Agli amici
Pensiamo d'inserirci, anche se l'apporto nostro può essere estremamente umile, nella ricerca ecclesiale di un rinnovamento della Fede cristiana nel suo rivelarsi e realizzarsi nel mondo e cioè nella evangelizzazione e sacramentalizzazione.
Rinnovamento che ovviamente non può ottenersi rispolverando le liturgie e lucidando a nuovo pastorali catechetiche.
Il discorso sull'evangelizzazione e i Sacramenti costringe inesorabilmente a rivedere tutto il rapporto fra Chiesa e il mondo del nostro tempo e quindi tutto il significato di una presenza di Fede nella storia da esprimersi attraverso la Parola e i Segni sacramentali e quindi una concretezza di vita, di vita cristiana.
La Parola pronunciata, i Segni sacramentali, la concretezza esistenziale della Chiesa, continuano a contenere e ad esprimere l'Opera di Dio nel mondo?
E' il tempo e sempre più è urgente, di giudicarci severamente in una riflessione su noi stessi in quanto cristiani, sul filo di giudizio che i tempi che corrono rimbalzano così pesantemente sulla Chiesa nel suo insieme ma particolarmente sulla Chiesa che annuncia il Vangelo e sulla Chiesa che amministra i Sacramenti.
Le nostre riflessioni che offriamo come sempre con semplicità ai nostri amici, ci sono venute su dal nostro vivere e dal nostro parlare fra noi, dall'amarezza di tanta esperienza profondamente sofferta e da tutta una Fede che sogna la Chiesa in tutta una pienezza di vita cristiana, seriamente e responsabilmente capace della Parola di Dio e d'innestare attraverso i Sacramenti tutto il Mistero di Cristo nel destino dell'umanità.
Nei prossimi numeri, della cui probabile discontinuità dovuta più che altro alla difficoltà di reperire spazi di tempo per scrivere, nella giornata già così faticosa, ci scusiamo con gli amici, pensiamo di precisare meglio e più a livelli di esperienza concreta, queste nostre riflessioni sulla evangelizzzazione e sulla sacramentalizzasione.
La Comunità del Porto
PREMESSA
Il tema, è ovvio, meriterebbe una trattazione molto approfondita, Anche perché non si tratta di realizzare uno studio, un'analisi teologica e pastorale impegnata esclusivamente in una ricerca sul rapporto sacramenti e realtà esistenziale, sociale, politica, ecc., lavoro già di per sé di misura enorme, ma perché in antecedenza è indispensabile affrontare tutto il problema religioso, tutta l'impostazione della Fede cristiana, come valore, in cui tutto Dio e l'uomo è impegnato nella costruzione della vita, dell'esistenza.
IL PIANO DI DIO
Perché la verità fondamentale, decisiva, per una autenticità di Fede cristiana, totalmente rispondente al Mistero di Dio, è che il primo pensiero formulato nel piano di Dio (e quindi nella realtà permanente del pensare di Dio) in ordine alla creazione dell'universo e quindi dell'umanità, è la creazione e cioè l'esistenza di un esistere tipico, umano perfettamente rispondente al progetto esistenziale di Dio.
Tutta la rivelazione è manifestazione, è far conoscere agli uomini questo progetto. E' storia di Dio impegnato nella fatica di costruzione di questa esistenza.
MISTERO DI CRISTO
Gesù è Dio venuto a vivere questa esistenza in adempimento perfetto, in rapporto d'obbedienza assoluta, al pensiero esistenziale di Dio. Fino ad essere Lui, vero Dio e vero Uomo, in una coincidenza compiutasi nella sua storia realizzazione perfetta del Piano di Dio.
Il cristiano è questo «ripetere» o se si vuole è questa continuità esistenziale, storia di Gesù Cristo: è una vita costruita non tanto sul modello - Gesù Cristo, quanto è la totalità del Mistero di Cristo che realizza. costruisce, crea - mediante l'azione creatrice dello Spirito Santo - una vita, un vivere, un'esistenza, identità concreta, vivente al progetto di Dio.
La Chiesa è questa esistenza cristiana collettiva, comunitaria e cioè pienezza, autenticità di esistenza umana per il suo raccogliere la pluralità esistenziale carismatica, la molteplicità del dono cioè l'immaginazione sovrabbondante creativa di Dio, nell'unificazione e quindi nella compiutezza di una esistenza umana realizzata nella "carità", nell'Amore che supera l'individualità. cioè il frammento d'esistenza, per collettivizzarlo, unificarlo, in comunione aperta della progettazione di Dio e del suo dono, nella costruzione di un esistere, di un vivere autenticamente umano, cioè secondo il vero essere dell'uomo (individuo e collettività) e secondo il progetto di Dio.
RAPPORTO CON L'ESISTENZA.
Davanti al cristiano e quindi davanti alla Chiesa, è la vita storica, concreta, quella di tutti i giorni e quella in prospettiva storica a misura di umanità, che deve essere affrontata e realizzata in una costruzione tipica, ben chiaramente caratterizzata e assolutamente inconfondibile, così come emerge dal Mistero di Cristo, della sua Parola, quella pronunciata a viva voce e quella pronunciata facendosi carne, vita, esistenza umana.
E per il fatto che davanti al cristiano e alla Chiesa si ponga, come impegno assoluto e unico, la costruzione di una esistenza, cioè di un modo di vivere di uomini, una scelta esistenziale di essere, una specificazione caratterizzante di rapporti, una qualificazione costruente della quotidianità della vita e della sua programmazione storica, comporta necessariamente il salto da una impostazione d'impegno religioso, cristiano individualistico a santificazione personale, nell'impostazione di un impegno religioso, cristiano, ecclesiale, di valori collettivi, comunitari, sociali, politici.
ASSURDITA' DELL'INDIVIDUALISMO
E' semplicemente assurda la convergenza forzata a livelli personali, individualistici di tutto l'infinito Mistero di Dio, la riduzione di tutto il progetto di costruzione umana di Cristo, ad una frantumazione individualistica, ad uno sbriciolamento di significati puramente personali, dove tutto si apre e si chiude nel brevissimo giro di ritorni puramente individualistici.
Tanto più grottesco e assurdo è poi questo cristianesimo a membra sparse e disperse, fondamentalmente egocentrico e quindi egoistico, a compartimenti stagni, a incomunicabilità perfino del dono, della grazia, della predilezione di Dio, per il fatto che inevitabilmente comporta una vera e propria disincarnazione cioè un vero e proprio volatizzarsi del progetto di Dio e un vanificarsi del suo farsi carne e sangue in Cristo.
Questo cristianesimo non cristiano abbandona volentieri il valore d'incidenza, di volontà e capacità costruente nella concretezza della vita, per rifugiarsi e stabilirsi in quella trascendenza fumosa e impalpabile di santificazione personale che normalmente significa lo spirituale, il soprannaturale, la salvezza eterna, il regno dei cieli, conservando per il rapporto con l'esistenza, la realtà della vita, problematiche di condotta e di esistenzialità puramente moralistiche.
E' la sovrapposizione così come nel tipico cristianesimo di secoli di storia cristiana, di una moralità impegnata a non fare il male, il peccato, e di un sentimentalismo religioso esaurientesi nell'opera buona fine a se stessa, venduta per un guadagno di santificazione e di meriti. Il tutto ben argomentato e liturgicamente ben nutrito da un devozionalismo religioso, sentimentalistico, egocentrico, paurosamente sostitutivo dell'autenticità cristiana.
Il problema è così grave da costituire la difficoltà più insormontabile nel tentativo di affrontare la ricerca di una possibilità di rapporto, veramente di creatività esistenziale, fra Dio e l'umanità, Gesù Cristo e la vita umana.
RESPONSABILITA' DELLA CHIESA
Tanto più il problema è gravissimo per il fatto che la Chiesa della teologia liturgica e pastorale, pur cercando nel nuovo discorso teologico rapporti esistenziali, presenze e partecipazioni storiche, persevera nel devozionalismo, nel liturgismo, nel moralismo, il tutto ben congegnato nella cosiddetta "pastorale".
Un' analisi approfondita del come viene prospettata l'evangelizzazione nel nostro tempo, rivelerebbe forse una costante permanente e intangibile di una catechesi rivolta a risultanze nozionistiche, sollecitative assai più d'interessi spirituali personali, individualistici a impostazione devozionalistica, piuttosto che formative di una coscienza cristiana in cerca di esistenza nuova, diversa, in certe situazioni, addirittura rivoluzionaria, da concretizzarsi in valori collettivi, in rotture essenziali, in realizzazioni determinanti, per una vera e propria alternativa esistenziale, quella proposta da Gesù Cristo e unicamente rispondente al progetto di Dio.
NECESSITA' DI UNA ROTTURA
Allora, a seguito di questa analisi, può apparire la pericolosità di una sacramentalizzazione tradizionale. Diventa inevitabile rompere sensibilità e mentalità e quindi prassi sacramentaria che come fruttificazione comporta astrazioni dalla vita, autorizzazioni alla disincarnazione, frammentarietà individualistica, devozionalizzazione sistematica.
L'importante è liberare la coscienza cristiana dalla inevitabilità "dei sacramenti", dal credere i sacramenti come condizione indispensabile per l'essere cristiano.
Perché il Sacramento, ogni sacramento è l'incontro di una volontà di ricerca, di una programmazione cosciente di esistenza cristiana, con quella precisa realtà esistenziale ritrovabile in Gesù Cristo e in Lui, attraverso lui e con Lui, ottenibile nella propria vita.
Ogni sacramento è profondo, insondabile mistero di collaborazione nel quale l'attività creatrice appartiene a Dio, l'attività accogliente appartiene all'uomo per il concepimento e la nascita e la vita di un'esistenza tipica, particolare, caratterizzata, la vita cristiana, cioè la vita nuova iniziata da Cristo e che continua nel cristiano e quindi nel Popolo di Dio che è la Chiesa.
E' in questa visione profondamente religiosa della vita e dell'esistenza umana, storicizzata in Cristo e nella Chiesa, che troviamo e crediamo le misure di Fede indispensabili ad una sacramentalizzazione. Questi segni sacramentali che costruiscono la Vita, attualizzano cioè l'opera di Dio nel mondo provocandone la consapevolezza.
Questi sette sacramenti che provengono dalle diverse condizioni della vita raccogliendone i momenti più decisivi e determinanti perché tutti e ognuno possano condurre alla pienezza di vita in Gesù Cristo in una risposta piena e perfetta al progetto di Dio.
La sacramentalizzazione, così come viene vissuta o per peggio dire "amministrata", nella pastorale del nostro tempo, continua a contenere, a esprimere, a concretizzare a darne coscienza e consapevolezza, di questa misteriosa e adorabile opera di Dio nel mondo?
E' questa la problematica che ci angoscia profondamente.
La Redazione
1. Frattura tra vita e fede: i Sacramenti sono privi di significato per vasti settori del cristianesimo contemporaneo che non riesce a conciliare ciò che la religione afferma sull'importanza dei Sacramenti e la concreta esperienza dell'esistenza, nella quale non si verifica la trasformazione che la dottrina attribuisce ai Sacramenti. Il divario tra quanto la dottrina afferma e quanto gli uomini sperimentano e verificano emerge grave dove gli uomini si impegnano, con serietà e sincerità, nella trasformazione della realtà dove si prende coscienza dell'insostituibilità dell'impegno politico.
Alcuni credono di conoscere la realtà perché studiano le teorie, le perfezionano, le sistemano, ne evidenziano pregi e contraddizioni con rigorosità di argomentazione e di analisi. Altri aspirano il conoscere la realtà in sé, come è, come si presenta, con le sue contraddizioni e le sue aspirazioni, perché vogliono sapere come stanno le cose, come si sviluppano. Altri infine, desiderano vivere, convivere, cooperare, solidarizzare, aspirano a trasformare le condizioni umane, a condividere i problemi che gli uomini si pongono per contribuire a risolverli.
Soprattutto i credenti impegnati soffrono il disagio di proposte che, cosi come sono recepite o manifestate, risultano non operative. Essi constatano che, mentre la vita si snoda con i suoi ritmi, le sue situazioni non risolte e non risolvibili, attraverso resistenze, chiusure, opposizioni, pregiudizi, la religione continua a proporre teorie a discutere su dottrine le quali polarizzano l'attenzione su situazioni che poco o nulla hanno di comune con il vissuto umano, non aiutano a viverlo e ad assumerlo. La proposta di fede non diventa valenza risolutiva dei conflitti umani e, quando non si riduce a ripetizione di formule, di cui non si coglie il valore e il significato, viene analizzata e accolta in situazioni asettiche da accantonare quando si ritorna a vivere con i piedi nella realtà.
La fede ha per contenuto il mistero in quanto trasforma la condizione umana, il mistero nella sua condizione storica, e perciò nella sua verificabilità che non potrà mai essere totale e adeguata. Il mistero, anche se non si vede in sé, si coglie nelle sue manifestazioni, nell'esistenza che trasforma e redime, nella relazione che fonda nella creatura in cui opera e che non sottrae al!a sua condizione ed esperienza umana per il fatto che fonde in essa nuove possibilità di esistenza.
Questa crisi esplode non tanto presso i non praticanti ma nelle comunità credenti. Coloro che non credono si disinteressano di questa realtà. Sono quelli che credono che sono handicappati da un insieme di rituali, pratiche, che non alimentano un'esperienza di fede. I sacramenti non sono vitali non perché le comunità non sono credenti, ma perché sono diventate realtà che non «si trapiantano» nella vita di fede. Sono pratiche (la pratica dei Sacramenti), atti che si amministrano (amministrazio-ne dei Sacramenti), «cose» che si ricevono (recezione dei Sacramenti). Il rapporto «causale», proprio della realtà sacramentale, è stato sviluppato nella relazione tra causa e effetto, azione e cosa realizzata, e non anche nella linea della relazione interpersonale, come simbolo di persone che si incontrano nella celebrazione della salvezza vissuta nella esistenza trasformata.
La stessa preoccupazione dei pastori è risultata polarizzata dall'urgenza di amministrare i sacramenti, a tutti, nei tempi stabiliti, e questo è diventato «termometro» dell' efficienza di una parrocchia. Quando la crescita umana e la trasformazione della realtà è ridiventata aspirazione comune, il tutto è entrato irreversibilmente in crisi.
Nel migliore dei casi i Sacramenti non aiutano la maturazione cristiana ma questa, con parecchio sforzo, mette in condizione di contemplare esteticamente i Sacramenti. Si ha così un'altra deviazione di rotta. La sacramentalizzazione che dovrebbe costituire l'inizio del cammino di vita diventa il termine di un processo di inserimento che altre volte favoriva un cristianesimo socio-geo-grafico ma che non promuove la fede convinzione, scelta, consenso, iniziativa.
2. La diagnosi di questa situazione è complessa e non intendo svilupparla. Personalmente la vedo sintetizzata nella deviazione che si è operata dove e quando si è dimenticato che i Sacramenti sono per gli uomini e ci si è preoccupati più di salvaguardare i riti sacramentali che di salvare cosicché la prassi sacerdotale è diventata fissa, immutabile, intoccabile anche quando i mutamenti della condizione umana sono diventati radicali. E cosi, anziché cercare «segni» adatti a parlare agli uomini, si è cercato di «formare» le aspirazioni degli uomini per «adattarle» ai segni. Il rito è per l'uomo non viceversa.
Le riforme dei riti, liberando il campo dalle molte incrostature devianti, permettono di cogliere con più evidenza come il parametro delle riforme non può essere il ritorno a quanto è stato fatto all'origine ma alla freschezza inventiva e simbolica che all'origine ha fornito il criterio di discernimento e di scelta di riti che provocassero l'uomo in un cammino di salvezza. Le riforme si fanno per il futuro in connessione non alle prassi passate ma alla missione permanente.
3. Eppure i Sacramenti sono dono di Cristo e l'uomo ne ha bisogno. E' vero che Dio non ha vincolato la sua presenza e la sua azione ai Sacramenti e che si trovano persone che credono anche senza sacramenti visibili, sta di fatto però che la sacramentalità rientra nella costituzione stessa della Chiesa che continua nel mondo l'opera del Cristo.
Impegnarsi a far uscire la comunità cristiana da questo blocco paralizzante nel quale langue, promuovere il dipanarsi delle implicazioni teologiche e delle delicate questioni di tradizione che spesso ritardano l'inventiva pastorale e la fantasia creatrice, è fedeltà a Dio e all'uomo.
Non bisogna, però, illudersi di mutare una realtà ecclesiale ancora centrata sulla distribuzione dei Sacramenti con trasformazioni di riti e di formule, con provvedimenti a efficacia immediata, dettati dalla complessa necessità di salvare i Sacramenti e di riformare la pratica. I Sacramenti sono «Sacramenti della fede» e la decisione sulla fede deve precedere quella della sua espressione strutturata. Solo così i nuovi stili di celebrazione non saranno ripetizione rituale ma espressione vitale. La fede è legata alla Parola e Dio ha parlato con segni, gesti e espressioni.
La frattura tra parola, sacramento e vita è stata tanto grande da essere assunta da qualcuno come elemento caratterizzante le comunità cristiane della Riforma, quella Cattolica e quelle Orientali. Recuperare l'unità è momento insostituibile per la missione intesa come espressione convergente del rapporto nuovo che si instaura tra Chiesa e mondo, tra Popolo di Dio e cammino dell'umanità.
4. Vorrei qui riflettere sul senso e il valore dell'ex opere operato che costituisce il momento centrale del realismo sacramentale e la cui falsificazione ne svisa tutto il significato.
Recuperare i Sacramenti significa cogliere la dimensione sacramentale, simbolica, della vita, della storia, della rivelazione.
I Sacramenti-celebrazione sono continuazione dei gesti umani di Dio in Cristo e della complessa economia di salvezza che ne1lle nostre mani è più facilmente frantumata e deformata che non vissuta. Nel Sacramento si ha una iniziativa personale che, esprimendosi in opere e parole, trasforma la persona e la coinvolge. E' Cristo che esprime in gesti il dono di Sé perché l'uomo si accolga inserito nella iniziativa di misericordia della quale la presenza della Chiesa dovrebbe essere insieme veicolo e svelamento. Accostandoci alla proposta cristiana, non nella deformazione riduttiva in cui è stata vissuta, ma nell'ispirazione da cui è scaturita, i Sacramenti sono rivelazione, messaggio destinato a rendere percettibile la realtà del mistero al quale l'uomo è ordinato e nella quale è trasformato nell'incontro con Dio. Essi stimolano l'uomo alla presa di coscienza del potenziamento di umanità che a ciascuno deriva dal fatto di essere incontrati da Cristo che «con la sua presenza e la manifestazione di sé, con le parole e le opere, con i segni e i miracoli e specialmente con la sua morte e la sua risurrezione e infine con l'invio dello Spirito» ci libera dal peccato e dalla morte e ci risuscita per la vita eterna (cfr. Dei Verbum 4). Il fatto che la salvezza di Dio in Cristo è iniziativa, è gratuita, è dono, opera con stile inequivocabile, ad una dimensione che nessun uomo può raggiungere perché incide sulla struttura fondamentale e decisionale della persona, si esprime con la formula «ex opere operato».
L'espressione è senza dubbio lontana dal nostro modo di pensare e per comprenderla occorre considerare la struttura del Sacramento. E' complessa, risulta cioè di diversi elementi, armonizzati reciprocamente in modo da formare una realtà unitaria. Il vissuto umano risulta da un insieme di situazioni comuni e fondamentali: nascere, essere ammesso tra i rnembri adulti di una comunità op-pure tra i suoi dirigenti, condividere la vita e mangiare insieme, essere espulso e castigato e poi riammesso o riconciliato con la comunità, l'amore coniugale tra l'uomo e la donna, la malattia e la morte.
Queste situazioni hanno un significato che trascende la loro concretezza e finitezza, sono cioè fondamentalmente simboliche, richiamano e rimandano al senso dell'esistere, al valore della condizione umana. Sono i momenti che provocano nell'uomo gli interrogativi più profondi sul significato di se stesso, dell'esistere, del male, della morte, del contributo che egli può attendersi e deve recare nella società, del senso e del valore della comunione umana ecc. Potremmo dire che le situazioni base dell'esistenza sono simbolo originario, primario e come tutte le realtà simboliche sono percepite, vissute ed espresse in modo diverso attraverso tutta una gamma di celebrazioni, di parole, gesti (i simboli secondari) i quali tendono a manifestare, proclamare, rinsaldare, trasmettere la concezione che l'uomo si è fatta di sé nelle relazioni con il mondo, gli altri e Dio.
Il Cristo ha assunto e santificato la condizione umana nella sua molteplice varietà e ha rivelato il senso profondo, personale, trascendentale ed escatologico che l'uomo tutt'intero, nelle situazioni fondamentali della vita, è chiamato ad assumere nello sviluppo delle libertà in fedeltà al disegno di Dio.
La Chiesa, nel corso dei secoli, ha colto il significato fondamentale che il vissuto umano ha acquistato in Cristo e, attraverso simboli secondari, cerca di mettere l'uomo in condizione di accogliere, vivere e comprendere la profonda trasformazione che la realtà umana (simbolo originario) ha avuto in Cristo. Essa proclama che ciascuna situazione base dell'esistenza è trasformata in Cristo ed è destinata ad esser vissuta in pienezza di umanizzazione.
Il segno sacramentale risulta perciò dalla connessione tra simbolo primario e secondario, intervento di Cristo, trasformazione dell'uomo e realtà finale alla quale essa mette in condizione di pervenire.
5. Rinnovamento della celebrazione dei sacramenti. La paralisi di questo intreccio vitale mi pare derivi sia dal fatto che non si coglie più il nesso tra simbolismo primario e secondario sia dal valore puramente giuridico-amrninistrativo che si dà alla celebrazione dei tempi fondamentali dell'esistere.
Un'efficace restaurazione sacramentale esige la ricerca di gesti, parole, riti, che esprimano in modo chiaro e vitale, per il nostro contesto culturale, il simbolismo originario di ogni sacramento, dando minor rilievo agli elementi materiali e potenziando i gesti che danno risalto alla dimensione 'personale e comunitaria dell'incontro nella costruzione della comunità umana come ambiente ed espressione della riconciliazione in Cristo.
Il Sacramento è celebrazione e perciò è realtà comunitaria, ricostruisce l'uomo per la missione della Comunità, lo rende solidarmente coinvolto nel cammino di tutto il Popolo di Dio nel tempo, in un impegno personalizzante e perciò responsabile e creativo.
Occorre che il nesso indissociabile tra efficacia e simbolismo sacramentale emerga dal superamento della frattura tra simboli puramente evocativi e efficacia che non rende visibile la trasformazione della realtà nella quale si incarna e si radica, che non sa trovare vie di espressione coerenti alla sua origine. Non sarà possibile recuperare la realtà sacramentale se non si sanerà la frattura tra salvezza attuata e salvezza proclamata, sacramenti de1la esistenza redenta e riti sa-cramentali, riconciliazione reale e riti di riconciliazione. La salvezza è celebrata dovunque la vita si sviluppa in autenticità e si esprime in segni concreti di comunione i quali sono altrettante espressioni di quella redenzione che Cristo va operando nella vita degli uomini. I frutti rivelano la presenza e la natura dell'albero. La preferenza del Signore non va certamente per gli alberi che non portano frutto (cf. Lc. 13, 6ss).
Il verbalismo nominalista è la più deprecabile deformazione del realismo della fede. A questo livello avviare la rivitalizzazione dei Sacramenti mette in movimento una spirale che implica la riforma profonda della mentalità di fede, dello stile di Chiesa. Quando i Sacramenti della fede non sono sacramenti dell'esistenza trasformata dalla fede in tutte le sue dimensioni, diventano inutile ritualismo che può soddisfare aspirazioni magiche e farisaiche, ma non armonizzano con i segni concreti dell'azione dello Spirito.
Ciò deve sfociare nel superamento della concezione essenzialista e oggettivista dei Sacramenti e dei loro effetti . Il Sacramento è costruzione di personalità, vocazione, investitura di responsabilità, esempio (cf. Gv. 13, 15), talento (cf. Mt. 25, 14ss), seme che solo in impegno e vigilanza si sviluppa fino al frutto (cf. Mt. 13, 1-23). Esso non distribuisce cose, fonda capacità di strutturare relazioni,di sviluppare in solidarietà sé stessi. Sacramentalizzare non è perciò vincolare a pratiche ma stimolare a superare la incapacità di amare che paralizza la vita della comunità umana, e ciò non in modo generico, ma prospettando concrete dimensioni di intervento attraverso gli indicativi contenuti nella struttura dei diversi segni sacramentali.
P. Dalmazio Mongillo
11 - Una scelta per la vita
Leggo questa pagina del Vangelo nel contesto della nostra comune riflessione sui sacramenti e mi soffermo sulle motivazioni della scelta di Gesù: «e ne stabilì dodici per tenerli con sé e per man-darli a predicare, col potere di scacciare i demoni» (Marco). Con diverse responsabilità, è scelta ancor oggi viva e vivente nella storia degli uomini fino ad interpellare con chiarezza la nostra esistenza. Missione personale e di insieme in quanto Chiesa, annuncio della salvezza in Cristo Gesù in parole ed opere, in totalità d'esistenza. Un piccolo ruscello divenuto torrente impetuoso per frenare a poco la sua corsa nel letto di un fiume pigro e assonnato che si confonde con gli appiattiti orizzonti della storia umana.
Non è facile infatti comprendere oggi la volontà del Signore e non tanto per l'irrequietezza troppo poco disciplinata della ricerca, quanto per un interesse prevalente nell'aggiustare le situazioni per una pacifica convivenza con il mondo attuale. Il salire sulla montagna con Gesù, seguirlo offrendogli una vita, accogliere l'umanità come Lui l'ha accolta, scoprire passo passo la potente presenza del Padre, condividere nel più concreto dell'esistenza una storia di salvezza che non conosce privilegio e si snoda là dove vuole lo Spirito, proclamare in fondo la propria fede con piena responsabilità come di vera autenticità personale: questo è atteggiamento molto difficile da incontrare quando si vive in una Chiesa tutta presa da problemi di organizzazione interna, preoccupata per esempio, ad alto livello di definire quando si può fare la comunione con l'ostia in mano o farla due volte al giorno. Proprio nella celebrazione dei sacramenti, d'altra parte, si riscontra la vanificazione di ogni autenticità dispersa in un devozionalismo dalle forme rinnovate. Proprio riguardo ad essi quindi il discorso diventa crudo fino alla possibile rottura, riscontrando una dimensione individualistica che soffoca un vero rapporto con la vita. I segni dell'incontro con Dio sono divenuti riti di convenienza sociale, e coloro che li amministrano hanno dimenticato spesso a loro favore che sono segni che provocano alla vita. Infatti i sacramenti fanno sì vivere, ma chi li amministra, e sono per lo più il segno della potenza economica della grazia di Dio capitalizzata a dovere dai suoi sacerdoti. E, di riflesso, sono anche il segno di un riscontro ad una buona predi-cazione, ad un buon "lavoro pastorale", ad una presenza sacerdotale, cristiana e comunitaria, benedetta da Dio. Procedendo a fondo nell'analisi è facile capire come il risultato non si discosti dalla premessa iniziale. i segni sono svuotati perché la vita cristiana rinuncia a vivere di fede e a cercare la provocazione di fede nei sacramenti, preferendo una sistemazione organizzabile a pastorale unitaria con motivazioni desunte in forza di convenienze, di ricerca di potere, di assestamento burocratico. Lo scacciare i demoni diviene un esercizio di facile attuazione contro tutto ciò che tradizionalmente è demoniaco e che spesso è solo pretesto per sviare le ricerche del vero spirito maligno.
Il potere di cacciare i demoni che rendono schiavo e alienato l'uomo è al contrario segno di autentica liberazione e di chiara fede in una nuova realtà. E' dono di Dio elargito a braccio teso, con il gesto proprio del seminato re preoccupato unicamente di fecondare la terra. Dovremmo essere veramente capaci innanzi tutto di accogliere questo manifestarsi della potenza di Dio libera da ogni possibile limitazione o privilegio. "Abbiamo visto i demoni precipitare": ecco la testimonianza entusiasta dei discepoli di Gesù a dire tutta una provocazione ad una sempre più larga fiducia nella potenza di Dio.
Per un discorso che non voglia cadere ed essere svuotato dei contenuti di fede, è importante questo atteggiamento di fondo, questa capacità di accoglienza di ciò che avviene all'intorno ed è rottura di schemi egoistici, la limpidezza di chi si lascia prendere dall'entusiasmo e accetta di toglier ogni limite alla possibilità di un'esistenza nuova. E' inoltre facilmente comprensibile come questo atteggiamento di fondo non si fermi al livello di sensibilità interiore ma possa essere spina dorsale di tutta una ricerca che penetra nella carne e nel sangue fino a determinare modi di esistenza, scelte concrete, impegni e compromissioni senza riserve. Esistenza che non si estrania dalla vita degli uomini, ma vi si immerge fino a perdervisi per un gran peso di croce. E' importante soprattutto questo atteggiamento esistenziale in quanto possibilità di toccare con mano una vita polarizzata dalla potente presenza di Dio, in continuo incontro con Lui.
E' in questa realtà di vita, in questa autenticità di fede che i sacramenti possono offrire la loro dimensione poiché a questa realtà di vita richiamano e questa realtà di vita crescono alla misura di Cristo. Diversamente è impossibile.
E' necessario quindi che i segni sacramentali per cui si annuncia il mistero della storia di salvezza, siano posti in una sempre più viva sete di Dio. Desiderio cioè di un superamento effettivo di ogni cosa a possibile ritorno personale, di ogni barriera a difesa dell'individualità o del privilegio di gruppo.
Una fatica improba, che spesso taglia le gambe, una fatica che comunque va tirata avanti con coraggio accettando il passo incerto e sacrificato che la lotta comporta. E' lotta che va combattuta prima di tutto dentro di noi, non tanto, davvero per dare ragione a tutta una spinta intimistica che si serve del tuo problema personale per immobilizzarti e renderti innocuo, ma in quanto lo spazio personale è - quasi senza eccezione -, l'unico spazio in cui è possibile agire in libertà. Celebrare il sacramento diviene, a questo punto, chiamata personale che interpella ciascuno di noi nel profondo. La risposta va rischiata sulla propria fede. E' così che dovrebbe essere ed è di qui che si può partire per "costruire" un sacramento: molto più dall'intimità del cuore che dalla scienza catechetica, dall'atto di fede che dalla perfetta esecuzione dei segni richiesti. E' "costruzione" forse troppo difficile e faticosa, certo capace di tanta semplicità. Penso a ciò che doveva essere nel cuore degli apostoli mentre Gesù scandiva i loro nomi e annunziava la loro missione. Penso a tutta la storia in cui la potenza di Dio si incontra con la debolezza degli uomini. Credo che sia storia da accogliere nella nostra esistenza perché sia la nostra storia, la storia della nostra vita così come tante altre volte è avvenuto.
don Luigi
Non saprei immaginare l'esistenza di una Comunità cristiana senza i «segni» sacramentali che Gesù Cristo le ha donato come realtà fondamenta di un' esistenza secondo il Dio vivente.
Non credo che possa esistere una Chiesa senza Battesimo, senza Eucarestia, senza Perdono dei peccati, senza Sacerdozio: e per «esistere» intendo vivere in comunione di Fede col Padre, il Figlio lo Spirito Santo; l'accogliere la Parola di Dio raccolta dal cuore di Cristo; il realizzare l'Amore fraterno fino ad essere una cosa sola in pienezza.
Essere comunità di persone credenti nel Figlio di Dio fatto uomo credo debba necessariamente realizzarsi nel flusso di vita che ci è stato offerto dall'Amore misterioso ma concreto di Colui che ci genera continuamente alla Vita Eterna per mezzo dei frammenti di materia inseriti nella realtà sacra del Mistero di Cristo morto e risorto; l'acqua, pane, il vino, il gesto della riconciliazione e del perdono, il segno dell'amicizia.
La dimensione dell'Incarnazione la sento vicina, mescolata alla vita e alla storia del mondo proprio attraverso i segni di comunione con l'eterno che Gesù ci ha lasciato quasi a prolungamento della sua Presenza fisica. I sacramenti, in una visione di Fede, hanno lo spessore della vita umana di Gesù Cristo, ce Lo riconducono vicino, ce Lo fanno prossimo, sulla stessa strada, seduto alla stessa tavola, compagno di destino e di lotta.
Realmente credo che la Chiesa prende corpo come umanità nuova, terra redenta e liberata, popolo di Dio che cresce, proprio intorno a queste sorgenti che il farsi carne e sangue del Figlio di Dio ha aperto fra le pietre della storia.
Chi ha fatto l'esperienza della fame e della sete, sa, quanto sia preziosa una briciola di pane o una goccia d'acqua. Chi ha compreso tutto il limite, il peso, la solitudine, l'assurdo della vita umana, sa quanto sia meravigliosa la scoperta di una Presenza che rende buone tutte le cose, le rinnova, le salva e le conduce a Vita Eterna.
Se c'è bisogno di un seno di donna per venire al mondo e entrare nella vita, credo che i sacra-menti possono essere pensati come la dimensione visibile del seno di Dio nel quale ognuno può at-tingere le energie della Nuova Creazione. Essi quindi costituiscono delle realtà vitali per la Chiesa perché la realizzano e la rinnovano nell'esistenza secondo Dio, secondo le ragioni del suo Regno, nella dimensione del cuore di Cristo.
La rendono capace di essere nel procedere della storia umana «sacramento» di comunione col Mistero di Dio, fermento e lievito di Vita Nuova dentro la massa.
Ma se mi è impossibile immaginare una comunità cristiana, una Chiesa senza segni sacramentali, non mi è difficile purtroppo immaginare una Chiesa che continuamente li compromette, li svilisce, li riduce alle dimensioni del ritualismo, della cerimonia, delle parole vuote, dell'interesse economico e del privilegio. Una Chiesa perciò - e siamo tutti noi - che fa diventare droga, oppio allucinante e alienante ciò che ha di più meraviglioso e di più caro.
Nessuno mi può togliere dal cuore la tristezza di appartenere ad una Chiesa che non si decide a liberare i segni della Grazia e dell'Amore di Dio per gli uomini da tutta una realtà di vita concreta, di modi d'esistenza di legami col potere e col denaro da cui è necessario uscire perché questi segni riabbiano la loro genuina fisionomia.
C'è tutta una vita cristiana che tradisce ciò che nelle realtà sacramentali viene annunciato e riproposto per la maturazione del Regno di Dio: il denaro, il potere, il privilegio, il tornaconto personale e di casta, ci hanno rimangiato lungo i secoli i doni di Libertà, di Fraternità e di Vita che Dio ci aveva offerto in Gesù Cristo.
Così il Cristianesimo è diventato un grosso apparato religioso-ritualistico, dove soprattutto il denaro è rimasto a tutto inquinare e dominare: i sacramenti sono stati proprio quelli che hanno fatto le spese di questo strano e assurdo processo di svilimento della Novità cristiana. Basti pensare alla vita di una parrocchia (a cominciare da quelle della nostra città) per renderci conto di come siano andate le cose: intorno ai sacramenti si muove tutta una vita religiosa, cristiana e sacerdotale, che su di essi ci campa, ci si mantiene, se ne fa una vantaggio personale e una sistemazione.
I preti sono diventati così i gelosi custodi di un tempio che rende bene, che tramuta in soldi tutto il complesso sacro dei doni di Dio. Il sacerdozio è diventato anche una realtà civile, inserita - e sempre a livello economico - nell'apparato dello stato secondo precisi privilegi e vantaggi.
E i fedeli, i poveri cristiani cresciuti ed educati in questa dimensione di Fede, hanno accettato - quelli che non hanno respinto tutto il blocco - una proposta di vita religiosa che in fondo non chiede troppo in cambio di una sistemazione per la propria anima.
I segni sacri che ci riconducono alla comunione con la Morte e la Resurrezione di Cristo hanno finito così per diventare la base di una vita che non ha niente a che vedere con quella di Gesù alla quale invece essi sono ordinati.
Una Chiesa che vive sui sacramenti, ma non per una Vita Nuova, per la Vita delle Beatitudini, per la Gloria di Dio e la Liberazione dell'uomo da tutti gli idoli e da tutti i padroni.
Una vita cristiana che non realizza storicamente ciò che lo Spirito Santo le ha affidato negli incontri sacramentali col Dio vivente.
«Quando vi radunate insieme, quello che voi fate non è un mangiare la cena del Signore»: questa parola di S. Paolo ai cristiani di Corinto io la risento attualissima per tutta la nostra realtà di Chiesa di oggi. Un discorso sui sacramenti che non parte dalla seria e responsabile presa di coscienza dei nostri tradimenti alle «cose sante» che Dio ci ha dato, può essere estremamente pericoloso e ingannevole.
Penso che per comprendere seriamente il problema sacramentale, il suo senso e la sua reale collocazione nella Chiesa, sia necessaria una volontà decisa di incamminarci verso una vita nuova, diversa, liberata, realmente consacrata al servizio dell'Unico Signore della Vita. I sacramenti devono collocarsi nell'ambito di una vita umana protesa a riscattarsi dalle servitù della potenza della forza, del denaro e del compromesso con l'ingiustizia e l'oppressione.
Una vita di Chiesa che li rioffra puri e chiari segni d'Amore, di Comunione e di Libertà, di apertura all'incontro col Cristo Risorto e vivente fra noi per la crescita incessante del Popolo dei figli di Dio.
Una vita di Chiesa che non «venda» i suoi tesori più sacri a nessuno, che non li prostituisca per nessuna cosa al mondo al potere delle tenebre: ma che li viva e li offra all'interno di un processo di conversione, di adesione coraggiosa alla Parola di Dio, di obbedienza al soffio dello Spirito, di lotta per i valori del Vangelo.
Credo che soltanto recuperando questa dimensione di esistenza che si lascia costruire concretamente da Dio, la realtà dei sacramenti potrà essere compresa in tutta la sua portata di Novità di Vita, di Nuova Creazione che germoglia nel divenire della storia.
don Beppino
don Beppe
Vi è un momento nella vita nel quale non ci accade più come a quei bimbi della favola che sperduti in un bosco ritrovano la strada per tornare a casa seguendo i sassolini seminati di nascosto: quei piccoli sassi tenuti gelosamente nella mano, quelle croste di pane che un po' ci nutrivano un po' ci rassicuravano, i sogni, gli ideali, una visione delle cose capace di tutto spiegare, «unica», non infranta, che come un filo di Arianna ci aiutava a capire, a affrontare le difficoltà, a ritrovare la via, sono spariti.
Non ci siamo neppure accorti come sia accaduto, o a volte lo sappiamo, li abbiamo buttati via in un momento di rabbia, li abbiamo donati tutti in un atto di amore, o ci siamo semplicemente stancati di tenerli in mano; o forse abbiamo perduto l'incanto della casa lasciata, il bisogno di pensarla e desiderarla, di sentirla come il rifugio al quale prima o poi saremmo tornati, il più presto possibile: è stata come una nascita nuova e abbiamo perduti i veli che ci avvolgevano dall'infanzia e che si erano lentamente diradati finché non ne rimaneva che uno, il più importante, quello che ci permetteva una visione trasfigurata della realtà dandoci di vivere. E' caduta l'ultima difesa e ab-biamo dovuto pagare il prezzo più alto per diventare quello che la gente normalmente chiama "persona di questo mondo", esseri comuni che non riescono più a capire il senso del loro vivere e del loro morire.
Dopo un lungo patteggiamento con la vita, dopo le delusioni, gli slanci, le ritrosie nel decidersi di appartenerle senza difese (che lotta senza quartiere fra me e la vita che si voleva imporre), qualcosa a poco a poco si è imposto. Si è lasciato, a volte per disattenzione, un angolo senza difesa, e la vita è entrata ad invaderci impadronendosi di noi. E' solo allora, prima non potevamo saperlo, che il vivere diventa nemico. Ci livella, ci opprime, ci accontenta, ci soddisfa e in-tanto scava a tradimento un vuoto sotto i piedi; ci mostra un volto tanto conosciuto, così quotidiano, così rassicurante e insieme qualunque, insignificante e vago che non lo riconosciamo più. Ma cos'è la vita? E' come se il dialogo a lungo vissuto fra noi e il mondo, fra noi e quanto intravedevamo di valido nell'esistere si fosse interrotto; dove è quella voce che ci attirava e insieme ci faceva soffrire?
Eccoci, siamo arrivati al bivio e non sappiamo più quale strada prendere; conosciamo la spaccatura, la divisione, il doppio volto di una realtà insieme così semplice (il mangiare e il dormire, gli amici, il lavoro, la casa, la famiglia) e così mistificante. Ogni cosa ha perso il suo sapore e non riconoscendone più l'origine viviamo nel dubbio. Anche noi ripercorriamo dolorosamente l'antico cammino dell'uomo che ha perduto la innocenza primitiva, l'idea unica, l'intuizione immediata e profonda di quel «perché» dal quale nasce facile e immediato il «come».
E per sentirci vivi nella vita di tutti i giorni sentiamo la tentazione dell'idolatria, il rifugio nel mondo delle cose, gli oggetti che ci circondano, quelli semplici, sempre maneggiati, fedeli e uguali che portano la nostra impronta e che dimensionano uno spazio troppo grande adattandolo a noi.
Cos'è la vita? Nessuno può più dircelo, più profondo è il dramma, non più ostinazione rifiutiamo ogni aiuto: perché la perdita dell'origine porta immediati i frutti più dolorosi, tutto quello che era per la comunione è diventato segno di contraddizione, e se il tempo era il luogo che mi insegnava il motivo profondo del ritmo della vita, è ora diventato solo l'arco che segna il nascere e il morire; lo spazio mi rende più solo e perfino l'uomo, la creatura offerta per la comunione acuisce il senso del vuoto: chi sei tu che mi puoi dire qualcosa?, non riconosco più un volto amico «non c'era compagno degno di lui». Solo alcuni attimi di quell'amore vissuto nella Verità possono darci di sentirci vivi: sei forse carne della mia carne e ossa delle mie ossa? Lentamente si intuisce qualcosa, si intravede una strada di unione che ci leghi nuovamente alla vita, ma allora più che mai un'onestà di ricerca ci fa domandare - cosa dobbiamo fare per afferrare, per continuare a vivere nell'amore?
E' duro combattere questa battaglia, non si può tornare indietro nemmeno volendo, non si può sognare la pietra magica che ci dava di aprire ogni porta, di capire gli uomini e le cose, di sfamarli con il nostro pane, di possedere i segreti del cuore di Dio, la sicurezza della sua protezione ovunque. Siamo diventati uomini fra gli uomini, eppure siamo in un deserto; l'unica cosa che ci è dato di fare è non difenderci, accettare di non avere più una logica, senza volerne acquistare una di contrabbando.
E' in questo mondo di sicurezze sradicate che la salvezza ci scopre, solo allora la riconosciamo diffusa ovunque.
Abbiamo perduto la nostra individualità, ma ora ci scopriamo "insieme", come un immenso campo di grano dove cresciamo e senza bisogno di vegliare, dove altri pensa al sole e alla pioggia, alla semina e. alla mietitura. Una Vita che cresce senza lasciare indietro nessuno.
E' come un fiume sotterraneo, eppure chiaro e trasparente quando lo si è conosciuto, diffuso ovunque a raccogliere la vita, a nutrirla a riportarne alla luce l'unità perduta che noi non potevamo donarle. E' un'acqua che lambisce ogni terra, non si può fermare, avanza dolcemente e insensibilmente, non si può nemmeno farla nostra, solo lasciarsene impadronire. E allora si benedice l'avere lasciato l'isola felice nelle quale abitavamo e l'essersi perduti nella folla, l'averne acquistato il volto, un volto modellato lentamente, simile per ognuno eppure diverso, un'identità non più nostra, una solidarietà imposta della quale ora riconosciamo il perché: il livellamento era perché tutti siamo uno stesso corpo; e lo smarrirsi perché un Altro ci doveva trovare; la morte per un nascere diverso che non potevamo più compiere tornando nel seno di nostra madre tenendo stretti nella mano lembi di ricordi e di speranze, poteva essere solo dall'Alto.
E questo crescere nuovo non ci allontana dal seno della vita, non ci porta via, non ci sradica, ci leva, invece, il timore dell'assurdo, del vivere vuoto l'affanno del nostro volto perduto: ci nutre.
Venite a me voi che siete affamati e assetati, chi beve della mia acqua non avrà più sete in eterno. La sete terribile di chi cerca analizzando e dividendo e tenta disperatamente di aprirsi un varco fra la folla e così costruisce nuovi sentieri sui quali crede di camminare al sicuro, sentieri che lo dividono sempre più dagli altri, che snaturano la terra e sparpagliano il gregge, costringendoci ad andare smarriti come pecore senza pastore.
L'unica condizione per lasciarsi lambire dall'acqua buona è quella di mettersi in cammino perdendosi nella folla degli uomini perché qualcuno possa ritrovarci e posare il suo sguardo su noi tutti e compiacersi nel riconoscerci suoi figli, consentendo al nostro trovarci insieme, uomini di ogni razza e paese, resi una cosa sola al di là del tempo e dello spazio, più ancora che dal vivere e dal morire, più che dall'angoscia del perché; da questo essere portati via e cresciuti da un Altro. Fino a non avere altra ragione né speranza di vita che il fare la sua volontà.
E' battesimo raccolto e vissuto nella prospettiva più sostanziale di un'esistenza che si snoda in un morire vinto unicamente da un'esistenza nuova, non cercata né preparata perché unicamente donata.
Maria Grazia
Il primo e fondamentale condizionamento ad una evangelizzazione e quindi ad un'azione sacramentaria secondo tutto il Mistero di Cristo è che la Chiesa (gerarchia, Popolo di Dio, famiglia cristiana, individuo cristiano) acquisti e viva con piena e profonda responsabilità un rapporto universale con l'umanità.
C'è seriamente da rompere una coscienza cristiana tendente ad una convergenza totale nel sé stesso per l'acquisizione evangelica e sacramentale di una coscienza di rapporto universale e cioè di vero e proprio servizio del se stesso nei confronti dell'umanità intera. Occorre un rovesciamento d'impostazioni, radicale e risolutivo, spostando il punto di convergenza di tutto l'impegno, la ricerca religiosa, la percezione evangelica e l'azione sacramentale ecc. da se stesso al cuore dell'umanità.
La dimenticanza di sé, il superamento del proprio io e specialmente del proprio io religioso, è fondamentale e decisivo per una possibilità evangelica e sacramentaria capace di una autenticità e verità cristiana.
La liberazione da un cristianesimo a imbuto, per così dire, s'impone per una purificazione da impostazione egoistica, a misure d'individuo cristiano e a misure di Chiesa, scopertamente contraddittoria delle verità fondamentali essenziali quali Dio è Amore, Gesù Cristo è quest'Amore, la fraternità universale, l'uguaglianza dei figli di Dio in Cristo, ecc.
Questa socializzazione evangelica e sacramentaria s'impone per una semplice e doverosa fedeltà al Vangelo e al Sacramento. Vangelo da annunciare a tutte le creature, Sacramento come presenza di salvezza nel cuore dell'umanità.
Altrettanto c'è da rompere una coscienza cristiana, ormai a seguito di secoli e secoli, abitudinaria, fino ad essere cristianesimo imperante e dominante, una coscienza cristiana rivolta al Mistero cristiano e quindi alla ricerca evangelica e alla pratica sacramentaria, unicamente per valori spirituali, soprannaturali, escatologici, di salvezza eterna. .
Un cristianesimo rivolto unicamente ed esclusivamente all'aldilà, non può che disincarnarsi e perdere ogni possibilità d'incidenza nella vita vera che è quella attuale, di questo momento, quella che dev'essere illuminata dal Vangelo, santificata dal Sacramento, per una presenza viva e vivente di Cristo nella tensione a farne una vita cristiana, un esistere cristiano. La salvezza eterna non può che fruttificare per una semplice continuità e crescita di questa attualità cristiana.
Logicamente in questa azione creativa esistenziale del vivere cristiano, l'evangelizzazione e la sacramentalizzazione non può non affrontare tutto l'uomo: tutto l'uomo nella complessività dei suoi valori e nella specificità delle sue concretezze. Si tratta di una modificazione o meglio di una esistenza nuova, dalla quale niente dell'uomo rimane escluso. Dalla Parola di Dio e dal Sacramento che questa Parola rende carne e sangue, deve nascere un uomo completamente nuovo e diverso, in se 'stesso, nel suo essere corpo e spirito, pensiero, volontà, libertà e nei suo rapporti d'esistenza, nei suoi valori universali.
La specificazione sacramentaria per costruzioni settoriali della vita ha fatto sicuramente perdere gran parte dei valori tipicamente sociali della costruzione cristiana dell'uomo. La moltiplicazione dei sacramenti non può non avere influito pesantemente ad una frammentazione della vita contribuendo ad un ripiegamento puramente individualistico e sbriciolato perfino nell'individuo, del valore preciso della grazia sacramentale nella sua unitaria incidenza nella costruzione della vita favorendo occasioni facilmente caricabili di sentimentalismo religioso, di pietismo, di devozionalismo. Tutto questo è particolarmente vero specialmente nei confronti del battesimo che sicuramente ha perduto il suo valore di qualificazione, di costruzione esistenziale cristiana.
Ha favorito questa devozionalità sacramentaria il disimpegno del clero dalla vita concreta, il suo riservarsi unicamente ad un servizio ministeriale sia della Parola come del Sacramento, costruendo a poco a poco per una inevitabile tendenza professionistica, quella casta sacerdotale e clericale spiegabile soltanto e giustificabile esclusivamente per l'amministrazione sacramentaria. E' di qui che è maturata questa esclusività di servizio ai sacramenti e a tutto il sistema sacramentario. piuttosto che di servizio all'umanità e alla ricerca dei suoi valori fondamentali e al ministero della loro costruzione.
Fino al punto che le chiese, i luoghi dei sacramenti e della loro amministrazione, sono venute ad essere immagine non soltanto fantasiosa di una vera e propria «banca dei sacramenti» con gli indispensabili addetti e impiegati.
C'è un valore nell'analisi della Fede cristiana e quindi del rapporto fra cristianità e il mondo, la vita umana, precisabile in una destinazione di servizio, quasi diremmo di mediazione o meglio ancora (in una precisa valutazione sacramentale) di vero e proprio sacerdozio, attraverso il quale il cristiano e la Chiesa, è tenuto ad una presenza in seno all'umanità e al suo costruirsi di santificazione, cioè di presenza creativa di Dio in Cristo.
La parola dell'evangelizzazione non è mai rivolta in maniera conclusiva a chi l'ascolta.
Il sacramento non può essere amministrato e ricevuto in ordine terminativo in chi lo riceve.
Sia la parola che il Sacramento sono costruttivi di valore cristiano nuovo necessariamente rivolto all'espansione, alla comunione fino .alle misure riscontrabili unicamente nella stessa misura dell'Amore di Dio, logicamente incontenibile.
Ne viene allora un'azione creativa, costruente, di vita nuova, una forza necessariamente da riversarsi in tutta la realtà della vita, dell'esistenza. fino a muoverla tutta, in una potenza di attività il cui spazio non può che essere tutta l'esistenza.
Il valore sociale della Parola e del Sacramento sta proprio qui, nel non essere mai fine a sé stesso, nell'impossibilità di una limitazione ma piuttosto, nella necessità assoluta e libera di rifrazione e quindi di incidenza e di fruttificazione a livelli e a misure letteralmente universali, capaci di rapporto con tutto l'enorme problema della vita e dell'esistenza umana.
La Parola e il Sacramento sono per concretezza precisa e storica del pugno di lievito, del sale della terra, della pietra angolare, della città sul monte; sono il piccolo seme di senapa, la luce del mondo impossibile a nascondersi sotto i1 moggio, ma destinata a far luce a tutta la casa.
La evangelizzazione che non tende a questa costruzione di una coscienza ministeriale e sacerdotale in una continua tensione di presenza efficace «fino agli ultimi confini della terra», perde inevitabilmente la sua qualificazione cristiana e la sua testimonianza di matrice divina, per ridursi ad annuncio moralistico e a un precettismo di condotta pratica individualistica.
Il sacramento e la sacramentalizzazione che non realizza questo mistero di mediazione attraverso il quale chi il sacramento riceve immediatamente rimane innestato dentro tutta la problematica umana per ottenervi una trasformazione di valori ordinati alla costruzione di un'esistenza di umanità muova, secondo tutto il Mistero di Cristo, non può evitare il pericolo di un fatto puramente individuale, devozionalistico, rischiando testimonianze negative nei confronti di Dio e di Cristo e della missione salvifica (cioè di esistenza nuova) affidate alla Chiesa.
Nei segni dei tempi, alla luce chiarissima del Mistero di Dio e di Cristo, è sicuramente possibile leggere le indicazioni decisive per una più vera e fedele evangelizzazione e per una più efficace, costruente opera di costruzione esistenziale e sociale attraverso la sacramentalizzazione.
Rimane chiaramente condizionante per un rinnovamento di metodo e di valore dell'annuncio della Parola e della sua fruttificazione esistenziale attraverso i Sacramenti, per la costruzione del mondo secondo il :progetto di Dio in Cristo, un rapporto nuovo e diverso della Chiesa, di tutta la Chiesa, con l'umanità nella quale la Chiesa è innestata: un rapporto di solidarietà, di profonda partecipazione, di totale assunzione e cioè di una vera e propria incarnazione, che la Chiesa può facilmente imparare dal suo Gesù Cristo e sul quale deve perfettamente modellarsi.
don Sirio
Nella testata «la sciabica» di Inaco Biancalana
Direttore Responsabile: Don Sirio Politi
Redazione: Lungo Canale Est, 37
55049 - Viareggio Tel. 46.455
Spedizione abb. postale gruppo 11I/70
Autorizz. Tribunale di Lucca
Decreto N. 228 del 7.3.1972
Tip. Marchi - c. 3.300 - Giugno 1973
Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455