4 novembre

Un cielo scuro come quasi di notte alle tre e mezzo del pomeriggio e pioveva sempre anche quando non pioveva, in quei momenti di leggera schiarita da quanto la pioggia era in terra, nell'aria e perfino nelle ossa.
Paura di essere ombre, strane e sognanti, invece che uomini, raggruppati sulla piazza, incerti e spauriti perchè troppo pochi e troppo povera gente per 1'immensa cosa che ci colmava l'anima e che bisognava testimoniare anche se così pochi e sbiaditi nello scuro della aria grigia e pesante, nell'indifferenza ancor più nera e soffocante di tutti. E sarebbe stato giusto gridare fino ad affiochirsele battersi il petto che la guerra è sempre la guerra. Ma nessuno vuole sentirselo dire. Nessuno vi crede: nemmeno quelli che sanno cosa sia la guerra. Perchè nessuno ha pietà vera di se stesso e degli altri.
Nemmeno dei morti che sono morti di guerra. E se ne fanno una gloria non una disperazione, una maledizione. Perchè il sangue grida vendetta.
Qualche diecina di ragazzi e ragazze. A dire, camminando per la strada corne in una processione dolorosa e faticosa, che i morti della guerra si onorano soltanto realizzando il sogno rimasto nei loro occhi sbarrati da morte violenta, un sogno, un desiderio, una voglia infinita di pace.
Tutto il resto: medaglie, parate, musiche e canti, gloria di monumenti, entusiasmi patriottici, militarismi assurdi, benedizioni e consacrazione di grandezze, in confusioni impressionanti di Vescovo e di generale,di sacerdote e colonnello: qualsiasi altra cosa che non sia piangere sulla sciagura infinita che è la guerra e lottare fino all'incredibile per impedire che si rinnovi, è responsabilità diretta, personale di cui Dio giudicherà. Perchè è armare il cuore, è accendere lo spirito, è convincere alla guerra: è preparare la guerra. E questo è delitto, come insegnare ad assassinare, a violentare, a distruggere...
E' terribile quando senti spaventose, terribili chiarezze nell'anima e vedi che intorno nessuno ci pensa, nemmeno sospetta o peggio ancora pensa in modo orribilmente sbagliato fino al punto che l'errore è disgrazia per tutti.
Ti verrebbe da fare chissà cosa.
Siamo rimasti, là sulla piazza, un po' incerti, smarriti. Da levante si allargava un nero di cielo come se cominciasse di là, di dove nasce il sole, la notte. Fra pochi istanti avrebbe rovesciato giù il diluvio.
Avevo nelle ossa un senso di timore stranissimo e l'animo diaccio di sgomento.
Ho pensato alla Fede quanto un granello di senape, capace di muovere una montagna: non vi poteva essere altro motivo di coraggio e ci siamo messi a camminare.
La gente si voltava appena e gli si leggeva chiaramente in faccia: ma che cosa vogliono questi qui?
Forse si riusciva soltanto a rendere più complicato il traffico stradale . Tanto più che cominciava a piovere. Ci sovrastava ormai quel buio nero di cielo. E ora scrosciava giù la pioggia. Pareva di essere dei disgraziati avviati ad un campo di concentramento invece che alla piazza del monumento delle vittime della guerra, così battuti dalla pioggia, a testa bassa, oppressi e umiliati, come se fossimo stati carichi di tutta la disgrazia del mondo.
Salve, fratelli, ho detto ai due marinai sull'attenti, imperterriti sotto la pioggia e il mitra al braccio. Loro duri, impalati, solenni, immagine di grandezza e di potenza, io, noi, poveracci, come degli straccioni di strada. Ma la pioggia ci infradiciava tutti ugualmente rendendoci quella povera gente che il vento della pazzia umana strappa dall'albero, porta via e getta a morire per terra, come le foglie dei platani in quel pomeriggio di pioggia violenta nella piazza del monumento di Viani alla disperazione della guerra.
La Lettera di don Milani ai giudici del tribunale proclamata sulla piazza alla piccola folla in giro intorno all'altoparlante, pareva una pagina del profeta Isaia che sognava le spade diventare falci e le lance aratri.
Ma anche la speranza spesso è duro tenere viva e continuare a sognare in una realtà tanto spietata è pazzesco.
E ce ne siamo tornati a casa nemmeno liberati dal peso enorme che ci grava sull'anima di preti e di Chiesa perchè il cartello a striscione che noi due preti volevamo far leggere a tutti e a tutti gli eserciti di sempre e di tutto il mondo, 1'abbiamo dovuto lasciare in macchina: "Chiediamo perdono della benedizione delle armi".


don Sirio


in Popolo di Dio: PdD anno 1° novembre 1968, Novembre 1968

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