LOTTA COME AMORE: LcA aprile 1976

Tempo di elezioni

Vi sono momenti in cui avvertiamo che tutta nostra vita è come se si condensasse in pochi attimi: la contengono tutta perché si determinano, la costruiscono, la decidono. Semplicemente perché impongono scelte inevitabili.
Inevitabili perché anche a non scegliere niente può essere fare scelte tremende, cariche di spaventose responsabilità.
Altrettanto, è di certi momenti storici. Portano in sé l'insopportabile peso di tutto un passato, condensano e addensano nel presente qualcosa che si riverserà nel domani.
Perché non si può affrontare questo nostro momento storico rifacendoci a considerazioni personali, a motivazioni individuali. Non possono contare nemmeno le proprie mentalità, o sensibilità che siano. Anche la cultura può non avere chiarificazioni sufficienti.
E non basta neppure rifarsi alla propria coscienza, se per coscienza intendiamo un ascoltare se stessi, sia pure sgombri e liberati da tornaconti, intenzionalismi, influenzamenti, imposizioni di qualsiasi genere.
Pensiamo che sia arrivato il momento storico - e è di qui che nasce e cresce il terribile carico di responsabilità gettatoci addosso dalla storia di questi ultimi trent'anni - il momento storico di un superamento totale di qualsiasi limitazione ad una presa di coscienza chiara e scoperta, di una convinzione che non si tratta della sorte di noi stessi o di qualsiasi valore giudicato fondamentale, ma che si tratta piuttosto del camminare della storia, del muoversi dell'umanità, del divenire dell'uomo o se vogliamo dirlo con intuizione di Fede, del divenire incessante del Regno di Dio.
Ora vale soltanto la coscienza che sa universalizzarsi fino alle misure di umanità, alle dimensioni dei valori costitutivi dell'uomo nella sua totalità, alle vastità del tempo che supera il momento per dilatarsi a tutto il futuro.
Si tratta veramente di costruire il nuovo rischiando la svolta di una strada che si è andata sempre più chiudendo, per imboccarne un'altra, della quale possono anche rimanere delle incognite, ma porta in sé il segno e il sogno del nuovo.
Il non rendersi conto della necessità assoluta, vitale di questa novità, esplosa dopo un ventenni di assurdo immobilismo, dopo cinque anni di agonia e di morte, il non aver raccolto il giorno nuovo della resistenza e l'infinita speranza di una stagione di primavera di un'umanità appassionatamente in ricerca di uomini diversi e di una storia nuova, questa irresponsabilità non può non meritare una dura condanna.
Certe delusioni a livello storico sono sempre delitti per chi le provoca, che reclamano giustizia. Specialmente quando queste delusioni avvengono nel cuore del popolo.
Tanto più poi la responsabilità diventa pesanti fino a poter schiacciare, quando anche di Dio e di Cristo si può essere abusato per pretendere consensi e farsi consegnare fiducia.
Allora avviene il tentativo di fermare non solo la storia e di bloccarla nei propri parcheggi, ma di voler fermare, ipotecandolo nei propri interessi, anche lo stesso Spirito di Dio.
L'analisi è estremamente facile trattandosi di uomini della politica cosiddetta cristiana: la purificazione, la liberazione di Dio e de1 suo Spirito è assolutamente inevitabile.
E la sua urgenza non più dilazionabile viene dimostrata dalla svalutazione veramente impressionante dell'idea stessa di Dio e della Fede in una capacità di incidenza del Cristianesimo nella storia.
Il ritorno di Dio a poter essere Dio nella sua estrema chiarezza di valore essenziale per l'uomo, per una sua spiegazione totale e una sua pienezza di costruzione, passa inevitabilmente attraverso una purificazione, una liberazione anche politica.
Ogni cristiano al quale stia veramente a cuore che Gesù Cristo sia Gesù Cristo nella realtà della storia del nostro tempo e di ogni tempo, deve lottare per respingere qualsiasi appropriazione di lui, qualsiasi strumentalizzazione.
Non si identifica Gesù Cristo con i cristiani, con nessun cristiano, qualsiasi missione abbia o pretenda di avere. Se un'identificazione c'è è con chi ha fame con chi ha sete, con chi è nudo, con chi è carcerato, con chi è malato.... e il discorso è terribilmente rivoluzionario a volerlo leggere (oppure preferiamo ascoltarlo quando ci sarà gridato nel giudizio universale?) in una chiarezza limpidissima di Fede e rapportato alla concretezza storica nella quale stiamo vivendo e cioè in una intuizione di Fede e in una comprensione politica
Perché è già adesso tempo di giudizio universale.
Stanno consumandosi tempi che pareva non dovessero finire mai. Sta approssimandosi la venuta di un giudizio perché tutta una storia è sulla bilancia.
Uomini e uomini sono chiamati a giudizio. Ragioni politiche, economiche. Giochi di potere. Partiti e correnti di partito. Ambizioni personali e privilegi di caste... Non vi è nascondiglio che nasconda, né argomentazione che protegga, né mani provvidenziali che salvino.
Tempo di giudizio universale.
Anche e particolarmente per la Chiesa. Vi sono consensi de spezzare, alleanze da rompere. Speranze da infrangere. Privilegi da distruggere. Poteri da annientare...
E' per Amore di Dio, per fedeltà a Gesù Cristo.
E perché il suo popolo possa avere di più il suo Dio e il suo Cristo. .
Perché anche la Chiesa sia più Chiesa. Come il cielo è più cielo quando è sereno, sgombro di nuvole.

La Redazione

La pietra dell'agonia

Orto degli Ulivi - 28-9-75

Sono venuto qui, quasi a concludere questo mio vivere in terra santa, ormai sono quasi tre mesi che sono partito da casa. Il due ottobre riparto. Una corsa da Betania nel fresco della mattina. Prima della Messa mi sono confessato: il vescovo francescano che è stato molto buono e gentile. Mi ha raccomandato di approfondire e capire sempre di più l'Amore di Gesù per me, proprio per me, personalmente. E poi un qualcosa di pratico, come lui diceva alcuni minuti ogni giorno prendendo coscienza di quest'amore con un essere con Lui, a cuore a cuore. Ho chiesto perdono di tutto, ma per quanto, specialmente, non sono riuscito ad accogliere il dono di Dio e in particolare questo periodo vissuto nella sua terra. Mi accorgo stamani, qui davanti a questa pietra che indica con tanta evidenza la solitudine e l'agonia di Gesù, mi accorgo di aver vissuto forse con troppa superficialità, quasi trop-po esteriormente, questo tempo e dove ho vissuto. All'aperto, in una meravigliosa condizione di libertà, ma ho anche avuto tutto in modo cosi personale e in fondo cosi tranquillo, perché anche le scomodità del viaggiare, il lavoro, l'essere in casa di altri ecc. è stato bellissimo, letteralmente entusiasmante con ritorni interiori particolarmente intensi e questa intensità spesso mi ha profondamente preso e affascinato fino forse a fermarmi a questa pienezza. Cosi è stato anche del Mistero di Dio, della visione di Gesù nella sua terra. A volte è stata una comprensione profondissima, quasi fisica, capace di riflettermi dentro come tanta sovrabbondanza fin quasi forse a distrarmi per un rimanerne troppo assorbito. Stamani mi trovo qui nella nudità assoluta di Gesù su queste pietre. Nel camminare della sua storia colmata d'infinite cose (quante!) è arrivato qui e qui è soltanto (come è terribile questo avverbio) è soltanto la nuda e cruda Volontà del Padre, Lui e il Padre. Lui e tutto un progetto semplicemente da accettare. Da abbandonarcisi. Null'altro. Allo scoperto. In modo immediato. Insostituibile. Irrimandabile. E' proprio terribile. Mi sembra tanto di capire e chissà quanto ne sono lontano da tutto quello che era in Gesù. in quel momento... Non è una condanna a morte, alla morte fisica. E' l'annullamento. Tutto un rifiuto, un ripudio. Una respinta. La solitudine totale. Il rimanere lui solo e perdere tutto e perdere se stesso. E affrontare e vivere l'Amore al Padre e all'umanità in questa sconfitta totale. Il Regno di Dio fatto di questa assurdità.
Pregava con insistenza. Tutto in lui (e tutti in lui) diceva di no e implorava che fosse no. Il vincere e lo strapparsi da se stesso e da tutto e da tutti e abbandonarsi all'assurdo è quella tremenda fatica espressa nel sudare sangue.
Non so cosa pensare e tanto meno cosa scrivere. La sua Parola è chiara: è un'agonia. Questa è veramente la lotta. La Precisazione e il rendere vere tutte le altre lotte. Sarebbero senza senso cristianamente tutte le lotte in qualsiasi campo e anche fino alle misure estreme d'impegno, se non si concludono in questa lotta ultima, che è l'agonia. Cioè quando tutto s'incontra e si scontra direttamente e personalmente con la Volontà del Padre che immancabilmente chiede e offre la Croce. Da dopo Gesù è cosi. E questo è il Cristianesimo. Decisamente questo luogo dell'agonia segna il punto di una storia diversa, perché Dio, il Padre, da qui in poi, chiede quello che ha chiesto a Gesù il Cristo. E qui e da qui in poi, nella storia cristiana (di ciascuno, della Chiesa, del mondo} la realtà ultima è l'agonia e la risposta è una sola: non la mia, ma la tua volontà sia fatta. E la sua volontà è la Croce con tutto quello che la Croce è, non solo due pezzi di legno e quattro chiodi. Non è il morirne, che il morire è cosa naturale in qualsiasi modo si muoia (perché è sempre e semplicemente morire), ma il morire della Croce è l'annientamento di tutto 1'uomo, è realizzare valori infiniti con l'assurdo, è essere buttati fuori per essere dentro, è perdere per vincere, è morire per risorgere. E' fidarsi e consegnarsi a tutto ciò che può semplicemente convincere del contrario di tutto quello per cui si è vissuti.
Non so cosa pensare di me. Cosa mi posso proporre? Sono cosi infinitamente lontano da questa interiore disponibilità. Io che tanto esalto la libertà, capisco bene che questa è la consumazione della libertà, ma è la libertà che nasce dal di dentro realizzata dal dominio unico e totale di Dio e di tutto il suo Mistero, compreso tutto quello che è incomprensibile e assurdo secondo i criteri umani, in me, fino ad essere soltanto un'obbedienza a Lui. Qui veramente libertà e obbedienza si realizzano a vicenda e costruiscono l'uomo nuovo, diverso.
Quello che è nato in quella notte su questa pietraia impietosa, sotto gli olivi di quest'orto, nelle mani degli uomini in una eterna crocifissione fatta non per odio ma spesso per una stranissima fede.
Certo è che da quella sera, di su queste pietre Gesù è stato preso e è diventato un possesso, una proprietà. Da .quella sera è entrato, dalla chiarezza della sua vita e delle sue parole, è entrato nell'assurdo. Fin quasi a non essere riconoscibile come sulla Croce.
Eccomi qui.
Vorrei dire di una semplicità, di una semplificazione, di una essenzializzazione. Di una umiltà. E cioè di tutta una libertà ma unicamente per cercare e trovare la capacità della libertà dell'agonia. Cioè della paura di Dio e della sua accettazione. Del mio dire di no oppure di si. E abbandonarmi nelle mani del Padre e in quelle degli uomini. E diventare preda di Dio e possesso e proprietà di tutti. Possono essere tutti estranei a me pero hanno la proprietà di me. Sono di loro. Di qui bisogna uscire perdendo perfino l'idea di difendersi. Qui finisce la libertà di essere al di là di se stessi e la libertà che concede qualsiasi approfitto. E' la libertà dell'Amore. E per essere Amore è indispensabile la libertà vissuta su questa pietra, la libertà che supera l'agonia, suda sangue, ma va al di là e lascia fare, che tutto liberamente avvenga quello che deve avvenire.
Lo so che poi dimenticherò e mi sopraffarrà la stupidità del banale quotidiano e qualsiasi ombra mi renderà tenebra e smarrimento e distruzione e qualsiasi goccia d'acqua mi affogherà.
Non voglio assolutamente perché ora basta veramente tutta una storia di una pietra che è come se fosse una montagna (e anche se lo fosse una Fede quanto un chicco di senape dovrebbe annullarla ) ma sarà cosi, E tutta la potenza di chiarezza si annebbierà in uno sbriciolamento miserabile, ma non vorrei proprio.
In questi ultimi anni della mia un po' di sincerità e fedeltà è indispensabile, doverosa per me e per quello che io posso significare per gli altri.
Vorrei concludere qui, seduto dove sono, su queste pietre che hanno sostenuto quell'agonia, concludere una storia che poi non voglio nemmeno fermarmi a giudicare: è quella che è. E in ogni modo avrà se non altro il merito di avermi condotto e quasi costretto a essere qui, Era capire che tutto bisognerebbe che fosse storia che si conclude e che ne inizia un'altra: esattamente quella che nasce da un'agonia (lotta) che non è la mia ma quella di Gesù e quindi se un rapporto c'è fra me e Lui (e voglio che questo rapporto ci sia) la sua agonia è inizio particolarmente significativo e impegnativo fino al punto che è la sua agonia e deve essere pure la mia. Perché la sua agonia combattuta anche dentro di me come dentro il mondo intero. Il Suo abbandonarsi alla volontà del Padre perché avvenga tutto il suo progetto è e vuole significare anche il mio abbandono al progetto di Dio.
Qui dovrebbe essere vinta la paura di Dio. Dovrebbe essere scavalcato ogni condizionamento ad entrare nella pura e semplice libertà di Dio. Non devo preoccuparmi poi dell'annuncio, dell'evangelizzazione, della Parola. Sarà data nel caso che debba essere pronunciata e sarà vita e realtà che si esprime e si offre in mille modii e può darsi anche attraverso la Parola. E' inutile che mi preoccupi di trovare come tradurre questa Parola dell'agonia perché possa essere capita e accolta. Non vi sono parole per questa Parola. L'unica è quella del sangue effuso, sparso. Quella di perdersi. La Parola del silenzio. Quella degli occhi. Del cuore. Dell'Amore. Della Fede. Tutto qui. Non vi può essere essenzialmente altro programma, prospettiva, altra possibilità. Anche la Risurrezione non cambia niente. Rende semplicemente vita e storia questa Parola. Gesù risorto è rimasto segnato dai segni della Croce. E la sua Parola continua a essere quella dell'agonia, di questa lotta che continua a combattere nel cuore dell'umanità e di ogni essere umano, quella dell'assoluto di Dio e dell'assoluto dell'Amore.
Ora non scrivo più. Appena arrivato, dopo che mi sono confessato ho celebrato la Messa. Disgraziatamente la Bontà del fraticello che è rimasto a servirla, mi ha costretto a perdere una particolare possibilità di raccoglimento e di dilatazione del Mistero, ma non ha importanza. Ho raccolto tutti nel cuore e metto tutti e tutto su questa pietraia dell'agonia di Gesù perché tutti e tutto sia nella sua lotta di liberazione per un essere di Dio e dell'umanità. Unicamente.
Non so se tornerò più in questo luogo dell'agonia di Gesù: mi ritroverà però senza dubbio nel luogo della mia agonia: che lui faccia che sia un qualcosa della sua.

don Sirio

Dalla morte alla vita

Scrivo queste riflessioni anche per aiutarmi a raccogliere più in profondità che posso il senso della Pasqua nella mia vita, nel cammino d'ogni giorno, nella monotonia e povertà del lavoro operaio sulla strada, nelle case, fra gli uomini della terra intera. Non so se è cosi anche per gli altri, ma sento un estremo bisogno di «passare oltre» i limiti cosi chiusi e duri della realtà visibile, della storia amara degli scontri, delle lotte, dell'odio, della sopraffazione. Mi attira fortemente il sogno di una terra rinnovata, libera, resa spazio di comunione e di fraternità, campo da lavorare e seminare insieme perché nasca una primavera di vita, un pane già diviso prima di nascere e che quindi tanto più si desidera spartire quando arriva a maturazione. Un modo di vivere dove sia possibile riconoscerci, capirci, amarci e darci una mano ad andare avanti. La Pasqua mi trova sempre più assetato di liberazione da tutto ciò che è impaccio al cammino umano: desiderio soprattutto di poter offrire tutto della mia vita, della mia storia alla vita e alla storia di tutti. Come acqua che si riversa interamente nell'immensità del mare.
Mi sembra di comprendere più a fondo che la Resurrezione di Gesù raccoglie in sé tutta una promessa di possibilità nuove, straordinarie. impensabili senza questo fatto unico ed eccezionale. Credere a Lui come uomo veramente risorto, vincitore della morte nella sua carne che realmente ce lo rende fratello, "uno di noi", è come raccogliere un seme carico di vita e nasconderlo nella vastità del deserto dell'esistenza umana perché vi fiorisca la speranza l'amore la luce.
Devo confessare semplicemente che in tutti questi anni - e cominciano ad essere molti - di vita gettata assai allo sbaraglio e vissuta ai margini della legalità ecclesiastica - anche se a misure ristrettissime e chissà quanto ridicole - ciò che mi è rimasto chiaro e limpido senza ombra di incrinatura è questa totale e assoluta fiducia nella presenza misteriosa ma reale del Cristo Risorto. Sono infinitamente riconoscente alla Bontà del Padre Celeste del dono meraviglioso e straordinario di questa forte speranza cristiana, che non è facile sentimentalismo, superficiale entusiasmo o incosciente ingenuità la speranza radicata nella fede che Gesù di Nazareth, morto sulla collina di Gerusalemme e sepolto alla svelta sul calar della sera di quel lontanissimo venerdì in una tomba scavata nella roccia, è passato realmente dalla morte alla vita, ha rovesciato la pietra del suo sepolcro, ha vinto la grande battaglia per cui era venuto al mondo. E' cosa davvero grande ritrovarsi nell'anima questo dono di fede, questo dovere e potere annunciare che il "passaggio" dalla morte alla vita è possibile che è già iniziato nella storia. Gesù di Nazareth è il segno storico più compiuto di questa possibilità di questo cammino.
Per questo sento di poter accettare con sempre maggiore consapevolezza e decisione di sparire nella massa dell'umanità, di vivere un sacerdozio cristiano senza segni distintivi particolari, senza più riconoscimenti ufficiali e tanto meno privilegi. Capisco che bisogna entrare realmente in una condizione di vita che sia sempre più un «morire per gli altri», un perdere per ritrovare, un dare via tutto per tutto possedere. Dare la vita per quelli che sino in fondo, là dove è stato scritto che si compia il nostro viaggio. L'avventura cristiana letta e raccolta unicamente in Gesù porta inevitabilmente i segni dei chiodi, le tracce delle frustate, le ferite, le stanchezze, l'angoscia e la disperazione dell'abbandono di Dio. Acquista significato allora anche il mio «morire nella Chiesa» questo non essere considerato pii forse nemmeno utile per il regno di Dio da parte di chi nella Chiesa mi ha inviato un giorno sulla strada di Gesù con l'unico impegno di diventare suo discepolo, lievito nella pasta, sale e luce della vita. Si fa sempre più chiara l'assoluta necessità che ci sia qualcuno disposto a questa morte perché ne venga una resurrezione: una Chiesa nuova, diversa, libera da ogni potere e da ogni schiavitù, legata unicamente al suo Signore non potrà nascere senza questo scendere nel sepolcro, Questo diventare niente, come il corpo di Gesù spogliato di tutto tra i quattro chiodi della sua croce. La Chiesa nella sua lunga storia come realtà collettiva e organizzata ha avuto paura di questa morte e si è difesa con tutti i mezzi per non salire il suo calvario, diventando cosi troppo spesso pietra d'inciampo sulla via della Resurrezione. Proprio non volendo accettare di essere debole si è trovata alleata con i forti contro i deboli, con i ricchi contro i poveri, con i grandi del mondo contro gli umili della terra. con i sovrani, i re, i capi di stato, i governi e le autorità invece che con il popolo sfruttato ed oppresso. Dobbiamo riconoscere il nostro peccato storico, il nostro tradimento nell'ora della croce. Per questo Giuda è nostro fratello se vogliamo recuperare come Chiesa la possibilità di annunciare la gioia della Liberazione legata alla Pasqua di Gesù.
Il nostro tempo come tutti i tempi della storia è carico di questa richiesta per una scelta cristiana che sempre più si faccia estremista e radicale nei confronti della proposta evangelica, un abbandono fiducioso alla promessa di Dio che Gesù ci ha fatto conoscere. Sempre più è necessario il coraggio di entrare come il Signore nelle realtà di morte dell'umanità per poter risorgere tutti insieme nella pasqua che ogni vicenda porta in sé come seme indistruttibile. A noi è chiesto senza dubbio di essere questa Chiesa che sparisce e muore dentro la pasta umana perché ne nasca un pane nuovo fermentato nella giustizia e nella verità.

don Beppe

Ad immagine di Gesù

Tanti amici sanno quanto sia fondamentale per noi il riscontrare nel Vangelo delle indicazioni per le nostre scelte di vita. Non crediamo, per questo di essere dei «patiti» di Gesù che devono per forza trovare delle concordanze con la sua vita e le sue parole, ma semplicemente dei cristiani e come tutti i cristiani sentiamo e crediamo di doverci rifare da Gesù Cristo.
Ma il Vangelo dà un'immagine dell'uomo tale per cui noi possiamo a buon diritto sentirla valida anche per noi nonostante il balzo di duemila anni di storia? Il problema non è solo di ordine teologico, ma lo si ritrova nelle incertezze e nelle difficoltà che ogni uomo o donna di buona volontà prova nel leggere il Vangelo per un orientamento della propria vita.
Ho ritrovato in un articolo su Concilium del 1972 (n. 5) alcune linee che mi sembrano valide. E nel rileggere l'articolo suddetto ripensavo a quanto sia importante una lettura continua del Vangelo proprio per non cadere nella tentazione ricorrente di utilizzare solo alcuni episodi o determinate pa-role che esplicitamente trattano del comportamento umano. Non solo: comprendendo i limiti che ha la nostra vita (credo qualsiasi vita) è facile capire quanto sia importante comunicare e saper accogliere oltre che offrire in modo da non rimanere bloccati esclusivamente entro determinate linee. Noi siamo veramente molto indietro in questo e non solo non possiamo portare esperienze, ma neppure intuizioni che valgano comunque ad illuminare la strada. Diciamo che il problema è vivo in ciascuno di noi, ma non. riusciamo a progredire oltre alcune constatazioni. Per questo preferisco ritornare al l'articolo di Concilium: «Alla domanda quali valori irreversibili d'umanità siano rinchiusi nei Vangelo si può trovare risposta adeguata soltanto se non stacchiamo dal loro contesto generale gli atti e le parole chiave: il regno di Dio, conversione, il Figlio dell'uomo... Entro il triangolo di queste parole chiave i vangeli hanno messo insieme le parole di Gesù e i racconti su di lui. Le parole contengono tante norme di, comportamento. Ma queste non sono formulate come prescrizioni obbligatorie che possono essere adoperate in modo legislativo; hanno piuttosto un carattere appellativo, né sono statiche. Il loro carattere dinamico risulta, tra l'altro, dalla circostanza che nel vangelo l'immagine normativa dell'uomo non viene tracciata con aggettivi o sostantivi che descrivono qualità umane. Evidentemente l'immagine normativa dell'uomo nel vangelo presuppone un tessuto di relazioni umane. . '
Le norme di comportamento si riferiscono al modo in cui gli uomini si comportano nei confronti reciproci. Lo stesso vale peraltro dei racconti su Gesù: essi si riferiscono al modo in cui egli reagisce ad altri uomini».
Per questo credo sia molto importante che. quando leggiamo il vangelo per orientarci nella vita abbiamo ben chiara e presente la nostra posizione, i nostri rapporti con gii altri ed i rapporti che gli altri hanno con noi. Proprio per poter agire ad immagine di Gesù è necessario si avere una visione chiara di fede. ma è indispensabile anche rispondere in modo creativo a tutto ciò che uomini e situazioni chiedono. Non è giusto né possibile cristianamente orientare la nostra condotta umana nel rispetto di indicazioni date nel passato. Noi viviamo in una attesa, in una speranza, verso un avvenire. Una lettura del vangelo radicata nei rapporti umani che ciascuno vive imporrà una visione nuova delle cose ed impedirà una strumentalizzazione devozionalistica della Parola di Dio. Sono cose dette ormai da anni: esse attendono solo la disponibilità di un'incarnazione in uomini o donne e comunità di fede.

don Luigi

Qualcosa di nuovo

E' molto difficile chiarire mettere in parole richieste misteriose che a volte dilatano nell'anima come delle visioni di mondi nuovi, assolutamente diversi. Eppure non sono sogni, hanno tutta l'apparenza, disgraziatamente di assurdità, per via di un inevitabile raffronto con la crudezza della realtà, ma portano dentro tutto lo splendente colore, la sorprendente meraviglia della possibilità: quando le cose è come vederle li a portata di mano, non possono non affascinare dal più profondo e convincere totalmente.
Non voglio fermarmi a considerare possibilità di un diverso, di un nuovo, nelle condizioni attuali politiche, economiche, sociali, culturali, di civiltà, di costume, di rapporti, ecc. Anche per il semplice motivo che non mi possono essere concesse immaginazioni di novità per il fatto più che evidente che non ne esistono. E' il tempo in cui anche la fantasia comincia a spengersi, è come logorata e non riesce che a polarizzarsi sempre più che in pochissime possibilità di soluzione: forse si stanno riducendo ad una sola.
E questa inevitabilità mi sgomenta, sa quasi di oppressione, di forche caudine. Ma è così, e forse. anche se l'idea mi è insopportabile, bisognerà adattarsi.
La condanna più pesante di tutto il sistema politico che da trent'anni a questa parte ha costretto, sta costringendo a scelte diventate inevitabili e quindi non più scelte e allora nemmeno forse maturazioni, crescite, sviluppo, civiltà, valore umano, ma semplicemente inevitabilità, Sta diventando pacifico, indispensabile, necessità assoluta la presa del potere del P.C.I. Quasi come un male minore, come un adattarvisi per disperazione. perché proprio non rimane altro da fare. E l'unica alternativa fra una classe politica ormai ammarcita fino alla putredine, dove è semplice assurdità perfino la più piccola speranza di qualcosa di diverso o il golpe alla sud America, del quale è meglio nemmeno fare il più piccolo accenno: sarebbe «il Dio ci liberi», la gente chiama il cancro,
Siamo ormai nell'impossibilità di una svolta autenticamente rivoluzionaria. Il diverso e il nuovo può essere semplicemente sognato e semmai chi questo bisogno di novità le porta nel proprio destino, l'unica prospettiva che gli rimane è prepararsi ad essere disponibile alla lotta. Perché a poco per volta alberi nuovi siano piantati, vigneti novelli siano messi a dimora: la fiducia e la speranza è nell'immenso cuore del popolo se chi ne porta il destino (e può essere chiunque ma collettivamente è la classe operaia, lavoratrice) sempre più sviluppa la coscienza che appartiene e compete a chi lavora «lavorare» la storia per costruire da materiale grezzo l'opera d'arte, da una zolla di terra una spiga di grano.
Rivoluzione Amore
E' un pensare questo da pover'uomo che seduto su una panchina del molo riguarda e ascolta lo sciacquio dell'acqua mossa dal passare di un peschereccio, fra le pietre nere e verdastre di muschio catramoso. Ormai è difficile incontrare anche i vecchi compagni, e quando succede è un parlare a tenerezze quasi di commozione. Perché la rivoluzione, nonostante che la storia e la letteratura ne abbia fatto come il nome e l'immagine di un fiume di sangue di orrori e di disumanità, è il concetto più dolce, l'idea più umana, la poesia più profonda: vi è dentro la realtà più misteriosa di Dio in ricerca di muovere eternamente tutte le cose, senza sosta, senza riposo e senza pace (non intendere, per favore, la guerra) perché tutto l'universo, e cioè il cuore dell'uomo, dell'umanità, arrivi - ma come è lungo e misterioso e adorabile e bellissimo questo pel1egrinare - arrivi all'identità di Dio, per l'incontro perfetto con Lui e con l'uomo, che è l'amore.
Perche rivoluzione è Amore. Non so delle nuove teologie e mi piacerebbe molto che la Chiesa non avesse tutto quel prudenziale timore di teologie come per esempio quelle della liberazione, ecc.
Leggo semplicemente nella mia anima che spesso sento molto stanca, perché quando è come il tempo di oggi, questo nostro tempo così scolorito c condannato a tutto e perfino al compromesso quotidiano da una parte, nella sbriciolatura di ogni giorno, e storico dall'altra, senza speranze rivoluzionarie, quando è lavata così questa mia povera anima, allora non so leggervi niente e quel poco che vi era stato scritto da tanta sofferenza di anni, è scolorito che quasi non riesco più a decifrarvi qualche idea, un progetto qualsiasi, una speranza.
Anima nuova
Ma quando leggo nella mia anima nuova, chiara e serena e succede proprio allora quando è percossa dallo Spirito, come a crearvi novità, a irrigarla di freschezza, e pare che vi esploda la primavera, non soltanto quella là fuori, di questa vallata creata stanotte, estasiata di voli e di canti d'uccelli, velata di fiori e di verde sotto l'Amore infinito di un azzurro adorabile allora nella mia anima, chissà perché mi sorride la gioiosa speranza. di una rivoluzione, cioè, semplicemente, che tutto si muova e cammini verso il nuovo.
Penso naturalmente alla novità di uomini nuovi. Di umanità diversa, profondamente cambiata, irriconoscibile. Perché era decrepita e sarà ringiovanita.
Era disumana e sarà umana. Divisa e poi unita. Possessiva di tutto fino alla pazzia e invece libera. Morta e ora non risuscitata (l'idea del morto risuscitato non è la resurrezione), morta e ora viva vivente.
Mi incanta questa risurrezione di Gesù (e Lui è il primo e quindi così sarà dell'umanità intera) che non è un morto risuscitato, è l'inizio della vita, il vivente. La vita secondo l'idea della vita, propria del pensiero di Dio che creò la vita per comunicare la Sua vita. La sua Risurrezione è questa vita. E' una profonda, adorabile rivoluzione la Risurrezione di Gesù. Quella che più è scesa (e per scendervi la via è la via del Calvario e l'entrarvi è la morte di Croce) è la rivoluzione che più è scesa nella realtà dove è consumata l'immobilità, 1a fissità, la stabilità, il tutto è così per sempre pietrificato - volevano così tanto questa «sistemazione» del problema Gesù i sommi sacerdoti, i farisei, Pilato... e così hanno creduto i discepoli, gli apostoli ... - qui è esplosa la rivoluzione della Risurrezione.
Ha rovesciato la pietra, strappato i sigilli, spazzato via la forza militare e se tutto è emblematico come lo è sicuramente, tutto novità sarebbe dovuto essere il Cristianesirno...
Rivoluzione pasquale
Non mi proibire con le tue teologie e le tue liturgie di provare la gioia esaltante di questa rivoluzione pasquale. Ma non credere che sia un fatto intimistico, religioso, contemplativo, con componenti di estremismi politici.
Sbaglieresti assai. Perché non esiste qualcosa di Gesù Cristo che non sia costruzione di vita, di realtà umana, di storia. Dio è venuto ad abitare fra gli uomini per sommuoverne tutta l'esistenza, per coinvolgerla nella propria rivoluzione richiamandoli e cercando di distoglierli dalle pseudo rivoluzioni, sempre e unicamente ripiegamenti su se stessi, rimangiandosi sempre ogni accenno di novità o di rinnovamento.
Nella mia Fede cristiana sempre più mi si approfondisce quella violenza del nuovo in una ricerca prepotente di manifestarsi. E' come una forza esplosiva contenuta e compressa, impedita a sviluppare tutta la sua incredibile potenza. Una giovinezza che non può abbandonarsi alle sue meravigliose, incredibili esuberanze. Una primavera pronta che già tutta preme per fioritura sovrabbondante, trattenuta da un inverno spietato, da un raggelamento rabbrividente.
E' come se il passato non accettasse di essere passato, incombe sul presente, impedendogli di essere presente e tanto più rendendo impossibile un progetto futuro. E' ciò che era di ieri (di secoli e secoli fa) che continua a dominare e a determinare. Qui niente vuole morire, niente si adatta e si rassegna a diventare passato.
In questa nostra Chiesa, in una scelta di Fede come costruzione e realizzazione di vita e di storia (la storia considerata nel suo divenire, nella sua inventività, la storia come creazione e cioè tutta da fare) non è possibile che rifarsi al passato. E' tutta una incredibile e terribile riesumazione il vivere quotidiano della fede e la sua progettazione futura. Non per nulla tutto è codificato, perfettamente sistemato.
Il dogmatico spesso perde l'adorabilità della manifestazione dello Spirito di Dio, per diventare un'immutabile fissità come se tutto quello che Dio ha manifestato all'uomo fosse diventato di pietra e non parola viva da essere pronunciata da labbra vive e specialmente da cuori ed anima di credenti, vivi e viventi.
Così è diventato tutto detestabile, rabbrividente, come qualcosa di morto, di freddo, di staccato dalla vita.
Una Fede in Dio, una scelta di Cristo, il Risorto vivente, che è diventata legge, codice e tutto deve essere salvaguardato da leggi per sistemare anche il domani in modo che risulti chiaramente che novità non vi potrà essere mai, perché il camminare non può essere consentito verso cieli e terre nuove: è bloccato ciò che più di tutto è Dio il suo essere movimento, atto puro, si diceva una volta, è tentare di spengere l'ardore bruciante dello Spirito e impedire che aurore spuntino di dal crinale di montagne per giornate nuove di storia umana, che esplodano primavere a fiorire speranza e Amore in quest'orrore di umanità vecchia, rattrappita, ripiegata a gloriarsi le proprie grandezze, ruminando beatamente la stessa civiltà, la cultura, la stessa religione, fino a masticazioni da stomaco.
La gioia della Chiesa Mistero
Lo so che è grave (ma poi perché, a pensarci bene?) essere stanchi di questa Chiesa e del suo affaticarsi veramente così penoso e inutile per essere nuova.
Non è detestazione della Chiesa nel suo essere Mistero di Fede semmai è proprio perché non è Mistero, ma concretezza evidente, realtà che si può vedere e toccar mano, crudezza pratica di uomini, di strutture, di leggi, di liturgie, di fatti, valori terreni, temporali e quindi schiavitù e incapacità impotente, come tomba chiusa, sigillata custodia del potere temporale dove è possibile, a custodire della morte, del passato, delle tradizioni, dei privilegi, dei diritti, delle leggi, del potere..
Ho tanta voglia di quel Mistero di Chiesa inspiegabile razionalmente, assurdità secondo criteri temporali, pazzia in base alla saggezza umana... Una violenza che rompe e travolge. Una rivoluzione che rovescia tutto e di cui non si può che avere paura perché non lascia in pace nessuno, assolutamente nessuno, cominciando da chi ne afferma la Fede. Una chiesa, dolce e adorabile anarchia perché parla di Amore e vi si affida totalmente, cerca giustizia e vi crede pazzamente, libertà e lotta fino a morirne perché afferma e vuole a costo di tutto uguaglianza fra gli uomini. E non per via di leggi, per giochi di potere, rifacendosi agli uomini e ai loro governi, ma unicamente per via di Dio. Quest'assurdità di Dio motivo di valori infiniti, di cui gli uomini non possono fare a meno. Per via di Gesù Cristo, un uomo che è Dio che si è fatto uomo, gettatosi fra gli uomini perché credessero e avessero dentro la loro storia la vita dell'uomo e la vita di Dio.
Ecco, ora continuo a sognare, cioè ad avere Fede. Anche se fossi da solo. Perché non ha nessuna importanza essere o sentirsi in molti. Anche se fossi solo a vederla e ad esultarne, sarebbe primavera lo stesso, là fuori.
Tanto più che venendo il tempo in cui il cercarci gli uni con gli altri e trovarci insieme non è per realizzare una forza e crescere la possibilità di una lotta che vince, ma è per raccontarci ciò che lo Spirito ci va sognando nell'anima e cioè che Lui sempre più è alla porta e sta per bussare: cerchiamo semplicemente di essere pronti ad aprirgli al primo colpetto all'uscio della storia.
A meno che non preferisca farlo, se lo crede bene come ha fatto già altre volte di entrare e venire fra noi a porte chiuse. L'importante in questo caso è che non pensiamo che sia un fantasma. Sappiamo che ci domanderà «figlioli, avete qualcosa da mangiare?» Non occorreranno molte cose, sappiamo bene anche questo, basterà un po' di pesce arrostito e un favo di miele.
E' questa la Pasqua che vogliamo augurarci con dolcissima gioia.

don Sirio

Problemi e testimonianze antimilitariste

Congedo bruciato
. Ecco il testo della dichiarazione con cui il G.P. Devoti ha motivato la restituzione del suo congedo militare. Con il suo gesto (la carta è stata bruciata dinanzi al tribunale militare) ha voluto esprimere solidarietà con la scelta di Liborio Filippi obiettore totale membro dell'I.C.I. (Insumissium Collective lnternactional}, condannato il 13 gennaio dal tribunale militare di Verona ad 1 anno di carcere.
Coordinamento italiano ICI
Via mons. Romano 15
25010 S. ZENO (VR)
«Intendo restituendo questo pezzo di carta consegnatomi dalla istituzione «Esercito Italiano» esprimere il mio NO a tutto e ciò che è violenza e repressione, tanto più se pubblica ed istituzionalizza-ta. Penso e dico infatti che l'esercito è veramente «violenza» al più alto grado di bruttura mai rag-giunto, basti guardarlo nella sua funzione di repressione delle rivendicazioni sociali o nel suo ruolo di insegnare ad un uomo la arte di annientare ed uccidere un proprio simile.
Tutto mi fa capire che le Forze Armate sono uno strumento governato da pochi alla conquista di privilegi .personali, per opprimere e sfruttare la massa.
Credo che con la presente sua scomparsa (polizia compresa) sparirebbe la roccaforte dello sfruttamento e l'origine della delinquenza.
Spero e lotto affinché tutte le forze e le spese ora impegnate nell' esercito siano convertite in attrezzature e lavoro di utilità sociale, e perciò di pace. La legge dell'amore mi insegna la convivenza pacifica, il mutuo aiuto e il desiderio creativo insieme all'altro.
Mi unisco perciò insieme a tutti coloro che credono nell'amore e la comprensione in una lotta che terminerà solo alla scomparsa dell'esercito (di tutti i paesi senza distinzione).
Ho fede nella riuscita di questa lotta, nel grido dell'amore e della pace che si leva da tutto il mondo.
Rendo perciò a «Cesare quel che è di Cesare»,
G.P. Devoti

Obiezione totale di coscienza
Nella nostra lotta antimilitarista non possiamo spesso realizzare che il piccolo contributo di allargare la conoscenza ai nostri amici di chi questa lotta affronta e paga duramente di persona.
Pubblichiamo la seconda parte della dichiarazione di obiezione totale di Peroni Luciano, un giovane condannato da un tribunale militare di Brescia e attualmente incarcerato nel carcere militare di Peschiera sul Garda (Verona)•
Questa seconda parte della dichiarazione di Luciano è particolarmente importante perché critica con forte argomentazione la legge che istituisce il famoso servizio civile che lui giudica e respinge come un tentativo furbesco dello stato padrone di vanificare l'affermarsi di una vera coscienza antimilitarista.
Inviare anche una semplice cartolina può essere atto di solidarietà e motivo di incoraggiamento Scrivere a:
Luciano Peroni Carcere militare Peschiera del Garda
(Verona)

CHE COS'E' LA PATRIA
A CHE COSA E A CHI SERVE L'ESERCITO
COSA SIGNIFICA INDOSSARE UNA DIVISA ED ACCETIARE UN REGOLAMENTO COME QUELLO MILITARE
Ciò che io intendo per patria non è certo un suolo od uno stato chiuso in confini immaginari o linguistici ma tutti i luoghi dove esistono uomini che lottano per la propria vita. per i propri bisogni: questa è la mia patria!
L'esercito, che è il simbolo più palese di una società e di uno stato autoritari, che basa la sua esistenza sulla logica della violenza e della sopraffazione, sulla concorrenza e lo sfruttamento, perde qualsiasi significato nel concetto di patria che io ho. Oggi come oggi l'esercito assume il ruolo che la classe al potere gli impone e lo finalizza a sé stessa, ai suoi propri fini politici ed economici. Infatti l'esercito di leva attualmente ha vari scopi molto diversi da quelli che si prefigge in teoria, e cioè:
1) camuffare un esercito professionista, che ha in mano la unica possibilità bellica, quali i corpi speciali, PS. carabinieri. Vengono impiegati ed indirizzati in compiti non tanto di difesa della patria. quanto di antiguerriglia, crumiraggio, repressione, quindi contro gli interessi delle masse del Popolo, a vantaggio sempre e comunque della classe padronale che meglio lo paga.
2) I 200, 250.000 giovani che vengono ogni anno utilizzati per motivi mistificati (ma che portano conseguenze rilevanti, sottoponendo l'individuo a codici, regolamenti, gerarchie che lo svuotano completamente sia di ogni diritto umano che della sua personalità). consentono un rinnovo costante nel tempo di un determinato numero di posti di lavoro: sminuiscono quindi la pressione sociale che si accentuerebbe se la coscrizione venisse abolita.
3) Con la constatazione realistica che ha attualmente l'esercito è svuotato di tutti i significati che falsamente intende avere, lo si accetta solo nella misura in cui assorbe un numero non indifferente di personale fisso, di professione.
Non si riesce a dare a questo, sebbene socialmente inutile uno sbocco alternativo. soprattutto perché ciò comporterebbe un cambiamento radicale sia della società che della sua ideologia attuale.
4) Inoltre, l'esistenza dell'esercito dà una ragione, un pretesto, un'accettazione dell'industria bellica che, come l'esercito, viene accettata perché assorbe un numero non indifferente di posti di lavoro.
Accettare una divisa, un regolamento, delle leggi e quindi una giustizia come quella militare, significa accettare una società autoritaria, la sua logica antiuomo, accettare e sottostare a leggi, regolamenti, istituzioni fasciste. Significa per me rendersi complice e succube di una istituzione che non accetto e non concepisco, visto che basa la sua ideologia e la sua pratica nella violenza. nello sfruttamento, nell'annullamento totale dell'individuo.
Per questo motivo non accetto di contribuire concretamente alla lotta che i soldati democratici potano avanti oggi allo interno delle caserme, anche se le rivendicazioni che vogliono concretizzare le condivido e le accetto; nella misura però in cui questa lotta, che può portare risultati concreti relativamente prossimi, non sia fine a sé stessa, non si fermi cioè al fatto di conquistare degli spazi, dei poteri legittimi all'interno di una istituzione così totalmente ermetica e incontrollata, ma prosegua oltre. L'obiettivo ultimo non deve essere la democratizzazione dell'esercito. ma il suo abbattimento. Queste lotte quindi, rivendicazioni giustissime. vanno inserite nel quadro generale della lotta per la formazione di una società giusta, socialista, antiautoritaria.
Dopo anni di lotte per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza, è stata varata, il 12.12•1972 la legge n. 772 che vorrebbe legittimare, e quindi giustificare il rifiuto del servizio militare da parte di chi non lo condivide.
In realtà, non realizza né tanto meno giustifica questo rifiuto, ma tenta di tamponare con una legge-contentino, quale appunto la 772, le denunce specifiche di una minoranza in espansione che, presa coscienza del ruolo dell'individuo in questa società e nelle sue strutture ed il ruolo reale che dovrebbe avere, rifiuta specificatamente l'esercito in primo luogo e l'ideologia padronale, optando per un lavoro di base costruttivo e non distruttivo o tendente al perpetuamente della situazione attuale, che avviene a discapito delle masse.
L'obiezione di coscienza non nasce nel momento in cui si rifiuta l'esercito (può essere una posizione di comodo).
L'obiezione nasce più a monte: nasce dalla constatazione di dati di fatto della realtà sociale, politica ed economica e delle sue contraddizioni. Diviene quindi un rifiuto, una negazione e soprattutto POLITICI; è un divenire, una maturazione, una scelta, una presa di posizione soggettiva che, nel momento della sua realizzazione pratica, si allarga e si inserisce nella lotta più generale, più totale al sistema e alle strutture autoritarie, al militarismo inteso nel senso più ampio.
Nel momento specifico della chiamata alle armi, l'obiettore si dichiara tale, assume un tono ufficiale di fronte all'opinione pubblica ed alla società, dichiara i motivi e le ragioni del suo rifiuto. In questo preciso momento entra in causa la legge 772 come regolatrice delle ragioni addotte dallo obiettore, che devono essere religiose e filosofiche. MAI POLITICHE. Ribadisce quindi la natura militare dell'obiettore, che è appunto equiparato sia economicamente che giuridicamente al militare: quindi di fatto le sue scelte di rifiuto non sono neanche tenute in considerazione.
Il servizio civile, poi risulta un'alternativa obbligatoria e cioè: rifiuti il servizio militare? bene eccoti il servizio civile, dove dipendi dal ministero difesa che decide i vari enti ed istituzioni in cui potrai svolgere il servizio civile, a patto però che non fai un lavoro realmente politico, Inoltre si aggiungono 8 mesi in più come ennesimo esempio di comprensione da parte dello stato, per la «validità» dell'obiezione che, appunto essendo positiva, va punita!
La 772 mi suona come un ennesimo tentativo dello stato padronale di incanalare, appunto con una legge, le scelte libere e coscienti degli individui, tentando di riassorbire. come del resto è già successo e sta succedendo in altri paesi, e quindi vanificare la natura antimilitarista ed antiautoritaria delle loro scelte, accuse, alternative. Il servizio civile legalizzato e regolato da una legge è un com-promesso tra lo stato padrone e l'individuo, tra l'autorità costituita e il diritto di coscienza di cui non la riconosce: diviene per la sua natura obbligatoria un servizio civile militarizzato,
Per queste ragioni rifiuto anche il servizio civile in quanto. non voglio scendere a patti ed accettare compromessi con una istituzione che ritengo inutile e dannosa, violenta ed autoritaria, contro la mia coscienza di uomo.
Accetto tutte le conseguenze che tutto ciò comporta. ma non intendo la mia accettazione passiva, ma attiva nel portare avanti una lotta antimilitaristica durante e poi la galera: il mio servizio civile è solo rimandato, in quanto la mia obiezione non è solo specifica del militarismo di caserma, ma una scelta politica antimilitaristica ed antiautoritaria che coinvolge tutta la mia vita: quindi imposto la mia OBIEZIONE TOTALE specificatamente contro i codici, tribunali. le leggi e i carceri militari. Ribadisco quindi, che la mia inarnazone è già servizio civile di per sé stesso, dimostrando e sottolineando ulteriormente la violenza e l'autoritarismo di questo stato pseudodemocratico ed autoritario che sfodera drasticamente le sue vere doti repressive contro chiunque non è disposto ad accettare i suoi schemi.
aprile '76
Peroni Luciano

L'agonia di allora e di sempre

Il cristiano che non ha vissuta l'agonia dello scontro fra la volontà di Dio, non è ancora arrivato al punto e al momento della sincerità e della verità.
Se stesso e il progetto di Dio. La propria razionalità e l'irrazionalità di Dio. La propria salvezza e la salvezza, cioè il perdersi, secondo il pensiero di Dio la propria logica e l'assurdo di Dio. Perché Dio è assurdità, illogicità totale. La sua giustizia è ingiustizia per noi, per gli uomini. Il suo amore è disumanità. Gesù qui è arrivato a questo punto estremo in cui si è imposta la scelta. Di qui l'agonia, cioè la lotta, lo scontro estremo. Pregava a lungo. E' terribile questo insistere a lungo, questo cercare di non piegarsi, ma di piegare, di piegare la Volontà del Padre al rispetto di se e delle sue ragioni, dei suoi diritti. Quest'agonia. Smarrisce e disorienta. Quest'assoluto di Dio e del suo pensiero e del suo progetto. Questa spietatezza di Dio che è Amore. Questa durezza del Padre nei confronti del Figlio.
Ma cosa vuole Dio da noi? Ma chi è e cos'è questo Dio? Le parole possono essere tante e facili, ma Lui è incomprensibile e inaccettabile anche per Gesù. E l'accettazione è stata semplicemente obbedienza. Obbedienza senza comprensione, ma un costringersi alla Volontà del Padre. Questo costringersi è l'agonia di quella notte, fra gli olivi. Questo costringersi è piegarsi all'assurdo del rifiuto totale quello della croce. Signore.

Problemi della nostra comunità

Chiediamo scusa a tutti i nostri lettori di non rispondere spesso alle loro lettere, se non altro per dir loro quanto ci sono motivo d'incoraggiamento e di consolazione.
Nella sbriciolatura quotidiana, dal lavoro all'incontro personale in casa nostra e fuori casa, spesso il tempo viene risucchiato come un rivolo d'acqua dalla sabbia bruciata dal sole.
E la stanchezza a volte è una sopraffazione dalla quale è tanto difficile difendersi.
Rimangono indietro allora tante cose, quasi da far paura, certamente da suscitare sgomento, specialmente in questi nostri tempi in cui la pesantezza del quotidiano non dovrebbe assolutamente impedire una chiarezza di progetto e tutto quello che occorre, niente escluso, per calarlo concretamente nella vita fino a cercare che diventi e sia scoria.
E' molto vero che la fedeltà in questi nostri tempi non può che essere che a misure di totalità: particolare e universale, momento e storia, Dio e l'uomo, la persona e l'umanità, il tempo e l'eternità.. tutto è unità di valore, in richiami misteriosi, per convergenze assolute, per incontri totalizzanti.
E' da questa fedeltà che nasce il peso di una responsabilità quasi impossibile a sostenersi per chi ha scelto che il se stesso debba essere null'altro che una semplice e povera disponibilità di cui il mistero della vita può liberamente usare e abusare.
Non è che noi siamo arrivati a queste misure di dedizione e di offerta libera all'angolo della strada o lungo il marciapiede, ma sappiamo che questo dovremmo essere: è di qui che viene su il bisogno di chiedere perdono a chi ogni diritto ha su di noi, ogni volta che non siamo trovati pronti e fedeli a rispondere come il servo de. Vangelo quando il padrone, a qualsiasi ora, viene a bussare alla porta. E il padrone è Dio e cioè ogni uomo e ogni donna, il rapporto fra il Mistero di Dio e il Mistero dell'umanità.
Come è facile immaginare, in questa mareggiata di rialzo dei prezzi, il costo di questo nostro foglio, che noi consideriamo semplicemente una lettera agli amici - forse per rimediare in qualche modo i vuoti di cui sopra - è andato assai assai aumentando.
Non abbiamo mai chiesto né intendiamo chiedere abbonamenti - non possiamo chiedere il francobollo a chi scriviamo una lettera - però la spesa da sostenere ci pone dei problemi.
Ovviamente quello di poterla sostenere questa spesa, dato che con il nostro lavoro riusciamo più o meno disinvoltamente, ormai, a reggere l'economia - usiamo questa parola tanto per intenderci! - della comunità, ma non molto di più, tenendo di conto novità di spese che logicamente intervengono a creare problemi, esigenze d'impegni nuovi ecc.
Ma non siamo più nemmeno completamente sicuri se realmente siamo giustificati, tenendo presente onestamente la relativissima importanza di questo nostro foglio, a sostenere questa spesa diventata piuttosto rilevante e dati i tempi in cui viviamo con tutte le problematiche che comportano.
Pur con la chiara coscienza dell'improvvisazione con la quale scriviamo, della disorganizzazione più totale su un piano redazionale, della, a volte, non facile lettura e comprensione di molti articoli, sicuramente molto più chiari nel cuore e nella Fede che sulla pagina scritta... però pur essendo piccola e insignificante Lotta anche se grandissimo è l'Amore con la quale viene combattuta, ci lascia perplessi il mettere la parola «fine» a questo nostro impegno, Può essere anche perché forse ci mancherebbe dove riversare quello che spesso trabocca dall'affogamento quotidiano e dalla sovrabbondanza del cuore: un impegno e una possibilità di meno per poter gridare sui tetti tutto quello che ci viene sussurrato nel sesegreto.... ma può anche essere segno di stanchezza, di sfiducia, anche se assolutamente non significherebbe un arrendersi!
Esponiamo, cosi, con semplicità il problema.
Non chiediamo nemmeno incoraggiamenti: vi sono problemi molto più grossi e pesanti di cui i nostri amici si devono occupare.
Se però qualche amico si trovasse nella condizione di darci una mano lo ringraziamo con tutto il cuore, come ringraziamo chi ha avuto il pensiero di scriverci e di aiutarci anche economicamente.

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