violenza dei ricchi e dei potenti.
E' ormai accertato che si tratta della principale violenza e della più inammissibile in tutto il terzo mondo.
Moderna e permanente strage degli innocenti. Eppure ogni discorso sulla violenza richiede che si chiarisca e si ribadisca la realtà di questa oppressione.
E' utile ricordare le parole dette da Helder Camara in un suo recente viaggio a Parigi.
"Nel mondo sottosviluppato, le masse che vivono in condizioni disumane sono oggetto della violenza di piccoli gruppi di privilegiati e di potenti. Si sa che se essi cercano di costituirsi in popolo e fanno uno sforzo per un'educazione di base e una cultura popolare, se si organizzano in sindacati o in cooperative, i loro leaders sono qualificati come sovversivi e comunisti.
E' stato giustamente detto: essi si mostrano ribelli al disordine costituito e perciò vengono dichiarati fuori legge... devono scomparire perchè regni l'ordine. L'ordine-disordine. Quanto al diritto spesso è uno strumento di violenza contro i meno potenti, oppure si riduce a belle frasi nei testi delle dichiarazioni, come quella dei Diritti fondamentali degli uomini di cui il mondo celebra il ventennale. Un modo giusto per festeggiare questa ricorrenza da parte dello O.N.U. sarebbe la verifica se vi è qualcuno di questi diritti che sia veramente rispettato nei paesi del terzo mondo."

Rivoluzione e giustizia
S'impone allora ai poveri e a tutti coloro che amano la giustizia un problema: come replicare alla violenza dei ricchi?
Tutti sembrano concordi in questa soluzione:n è necessaria una rivoluzione.
Ancora una volta ricordiamo le parole di Camara.
Se si guarda il mondo sottosviluppato, non importa da quale punto di vista, economico, scientifico, politico, sociale, religioso, chiunque arriva a capire che una revisione sommaria, superficiale non sarà sufficiente. Si deve prendere in esame una revisione in profondità, un mutamento profondo e rapido - senza aver timore della parola - si deve arrivare a una rivoluzione strutturale.
"Dal lato economico chi non sa che nei paesi sottosviluppati esiste un colonialismo interno, vale a dire che esiste un ristretto gruppo di privilegiati del medesimo paese, la cui ricchezza è mantenuta a prezzo della miseria di milioni di connazionali? E' ancora un regime semifeudale: sotto l'apparente vita patriarcale vi è una realtà in cui sono ignorati i diritti della persona, situazione disumana e vera schiavitù. I lavoratori rurali non hanno accesso alla maggior parte della terra che i ricchi proprietari conservano incolta per valorizzarla per il futuro.
"La politica non può restare dominio dei privilegiati che impediscono le riforme di base o le lasciano sulla carta.
Quello che si dice dell'America Latina lo si può dire di tutti i paesi del terzo mondo: c'è veramente bisogno di una rivoluzione strutturale".
Perchè insistere? Nessuna persona onesta potrebbe mettere in dubbio la violenza dei ricchi, né la necessità di un mutamento radicale e profondo.
La discussione comincia quando si vuole determinare in che modo condurre e come concludere la necessaria rivoluzione.

Volontari della violenza
Vi sono i partigiani della violenza. Questo è il risultato di una scelta deliberata per motivi ideologici e tattici.
Inti Peredo, che è alla testa dei guerriglieri boliviani dopo la tragica morte di Guevara, dice:
"L'inizio della nostra lotta è stato segnato da una tragica avversità, la scomparsa irreparabile del nostro amico, compagno e comandante Guevara e di molti altri combattenti. Essi che rappresentavano quanto di più puro e di più nobile vi è nelle generazioni del nostro continente, non hanno esitato a sacrificare per la redenzione dell'umanità il poco che potevano offrire: la loro vita. Ma tutti questi episodi dolorosi fortificano le nostre coscienze rivoluzionarie, aumentano la decisione nella giusta lotta. Noi sappiamo perché combattiamo. Non facciamo la guerra per la guerra. Non siamo un gruppo di visionari . Non ci battiamo per delle ambizioni personali o di parte. Noi siamo convinti che il sogno di Bolivar e di Guevara non si realizzerà se non per mezzo di una lotta armata la sola via degna, onesta, gloriosa e irreversibile che unirà il popolo. Non vi sono forme di lotta più pura. E nella lotta armata la guerriglia è il metodo più efficace e corretto.
Per Inti Peredo, ed egli non è un uomo solo, l'unica risposta alle intollerabili ingiustizie dei potenti è la lotta armata. Egli replica alla violenza con un'altra violenza.

Violenti senza volerlo
Non tutti i violenti lo sono volontariamente, vi sono anche coloro che sono spinti a una replica brutale perchè vittime dirette della violenza dei potenti. E gli esempi sono assai frequenti. Ogni giorno se ne trova qualcuno sui giornali.
Si sa per esempio che la dimostrazione degli studenti in Brasile ha causato alcuni morti e diversi feriti. Queste manifestazioni dimostrano in modo tipico come degli uomini che non lo desideravano in partenza siano stati spinti alla violenza. Le prime manifestazioni erano state organizzate nella calma ma poi è intervenuta la repressione brutale e violenta della polizia e dell'esercito del potere dittatoriale.
Attaccati violentemente gli studenti che erano disarmati si sono difesi con le armi di fortuna che hanno potuto trovare sul posto. La volta seguente hanno replicato con le armi che si erano procurati, per non essere in condizioni di inferiorità rispetto alla polizia armata.
Si è trattato di una risposta alla violenza con la violenza, ma non per una scelta volontaria.

Non violenti
Eppure a dispetto della violenza vi sono degli uomini - anche nel terzo mondo - che la rifiutano come mezzo per realizzare la necessaria rivoluzione. Essi scelgono la non violenza attiva.
Non si può non approvare l'opera di un Luther King, continuata oggi dal suo amico Abernathy. La sua rivoluzione non-violenta non sarà stata né inutile né inefficace. Chi ha risvegliato più di lui nella ricca, vasta e insensibile America la coscienza dei negri? Ci si può ragionevolmente chiedere se il suo movimento non sarebbe stato soppresso al suo sorgere se avesse scelto la violenza per esigere il rispetto della dignità dei suoi fratelli neri.
Anche in Brasile sorge ora un grande movimento non-violento e il promotore è proprio Camara, il popolare Vescovo di Recife, che i suoi amici chiamano il Vescovo dei poveri e che i nemici trattano da "comunista".
Molto belli i motivi della scelta: "Io rispetto coloro che, in coscienza, si sono sentiti obbligati di optare per la violenza, la cui sincerità è stata confermata con il sacrificio della vita. Credo che il ricordo di Guevara e di Camillo Torres meriti lo stesso rispetto di quello di Luther King.
"Io accuso i veri fautori della violenza, tutti coloro che, di destra o di sinistra, feriscono la giustizia e impediscono la pace.
La mia vocazione personale è quella di pellegrino di pace. Personalmente io preferisco mille volte essere ucciso che uccidere. Questa posizione personale si basa sul Vangelo. Tutta una vita in cui mi sono sforzato di comprendere e vivere il Vangelo mi ha portato alla profonda convinzione che il Vangelo, se lo si può e lo si deve chiamare rivoluzionario, è perchè esige una conversione di ciascuno di noi.
Non abbiamo il diritto di chiuderci nell'egoismo; dobbiamo aprirci all'amore di Dio e all'amore degli uomini. Basta pensare alle Beatitudini.. (parte illeggibile di due righe).. quintessenza del messaggio evangelico, per scoprire che la scelta è chiara: noi cristiani siamo per la non violenza che non è per nulla una scelta debole e passiva.
La non-violenza è credere più che nella forza delle guerre, delle uccisioni e dell'odio, nella forza della verità, della giustizia e dell'amore.
La scelta della non-violenza si centra sul Vangelo, ma si fonda anche sulla realtà. Volete del realismo? Allora vi dico: se in un angolo del mondo dovesse esservi uno scoppio terribile di violenza, subito arriverebbero le grandi potenze anche senza dichiarazione di guerra avremmo un secondo Viet-Nam.
L'Arcivescovo di Recife pensa che la non-violenza possa liberare più presto delle guerriglie il suo paese, certo non si potrà pretendere che il movimento, lanciato da Camara e da un'altra quarantina di vescovi brasiliani, ottenga un capovolgimento improvviso. Queste azioni richiedono prima di ottenere risultati, tanto coraggio, e tanta perseveranza.
Ad ogni modo è naturale che il movimento non violento in America Latina sia stato lanciato dai cristiani.
"Senza dimenticare i grandi esempi di eroismo e di abnegazione, noi cristiani abbiamo gravi responsabilità per la situazione di ingiustizia che si è creata in America Latina.
Non chiudiamo forse gli occhi e aiutiamo i ricchi a conservare tranquilla la coscienza accettando le loro offerte per costruire le chiese o per le nostre opere sociali. In pratica non abbiamo dato una parvenza di ragione a Marx, presentando un cristianesimo passivo, alienato e alienante, veramente un oppio per i popoli?
La non-violenza è soprattutto una risposta evangelica alla violenza dei ricchi, a una violenza di cui troppe volte la Chiesa si è resa complice.
La non-violenza è una vera rivoluzione, una vera violenza cristiana, un rispondere alla violenza opprimente dei ricchi e dei potenti con la violenza dell'Amore, l'unica violenza possibile per chi voglia fare suo il Vangelo.


da "Croissance des jeuness" n. 1 ottobre 1968


in Popolo di Dio: PdD anno 1° novembre 1968, Novembre 1968

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