Sono passati di poco i due mesi che avevamo stabilito come appuntamento per ritrovarci insieme sulle pagine di questo giornaletto.
Due mesi passano come un volo anche se questa primavera è stata così lenta e pesante a trascorrere. Una primavera grigia di pioggia, scura di cielo e di fioritura subito smorta. Quasi immagine e segno di tutta un'immensa tristezza gravata nell'anima, in questi quasi due mesi in cui lo smarrimento più desolato ci sta sgomentando. E poi una sensibilità umana profondamente ferita ci angoscia. E forse anche un'oscura paura ci serpeggia nell'anima.
Non sappiamo cosa pensare e nessuno può dirci qualcosa che ci sia spiegazione. Che ci aiuti a capire nel profondo, nell'intreccio misterioso dei fatti e più ancora cosa sta al di sotto dei fatti, là dove le motivazioni che provocano e muovono i pensieri degli uomini, si perdono nei pensieri del Mistero di Dio.
Perché ciò che appare e viene raccontato è come la superficie del mare che fa bonaccia o tempesta, ma il mare è il suo abisso.
Così è la storia. Appariscono le vicende e pare che gli uomini abbiano un ruolo importante, quasi determinante, ma le ragioni e le forze che muovono la storia lavorano nel profondo e provengono non sappiamo da dove e non sappiamo dove vogliono andare.
Può darsi che un'analisi scientifica, filosofica, politica sia concretamente impossibile, specialmente adesso, mentre tutto è appena avvenuto o sta per avvenire.
Crediamo invece che un'intuizione di Fede è sempre possibile. Perché la Fede non è legata a schemi stabiliti, non è soggetta ad opportunismi, non ha timore della verità e tanto meno ha paura di essere considerata assurdità e pazzia.
Sarà sempre e unicamente l'occhio di Dio a vedere in profondità e allo scoperto il cuore dell'uomo. E Lui solo può raccogliere in uno sguardo le vicende nei loro nascosti e misteriosi rapporti, le intenzioni che le hanno provocate e giudicare con chiaro e libero giudizio i loro contenuti.
Nella contemplazione silenziosa e attenta, non in cerca di chiarimenti nemmeno teologici, ma unicamente di comunione con Dio per il desiderio di consenso al suo Pensiero e di abbandono al suo Amore perché sia rivelato come vivere il suo Mistero nella realtà della vita, è possibile che sia manifestato il segreto degli avvenimenti, il nodo nascosto che unisce i fatti, il progetto che significano e che dev'essere concretizzato. .
Ed è la contemplazione, questo guardare lungo la linea dello sguardo di Dio, che unicamente può comportare l'animarsi semplice e potente, della speranza. Perché risulterà chiarissimo che tutto è stato permesso, anzi e chi ha conoscenza di Dio può affermarlo senza paura, che tutto è stato provocato, da motivi di Amore infinito, che, come non si ritrae indietro davanti ad una Croce, così può non indugiare più quando si è resa inevitabile la verga per percuotere.
E ora è questo tempo.
Se vi fosse un profeta fra noi ce lo griderebbe senza ritegni e senza timori e le sue parole sarebbero fuoco a bruciare molte cose e più ancora l'anima nostra.
Come fu al tempo di Elia,di Isaia, di Geremia.. e più ancora di Giovanni Battista e più scoperta mente ancora il capitolo 23 del Vangelo di Matteo..
Ma in questo nostro tempo non vi è e forse non vi può essere, un profeta e forse non vi è nemmeno sacerdote.
Soltanto il silenzio di un pensare umile, purificato da ogni pretesa umana, trasparente di Luce e di Fede, può concedere d'intravedere il disegno di Dio. E sarà una volontà di accoglienza del suo giudizio a ottenere che dal crogiolo di fuoco di questo nostro tempo, l'oro del progetto di Dio riprenda la sua purezza e la sua preziosità, liberandosi dalle scorie.
Può darsi che gli uomini di governo, i politici, gli intellettuali, i giornalisti ecc. non sappiano queste cose: certamente, compresi quelli di matrice cristiana, si guardano bene dal porsi il problema di Dio in questo nostro tempo.
E forse nemmeno la Chiesa, nella sua ufficialità, guarda il mondo unicamente dal punto di vista di Dio.
Altri criteri di giudizio preferiscono e ad altri interventi, di tutt'altro genere, ricorrono, piuttosto che alla purificazione, alla conversione e alla novità.
E' qui allora che si manifesta il ruolo, semplice e può darsi decisivo, se alla testimonianza della Parola di Dio dobbiamo affidarci e consegnare la nostra Speranza alla sua fedeltà, il ruolo o meglio la profezia e il sacerdozio, del credente, dell'uomo e della donna di Fede e della comunità cristiana.
Assumere sopra di sé la responsabilità del rapporto fra Dio e il nostro tempo con tutto quello, anche di più sconcertante e disumano, che questo nostro tempo porta avanti. Uscire da una condizione, è la più frequentata, di spettatore passivo, come se la vicenda non lo riguardasse o almeno soltanto di riflesso. Lasciar cadere la tentazione o respingerla energicamente, di un enorme peccato per il cristiano: delegare ad altri il peso di mediazione e quindi di sacerdozio e la responsabilità di gestione di ogni e qualsiasi intervento nello svolgimento dei fatti.
Perché non esiste assolutamente niente che possa avvenire sotto la cappa del cielo che non debba essere vissuto dal cristiano in prima persona, se non altro nella propria interiorità cioè là dove si giocano i misteriosi rapporti fra Dio e l'umanità.
E lottare perché tutto quello che può essere chiarito nella lucidità della propria intuizione di Fede resa trasparente da una seria purificazione e dall'illuminazione della luce dello Spirito, possa entrare come presenza attiva e creatrice, nella concretezza dei fatti, per realizzare la salvezza e cioè la gloria di Dio e la verità dell'uomo e della sua convivenza umana.
La preghiera vuoi dire tutte queste cosa, vissute e sofferte e cioè un coinvolgersi fino a lasciarsi travolgere come goccia d'acqua nel fluttuare del fiume della storia.
Perché anche la propria salvezza sta tutta nel perdersi. E forse anche quella di questo nostro misteriosissimo tempo.
La Redazione
Guardare il mondo con coraggio dal punto di vista della Fede, è decisivo per tentare di vivere la storia con la coerenza del credente.
Ecco, alla fioca luce della mia Fede, sento profondo il bisogno e sarei infinitamente grato se qualcuno mi aiutasse in questa lettura, di leggere nelle dolorosissime e sconvolgenti pagine della misteriosa vicenda di questi nostri giorni, la Parola di Dio.
Perché la Parola di Dio non è scritta soltanto nella Bibbia, ma è scritta nella pagina della storia di ogni giorno e quindi anche di questi giorni.
La conoscenza e l'intuizione di Fede della storia del popolo ebraico in quanto popolo di Dio, è indicazione per la conoscenza dello svolgersi della storia di ogni popolo e particolarmente di un popolo cristiano.
Chissà perché tanto studio per l'esegesi biblica fino alla scoperta dei significati più reconditi ed eruditi e così niente invece per la ricerca d'intuizione teologica e tanto più nella Fede, della storia del nostro tempo.
Dio si è fatto Uomo per abitare nella storia. Ecco, io sono con voi fino alla fine dei tempi, ogni giorno, diceva Gesù. La sua risurrezione è anche per essere un vivente a vivere la storia, non un morto. E la potenza dello Spirito di Dio non è venuta per essere ipotecata dalla Chiesa, ma per costruire la storia e dispiegarsi liberamente nella vicenda dell'umanità.
Tanti problemi, è chiaro e terribile, sconcertanti ed esaltanti. Ma sta il fatto che l'adorazione di Dio il credente la vive nel concreto della vita e nel volgere di ogni istante. E tanto più ancora la contemplazione, questo misterioso e meraviglioso tenere gli occhi fissi in Dio per vedere e conoscere la vicenda del mondo e operare quindi scelte e raccogliere responsabilità, senza incertezze e timori, senza condizionamenti, nella verità e nella libertà.
Vicenda dei nostri giorni.
E' semplicemente impressionante questo intervento così duro e spietato nei confronti della Democrazia Cristiana a seguito del rapimento del suo Presidente, da parte di queste misteriose Brigate Rosse.
Nella ricerca di un perché io non riesco di tentare una risposta rifacendomi esclusivamente a una analisi politica.
Le B.R. sono una banda, nazionale o internazionale è lo stesso, di assassini senza ombra di scrupoli. E' chiaro: la loro condanna e la loro respinta è nella disumanità.
Sta il fatto però che da trent'anni a questa parte (e pochi giorni fa era il 18 Aprile) l'unico sconvolgimento, l'unico terremoto nel regime democristiano, arroccato in sicurezze sempre puntualmente e disinvoltamente rinnovate, ricorrendo a qualsiasi mezzo politico e non politico (si sa come è il potere, sempre, e di che lacrime grondi e di che sangue) è stato scatenato dalle B.R. Chi ha strappato via la copertura burocratica clientelistica, di dominio politico, di partito perbenista ed equi-distante ma anche carico di pesanti responsabilità di equivoco politico e di profitto amministrativo, mettendo a nudo la miserabilità di uomini e la intramontabilità del loro potere, sono state le B.R.
Non occorre dire, con forza, che non siamo assolutamente d'accordo con la strage di via Fani e il rapimento dell'Onorevole Moro e tutti gli altri assassinii e ferimenti ed estorsioni perpetrati dalle B.R. e da tutte le altre sigle più o meno similari.
La violenza non è giustizia, è ingiustizia anche quando attacca e lotta contro l'ingiustizia perché è disumanità, però questa profonda convinzione non può impedire l'analisi o meglio la visione di Fede di tutto quello che succede nella storia, nella vicenda concreta e nelle motivazioni che la determinano.
Nel caso che stiamo esaminando con lo sguardo della Fede, si impongono alcuni elementi, alcune componenti tutt'altro che marginali, sempre in questa visione di Fede. Si è perpetuata per trent'anni e ora si stavano sistemando gli intrallazzi e i compromessi perché durasse ancora chissà quanto, la strumentalizzazione dell'ispirazione cristiana da parte del partito democristiano.
Vi sono le grosse, terribili responsabilità di connivenza da parte della Chiesa e per troppi anni di autentica consacrazione e copertura. E nemmeno ai nostri tempi la separazione è avvenuta e tanto meno l'intervento chiaro e profetico della Chiesa nel giudicare, sulle pagine del Vangelo e del diritto biblico, il comportamento di un partito «cristiano» e dei suoi uomini.
Rimarrà sempre vero che la testimonianza a Gesù Cristo è la profezia.
Ma la Parola di Dio non è legata nemmeno quando non vi sono profeti ad annunziarla.
Il progetto di Dio (e dopo la spaventosa guerra dell'orrore più sfrenato, della disumanità più totale, quale sarà stato il progetto di Dio consegnato al popolo italiano e in particolare alla Democrazia Cristiana?) il progetto di Dio non viene accantonato quando viene bistrattato, deformato, strumentalizzato, tradito.
Dio è fedele nei suoi pensieri di Amore e quindi non si ritrae dal frustare e percuotere anche duramente.
Qui i riferimenti biblici possono essere tutte le pagine della Bibbia e tutta la storia del popolo eletto.
E così ugualmente la storia della Chiesa se è letta alla luce della Fede.
E allora ecco le B.R. Forse perché non esisteva ne poteva esistere più altra possibilità. E questa considerazione è spaventosa, lo sento bene, ma può anche darsi che contenga qualcosa di vero anche se tanto misterioso.
La Democrazia Cristiana se ci ostiniamo a considerarla un partito di ispirazione cristiana, un tentativo di progetto cristiano, ancora una volta, nelle realtà demoniache del potere, dobbiamo concedere a Dio la grazia di occuparsene.
E può darsi che nei suoi imperscrutabili consigli, abbia compiuto il giudizio e l'abbia trovato manchevole tutto questo cristianesimo politicizzato e di potere.
I fatti di questi giorni, e tutta l'angoscia che hanno provocato, lo sgomento e l'impotenza e il turbamento profondo delle istituzioni e l'incrinarsi dell'idolatria di potere, mi costringono a riflettere che in questi nostri tempi stia accadendo la terribile sventura che molte cose umane siano abbandonate da Dio a se stesse, alle proprie ragioni, ai propri criteri, alle proprie forze in modo e misure tali che possa essere manifestata la loro possibile inconsistenza, l'evidente relatività, l'ipotesi di molte cose assurde e pazze.
E cioè l'aspetto idolatrico di tutta un'istituzionalizzazione politica, dietro la facciata democratica una realtà di regime assolutistico.
E quindi l'asservimento di tutta una libertà di popolo sacrificata al Moloc del potere. n disorientamento di possibilità di rinnovamento nella giustizia, per compromessi politici, bloccando forse il libero cammino della storia. L'affermarsi sempre più, fino alle misure della divinizzazione, della potenza del capitale, della preminenza assoluta, di fronte a qualsiasi altro valore, della ricchezza, fino alla disponibilità a qualsiasi intrallazzo, disonestà, sfruttamento, ecc.
Vi sono trent'anni di democrazia nata dal sangue purissimo della resistenza e dai sogni pagati tanto duramente, di libertà, di giustizia, di progresso popolare, di crescita culturale, sociale, politica, trent'anni divorati da uomini che «democraticamente» si sono accaparrati il potere e l'hanno mantenuto e gestito come proprietà personale o di partito. .
Lo schiacciare un popolo con il sacrilegio della dittatura è delitto sempre puntualmente pagato, da Chi l'uomo ha creato libero figlio di Dio.
Il profanare la dignità e la sacralità della democrazia, è ingiuria al popolo e a Dio che non può rimanere impunita.
E allora avvengono saturazioni che comportano il traboccare.
Perché il 16 Marzo era il giorno destinato a concludere nuove sicurezze, l'occasione propizia e sapientemente preparata per porre nuovi fondamenti a reggere la nuova, ma era la stessa, annosa, costruzione di potere.
E proprio in quel giorno è accaduto l'assolutamente imprevedibile.
Da dove nessuno avrebbe mai minimamente ipotizzato, è scoccato il fulmine: in fondo la volta del cielo era terribilmente serena e prometteva tempo bello.
Non so se non è più che giusto, rimanere impressionati.
E non tanto per quel che può succedere nell'andare del tempo e che può riguardare non soltanto la dirigenza al potere, ma le stesse sorti del popolo e della democrazia, quanto per la misteriosità della vicenda. Di per sé semplicemente assurda questa vicenda eppure sempre più delineata come qualcosa che ha indiscutibilmente sconvolto tutto l'apparato di governo, politico, poliziesco, giuridico, culturale, fino al punto da creare tremendi turbamenti di coscienza, eventualità di conflitti, sconvolgimenti imprevedibili...
Dio in tutto questo «mistero» c'entra o non c'entra per niente?
La domanda non è devozionale, è molto concreta e ha bisogno di risposta.
E' stupefacente che in tutta questa situazione cosi drammatica che ha investito tutto un popolo e la sua storia, che ha messo tutto l'apparato politico con le spalle al muro investendolo e sconvolgendolo così all'improvviso, Dio non abbia un ruolo importante, decisivo, degno di Lui.
Può darsi che Dio e il Mistero della sua Presenza non venga cercato perché se ne ha paura del suo giudizio, ma noi sappiamo che il vero giudizio è unicamente suo. E cosi pure l'onnipotenza e ugualmente l'Amore.
Si, anche e specialmente l'Amore. E quest'Amore in tutta questa tremenda vicenda bisognerebbe sapere dove vuole arrivare: che cosa si aspetta quest'Amore.
Diversamente si scrivono, si dicono, si affrontano tante cose, ci si carica di responsabilità spaventose, si rischiano tentativi estremi e anche pazzeschi, ma tutto può risultare sbagliato se la via imboccata è sempre quella di prima o peggio ancora.
Mi dispiace assai che queste riflessioni siano appena abbozzate e ai più, anche dei miei amici e degli uomini di Chiesa, appariranno certamente vere e proprie stranezze misticheggianti e perlomeno pericolose e ambigue e chissà quante altre cose.
Più che mai in questi terribili giorni mi ha preso lo sgomento ogni volta che mi sono ritrovato a pregare.
Come per la percezione di una impossibilità a vedere, intuire qualcosa nel buio di questa notte fonda che è questo tempo.
Cosa chiedo quando recitando il «Padre Nostro», ripeto quelle parole: «... sia santificato il tuo Nome, venga il tuo Regno, sia fatta la tua Volontà...».
Cos'è in questi giorni il Regno di Dio implorato come unica salvezza, cos'è questa volontà di Dio che deve realizzarsi, cioè diventare storia, ora, in questi giorni, in tutta questa vicenda tanto tenebrosa?
E mi è sembrato di capire molte cose, assai più che a leggere i giornali e ascoltare alla radio e guardare alla televisione l'affannato agitarsi degli uomini politici e gli interessamenti dei grossi personaggi.
Mi è anche parso di capire molto e di accogliere nell'anima tutto l'abisso di sofferenza, di solitudine sterminata e di smarrimento inimmaginabile di Aldo Moro.
Perché sopra di lui e deve averlo spaventosamente oppresso, annientato, è calato il peso della responsabilità di tutti gli anni di governo D.C. e d'innumerevoli uomini che il cristianesimo e la democrazia hanno semplicemente asservito ai propri interessi di potere e di privilegio e di sfruttamento.
Portare il peso della storia è una lunga agonia e spesso può somigliare o addirittura rinnovare una crocifissione il suo concludersi.
Dio voglia che il sacrificio di un uomo come Aldo Moro, politico prestigioso, travolto, da posizioni straordinariamente eminenti, a larva d'uomo, nell'abiezione più ripugnante e tutto il sangue versato nell'orrore di questi nostri tempi, non cada a vuoto, compia la purificazione, costringa a una svolta, provochi tempi nuovi..
Le parole quando diventano sangue hanno diritto di giudicare e di condannare e la potenza di redimere e di salvare.
Diversamente completano la maledizione e la rovina.
E' qui con tutta la Fede che mi è data la mia preghiera di questi giorni.
don Sirio
Il baracchino dove lavoro è un punto di ritrovo per diversi operai anziani ormai in pensione e il commento sui fatti del giorno è di prammatica. Poiché la lingua batte dove il dente duole, è facile che a spiegare le storture dei politici siano proprio esemplificazioni sul sistema delle pensioni.
L'altro giorno è venuta fuori una proposta che mi è sembrata interessante. «La pensione - diceva uno-, per me, non dovrebbe essere tanto un mensile per una sopravvivenza più o meno decorosa, ma la possibilità per ciascuno di poter soddisfare un desiderio che nella vita vissuta finora non ha trovato spazio. Cioè di fare quelle cose, quel lavoro che le necessità della vita non gli hanno concesso». E non alludeva a desideri da lampada di Aladino, ma ai desideri spesso umili e semplici che sono nel cuore della gente che nella vita ha molto pagato.
Certo al fondo di questa richiesta c'è la consapevolezza istintiva che vivere vuol dire potersi misurare con le proprie progettazioni, con le proprie capacità di realizzare o meglio di lottare per ciò che è desiderio del profondo del cuore. Non tanto quindi il desiderio di avere qualcosa, quanto di poter fare e più ancora poter essere finalmente se stessi.
L'uomo ritrova se stesso nel desiderio che lo brucia e ripropone in questo l'immagine di un Dio che è essenzialmente amore.
Ciò che importa è che si realizzino le condizioni per cui ognuno possa chiedersi in libertà: chi desidero essere? Perché spesso, ed è fatto che si erge a sistema, questa semplicissima eppure fondamentale domanda viene affogata da chi ha interesse a imporre i propri desideri, quindi a pianificare i desideri della gente, ad annacquarli e confonderli fino a svilire il cuore di tanti nella depressione della svogliatezza e del disinteresse.
Certo è che non siamo educati a «desiderare». Ad avere dei desideri forse e sicuramente in misura enorme, ma a coltivare i sogni del cuore e della coscienza non siamo proprio abituati. Anzi, tutto un moralismo strumentalizzato a dovere non ha fatto altro che schiacciare in noi ogni possibile desiderio fino a livellare sullo stesso piano la sete di giustizia e l'attrazione esercitata dal classico barattolo di marmellata. E la distinzione pesata al milligrammo con bilancia da farmacista tra il desiderio legittimo e quello disonesto ci ha fatto dimenticare che il giudizio va posto non a partire dall'oggetto del desiderio, ma dalla radice del desiderio stesso.
Eppure è così fondamentale che io sappia cosa tu desideri, cosa tu vuoi, Se ti voglio incontrare. Solo quando considero gli altri come strumenti, non ho interesse ai loro desideri, agisco come se fosse normale che non ne abbiano o se li hanno devono essere i miei.
E' cosa fondamentale nell'uomo il desiderio: non può essere soppresso nel profondo, anzi va cresciuto ed aiutato: ciò che importa è che sia radicato in fruttificazione e non nella sterilità. E più che reprimere o dividere in buoni e cattivi, sarebbe molto importante se ci aiutassimo ad individuare la traccia di ciò che cresce in fruttificazione sotto la spinta dell'umano desiderare.
E forse quella proposta di pensione legata al desiderio, nata tra un discorso e l'altro potrebbe rivelarsi molto più saggia di quanto lo mostri l'apparenza. Il tramonto della vita potrebbe rivelare energie nascoste e tingere di bagliori vivissimi un cielo ancora troppo grigio e impenetrabile.
Luigi
Giorni addietro, sul raccordo tra Viareggio e l'autostrada di Genova, un autotreno carico ha affrontato una curva a velocità eccessiva e si è ribaltato di schianto sul fianco schiantandosi come fosse di cartone. C'è voluta una gru del porto per sollevare quella ferraglia contorta e liberare il corpo dell'autista letteralmente tagliato in due dal guard-rail. Pochi minuti prima questo povero uomo scherzava contento in compagnia di alcuni amici in piazza della Stazione Vecchia, tradizionale luogo di ritrovo di camion francesi per il trasporto del pesce. Un ultimo saluto, forse un ultimo bicchiere, poi via sulla strada, sul lungo rettilineo in fondo al quale è in agguato la curva assassina.
Veniva dalla Corsica ed ora di lui rimanevano quelle due parti così assurdamente divise quasi ad inchiodare sulla croce della morte tutta un'esistenza.
Una vita divisa tra il lavoro e la propria casa, la terra, gli amici. Una vita sbriciolata lungo chilometri di nastro asfaltato come un lunghissimo ed esile filo di sangue che lo ha svuotato di tutto.
Un uomo tagliato in due a segnare questo nostro esistere così frantumato e diviso.
Ma era sulla strada di casa, veniva da un incontro di amici, aveva nel cuore la gioia di aver potuto scambiare parola nella lingua della sua terra. Forse è stato proprio questo ad annebbiargli la vista. E' morto con la semplice e schietta fiducia di ritornare alle proprie cose, di ritornare se stesso. E' rimasto diviso a segnare la lotta che separa l'uomo dal pezzo di pane che lo sfama, dagli affetti che ne vincono l'egoismo, dalla solidarietà con la terra che lo spinge a sentirsi creatura.
Sulla strada di casa a segnare speranza e coraggio a chi lotta contro ogni separazione.
lUIGI
Carissimo fratello, sollecitato da alcune risposte alla mia ultima, nell'occasione della Pasqua, ti invio la presente per continuare il nostro dialogo «a distanza».
La grave situazione politica e sociale che si è venuta a creare in queste ultime settimane, ci impone una seria riflessione e ci chiede senza dubbio risposte e atteggiamenti di coerenza e come militanti nel movimento operaio e come credenti nel Signore Gesù.
Per questo penso che la riflessione che ho scritto in questa lettera possa servirei come terreno di maturazione e di lotta.
Prima però di entrare in questa riflessione specifica, intendo manifestarti con semplicità alcune considerazioni sulla «solitudine» che sto vivendo e a cui ho già accennato in una mia precedente lettera.
Deve essere chiaro che non intendo affatto tessere le «lodi» della solitudine. Ma la grazia che in essa mi è data quotidianamente è sempre maggiore, tanto da spingermi a pensare che tale condizione di vita «in qualche modo» debba essere di tutti i credenti.
Proprio in questi ultimi mesi ho potuto constatare come, immerso nei problemi del lavoro, quasi schiacciato dalla gravità della crisi e dell'attacco alla democrazia, nella solitudine e nel silenzio ho trovato il modo non solo di continuare a «stare dentro» a queste realtà dure e difficili, ma allo stesso tempo ad avere lo sguardo di chi a distanza ne valuta la portata e gli orientamenti e «si spinge oltre».
Nella solitudine e nel silenzio ho rivisto i progetti per gli uomini di oggi e li ho confrontati col progetto di salvezza dell'evangelo di Gesù. E tutto questo, credimi, è bello e ti dona gioia; scopri che è gratuito, e ti dona speranza.
La solitudine e il silenzio stanno diventando per me l'ambiente adatto (direi indispensabile) per incontrare il Signore, e allo stesso tempo per ritornare a inserirmi nella lotta, (che spesso non è esaltante, e di cui non scorgi immediate vittorie) il modo «gratuito» cosciente e personale, per trasformarla dall'interno anche con il mio apporto debole e particolare.
La solitudine e il silenzio mi stanno insegnando a «fare spazio» dentro di me all'ascolto di Dio, alla sua voce, addestrandomi allo stesso tempo «all'accoglienza del fratello» che mi chiede, oltre a risposte concrete e immediate, sopratutto di instaurare con lui una «comunione di vita».
Nella solitudine sto avvertendo sempre più forte l'esigenza della «povertà»:
- povertà come accettazione fino in fondo della mia reale debolezza nella quale Dio manifesta la sua forza di salvezza;
- povertà come non possesso di sicurezza, ma continua disponibilità alla Parola di Dio.
Tale povertà dell'esodo è richiesta veramente per una purificazione dell'atteggiamento profondo di fede; .
- povertà come partecipazione gratuita del dono ricevuto. Per questo sul posto di lavoro mi trovo oggi nell'atteggiamento di chi partecipa, «è presente» (come ultimo arrivato) a un lavoro grande e serio per la classe operaria e per gli «ultimi», e non penso affatto a etichettare come «ser-vizio» tale presenza, né come «testimonianza» il mio riferimento a Cristo nella condizione di lavoratore.
Carissimo fratello, nella delicata fase che stiamo attraversando, occorre certamente che ricerchiamo la «profezia» che ci interpella e alla quale dobbiamo prestare il nostro servizio.
Penso che questo sia un compito specificatamente nostro, di coloro cioè che sono «soli», nulla posseggono, sono liberi da schemi e poteri che spesso costringono, e restano in ascolto della Parola e del grido degli ultimi.
E' in questa luce che nella riflessione ho accostato la Passione del Cristo a quella del nostro popolo, e degli altri popoli che lottano per una liberazione totale.
Mai come quest'anno la celebrazione della Pasqua di Gesù è stato momento essenziale della professione di fede nella risurrezione, nella vittoria di Dio e dell'Uomo-Dio Cristo Gesù sul male, sulla morte, su tutto ciò che si oppone alla vita, a partire dall'accettazione della passione e dell'impatto con la tentazione.
Immersi come siamo (quasi sommersi) in una situazione di crisi, di disoccupazione, di disgregazione, di attacco alla convivenza civile e democratica, stiamo vivendo soprattutto a livello collettivo la nostra «passione».
Proprio in questa realtà così grave (di vita o di morte, di paura o di speranza, di sfiducia o di lotta) siamo chiamati dalla Parola rivelataci in Cristo a «vegliare e pregare per non cadere in tentazione». E tale atteggiamento non può nascere che da una profonda fede che «Dio è al nostro fianco» e che «non permetterà che il suo Santo veda la corruzione».
Per la tentazione ci si attrezza con la vigilanza e la preghiera.
La vigilanza porta a scorgere «i segni dei tempi», a vedere il disegno di salvezza nella nostra storia di oggi, a non lasciarsi andare alla sfiducia o alla stanchezza di una ricerca continua e quotidiana;
La vigilanza ci permette di scorgere la «presenza di Dio» sul nostro cammino (che può essere la croce) e a farci coinvolgere nelle scelte che da lui ci provengono.
La vigilanza oggi ci chiede di verificare lo spessore della nostra speranza e di affinare il nostro sguardo «oltre» l'immediato e il dato sociale dei fenomeni, per vedere la storia con lo sguardo dell'uomo di fede.
La vigilanza poi non va separata dalla preghiera, da quell'atteggiamento profondo per cui ponendoci di fronte a Dio ricerchiamo la sua volontà e con fiducia e gratitudine ci incamminiamo dietro la sua luce.
La preghiera che nella semplicità della sua espressione nasconde l'incontro tra Dio e il credente, incontro di comunità, di gioia, di speranza.
La preghiera che è «attesa vigilante e fiduciosa del Signore che viene», e che nella sua venuta realizza la salvezza piena e complessiva di chi «in lui si rifugia», del popolo che si è scelto come suo.
Vigilanza e preghiera per non cadere nella tentazione
Come Cristo che nel deserto, forte della Parola di Dio, supera le tentazioni del potere, delle ricchezze, della religione-magia per assoggettare e possedere la forza della, divinità. .
Come Cristo che nell'orto del Getsemani è disposto ad andare anche incontro alla morte per rimanere obbediente al Padre che lo chiama ad essere il suo servo, nella logica della croce (secondo la profezia del profeta Isaia).
Nella nostra tentazione odierna collettiva ci viene chiesto dalla Parola di Dio di «non abbandonare il campo», di non lasciarci prendere dalla sfiducia o da facili soluzioni individualistiche.
Nell'orto del Getsemani Cristo conclude la sua preghiera con una frase che non indica rassegnazione, ma accettazione piena e consapevole di compiere la volontà del Padre, dalla quale soltanto viene la salvezza: «sia fatta la tua volontà! ».
Non si tratta quindi di chiedere a Dio di toglierci dalla croce (scendi dalla croce e ti crederemo), ma di rimanere al nostro posto fino all'ultimo con la sicurezza che ci viene dalla fede: «se il chicco di frumento non muore non porta frutto».
Oggi chiaramente la nostra fede nella resurrezione non si può fermare a semplice affermazione, ma ci chiede un reale coinvolgimento per una partecipazione diretta alla morte del Cristo così da partecipare già da adesso alla sua resurrezione.
Carissimo fratello, mentre ti scrivo la presente (è il 18 marzo) è chiara in tutti noi la sensazione del momento politico di estrema gravità.
E altrettanto chiaro è in noi il presentimento che siamo all'inizio di un periodo delicato e difficile di cui non sappiamo prevedere la durata.
Quello che sappiamo è che occorre attrezzarsi per un nuovo «esodo», con la consapevolezza che in questo cammino dovremo man mano abbandonare gli idoli di questa società dei consumi e del profitto capitalistico, sostenuti giorno dopo giorno dal pane della Parola di Dio, sorretti dalla fede che il Signore ci conduce verso una liberazione «totale» e piena.
Questo esodo segna senz'altro un nuovo periodo, quasi una «nuova creazione»: perché dalla distruzione dei sistemi e dei poteri di oppressione nasca una «nuova società», un «nuovo popolo», un «uomo nuovo», così come è uscito dalle mani di Dio, così come abbiamo contemplato l'Uomo nuovo, Cristo Gesù: obbediente al Padre fino alla morte di croce, amico degli uomini fino a dare per essi la sua vita.
E' questo Cristo Gesù, rigettato dagli uomini, abbandonato dai suoi intimi, apparentemente abbandonato da Dio, che nella sua resurrezione è stato costituito «il Signore».
Carissimo fratello, con questa lettera ti giunga l'augurio di vivere la Pasqua del Signore nella sua interezza e profondità, a livello personale e a livello collettivo. Vivere la Pasqua ci chiede oggi vivere la nostra realtà di passione senza sconto alcuno, con la certezza che il Cristo Gesù per primo ha già vinto il male e la morte inaugurando i «tempi nuovi».
L'articolazione di questa passione va ricercata nella vita di lavoro, nella vita sociale ed ecclesiale: a noi è chiesto di «esserci» con lo sguardo rivolto al RISORTO.
Nella speranza di continuare il nostro dialogo, ti chiedo di ricordarti di me quando stai davanti al Signore.
Baldassarre
Sono stati veramente tanti i fratelli e le sorelle che hanno risposto al nostro invito a farci pervenire un segno sia pure minimo di partecipazione o di dissenso al nostro sforzo di comunicare ad altri quella che ci sembra ormai sempre più "l'unica cosa necessaria", quella Fede che, sia pure ridotta a granellino di senape, possiede ancora intatta la forza di "spostare le montagne".
La conoscenza di Dio che la Fede ci dona é la perla preziosa per la quale é necessario vendere e abbandonare tutto. Non la conoscenza dei saggi e degli esperti, ma quella che é data ai piccoli, quella che Cristo é venuto a portare in pienezza:
"Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo rivela".
E' per questo che vogliamo rimanere fedeli a questo scambio e intendiamo essere noi a ringraziare tutti coloro che hanno espresso ed esprimeranno le loro esperienze di fede e di lotta.
Noi mettiamo a disposizione questi fogli, povera cosa, che assumono pero una importanza precisa se vengono riempiti dalla collaborazione di tutti. Per questo numero abbiamo scelto solo alcuni brani da un limitato numero di lettere. Altre riflessioni verranno pubblicate nei prossimi mesi.
«... ricevo qui, nella mia solitudine, i fogli delle vostre riflessioni. Devo dire che della tanta roba che il postino scarica alla porta di casa mia, con pochissimi altri, salvo e conservo i vostri fogli.
Benché io qui viva .in una situazione diversa dalla vostra, su spazi molto più angusti e problemi molto più elementari, trovo utilissimo di tanto in tanto confrontarmi con voi, cui mi sento unito e dal sacerdozio vissuto in solitudine e dalla pretesa di vedere nella realtà di oggi i segni che Dio vi ha senza dubbio nascosti» .
"Siamo ancora vivi" avete scritto, ed è un grido di gioia e di liberazione in questi tempi in cui tanti morti voluti da un odio predicato e seminato a piene mani si stanno accatastando uno sull'altro, senza ancora conoscerne né gli ispiratori né i mandanti.
Mi avete fatto venire su non solo ricordi, ma cose vere, fede autentica, coraggio indomito, il "nostro terribile quotidiano" che tante volte smorza le speranze e gli ideali più belli.
Grazie per esservi fatti ancora vivi. Grazie davvero, perché saprei giustificarmi se vi avessi dimenticato, se il vostro cammino non mi interessasse più, se non fosse anche il mio.
Se Dio fosse stato solo un sogno, una della poesia di gioventù e non tutta una ricerca. E invece no! Dio e la mia vita, e un senso da darle, e una innata curiosità di conoscere il mondo, gli altri, la loro ricerca, il mio rapporto con loro, a volte ai limiti di qualsiasi possibilità, quasi camminassi con gente che non conosco, anche se le radici affondano sempre più nel terreno della fede .
Siamo molto contenti che "Lotta come Amore" sia ancora vivo. Ci aiuta non poco, come abbiamo potuto capire anche meglio nel periodo del vostro silenzio... ».
Mi è tornata alla memoria, leggendo i vostri fogli, un antico detto medievale: "lo vengo non so da dove, io sono non so chi, io morirò non so quando, io vado non so dove, mi MERAVIGLIO DI ESSERE CONTENTO".
Grazie, perché aiutate me e tanti altri a conservare questo stupore.
Il vostro è forse l'unico giornale che non riesco a trascurare. Mi è sempre di grande luce, oltre ad essere l'unico che conosco che non dà comunicati, ma chiede comunicazione .
"Lotta come Amore" è stato parte non marginale della mia vita, sotto più aspetti. Anche queste ultime nuove cose che esprimete e che date occasione di esprimere, mi si sono rivelate momento di crescita come uomo e cristiano.
Proprio perché la solitudine è un bene prezioso, polla d'acqua che irrora il vivere convulso, conoscenza contemplativa di Dio, senza la quale niente ha senso né motivo di essere vissuto, posso unirmi ai fratelli e sorelle che vivono non "in solitudine" ma "di solitudine". La solitudine è il momento più vero, il momento in cui facciamo il pieno per poi poter viaggiare, per non restare fermi, perché la giornata sia progresso, avanzamento, andare sempre oltre. Nella solitudine il seme si gonfia degli elementi vitali per cui domani, dilacerandosi e morendo sarà nella luce, fra gli altri esseri, la bellezza di un fiore, il dono di un frutto.
Ci è parso di cogliere nei vostri fogli i segni del "volto duro come la pietra" che non usa violenza a chi schiaffeggia ma sa resistere guardando negli occhi chi porge lo schiaffo.
Per questo noi rendiamo grazie a Dio che vi rende così e ringraziamo voi per l'annunzio fraterno e la testimonianza semplice che ci regalate.
Ma da questo doloroso svelamento deve nascere non l'immobilismo di chi si compiace del dolore, ma la voglia di lottare, di riprendere cammino, di rispondere alle esigenze del momento. Sarebbe necessaria una analisi del perché siamo giunti gradualmente allo spegnimento delle cose nuove che stavano nascendo nella Chiesa italiana. Aiutateci a fare questa analisi e cerchiamo insieme una terapia! Gesù "insegnava e guariva". Ed Egli è ancora in mezzo a noi. Nel lavoro e nella preghiera cercheremo di dare spazio a questi appuntamenti con il Risorto.
Ricevo volentieri "Lotta come Amore" nonostante da quattro anni non frequenti più la Chiesa ed abbia "perso" la fede. Penso che la mia storia sia simile, purtroppo, a quella di molti cristiani che si ripropongono di pervenire ad una fede più sentita, meno esteriore, più adulta e partecipata e finiscono per accantonare i dubbi e le inquietudini, accontentandosi di vivere alla giornata e limitandosi a provare un senso di fastidio per un problema non risolto. Ho inizialmente accettato la crisi di fede come proficuo momento di passaggio, di necessario ripensamento ed invece mi ritrovo più lontana da Dio di quanto non lo fossi prima, sempre meno disposta a ritrovare veramente la fede e a viverla coerentemente.
Il vostro foglio mi porta la testimonianza di una fede pura e intensa, come avrei voluta possederla io.
Leggo i vostri fogli e molte vostre ansie sono le mie. Mi fa bene leggervi perché mi dà la possibilità di non sentirmi solo, qualche volta tremendamente solo, a lottare per rendere Cristo un po' più credibile e per continuare, nonostante le contraddizioni proprie ed altrui.
Caro Don Sirio, abbiamo ricevuto "Lotta come Amore" e ci siamo ritrovate pienamente nell'ispirazione che ti ha spinto e che ti ha sostenuto, in questa vita vissuta giorno per giorno, momento per momento, nella totale fedeltà e accoglienza dell'impoverimento che la storia dell'intervento di Dio nella tua storia ha suscitato.
Anche se tante volte ci presentiamo come persone sicure, come comunità che sa quello che fa e sembra fare tante cose e bastare a se stessa, anche se questa é la nostra apparenza, sperimentiamo, come persone e come comunità, la debolezza della nostra fede, la fatica di ricominciare ogni giorno con le mani vuote; l'impoverimento di chi perde sempre più le sicurezze, le certezze. Sperimentiamo anche la fragilità e l'insufficienza del nostro impegno con i fratelli, con la società nuova, con il Regno di Dio. Questo, lo riconosciamo, é una immensa grazia e con gratitudine vogliamo accogliere la mano di Dio che ci conduce per la strada, che, con le parole e con la volontà, tante volte abbiamo scelta e chiesto con insistenza al Dio della nostra vita. Ogni mattina, infatti, preghiamo cosi:
"Signore, noi ti consacriamo con Maria il nostro camminare perché per la forza creatrice dello Spirito diventiamo fermento di Risurrezione. Vogliamo partecipare al rischio della vita di tutti gli uomini. Che la luce che spunta ogni giorno rinnovi in noi la disponibilità a vivere il Mistero Pasquale che é il luogo dell'esperienza di Te. Che il nostro tentativo povero di liberarci insieme sia, una attesa della liberazione che viene da Te per tutti gli uomini. Accetta Signore, l'impegno della nostra povertà perché diventi il segno sacramentale del tuo ritorno.
... E questo diventa il nostro tormento, la nostra angoscia ma anche la nostra passione, accompagnando ogni nostra giornata. Ci sentiamo tra i fratelli in solitudine come comunità e come persone, perché crediamo e viviamo nella nostra carne, che la comunità si costruisce, solo se, nella mia solitudine, cerco veramente e appassionatamente l'assoluto di Dio.
Nell'entrata della nostra casa abbiamo un quadro fatto da noi, composto di fotografie di persone sole, che camminando nella nebbia, vanno verso un punto unico e unificante: é in questo cammino di fede che si fa comunità. Tante volte ci sentiamo sperdute, travolte dalle contraddizioni personali e storiche, incapaci e impotenti anche quando gridiamo la nostra fede e la speranza in un mondo di libertà e di giustizia. Talvolta la nostra speranza é messa duramente a prova e non sappiamo cosa fare. Questa speranza provata e questa poca fede (o uomini poveri di fede!) riceve dalle testimonianze degli amici un immenso vigore e un grande desiderio e entusiasmo di ricominciare e di andare avanti.
La nostra vita di ogni giorno é fatta di impegno con i fratelli che lottano contro la malattia, l'emarginazione, l'alienazione psichica e sociale, di segni carichi di limiti delle nostre scarse possibilità ... é fatta anche e sostanzialmente di preghiera. E la nostra preghiera é in crisi. Sappiamo che la nostra vera natura é la preghiera e solo la preghiera ci mette in comunione, ci fa poveri di Dio, uomini di giustizia e di pace... Pero é in crisi di ricerca ed é la nostra stessa sostanza che cerca la sua identità con Dio.
Ti scriviamo senza preoccupazione di esaurire niente, semplicemente come segno di amicizia e di volontà di cercare insieme il "Volto di Dio nel contemporaneo".
Ti ringraziamo per la tua fede, che come tu stesso dici é "purissima potenza del miracolo di Dio in noi".
Viviamo questa preparazione alla Pentecoste coscienti della povertà, partecipando alle grandi contraddizioni e ambiguità del momento attuale; cerchiamo di cogliere ed accogliere cosa lo Spirito ci vuole insegnare attraverso gli eventi. Ti chiediamo di aiutarci a vedere. Ti chiediamo di scriverei (se possibile prima della Pentecoste), raccontando cosa i tuoi occhi e la tua fede hanno scrutato in questo tempo e cosa Dio e la storia ti suggeriscono di fare per essere più fedele. Contiamo di poter celebrare anche con te la nostra speranza di liberazione per tutti.
Con un abbraccio grande e amico da' tutte noi della
Comunità d'Assisi
Eccoci qui, a questo nostro appuntamento nel breve spazio di queste paginette. Ma più che tutto il nostro ritrovarci e il nostro incentrarci è nello spazio della Fede: dove cioè le distanze non contano, le separazioni non allontanano, le diversità non dividono.
Vi potranno. pur essere in questa nostra esistenza, così frantumata e sbriciolata, possibilità di intesa, di ravvicinamenti profondi, di aperture a gran cuore e di accoglienze vicendevoli. Diversamente sarebbe come non vivere più o almeno una scomparsa di un vivere umano per la sosti-tuzione di un vivere meccanizzato, burocratico, retto da leggi e determinato da strutture, ma irrimediabilmente svuotato di cuore, formalizzato nella libertà, atrofizzato nei valori umani più fondamentali e decisivi.
Ci rifiutiamo di consentire allo scivolamento progressivo in questa programmazione di disumanità.
E' progetto, senza dubbio ormai, lucidamente predisposto laddove si decidono gli orientamenti del vivere umano: sono come fiumane fatte di enormi correnti di cultura, perfettamente addomesticata e incanalata, di immensi progetti economici con programmazioni fino al capillare, d'inquadramenti politici a dosaggio perfetto, sostenuti robustamente dagli argini di una potenza militare semplicemente spaventosa, letteralmente da giorno del giudizio.
Ci ribelliamo a tutta questa sopraffazione. Ci ribelliamo a tutta questa spaventosa violenza.
Anche a costo di sentirei una formica che si ribella contro il piede che tenta di schiacciarla.
Ma almeno interiormente non acconsentiamo e la propria interiorità non è poco per realizzare spazi e sincerità di libertà e di dignità umana.
E ci decidiamo sempre più per una condizione di lotta.
Lotta che vuol dire respinta.
Lotta che vuoi dire ricerca del diverso. D'altra parte questa realtà di lotta è
così inevitabilità che tirarsene fuori sarebbe come smettere di divincolarsi da un cappio che strozza per poter respirare, stancarsi di sgretolare muraglie che stanno per seppellirei vivi.
Tanto più che rinunciare alla lotta vuoi dire rintanarsi nel proprio buco, a mordicchiarsi la coda, tanto per fare qualcosa. E peggio ancora, vuol dire lasciare il campo al nemico, dargli spazio per crescere la sua forza per opprimere di più, disumanizzare l'umanità fino a renderlo questo mondo terra abitata da ombre.
- Non possiamo che ribellarci e cioé lottare risolutamente.
Preferiremmo vivere in pace (e Dio lo sa quanto è profondo e adorabile questo sogno) ma non è assolutamente possibile.
Vi sono sistemazioni storiche nelle quali non assumersi totalmente il peso di responsabilità che potranno comportare conseguenze irrimediabili, è declinare un ruolo forse decisivo che ci è stato assegnato.
Generazioni passate potrebbero e dovrebbero piangere lacrime di sangue per la . loro responsabilità di quello che hanno preparato o che hanno permesso e consentito che fosse preparato, alle generazioni che poi sono venute.
E' inevitabile pensare e sostenere che la pace è impossibile, che è un assurdo, per il semplice motivo che è negazione d'Amore, è impossibilità di fraternità, di rispetto dell'uomo, di ricerca di valori di dignità umana, in cui l'uomo è uomo, non un produttore-consumatore per l'accumulo capitalistico e la distruzione dell'universo.
E quando diciamo che la pace è impossibile, non intendiamo, ovviamente, che la guerra è l'unica soluzione, ma intendiamo semplicemente affermare che non è pace, la pace intesa come pacifismo qualunquista, rinunciatario e passivo. La pace che è motivata dalla volontà assoluta di conservazione dei propri privilegi, merita spesso un'altra parola: sfruttamento, strumentalizzazione, egoismo: far pagare agli altri la propria pace: il che significa fare la guerra per avere la pace.
E tutto questo è. così vero che ogni guerra è stata motivata e giustificata e combattuta in nome della pace.
E anche di ogni ingiustizia, di qualsiasi sfruttamento e oppressione, di qualsiasi tirannia e schiavizzazione, se n'é trovata sempre la giustificazione e la copertura nel voler salvare la pace.
Soltanto il povero popolo sa di quante lacrime e di quanto sangue grondi e sia responsabile questa pace.
E questa pace che dà il mondo, il cristiano la rifiuta e ci si ribella, perché sa che è falsa, è inganno. Somiglia maledettamente alla guerra guerreggiata perché tende, usando ogni mezzo, alla conquista e all'oppressione. E non è soltanto il sangue vivo, quello che sgorga da vene squarciate, il sangue che dilaga ad affogare la terra. Ma è sangue ed è il più prezioso perché è più sangue di uomo, anche quello che fiotta dalle ferite inferte alla libertà, alla giustizia, alla dignità umana, fino a lasciare dissanguata perfino la speranza.
E il sangue delle vene e quello dell'anima si richiamano a vicenda così tanto da creare quasi l'impossibilità di discernere qual'è il sangue che provoca lo spargimento dell'altro.
La lotta per la pace s'inizia quindi dalla parola di Gesù Cristo che insegna che il rinnegare se stessi è inizio di liberazione e quindi di pace. Ma indica anche che questo rinnegamento deve dilatarsi intorno perché comporta lotta contro ogni realtà del "se stesso" incontrato ad ogni livello e tanto più quindi là dove il "se stesso" è potere egemonico, motivazione d'ingiustizia totale, sistema di oppressione, realtà di sfruttamento...
Perché spesso il "se stesso" è un imperialismo, è un terrificante apparato militare, è la spietatezza della ragione economica, è un regime di partito. è un intrallazzo di carrierismi, è autorità assolutizzata, intrattabile, è fare leggi addomesticate e attraverso queste setacciare la giustizia, . comprimere e ridurre gli spazi di libertà, è rovesciamento sacrilego e maledetto del comandamento che appartiene esclusivamente a Dio e di cui invece l'uomo, il se stesso, si appropria: non avrai altro Dio all'infuori di me.
E questo mettersi al posto di Dio è la maledizione che pesa sulla pace fino al punto da renderla impossibile.
Riflessioni discutibili, d'accordo e forse troppo vaghe e ricche di sentimentalismo, ma potrebbero anche essere lettura meditata di quello che sta accadendo nel mondo e, in misura molto ravvicinata. presso di noi, in casa nostra.
Sirio
Luigi Sonnenfeld
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