Via crucis al Cantiere Picchiotti

Non è per tener accesa una memoria di contrasti, di angosce e tanto meno rinfocolare risentimenti e recriminazioni. Vorremmo tutti, e dal più profondo del cuore, che sui fatti dolorosi si potesse mettere un pietra sopra e non pensarvi più. Ma disgraziatamente, net mondo operaio in modo particolare, dimenticare può voler dire perdere certi valori acquisiti a prezzo di sofferenza e può voler dire rimettere in vigore una mentalità di dirigenza sempre disposta a dimenticare, ma soltanto per poter ricominciare a tentare le sue sopraffazioni alla prossima occasione favorevole o per continuare indisturbata un costume di condotta assolutista, dispotica.
Questo breve diario non ha per niente la presunzione di essere completo e nemmeno esauriente. Segna soltanto le date di particolare angoscia per le maestranze durante questa dolorosa storia della vertenza con la Direzione del Cantiere: sono gli avvenimenti esterni che riflettono la storia segreta dei problemi economici, politici, confindustriali, personali, ecc. che saranno quel che saranno, con tutte le importanze e le ragioni che si vogliano, ma che per noi hanno un solo significato, un solo valore, una sola importanza: una massa operaia che dall'oggi al domani si trova in condizioni di estrema umiliazione umana e di grave preoccupazione economica. Una massa d'uomini che valgono soltanto per motivi economici e di produttività di ricchezza. Una massa di padri di famiglia che dipendono nella loro tranquillità di vita per sé e per i propri figli, dall'arbitrio personale degli interessi padronali.
Non si può non notare con estremo dolore che capitando una congiuntura difficile, in cui si impongono sacrifici, è ancora la povera gente e la massa operaia che ne riceve tutta la responsabilità e il peso e che le istituzioni e le leggi e le mentalità correnti delle classi privilegiate non soltanto non hanno volontà e forza per impedire una così grave ingiustizia sociale, ma non fanno che abbandonare al loro destino il mondo del lavoro limitandosi a guardare dalla finestra. Le autorità stesse possono e sanno intervenire soltanto con discrete e riguardose pressioni o «raccomandazioni» alla benevola comprensione di chi, ancora, in questi tempi di progresso umano e sociale può dire: il padrone sono io.
La breve storia che segue è narrata dagli opera: vista completamente dalla parte operaia. Lo dichiariamo con onestà e sincerità e non perchè pensiamo che la visione sia unilaterale e interessata, ma perchè acquisti maggiore valore umano, libera come rimane e pura da tutte le complicazioni delle complesse ragioni della grande economia e del capitale. Queste ragioni a noi non interessano: mentre interessano le umili e semplici ragioni del lavoratore che sono un po' di dignità umana e un pezzo di pane per sé e per i propri figlioli.
E la breve storia narrata vuole anche essere racconto di quello che succede ancora, in questi nostri tempi, quando le vertenze arrivano a giocare il pane quotidiano: gli operai alla fine non possono non piegarsi e arrendersi quasi a discrezione.
Vorremmo però dire con questo breve diario della sofferenza di 170 uomini, padri di famiglia, a chi di dovere, di non considerare il piegarsi di uomini alle ragioni della fame come una vittoria di cui menare vanto, perchè la fame rimane e rimarrà sempre, come dicevano gli antichi, una cattiva consigliera. E è grave la responsabilità di chi spinge l'umanità verso i tristi consigli della fame.

6 MARZO
E' l'ultimo giorno di tranquillità per il normale andamento di lavoro. Fino a questo giorno tutto è andato avanti a pieno ritmo produttivo. Le ore di straordinario venivano pagate a 500 lire l'ora.

8 MARZO
Viene convocata la Commissione interna da parte della Direzione: assoluta mancanza di vendite della produzione (grossi motoscafi da diporto).
Suo malgrado, la Direzione è costretta a ridurre l'orario di lavoro da 48 a 44 ore settimanali.
Questo intervento sbalordisce e lascia perplesse le maestranze: è difficile non notare l'assurdità di un intervento così improvviso. La C.I. insiste per avere almeno le 46 ore settimanali come previsto dal contratto di lavoro. Chiede che questo provvedimento sia rimandato a fine stagione. Chiede la documentazione di questa situazione così catastrofica per il cantiere. Niente da fare.

10 MARZO
Per protestare contro questa decisione di riduzione delle ore lavorative e per il diffuso timore di prossimi licenziamenti, mezza giornata di sciopero e la lunga e dolorosa e umiliante processione di tutte le maestranze per le vie della città per andare a chiedere l'intervento del Sindaco presso la Direzione del Cantiere perchè scenda a più miti consigli e ritorni alla condizione normale dell'orario di lavoro.
Ma ogni interessamento del Sindaco non è approdato a niente.

14 MARZO
La Direzione chiede alla Commissione Interna ore di straordinario per quattro operai per un lavoro urgente da terminare. La C.I. acconsente, ma fa notare l'assurdità di un lavoro straordinario mentre l'orario rimane ridotto.

20 MARZO
La Direzione chiede ancora ore di straordinario per 18-20 operai. La richiesta viene fatta nel tardo pomeriggio e la Commissione Interna si riserva di chiedere alle maestranze la sera stessa, in una riunione, se concedere questo straordinario per la sera seguente. Minacce e sanzioni disciplinari da parte della Direzione per gli operai che la sera stessa si fossero rifiutati di fare lo straordinario. Evidentemente la corda si sta tirando in modo assurdo. La C.I. autorizza quattro verniciatori a fare ore straordinarie. La sera stessa però nella riunione di tutte le maestranze viene deciso di respingere ogni richiesta di ore straordinarie, finché l'orario di lavoro rimarrà ridotto.

FINE MARZO
Circola la voce con sempre maggiore insistenza che 60 operai circa verranno licenziati. Tutto fa pensare ad un aumento di pressioni intimidatorie e ricattatorie.

INIZIO D'APRILE Sembra che la Direzione non accetti mediazioni di autorità nè cittadine nè provinciali per il superamento dello stato di tensione in cui ormai le parti si trovano bloccate per l'intransigenza irremovibile della Direzione.

14 APRILE
Gli operai attuano una mezz'ora di sciopero rimanendo sul posto di lavoro dalle 11 alle 11,30.
Al pomeriggio, nell'albo della Direzione gli operai trovano un foglio nel quale la Direzione dichiara di non accettare quel tipo di sciopero, non essendo possibile controllare la produzione e invita le maestranze a desistere da ogni forma di protesta, diversamente sarà costretta a prendere provvedimenti.

16 APRILE
Lavoro normale fino alle 11 per la seconda mezz'ora di sciopero.
Al rientro delle ore 13,30 le maestranze trovano l'avviso sul cancello, della serrata (vedi numero precedente del giornale). La Direzione si è decisa all'azione di forza. E la pubblica sicurezza e i carabinieri stazionano d'ora in poi davanti al cantiere, a mantenere l'ordine (è difficile capire quale «ordine»).
17, 18, 20 APRILE Ogni mattina gli operai, all'ora solita d'ingresso al lavoro, vengono a radunarsi davanti a quel foglio appiccicato sul cancello. Aspettano lì per dire educatamente « buon giorno » agli impiegati che entrano regolarmente al lavoro. Nei giorni seguenti diversi impiegati andranno in ferie tanto per sistemare decorosamente ogni cosa. Da parte degli operai vi è sempre stata perfetta correttezza ed educazione anche se è stata fatta presso gli impiegati una rispettosa richiesta di partecipazione alla penosa situazione in cui si trovano le maestranze.

21 APRILE
La penosa processione in silenzio di tutti gli operai del cantiere per le vie della città per chiedere la simpatia della cittadinanza: in silenzio, perchè dice già anche troppo questa umiliazione di uomini per le strade a mostrare la propria miseria e a chiedere misericordia.

22 APRILE
Alla sera la Commissione Interna è stata ricevuta dalla Direzione. Ma le proposte sono state respinte perchè erano troppo resa a discrezione. E poi è vero: quando gli operai sono in sciopero la prima condizione per trattare è il rientro al lavoro. Quando, in qualche caso, è successa l'occupazione di fabbrica (vedi Fervet due anni fa) per iniziare le trattative la condizione richiesta è quella di sgomberare l'azienda. In un serrata non è logico che gli operai esigano, per procedere alle trattative, il ritorno alla normalità di lavoro? Ma il tempo dei due pesi e delle due misure sembra che non sia ancora finito.

23 APRILE
Sciopero generale dalle 10 alle 12. Comizio di solidarietà di tutti i lavoratori viareggini. Centinaia e centinaia di uomini. Dallo stesso podio parlano (e il parlare è ugualmente intenso e appassionato) i rappresentanti dei diversi sindacati in perfetto accordo d'impegni e di responsabilità. L'unità sindacale fa veramente gioia, allarga il cuore a tanta fiducia. Perchè non dovrebbe essere sempre possibile?
Poi ancora un'immensa dimostrazione per le vie della città, fatta unicamente di lavoratori che camminano in silenzio lungo la strada del loro destino.

25, 26 APRILE Continuano gli interessamenti dell'autorità. I colloqui. I tentativi di smussare gli angoli. Di piegare gli irrigidimenti. Di venire incontro. Di smuovere alla comprensione. Si sta mettendo insieme il trattato di pace. Dovrebbe essere senza vinti e vincitori. Ma l'impressione è che i Sindacati abbiano dovuto adattarsi, contenti dell'onore delle armi, dato anche che le autorità hanno dichiarato che d'ora in poi non avrebbero più collaborato.

27 APRILE
All'una e trenta ha suonato finalmente la sirena spiegando la sua gran voce a grido acuto e violento, lungo e appassionato. Poteva sembrare un grido di trionfo, ma anche un lungo singhiozzo. Una gioia e una tristezza. Ma forse voleva soltanto dire che si ricominciava il lavoro reso ancora più pesante, gravoso, assurdo, perchè sempre più traboccante di stanchezza e di risentimento: quel cancello non poteva non sembrare ancora di più un giogo spietato sotto il quale, per passarvi, bisognava chinare la testa e anche il groppone.

28 APRILE
Trentasette operai sono stati sospesi: era nelle condizioni di riprendere il lavoro. La Direzione è arrivata dove forse voleva arrivare.

2 MAGGIO
E' ricominciato il problema di richiesta di lavoro straordinario. Ma ormai gli operai sono stanchi e delusi. Non possono reggere a lungo grossi sacrifici. I quattrini sono come il sangue: un salasso si sostiene, ma non si può vivere senza sangue.

7 MAGGIO
Un buon gruppo di operai è stato fatto lavorare nella mattinata dell'Ascensione. Tutta una tragedia per la mancanza di lavoro, ma sembra che ce ne sia abbastanza: se non altro ve n'è la quantità sufficiente per dare modo alla Direzione di non fare rispettare il riposo festivo delle domeniche e anche quello dell'Ascensione, dimenticando il vecchio proverbio che dice: «chi lavora per l'Ascensione tutto l'anno in perdizione».

8 MAGGIO
Stasera sono state pagate le 48 ore per le dieci giornate della serrata (era nelle condizioni accettate dalla Direzione). Lo strano è che sulla cedola del conteggio gli operai hanno trovato scritto «come prestito». Si dice che la Direzione si sia impegnata sulla parola con il Sindaco e il Comandante del porto che questa somma non sarà assolutamente mai richiesta agli operai. La parola sarà sicuramente rispettata, intanto però quelle 48 ore pagate risultano come una generosità della Direzione del cantiere, ma non il riconoscimento e la doverosa riparazione dell'ingiustizia della serrata. Senza considerare il fatto che questo prestito rimane lì (speriamo che sia una malignità) come un possibile ricatto usabile al momento giudicato opportuno.

11 MAGGIO
Oggi anche gli operai che erano stati sospesi sono rientrati tutti al lavoro.
E qui la storia è finita, per questa volta... che ve ne pare?





d. S.



in Il Nostro Lavoro: Il NL - Anno 2 - N. 5 Viareggio - Maggio 1964, Maggio 1964

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