Le difficoltà del giornale

immagine:  Le difficoltà del giornale Non credo che sia giusto nascondere agli operai e agli amici, in città e fuori, de «il nostro lavoro» le difficoltà che il giornale sta sempre più incontrando. Non sono difficoltà economiche, per il momento, anche se si vive soltanto sulla simpatia delle maestranze delle aziende più grosse e su quella degli amici vicini e lontani, spesso veramente incoraggiante.
Non sono nemmeno le difficoltà per la raccolta del materiale da pubblicare e per la sua sistemazione in articoli, che ci preoccupa: le due riunioni al mese riescono sempre interessanti e hanno abbondanza di spunti e di motivi. E abbiamo fiducia che gli operai sempre più si facciano coraggio e trovino il tempo per frequentarle, queste riunioni di redazione per la preparazione del testo del giornale.
Dicevo stamani, parlando con due operai, che se venissero venti professori di università non riusciremmo a fare un buon giornale di problemi umani negli ambienti di lavoro, come invece è possibile quando vengono venti operai, e operai sul serio.
Torniamo alle difficoltà. Devo riconoscere che stanno crescendo le critiche al giornale e i risentimenti. Non in modo allarmante, d'accordo, ma certo però assai spiacevole, perchè sarebbe tanto bello poter evitare ogni malinteso, ogni motivo di malcontento, ogni recriminazione e dispiacere, agli altri e a noi.
Certi lettori del giornale può darsi che pensino che sia per me qualcosa di esaltante intrufolarmi nei fatti altrui, prendere le difese, accendere problemi, affermare con ardore valori conculcati, criticare a destra e a sinistra (anzi, dicono che siamo soltanto contro la destra), suscitare risentimenti, mettersi contro, insomma, e battagliare per il gusto di menar le mani.
Non è così, cari amici, anzi l'affrontare difficoltà e sostenere contrasti, rischiare di mettersi contro, ecc. è per me una infinita sofferenza, se non altro per una naturale mancanza di coraggio, per via di una incredibile tendenza alla timidezza, a veder tutto bene, a cercare di ottenere qualcosa soltanto con la bontà e con un'opera di serena persuasione. Quindi è cosa certissima che se io seguissi la mia natura, come io sono e mi sento, me ne starei tranquillo nel mio guscio, a vivere nascosto nel mio mondo che, del resto, trovo colmato di cose interessanti e meravigliose. Sarei portato a pensare a me e, al massimo, a offrire tutto quello che ho e che sono con dolce serenità e senza pretendere nemmeno un grazie.
E' il Cristianesimo, al quale ho consacrato la mia vita, a tirarmi fuori dal mio buco e a gettarmi dentro questo mondo così complesso e difficile.
Ho una ammirazione sconfinata e un Amore veramente profondo per Gesù Cristo. Lui ha determinato e determina la mia vita in tutto il mio esistere: dai più nascosti pensieri e sentimenti, fino alle parole e alle più piccole azioni. Mi è venuto da Lui il senso della giustizia, l'Amore della Verità, la sua ricerca appassionata. Ho imparato da Lui a mettermi dalla parte dei poveri, a rispettare gli esseri umani, a pagare di persona per ottenere il bene degli altri... e tante altre cose è Lui che me le ha insegnate e è l'Amore e la fedeltà a Lui che mi spinge con violenza a darne testimonianza, fino al punto che è dolore e vergogna orribile quando devo riconoscere che la vigliaccheria o la paura o la stanchezza o altro ancora mi impediscono di esserGli seriamente obbediente. Prego tutti i lettori di questo giornale, operai, impiegati, dirigenti industriali e chiunque altro sia il lettore, a vedere in queste pagine l'attuazione dì una esperienza di Cristianesimo realizzata in ambienti di lavoro, nel mondo operaio e industriale. Esperienza di Cristianesimo vissuta anche con chi non è cristiano, nè intende esserlo, ma fondamentalmente affrontata e sostenuta da un prete, che è quel poveraccio che è, idealista e sognatore quanto si vuole, ma che ha la piena convinzione che il Vangelo ha parole di Verità e di giustizia e di Amore per tutti e la Chiesa una dottrina capace di risolvere seriamente ogni problema di giusta e serena convivenza umana.
Sono qua a riconoscere che è possibile sbagliare e eccedere, però i diversi lettori devono ricordare che quando si afferma una Verità con precisione e con chiarezza, quando si dice pane al pane e vino al vino, non si può piacere a tutti e non sempre si può non suscitare, come si vorrebbe evitare con tutta la buona volontà, risentimenti, critiche, scontentezze. Specialmente chi poi è stato abituato ad aver sempre ragione o a non aver mai critiche alla propria mentalità e ai propri modi di fare, abbia pazienza se il giornale dice pure a lui qualcosa di spiacevole. santi e meravigliose. Sarei portato a pensare a me e, al massimo, a offrire tutto quello che ho e che sono con dolce serenità e senza pretendere nemmeno un grazie.
E' il Cristianesimo, al quale ho consacrato la mia vita, a tirarmi fuori dal mio buco e a gettarmi dentro questo mondo così complesso e difficile.
Ho una ammirazione sconfinata e un Amore veramente profondo per Gesù Cristo.
Lui ha determinato e determina la mia vita in tutto il mio esistere: dai più nascosti pensieri e sentimenti, fino alle parole e alle più piccole azioni.
Mi è venuto da Lui il senso della giustizia, l'Amore della Verità, la sua ricerca appassionata. Ho imparato da Lui a mettermi dalla parte dei poveri, a rispettare gli esseri umani, a pagare di persona per ottenere il bene degli altri... e tante altre cose è Lui che me le ha insegnate e è l'Amore e la fedeltà a Lui che mi spinge con violenza a darne testimonianza ,fino al punto che è dolore e vergogna orribile quando devo riconoscere che la vigliaccheria o la paura o la stanchezza o altro ancora mi impediscono di esserGli seriamente obbediente.
Prego tutti i lettori di questo giornale, operai, impiegati, dirigenti industriali e chiunque altro sia il lettore, a vedere in queste pagine l'attuazione di una esperienza di Cristianesimo realizzata in ambienti di lavoro, nel mondo operaio e industriale. Esperienza di Cristianesimo vissuta anche con chi non è cristiano, nè intende esserlo, ma fondamentalmente affrontata e sostenuta da un prete, che è quel poveraccio che è, idealista e sognatore quanto si vuole, ma che ha la piena convinzione che il Vangelo ha parole di Verità e di giustizia e di Amore per tutti e la Chiesa una dottrina capace di risolvere seriamente ogni problema di giusta e serena convivenza umana.
Sono qua a riconoscere che è possibile sbagliare e eccedere, però i diversi lettori devono ricordare che quando si afferma una Verità con precisione e con chiarezza, quando si dice pane al pane e vino al vino, non si può piacere a tutti e non sempre si può non suscitare, come si vorrebbe evitare con tutta la buona volontà, risentimenti, critiche, scontentezze.
Specialmente chi poi è stato abituato ad aver sempre ragione o a non aver mai critiche alla propria mentalità e ai propri modi di fare, abbia pazienza se il giornale dice pure a lui qualcosa di spiacevole.
E mi riferisco ai dirigenti e industriali che, salvo qualche eccezione, risultano molto seccati e scocciati da queste semplici e ingenue paginette che si danno arie di insegnar loro qualcosa del Cristianesimo, discutono circa la giustizia e si mettono a difendere le ragioni umane dei loro dipendenti.
Gli impiegati poi si lamentano perchè tutti sul giornale si trovano accomunati in una cordiale poco rispettosa considerazione. Diamo atto alle ottime e generose eccezioni, e gli operai le conoscono bene queste eccezioni e quando capita la buona occasione hanno manifestato la loro simpatia, però è anche vero che il mondo degli impiegati ha molte cose da rivedere nei confronti del mondo operaio. A poco a poco sono andate sistemandosi mentalità di privilegio che hanno operato scelte di posizioni a interesse individualistico, a tutto scapito di una solidarietà con tutto il resto del mondo del lavoro e dei suoi problemi.
Il giornale non l'ha con gli impiegati, soltanto si permette di dire le cose con chiarezza, sia su un piano generale, che nei casi particolari che possano capitare, nella speranza che i valori umani crescano d'importanza nelle categorie impiegatizie, a tutto vantaggio di una maggiore solidarietà e rispetto in tutto il mondo del lavoro.
E possibilmente gli operai cerchino di non creare difficoltà al loro giornale pretendendo che possa accontentare tutti: trattare i problemi operai vuol dire spesso mettere le mani in un vespaio; non è possibile che non si suscitino discussioni e polemiche, perchè spesso i punti di vista e le posizioni sono contrastanti e opposte. In ogni problema affrontato su un piano generale non possiamo tener conto di questioni particolari e tanto più di cose passate. Sta il fatto che non scriviamo per spirito di parte, in nessun modo, assolutamente, e non vogliamo servire altra causa che quella della dignità dell'uomo e della sua libertà.
Preghiamo vivamente gli operai - e chiunque altro -a non servirsi del giornale e dell'autorità che può avere, per scopi di parte, per affermare e sostenere antagonismi, creando divisioni laddove il giornale è fatto apposta per ottenere una solidarietà, un rispetto, insieme alla libertà nella difesa e nell'affermazione di tutti i valori umani.





Il direttore responsabile


in Il Nostro Lavoro: Il NL - Anno 2 - N° 2 Viareggio - Febbraio 1964, Febbraio 1964

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