Mistero di salvezza

"Dio lo ha trovato nella terra del deserto, nella desolazione di grida selvagge" (Deut. 32,10). Ogni volta che rifletto su queste ed altre parole della Bibbia, mi riconosco nell'esperienza del popolo eletto e rivivo profondamente quella comunione di destino che oltre il tempo e lo spazio fa di tutti i chiamati il Popolo di Dio. Credo che abbia avuto inizio così per ognuno di noi, nel deserto e nella solitudine. Solitudine che ogni volta nasceva dall'incapacità di uscire fuori di noi per aprire un dialogo, per realizzare un incontro. Difficoltà non psicologica, ma esistenziale, non stato d'animo, ma condizione. Maledizione stessa del peccato, di quel peccato che è stato ed è sempre il rifiuto di un dialogo, di un'amicizia.
"Il grido della solitudine": quei terribili silenzi dentro di noi, con intorno il chiasso della gente e del mondo, il vortice delle parole e dei volti senza significato, che non si imprimono nel cuore; la voglia angosciosa di gridare per spezzare il vuoto che ci circonda, sperando che qualcuno raccolga quel grido e venga a occupare quel vuoto.
E' in questo deserto, deserto di amicizie, di affetti, di valori, che il Signore mi ha chiamato a vivere. E' stata una chiamata d'Amore, di amore vero e totale per la prima volta, e così forte che a poco a poco ha vinto e continua a vincere la resistenza del mio egoismo, della mia vigliaccheria. Quella chiamata era un invito per iniziare un dialogo tra me e Lui. Non esclusivo, non egoistico come tutti i dialoghi a due, perchè Lui è anche tutti i fratelli, e ogni incontro con i fratelli, incontro con Lui. Così il dialogo si è aperto a tutta la realtà del mondo, e il vuoto che avevo dentro si è popolato di innumerevoli volti.
Ora devo pensare a vivere come Popolo di Dio, come uno che ha il centro della sua esistenza non in se stesso, ma nella Comunità. A volte è doloroso, sembra di non averne la forza e il coraggio, ma quel Dio che ci ha amato tanto fino a morire per noi non ci lascia mai soli, ed è, come dice S. Paolo, da qualche parte, il dolore del parto. Poi si nasce alla vita.
Questa è la salvezza che ci offre il Padre, la possibilità di aprire un dialogo con Lui in Cristo, di uscire dalla nostra solitudine esistenziale per aprirci ad una comunione universale di vita attraverso lo spirito di Cristo che ci è stato donato. Questo è l'unico paradiso. Passaggio-Pasqua da una vita in stato di isolamento ad una vita in stato di comunione, dal deserto ad un luogo affollato di infiniti "Tu". Questa è la salvezza che mi è stata data come un dono dal Signore, questa è la Buona Novella che io devo annunciare ai miei fratelli che sono nel "grido della solitudine". E so che sono molti, la stragrande maggioranza degli uomini,i miei stessi coetanei, i miei stessi compagni, quelli che incontro ogni giorno.
So per averlo provato che nell'isolamento che si fa dentro di ognuno i valori sfumano, e se non si è sufficientemente sensibili, ci si lascia inghiottire e conformare dall'esterno, e allora tutto si addormenta e si assesta, non si avverte più il bisogno di un'amicizia, di un incontro, ne il vuoto dell'insoddisfazione, perché si è rinunciato a essere persone. Se sì è sensibili, so che il desiderio si fa angoscia e poi disperazione, e la vita diventa giorno per giorno una pazzia quotidiana.
E in ogni caso, è 1'alienazione, la morte. E il Signore vuole la vita, non la morte, vuole che "neppure uno di questi piccoli si perda". Io che sono un salvato devo divenire un salvatore per i fratelli, devo farmi terreno di incontro, devo fare che il Signore possa portare, attraverso di me la chiamata. Questa è la mia missione la missione di tutti noi Popolo di Dio, diventare segno e strumento di salvezza, morire ogni giorno per gli altri, perché gli altri possano entrare in comunione con il Signore ed essere con noi il suo Popolo. Ed è una responsabilità molto seria.


Giorgio


in Popolo di Dio: PdD anno 1° novembre 1968, Novembre 1968

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