E' il commento tragico ma anche di insegnamenti terribili, che più di ogni altro mi ha impressionato. Kennedy e stato assassinato il 22 novembre. Sei giorni dopo, un ragazzo di Brescia, di 12 anni, alunno di seconda media, si è sparato tre colpi di pistola al viso, nel buio della sera, lungo un marciapiede della città. Gli è stato trovato nella tasca un biglietto spiegazzato, dove aveva scritto: "Sono stanco, non ce la faccio più. Sono sconvolto per la morte di Kennedy".
Un ragazzo di 12 anni. Quella tragedia di Dallas lo ha sconvolto, gli ha fatto oppressione spaventosa fino a diventargli una stanchezza impossibile a sopportarsi.
E è voluto andarsene via da questo mondo che gli era apparso ormai soltanto orribile, più orribile della morte cercata a 12 anni con tre colpi di pistola al viso.
E' facile dire: dev'essere stato un ragazzo anormale. Può darsi. Eppure mi sembra di capirlo tanto questo povero ragazzo. E mi sembra perfino di vedere in lui come un simbolo di tutto un enorme e angoscioso problema.
L'uccisione di Kennedy ha chiuso questo '63 in profonda tristezza, togliendo via con lui, sopprimendolo violentemente, tanta novità di ideali, immense, fresche speranze, quasi come una giovinezza dell'umanità. Perché un clima nuovo, aperto e sereno, si era cominciato a respirare e una tranquilla fiducia riversava sul mondo una viva sicurezza di pace.
Kennedy è stato uno di questi uomini maturati a fatica dal seno della storia, espressi da tanta angoscia umana, come germoglio nuovo da un tronco antico, sfaldato dagli anni e dalle tempeste. Poi una grandinata spietata e la desolazione del tutto distrutto e l'enorme e quasi impossibile fatica, a ricominciare da capo, a tornare a sperare e ad avere fiducia.
Perché chi ha ucciso Kennedy ha voluto uccidere una visione nuova dell'esistere umano, un aprirsi a un distendersi sereno dei rapporti fra gli uomini su un piano individuale, sociale e mondiale, una volontà decisa e risoluta di pace fra gli uomini.
Quel povero Oswald e quell'altro disgraziato di Ruby non sono che degli sciagurati schiavi a servizio di interessi spietati. Sono gli automi comandati a distanza dall'affarismo anonimo che non tollera intralci al proprio strapotere e non sopporta limitazioni alla ragione economica.
C'è ancora troppa gente negli Stati Uniti e nel mondo che sente come pericolo il liberarsi progressivo dell'umanità dalla schiavitù del servire soltanto agli interessi di classi privilegiate. E il sollevarsi di strati umani al livello di dignità dì esistenza, lo sente e lo giudica come una marea che sale minacciosa, e vede con sofferenza e insopportazione l'aprirsi del mondo alla speranza e alla fiducia. Di qui il conservatorismo più chiuso e intransigente. Le forme più accanite di oscurantismo e di oppressione. Il ricorso alla forza economica per creare arginature politiche e socialoidi. Il razzismo fino alle forme più inumane. Il colonialismo fino all'ultimo sangue..
E siamo, in ordine di cronaca e di massimo intervento, alle fucilate di Dallas che hanno spazzato via Kennedy, giovane di anni e di cuore, fresco di ideali, pronto e aperto a una visione serena della vita, impegnato a cercare un respiro alla convivenza umana libero e fiducioso.
L' umanità si e trovata di colpo più povera, più sola, più abbandonata a se stessa, più indifesa. E forse di più assai in balìa di forze oscure, di interessi spaventosi, di egoismi pronti a tutto. Perché ormai Kennedy era apparso un uomo chiaro, semplice e schietto. Capace di decisioni e di rischi senza limiti, ma, quasi, ci verrebbe da dire, senza politica, senza raggiri tenebrosi o per coprire manovre sotterranee.
Certamente molti lo giudicavano un ragazzone che faceva il Presidente degli Stati Uniti come se giocasse ai birilli, un idealista pericoloso, un novatore irresponsabile.
Erano gli stessi che "sistemavano" (e sistemano ancora) Papa Giovanni, dicendo che era un povero vecchio arteriosclerotico, un idealista pericoloso, un innovatore sentimentale e intenerito dai sogni della pace nel mondo.
E prima il vecchio e poi il giovane, offerti alla ricerca appassionata di un' umanità rappacificata e unita, se ne sono andati.
I poveri, i lavoratori, i negri, gli umili, chi si conforta con la speranza di un domani migliore, chi si incoraggia con una fiducia (e a volte sembra così pazza e assurda) nel trionfo del bene, della giustizia, della pace... i popoli fatti di povero popolo, noi povera gente (una volta ci chiamavano carne da cannone e ora non so come si potrebbe essere chiamati) si ha tutta l'impressione e il tremendo sconforto di ritrovarci di nuovo soli e in balia del vento.
E la fatica non è poca, perché la stanchezza (dura da secoli e da millenni) è quasi infinita.
Quel ragazzo non ce l'ha fatta a riprendere il cammino e a ricominciare a sperare. In quei sei giorni forse non è riuscito a ritrovare un po' di fiducia, perché il mondo gli dev'essere apparso soltanto malvagio, gli uomini soltanto cannibali, l'umanità una gabbia di pazzi criminali. E gli ideali un'irrealtà, la giustizia un impossibile, la pace un assurdo.
A 12 anni, alunno della seconda media. Tre colpi di pistola al viso.
Ma è il segno chiaro e scoperto fino a una misura tragica, del bisogno che l'umanità ha, per sopravvivere, di un clima di serenità e di pace, di una realtà concreta di giustizia e di Amore e di poter avere fiducia negli uomini.
Sono i grandi ideali cristiani. Anche per questa Redenzione dell'umanità e della sua storia Gesù Cristo è morto in Croce. E da allora, da dopo di Lui, il morire non è una sconfitta per un trionfo della sopraffazione e della violenza, ma ogni volta che la sopraffazione e la violenza uccide, segna sempre più il suo destino di malvagità, di odio, di perdizione.
Non posso non vedere in questa luce di speranza e di fiducia l'uccisione di Kennedy, cristiano e cattolico, e non sentire nel più profondo dell'anima il riaccendersi di un impegno di fedeltà davanti a Dio e davanti agli uomini a quegli ideali di pace e di giustizia e di Amore che sono i valori più veri ed essenziali dell'umanità, arricchiti, fino al valore infinito, dal Sacrificio di Cristo e da tutti quelli che Lo hanno seguito sullo Sua strada.
d. S
in Il Nostro Lavoro: Il NL - Anno 1 - N. 2 Viareggio - dicembre 1963, Dicembre 1963
Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455