La F.E.R.V.E.T.

La Fervet è una vecchissima azienda viareggina. E' gloriosa per antico lavoro metalmeccanico, per crisi e periodi di prosperità, per lotte sindacali con successi e sconfitte. Chi non ricorda l'ultima azione sindacale di due anni fa arrivata fino all'occupazione dell'azienda da parte di quasi tutte le maestranze, prigioniere volontarie per quindici giorni, per difendere il loro lavoro e affermare i loro diritti?
Da diversi anni l'azienda è proprietà di una società che ha sede centrale e azienda modello a Bergamo. Vi sono altre aziende in Italia dipendenti dalla stessa società. Sembra che quella di Viareggio sia la più malmessa e male attrezzata fino al punto che già da anni corre voce che la Società avrebbe tutta l'intenzione di sfarsene. Corre voce che il terreno occupato dall'azienda è terreno fabbricativo per l'espansione a est della città e, a voce comune, viene valutato oltre un miliardo. Può darsi che siano voci senza fondamento, sta il fatto però che l'azienda non ha quello sviluppo che dovrebbe avere, manca di criteri moderni sia nell'attrezzatura che nella condotta del lavoro, e la condizione operaia è una delle più dure e pesanti, tirata avanti con mentalità ristrette, con stanchezza e provvisorietà.
Attualmente l'azienda soffre per l'andarsene, in cerca di miglior vita e di maggior guadagno, delle maestranze più quotate. I vecchi operai, quelli allenati a quel duro lavoro, pratichi della vecchia attrezzatura, capaci di arrangiarsi con occhio esperto e braccia pronte, se ne vanno alla spicciolata o anche a gruppi, appena capita la buona occasione. Vanno a vendere le loro braccia e la loro capacità a chi meglio li paga e a chi forse l'apprezza, anche umanamente, di più. Ne hanno tutto il diritto.
Logicamente però quelli che restano rimangono aggravati di tutto il lavoro perché i nuovi arrivati (e sono gente di campagna in gran parte con nessuna qualificazione e preparazione) non possono aiutare a un ritmo di lavoro, come necessariamente dev'essere perché la mole della produzione non rimanga al di sotto dello stabilito e con percentuali di cottimi irrisorie.
E questo problema rimane anche se, fino a sette mesi, con progressione sempre più bassa, i cottimi delle squadre con nuovi arrivati vengono favoriti con particolari percentuali.
Non si sa bene se l'azienda lo sappia, lo ignori volutamente o se addirittura speculi anche su questo fenomeno: sta il fatto che gli anziani devono spremere se stessi fino all'incredibile e devono costringere i nuovi arrivati a piegarsi alla frusta: ma ne derivano risentimenti e rancori, insopportazioni e maltrattamenti fra gli stessi operai, fino al punto che quella condizione di lavoro li rende nemici fra loro, uno contro l'altro.
Ultimamente certe briciole di aumento che sono state concesse, non fanno che aggravare questa situazione, perché per conseguire quell'aumento occorre praticamente un lavoro impossibile, avendo legato l'aumento a un aumento di produzione. E' chiaro che ogni operaio cerca di arrivarci a quell'aumento spendendo tutte le proprie energie, ma quel miglioramento economico, in definitiva, stanca e schiaccia l'operaio e aumenta i profitti dell'azienda.
Le Ferrovie dello Stato passano i carri merci ferroviari da riparare con un tariffario di 1.400 lire l'ora. La paga di un operaio qualificato non supera le 209 lire l'ora. A parte tutte le altre fonti di profitto (quante saranno?) rimane impressionante la minima parte che va a quell'operaio sempre sporco di ruggine e di morca, costretto a lavorare in condizioni disagiate, con una vecchia attrezzatura, andando quasi giornalmente incontro a infortuni gravi, in cottimi senza respiro, con un trattamento umano assai discutibile perché alla Fervet si dice che non manchino spesso parole offensive, modi di fare minacciosi, metodi tutt'altro che rispettosi della dignità di un uomo che lavora. Perché l'operaio non è giusto che lavori in una condizione tale che se se ne va ha tutta l'impressione di fare un piacere ai dirigenti.
Si potrebbe anche dare un'occhiata al refettorio e, con rispetto parlando, anche ai luoghi di decenza dove l'igiene non c'è nemmeno per un ricordo lontano, ma sarà per un'altra volta.
E' certamente una difficoltà che la sede centrale sia così lontana, questo fatto comporta necessariamente complicazione di rapporti per una non immediata presenza di responsabilità. Non può bastare il telefono per impostare seriamente problemi e cercarne la soluzione: mancherà sempre la giusta e necessaria presa in considerazione dei motivi locali e congiunturali e quindi succederà che dal telefono vengano spesso soltanto delle disposizioni prefabbricate e quindi assolute.
Un tempo le rappresentanze operaie avevano la possibilità di conferire e discutere i problemi immediatamente col direttore centrale perché si faceva un dovere di trattare direttamente con loro. Invece, da diversi anni la rappresentanza operaia deve trattare con la direzione locale la quale poi - e spesso per telefono - riferisce alla direzione centrale e aspetta istruzioni.
In ogni modo crediamo che molte cose potrebbero migliorare se veramente fosse soltanto malignità popolare che il miliardo e passa dell'area fabbricabile dove lavorano duecento operai a riparare rottami di carri ferroviari faccia gola alla Società F.E.R.V.E.T. di Bergamo.





d.S.


in Il Nostro Lavoro: Il NL - Anno 1 - N. 2 Viareggio - dicembre 1963, Dicembre 1963

menù del sito


Home | Chi siamo |

ARCHIVIO

Don Sirio Politi

Don Beppe Socci

Contatto

Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455

Link consigliati | Ricerca globale |

INFO: Luigi Sonnenfeld - tel. 0584-46455 -