Venti anni fa, il 3 giugno 1944, i rappresentanti delle tre grandi correnti sindacali, socialista, comunista e cattolica, firmarono il patto di Roma, dando vita al sindacato unico di tutti i lavoratori italiani.
Non si riuscì, negli anni che seguirono, a conservare l'unità sindacale: è evidente che responsabilità vi furono da tutte le parti, e la responsabilità principale fu che nessuno seppe difendere l'autonomia del movimento sindacale dalla logica dei rigidi schieramenti politici contrapposti provo-cati dalla guerra fredda.
In quegli anni, quando spesso purtroppo parve che l'avversario da battere fosse il sindacato di diverso colore anziché il padrone, frequenti e dolorose furono le sconfitte dei lavoratori.
Questa dura esperienza provocò la ripresa di un dialogo fra le centrali sindacali, dialogo favorito anche dal disgelo nella politica interna e internazionale. Oggi si è ormai potuto definitivamente constatare che «uniti si vince» e che chi provoca una divisione nel movimento operaio fa sempre un piacere ai padroni. Di qui la continua ricerca e la frequente pratica dell'unità d'azione dei sindacati.
La divisione del movimento sindacale in diverse organizzazioni è un fattore di debolezza per la classe lavoratrice, e la crescente complessità delle strutture economiche, dal MEC alla programmazione, accentuano continuamente lo stato di inferiorità provocato da questa divisione.
Gravi e molteplici sono ancora le cause di separazione dei sindacati; i lavoratori di ogni centrale sindacale devono continuare a battersi per una sempre maggiore collaborazione e unità, tenendo presente che tre punti saranno insostituibili per la vita di un sindacato che debba raccogliere tutti i lavoratori: l'autonomia assoluta dai partiti, l'assenza di ogni discriminazione politica fra gli iscritti, la piena democrazia interna, che trova la sua massima garanzia nella continua partecipazione dei lavoratori alla vita del sindacato.
E. V.
in Il Nostro Lavoro: Il NL - Anno 2 - N. 6 Viareggio - Giugno 1964, Giugno 1964
Luigi Sonnenfeld
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