La Dalmine e l’automazione

Avrà inventato la leva colui che doveva sollevare a braccia pesi superiori alle sue forze, così, avrà inventato le ruote colui che doveva trasportare a spalla. E da questa interminabile scia umana sorgono in continuazione nuovi «dritti» sempre pronti a saper sfruttare anche il genio altrui a proprio vantaggio e con minore spesa possibile, mentre dalla massa sempre in numero maggiore si cercano tutte le occasioni favorevoli, per sfuggire alla sopraffazione. Non c'è da rammaricarsi di questa lotta se l'intera umanità saprà elevarsi al di sopra della propria schiavitù, umanizzandosi veramente in for-ma democratica, in funzione delle proprie coscienti capacità produttive.
Ma poiché dal nulla, nulla si ha, e rimanendo indiscussa la necessità di avere forze produttive atte a sfruttare le risorse naturali, è auspicabile che come, con sorpresa, la leva ha fatto sollevare pesi superiori e la ruota trasportare maggiori merci, così si giunga a comprendere che col solo ingegno è possibile liberare l'umanità dall'attuale stato di schiavitù e sostituirla con «servomezzi meccanici».
L'uomo per grazia superiore può avere capacità di creare le sue macchine e di esse può disporre quale padrone, giudice, programmatore, obbligandole ad eseguire in forma incosciente i suoi ordini senza che queste siano sensibili ai gemiti e al soffrire, ma anzi godranno forse di un trattamento più riguardoso, perché esse vengono usate con cura, manutenzione, e sfruttamento razionale, ciò che invece non si ha per l'uomo.
Occorre acquisire una nuova mentalità per poter alleviare le fatiche umane e migliorare i pro-dotti sia qualitativamente che quantitativamente. Emancipare il personale coscienziosamente e tecni-camente.
In questo roseo avvenire di progresso su basi fraterne, potremmo avere la possibilità di intesa tra coloro che hanno e coloro che non hanno, tra popoli sottosviluppati e popoli progrediti, permettendoci così di sentirci esseri veramente superiori. Volendo, credo si possa eliminare o diminuire la fatica umana, lasciando pure notevole margine al capitalista, nell'avere una sicurezza funzionale maggiore che di per sé garantisca un aumento di produzione, oltre al permettere un'elevazione morale dell'individuo sulla scala umana e dare lustro e prestigio alle aziende che in questo campo per prime raggiungeranno i migliori successi.

* * *
Alcuni anni fa anche la Dalmine di Apuania spronava alcuni elementi, tra il suo ben qualificato personale, in una avvincente gara con gli altri complessi della «Grande famiglia» (Dalmine-Costavolpino-Torre Annunziata ecc.) a studiare e realizzare una forma di automazione atta a migliorare sia qualitativamente che quantitativamente la produzione.
Poi è stata sospesa. Perché? Mancavano forse i tecnici o la volontà dei dirigenti? Perché non si è continuato nella valorizzazione del personale ad essa adibito?
E pure quanto fu studiato e realizzato è tutt'ora funzionante e con esito soddisfacente nonostante gli anni trascorsi. Non si pensa che se si fosse continuato lo stabilimento di Apuania avrebbe raggiunto altri obiettivi e vanti? (e forse oggi sarebbe più facile combattere la concorrenza internazionale con la conquista dei mercati perché con uno stabilimento automatizzato la produzione sarebbe stata maggiore e migliore?) Non si pensa che ciò avrebbe permesso il rilevarsi di altri elementi e stimolato altri a rivelarsi? Perché si è cercato di soffocare gli stimoli della collaborazione? Forse è stato per non fare troppa concorrenza alle aziende private? Forse non si vedevano appagate le fantomatiche speculazioni? Può darsi che questa sia la ragione. Se ciò fosse, la risposta potrebbe essere... Alla Dalmine di Apuania il programma di automazione sarebbe proseguito solo se il problema avesse permesso di eliminare il personale come unità alle dipendenze. Ma poiché ciò può sembrare ancora impossibile, allora se l'individuo vuol guadagnare lo stipendio, se lo deve sudare.
Ciò mi sembra non vada a beneficio della società umana, e un tale ragionamento mi sembra privo di amore e di quella carità cristiana che ci dovrebbe spronare a alleviare le fatiche dell'uomo. Il problema dell'automazione è sempre aperto. Vogliamo riesaminarlo?




Francesco Baruffati


in Il Nostro Lavoro: Il NL - Anno 2 - N. 7 Viareggio - Luglio 1964, Luglio 1964

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