E' la riproduzione fotografica di un foglio affisso all'albo operaio di uno stabilimento della nostra città.
Sono i conti semplici, elementari che significano il dramma quotidiano di molti operai e di molte famiglie. Dramma che si rinnova ogni volta che si riceve una busta paga e la si porta a casa perchè sia succhiata dal vivere quotidiano di una famiglia di tre componenti.
Questo foglio però ci sembra che significhi qualcosa di più dell'indicazione della impossibilità di condurre una vita decente con certe paghe buone soltanto per sopravvivere. Il raffronto col mensile dei deputati, il metterli tutti sullo stesso piano, quella parola così dispregiativa, (da noi censurata per non incorrere in qualche querela), indica che, a poco a poco, nell'animo di questo operaio si è spenta ogni stima e ogni fiducia, lasciando il posto ad una amarezza carica di tanta sofferenza, rabbia, disprezzo.
I suoi problemi di lavoro, quelli familiari, la situazione sociale, gli uomini politici ecc. lo hanno terribilmente stancato fino alla delusione più amara e disperata.
A leggere questo foglio si ha l'impressione dello sconforto di un uomo che lavora dalla mattina alla sera e non riesce a mantenere decentemente la sua famiglia, che si sente solo, abbandonato a se stesso, senza ormai la più piccola speranza e fiducia. Non è un caso isolato. E' forse clima generale nel mondo operaio e sta allargandosi sempre più.
Operai che non credono più agli uomini della politica, non si affidano più ai sindacati, non contano più sulla solidarietà operaia, non hanno più stima di niente e di nessuno. Tirano avanti alla giornata, aggravando sempre più il proprio senso di abbandono e lo sconforto di una disperata solitudine. E' il momento in cui un certo spirito anarchico, demolitore, disfattista si fa avanti e prende forza. E' il clima più adatto e più favorevole a esperimenti qualunquisti e peggio ancora fascisti.
Ci verrebbe da dire, se una parola è possibile e si ha il coraggio di dirla, all'operaio che ha scritto questo foglio e a tutti quelli che sono nella stessa situazione di sconforto, di sfiducia e di disperazione, ci verrebbe da dire che sì, ha ragione, è giusto quello che pensa e che ha scritto, è terribile quella sofferenza e soffocante quella situazione, ma che pure bisogna non mollare, non ci si deve abbandonare alla deriva, non si deve lasciarsi andare ad una passività inerte e scoraggiante. Bisogna stringere i denti e fare qualcosa. Certi movimenti bisogna crearli e spesso vanno pagati duramente. Bisogna lavorare nelle organizzazioni, migliorare i propri mezzi d'intervento, cercare di far sentire sempre di più il proprio peso, bisogna essere vivi e presenti per una fiducia di fondo che le masse sono fatte di individui e che l'attività individuale comporta attività di massa e le masse a poco a poco riescono sempre a cambiare le cose perchè sono a fare la storia, volere o no.
d. S.
in Il Nostro Lavoro: Il NL - Anno 1 - N. 1 - novembre 1963, Novembre 1963
Luigi Sonnenfeld
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