Una lettera di don Sirio

Cari amici,
è passato un anno da quando circolò fra voi un foglio intitolato "il nostro lavoro". Ne seguirono altri due numeri e poi bisognò cessare la pubblicazione non avendo ancora l'autorizzazione necessaria del Tribunale di Lucca.
Domande, certificati, fogli a non finire, e, naturalmente, mesi di tempo. Soltanto nel settembre è finalmente arrivata questa autorizzazione n. 174 del Tribunale di Lucca. Ora possiamo stampare regolarmente, tutti i mesi, il nostro giornale.
Ricordo che a quei numeri unici di un anno fa, faceste una buona accoglienza. Molti operai mi dissero della loro soddisfazione. Tantissimi espressero il loro consenso pratico, concreto, aiutando economicamente. Le Commissioni Interne parteciparono assai vivamente alla compilazione del giornale. Alcuni dirigenti rimasero sensibilizzati dai problemi trattati e, in qualche caso, il giornale contribuì a dissipare complicazioni e a sciogliere difficoltà. Segno chiaro che un foglio che tratti con chiarezza, onestà e coraggio i problemi umani nel mondo del lavoro può avere il suo significato e il suo valore, la sua importanza.
Per me poi, come scrivevo nel primo numero di allora, questa pubblicazione è semplice e sereno adempimento del dovere che ho di essere completamente dentro il problema operaio, di parteciparlo e di viverlo. Il fatto di essere cristiano e sacerdote per me ha comportato questa particolare sensibilizzazione nei confronti dei problemi del lavoro. Da anni vivo il mio cristianesimo cercando di rispondervi attraverso una partecipazione più totale che sia possibile della classe operaia. Dagli anni di lavoro in cantiere come prete-operaio fino a questo momento in cui sto tirando fuori un giornale che si impegni più che sia possibile, partecipandoli in pieno, nei problemi operai, la mia ricerca di verità, di giustizia, di libertà, è stata suscitata, sostenuta e spinta dalla mia Fede cristiana. Il fatto che sono prete comporta semplicemente un dovere di maggiore coerenza con questa Fede che quindi logicamente deve condurmi ad una disponibilità completa ed esclusiva verso quella realtà di esistenza umana, in se stessa e nei suoi rapporti con Dio, per la quale sono stato consacrato.
Questo giornale non significa per me che questa semplice e serena obbedienza alle ragioni della propria vita. Sono felice che questa obbedienza sia un tutt'uno colla obbedienza che devo alla Chiesa di cui ho l'approvazione attraverso l'autorità del mio Vescovo, al quale va piena e profonda la mia gratitudine per la sua aperta comprensione per i problemi operai e per me che ho desiderato e chiesto di viverli in un modo forse un po' particolare.
Che il Direttore Responsabile di questo giornale sia un prete, penso che non sia motivo di difficoltà per nessuno. Voi, amici operai, sapete ormai - e vi ringrazio di avere capito così bene - che il fatto che sono un prete non impedisce che io sia dalla vostra parte, capace di soffrire i vostri problemi, pronto a prendere precise responsabilità, a condividere la condizione operaia da vero compagno di lavoro, come un amico e, lasciatemelo dire, come un fratello. Penso che siete certi che il giornale sarà sicuramente a vostro servizio, impegnato in tutti i vostri problemi visti e vissuti con un cuore di uomo e un'anima di cristiano. Di questo ormai ne sono sicuro perchè la vostra stima per me è molto di più di quella che merito. Spesso mi è motivo di grande tenerezza. Ve ne ringrazio tanto e con tutto il cuore.
Vorrei che anche gli imprenditori, gli impiegati, i dirigenti, ecc. accogliessero il giornale senza difficoltà e diffidenze. So bene che molti fra loro mi giudicano un prete un po' fuori del binario, strano e forse anche pericoloso. Spero che tutta questa difficoltà sia soltanto determinata da posizioni e quindi punti di vista di classe. E' vero che ho scelto di essere completamente dalla parte operaia (se il fosso che separa è stretto si possono tenere i piedi uno di qua e uno di là, sulle sponde, ma se è allargato come un fiume e inevitabile che si stia su una sponda o sull'altra) però non è per polemica o per demagogia, vorrei tanto che fosse per poter meglio aiutare anche la classe padronale a rispondere meglio ai propri doveri in obbedienza a una profonda sensibilità umana e a una coscienza cristiana.
E vorrei (anche rischiando una presunzione poco simpatica) con questo foglio cercare modi nuovi e più rispondenti ai profondi doveri che il clero e comunque i cattolici hanno verso il mondo del lavoro, in forza della doverosa, essenziale testimonianza cristiana secondo il Vangelo, modi nuovi con i quali tradurre in concreto, in vita vissuta, la dottrina sociale della Chiesa e il clima nuovo di rapporti e d'impegni che il Concilio Ecumenico sta coraggiosamente realizzando.
Ringrazio cordialmente chi ha già accettato di far parte della Redazione e chi vorrà collaborare alla diffusione del giornale. Pur partendo da posizioni diverse dalle mie di cristiano e prete cattolico e pur con motivi e spinte diverse, abbiamo scoperto possibilità d'intesa e di lavoro in comune per un vivo e profondo desiderio e bisogno e volontà di lavorare nel mondo operaio. Siamo sicuri che chiunque voglia unirsi a noi troverà serena accoglienza e clima cordiale e aperto.
Eccoci qua: auguriamoci che questa idea del giornale abbia buona fortuna e riesca a portare nel mondo del lavoro un po' di giustizia, di libertà, di pace.
Cordialmente


don Sirio


in Il Nostro Lavoro: Il NL - Anno 1 - N. 1 - novembre 1963, Novembre 1963

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