Warum? perché... Massimiliano Kolbe

Agosto 1941: al blocco 14 del campo di Auschwitz i prigionieri sono costretti dalle armi delle S.S. da tre ore sulla posizione di attenti, in un'immobilità assoluta. Al di là del reticolato percorso dalla corrente ad alta tensione, la caccia a uno di loro evaso nelle prime ore del mattino sta continuando.
Il colonnello "testa di mastino" comandante del campo, aspetta impaziente al centro del quadrato degli scheletri viventi, la cattura del fuggiasco o l'avvio della punizione collettiva: una sua particolare invenzione.
Il campo di'concentramento era situato nella Polonia meridionale dove la Sola confluisce nella Vistola. Questa terra paludosa e insalubre accoglieva 200 mila prigionieri "politici": materia prima di questa Fabbrica della morte dove le ciminiere dei forni crematori mandavano fumo notte e giorno. Nei sogni di Hinmler doveva essere la prima pietra di un'immensa città, che - dopo la fine vittoriosa della guerra hitleriana - avrebbe ospitato dieci milioni di persone, dieci milioni di schiavi destinati come scorie allo sfruttamento e alla distruzione. Alla fine della guerra Auscwitz potrà dimostrare di aver pienamente corrisposto, almeno nella fase sperimentale, agli ordini di Hinmler, presentando un consuntivo di oltre 5 milioni di esseri umani inceneriti nei suoi forni crematori.
Le ore passano lente come secoli sotto un sole di piena estate che di ora in ora si fa più spietato per quegli uomini distrutti dalla fame, dalla sete e dalla fatica. Qualcuno comincia a stramazzare al suolo svenuto. Se non si rianima sotto il grandinar delle percosse, è trascinato via, per i piedi e gettato in un angolo del "piazzale".

LA SCELTA
Testa di mastino, alle 18, si pianta, a gambe divaricate, davanti alle sue vittime, sul campo un silenzio di tomba.
"L'evaso non è stato ritrovato dieci di voi moriranno nel bunker della fame. La prossima volta toccherà a venti."
Lentamente il capo inizia la sua scelta fissando nello sguardo, uno ad uno i prigionieri e di ciascuno assaporando il terrore.
"Questo qui", Testa di mastino puntava a caso il suo indice sul numero cucito sulla giacca del prigioniero. Il drappello dei martiri è completo. "Arrivederci amici, ci rivedremo lassù, dove c!è vera giustizia", "viva la Polonia! E' per essa che io do la mia vita".
Francesco Gajowniczek n° 5659 piange disperato ricordando la moglie e i figli. Tra le file dei risparmiati lo sbigottimento lascia il posto ad un senso di sollievo, alla gioia: vivere ancora, sfuggendo alla morte atroce del bunker della fame.

16670
Un uomo esce dalle fila - numero 16670 - e con passo deciso si presenta a Testa di Mastino.
"Cosa vuole da me questo sporco polacco?"
"Vorrei morire al posto di uno di quelli"
"Perché?"
"Sono vecchio, ormai, e buono a nulla - La mia vita non può più servire gran che."
"E per chi vuoi morire?"
"Per lui, ha moglie e bambini"
"Ma tu chi sei?"
"Un prete cattolico" P. Massimiliano Kolbe - n° 16670 - dice semplicemente "un prete" per offrire a "testa di mastino" un valido pretesto che giustificasse quel suo ritorno su una decisione già presa.
I preti nella "considerazione" degli aguzzini di Auschwitz occupavano la penultima bolgia: dopo "gli ebrei" venivano subito "i preti": ad essi erano imposti i lavori più sfibranti e su di essi cadevano con maggior accanimento i colpi di staffile. Umiliati, calpestati, ridotti a stracci umani, l'odio ideologico li braccava senza tregua come bestie rognose.
Accetto: il 16670 sostituisce il 5659. Tutto è a posto. I conti tornano. Ma il campo sembra impietrito dallo stupore.
Ad Auschiwitz mai si era verificato il caso che un prigioniero avesse offerto la propria vita per un altro prigioniero sconosciuto.

BUNKER DELLA MORTE . j
Li fanno svestire e su una sola fila, uno dietro 1'altro li scortano verso il bunker. Padre Kolbe era l'ultimo della fila: il capo leggermente reclinato sulla spalla sinistra, le labbra si muovono appena in una preghiera mormorata: "Mia regina, mia Signora, mia Madre! O Mamusia hai mantenuto la parola. E' per quest'ora che sono nato!"
II sole sfiorava 1'orizzonte, al di là dei reticolati "fu un magnifico tramonto, un tramonto mai visto" racconteranno i pochi superstiti testimoni di quella sera estiva 1941. '
Vengono fatti scendere nel bunker: al di là delle spesse pareti altri venti martiri condannati a morire di fame e di sete alcuni giorni prima, si lamentavano nella loro terribile agonia. Per i dieci inizia l'ultima stazione del loro calvario.
Dicono che in quel .preciso istante in una via di Cracovia, una vecchietta vestita di nero stramazza sul marciapiede. I pochi passanti che accorrono a sollevarla la sentono mormorare: "Figlio mio..."
Era Maria Dabrowska, la mamma di Padre Massimiliano: aveva visto suo figlio rinchiuso in un sotterraneo, e istantaneamente aveva capito ch'era condannato a morire per farne. Per questo s'era sentita mancare. Ma nella visione egli le
aveva sorriso. Cantava sereno a Maria, ed esortava anche lei a cantare gli inni dell'Immacolata.

BAMBINO TESTARDO E TURBOLENTO
Padre Massimiliano Kolbe nasce nel 1894 a Zdunska~Wala, un poverissimo villaggio presso il centro industriale di Lòdz. I suoi genitori Maria e Giulio Kolbe sono operai tessitori, molto religiosi appartenenti al terzo ordine francescano, molto poveri. Raimondo - così si chiamava P. Massimiliano - è un bambino testardo e turbolento, secondo di tre fratelli, Francesco e Giuseppe.
Intorno ai dieci anni, con celeste apparizione, la Vergine Immacolata offrendogli due simboliche corone, una rossa (il martirio) l'altra bianca (la purezza) gli ispira cavalleresco amore per Lei.
A tredici anni entra nell'ordine dei Frati Minori Conventuali a Leòpoli. Dopo i primi studi è inviato a Roma per perfezionarsi negli studi filosofici e teologici. I fratelli Francesco e Giuseppe seguono Raimondo nell'ordine francescano. Giuseppe diventato Sacerdote collaborerà direttamente all'opera di P. Massimiliano. Francesco il primogenito, allo scoppio della prima guerra mondiale non saprà resistere al richiamo delle legioni insorte contro il giogo russo, uscito dal convento per tre anni fa il cospiratore e il combattente, riportando numerose ferite. Guarito clinicamente è dichiarato dai superiori inabile alla vita religiosa.
Quando Hitler porta lo sterminio nel territorio polacco Francesco Kolbe torna fra le file dei cospiratori e combatte di nuovo per la libertà della sua gente. Nel 1943 è su uno dei convogli bestiame stipati di deportati per Auschwitz. Di Francesco nessuno saprà più nulla.
Il babbo, Giulio Kolbe, aderisce al movimento antizarista nell'agosto 1914, parte per il fronte russo. Cade prigioniero, giudicato per direttissima è impiccato a Olkuzz.
Mentre studia a Roma, nel 1917, impressionato dalla lotta scatenata dalla Massoneria contro la Chiesa, P. Massimiliano idea la "Milizia di Maria Immacolata" un'associazione che si propone di mettere al servizio della Vergine Immacolata tutti i fedeli per la lotta per il Regno di Dio.

CITTA' DELL1IMMACOLATA
Ordinato sacerdote (1918) torna in Polonia e si dedica subito allo sviluppo della sua opera con la fondazione di circoli e la diffusione di un bollettino mensile dall'enorme successo editoriale: "Il Cavaliere dell'Immacolata" (750.000 copie mensili)
Nel 1927 fonda la città dell'Immacolata centro di vita religiosa consacrata a Maria e ad ogni forma di apostolato dalla stampa alla radio, dal cinema all'aereoplano. Nel 1930 salpa per il Giappone, dove nei pressi di Nagasaki fonda una seconda città "Giardino dell'Immacolata" con lo stesse finalità della prima.
P.Kolbe ripete spesso "la vita è breve e bisogna essere avari del tempo". Dal Giappone passa in India per la formazione di un terzo centro mariano, ma a causa della salute - è minato dalla tubercolosi - viene richiamato in Polonia dai superiori e destinato a dirigere la prima città (1936).
Tre anni dopo la Germania nazista invade la Polonia. La città dell'Immacolata diviene ben presto un asilo per centinaia di fuggiaschi. P. Kolbe si prende cura specialmente degli Ebrei, braccati dalle S.S. e li tratta con tanto amore.
E' sorvegliato dai Nazisti. Un giorno alcuni alti ufficiali gli proposero di optare per la cittadinanza tedesca (il cognome Kolbe è di origine germanica) ma il Padre Kolbe rifiuta seccamente dichiarandosi Polacco al cento per cento.
Arrestato il 7 febbraio 1941 è rinchiuso nel famigerato carcere di Varsavia. Il 28 maggio 1941 viene portato con altri 320 compagni di sventura al campo di sterminio di Auschiwitz.
AUSCHIWITZ
Indossata la casacca di internato P.Kolbe diviene il numero 16670. E' adibito ai lavori più pesanti e avvilenti, spesso veniva colpito con pugni e calci; ma tutti al campo sono testimoni della calma, della serenità con cui sopporta ogni offesa.
Nel Bunker della morte completamente vuoto e privo di finestre a P. Massimiliano e ai suoi nove compagni viene negata anche l'acqua. La sofferenza della fame e della sete degrada a bestie i torturati, giacché la sopportazione umana ha i suoi limiti..al di là di questi limiti vi è solo la disperazione o la santità.
P. Massimiliano Kolbe in quei 18 giorni di Calvario non smise mai di sostenere i compagni di supplizio. Il prigioniero Borgowiec, incaricato di sorvegliare le celle, affermò che le S.S. non riuscivano a sostenere lo sguardo di Kolbe. Una volta mentre portavano fuori dei morti, gli gridarono: "Guarda per terra, non noi!"
Moriva troppo lentamente,o forse è il suo comportamento ad estorcere quest'ultima grazia: li viene praticata un'iniezione di acido solforico.
"L'odio distrugge! solo l'amore è una forza che crea. Queste sofferenze non ci piegheranno; devono aiutarci a essere sempre più forti,sono necessarie, insieme agli altri sacrifici, perché coloro che rimarranno dopo di noi siano felici".
Io, uomo felice del 1969, abbasso gli occhi dalla vergogna.


don Rolando
(vedi Lorit, "Kolbe-Cronaca degli ultimi giorni". Ed. Città Nuova)



in Popolo di Dio: PdD anno 2° dicembre 1969, Dicembre 1969

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