Sono un operaio e voglio parlarvi come vedo la situazione economica che si è venuta attualmente a creare: situazione che interessa in particolare modo poiché noi operai per primi abbiamo risentito dei provvedimenti che sono stati ultimamente adottati. Uomini di governo, esperti economici, sociologi, cioè i rappresentanti qualificati, ci informano quotidianamente per mezzo della stampa e della televisione sulla situazione economica del momento. Loro stessi poi varano quei provvedimenti che molto spesso avrebbero la presunzione di risanare le nostre finanze. Ora invocano la collaborazione dei cittadini e noi operai collaboriamo. Sì, collaboriamo, infatti abbiamo diminuiti gli orari di lavoro e di conseguenza sono diminuiti i nostri stipendi. Facile, dedurre, a questo punto, che se guadagniamo meno, spenderemo meno, facciamo cioè ciò che il governo attualmente ci chiede: risparmiamo.
I grandi uomini scrivono e parlano di rapporti fra produttività e consumi, competitività di mercato, bilancia dei pagamenti e molte altre belle cose, resta il fatto che fra tanti epiteti difficili il fine che essi si prefiggono è il solito: ritengono che gli stipendi siano troppo alti e che perciò ci consentano uno spreco (che a mio modesto parere non esiste) di consumi: per concludere si ritorna alla fatidica frase: italiani, bisogna risparmiare. Ma guardiamoci in faccia, signori, esperti qualificati, e siamo leali una volta tanto. Domandiamoci come può un operaio permettersi il lusso di risparmiare; ripeto il lusso perchè oggi risparmiare lo è proprio diventato. Preposto ciò, è facile pensare come molte mie idee e anche quelle dei miei colleghi operai (e qui non vorrei peccare di presunzione) non siano conformi alle vostre. Non sono d'accordo sui provvedimenti, che i sopracitati hanno sperimentato, di risanamento e non li ritengo all'altezza di poter fare i moralisti come fino a ora hanno fatto e ciò per le ragioni che seguono:
1) Gli emolumenti, l'onorario, l'indennità che essi percepiscono è troppo diversa (in meglio s'intende) a quelli dell'operaio.
2) L'esenzione della denuncia dei redditi che non mi pare per essi una definizione troppo edificante c'è che assume del grottesco se si considera che la nostra nazione è deficitaria di natura.
3) Forse lor signori non ricordano - è grave questa loro dimenticanza - l'articolo della Costituzione che in un brano dice testualmente: «La Repubblica Italiana è una repubblica fondata sul lavoro». E' a questo punto che nasce per noi che realmente lavoriamo il rammarico, l'amarezza, lo sconforto più grande.
Gli uomini che, in generale, appartengono alla classe operaia, che creano la produzione, che in parole povere è li ricchezza della nazione, vivono troppo male e con i loro sacrifici sono costretti a mantenere una società di parassiti legalmente inseriti nella repubblica, società che tende ad aumentare sia in numero che in privilegi. Qui forse sta la piaga più grande. Dice un vecchio proverbio toscano: «Il medico pietoso fa la piaga puzzolente» ed in effetti questo è ciò che accade. Troppi interessi personali ben più vivi che un sincero interessamento al bene della nazione sono in ballo fra questi signori. Essi per tentare di migliorare la situazione attuale, e ripeto sempre a mio modesto parere, dovrebbero cercare di eliminare le infrastrutture, adeguare i rapporti sociali ed economici, gli stipendi e le pensioni, ripristinare quel motto spesso dimenticato «La legge è uguale per tutti » e lo sia una buona volta, non si permetta più che fra una categoria e l'altra si consolidino maggiormente caste sociali antipatiche e principalmente antidemocratiche.
L. P.
in Il Nostro Lavoro: Il NL - Anno 2 - N° 4 Viareggio - Aprile 1964, Aprile 1964
Luigi Sonnenfeld
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