Telemeccanica di Milano


Venerdì 10 aprile, gli operai della Telemeccanica di Milano occuparono la fabbrica per lottare contro i soprusi del padronato e per salvare il livello della loro occupazione e il loro salario reale.
Nel 1963 la Telemeccanica aveva aumentato considerevolmente il proprio fatturato, portandolo a 4 miliardi e 200 milioni e questo processo di espansione produttiva aveva procurato una dilatazione delle assunzioni e ore di lavoro straordinario sempre più numerose. Nei primi mesi del 1964 la fabbrica riduceva però la produzione e i padroni limitavano immediatamente le ore di lavoro settimanale da 48 a 44 e infine a 40, rifiutando l'integrazione delle ore decurtate (o perlomeno di una parte di esse) proposta dalla Commissione interna. Non contenti ancora di questi abusi di potere e di queste gravi violazioni della democrazia nel lavoro, gli imprenditori procedevano al licenziamento di ben 70 lavoratori (40 operai e 30 impiegati) su 650, facendo pagare la crisi che essi stessi avevano creata non reinvestendo nella fabbrica gli ingenti utili conseguiti nei momenti del «boom», a chi non aveva responsabilità e non aveva per di più goduto del miracolo economico. La C.I. cercò di far riesaminare i termini della situazione, ma anche questo estremo tentativo di conciliazione fu stroncato per la sfacciata pressione di quel grande gruppo di potere che è l'Assolombarda.
Come se non bastasse, i licenziamenti, giustificati con la precaria situazione economica, colpivano (guarda caso!) tutti i membri del C.I. e gli attivisti sindacali più qualificati. Queste appunto le cause che hanno indotto gli operai della Telemeccanica ad occupare la loro fabbrica per non essere annientati dalla spietata logica del profitto.
Ma purtroppo la tragedia degli operai, disposti ad ogni sacrificio per difendere i loro sacrosanti diritti, non era ancora terminata.
La mattina di domenica 17 maggio, dopo ben 37 giorni di lotta unitaria, i dirigenti della Telemeccanica, avvalendosi dell'intervento delle forze di polizia, obbligavano gli occupanti ad abbandonare la fabbrica, in evidente e manifesta violazione della nostra Costituzione repubblicana che riconosce ai lavoratori il diritto di tutelare il proprio lavoro.
Nonostante sia stato veramente triste constatare che per rafforzare le posizioni di privilegio, esista ancora chi è pronto ad usare sistemi tipicamente fascisti, da questa situazione di lotta si devono cogliere aspetti estremamente positivi.
Innanzitutto non vi è stato «crumiraggio», al contrario la solidarietà degli operai della Telemeccanica è stata addirittura commovente; solidarietà che nasceva dal comune stato di sfruttamento di cui ogni singolo lavoratore aveva coscienza.
Da questa lotta solidale non è sfociato nessun «rivoluzionarismo deteriore», ma gli operai sono usciti vincitori perchè hanno compreso che la democrazia non la si conquista solo sulla carta costitu-zionale o nel momento delle votazioni, ma la si ottiene soprattutto nei luoghi di lavoro pagando spesso il prezzo di duri sacrifici.
Ed è proprio questo che conta: la convinzione che ha il Movimento Operaio di essere la sola forza in grado di conquistare la democrazia, nel momento in cui è capace di essere saldamente unito, e non per volontà frontiste di Partiti, ma per l'esigenza di elevarsi dall'infamante stato di schiavitù fisica e morale allo stato della dignità umana.




F. R.


in Il Nostro Lavoro: Il NL - Anno 2 - N. 6 Viareggio - Giugno 1964, Giugno 1964

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