E’ bene che gli operai sappiano…
Non so se tutto il mondo sia paese e se in tutti i complessi industriali succeda la stessa cosa.
Alla Dalmine di Massa sono venuto a conoscenza di una incongruenza che mi ha meravigliato molto. Soprattutto mi ha rattristato il constatare, ancora una volta, che gli uomini, a seconda di quale seggiola occupino, sono diversi e privi di carità cristiana da dare quasi la sensazione che tra quegli esseri privi di intelligenza che noi chiamiamo animali, ci si voglia più bene.
E' bene che gli operai sappiano che alla «Dalmine» di Massa, quando il dolore bussa alla porta di un impiegato o di un intermedio colpiti dalla morte di un congiunto, agli stessi vengono concessi tre giorni di permesso interamente retribuiti: e ciò per permettere a quel dipendente di partecipare al lutto senza altre preoccupazioni.
Mentre in caso di lieto evento, per la nascita di un figlio, gli stessi hanno un giorno di permesso retribuito, per partecipare alla gioia che con sé porta sempre la nascita di un bimbo. E non so se tutti gli interessati abbiano goduto di questo privilegio. Vogliamo dare un'occhiata?
Altrettanto non avviene invece per gli operai i quali in caso di morte di un congiunto sono costretti a «mangiarsi» alcuni giorni di ferie o R.C.P. (se ne hanno) o a perdere del prezioso salario, quando non accade loro di sentirsi negare il permesso: quest'ultimo fatto si è già verificato e l'operaio è stato costretto a portare un certificato medico di tre giorni.
Queste cose, non lo nascondo, mi hanno lasciato disgustato. Credevo che nella «grande famiglia», di fronte alla morte, non ci fossero figli legittimi e figli illegittimi. Non sapevo che il lutto di uno fosse diverso da quello di un altro. Siamo nell'era spaziale, si spendono miliardi per esplorare i pianeti: nei paesi «civili» anche con la morte si riesce a fare ingiustizie.
Non comprendo come nell'era del progresso non si capisca che di fronte al dolore dovrebbe trionfare l'amore.
Intendiamoci: non desidero con questo che l'impiegato o l'intermedio siano «degradati» al rango di operaio: neanche gli operai credo lo vorrebbero; desidero invece che l'operaio sia trattato, almeno di fronte alla morte, come l'impiegato e l'intermedio. Non chiedo la luna nel pozzo. Chiedo che sia attuata la legge di Dio, quella legge che ci dovrebbe rendere tutti uguali nella carità davanti al creatore.
F. B.
in Il Nostro Lavoro: Il NL - Anno 2 - N. 6 Viareggio - Giugno 1964, Giugno 1964
Luigi Sonnenfeld
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