37 anni sono lunghi: sono una vita. Una vita passata nel lavoro assiduo, nell'adempimento del proprio dovere. Una vita spesa a servizio dell'azienda.
A un certo punto sarebbe più che giusto un inquadramento secondo le mansioni svolte. Certi passaggi di categoria dovrebbero maturare da sé. Specialmente quando la propria attività è stata irreprensibile e quando spesso le mansioni avute e assolte comportavano responsabilità non piccole.
Perché spesso questo inquadramento non avviene? Perché questo passaggio di categoria non succede?
E' una vecchia piaga degli ambienti operai e impiegatizi. Piaga dolorosa nelle aziende in cui c'è un padrone in carne e ossa che, alla fine, sia pure con difficoltà spesso tanto complicate, può essere abbordato: finalmente il ponte levatoio si è abbassato e il tapinello viene introdotto alla presenza del Principale.
Ma è questa una piaga spaventosamente dolorosa e sembra inguaribile quando si tratta di Società Anonime. Società in cui il padrone è il capitale. La ricchezza. Il dio mammona.
E' necessariamente padrone senza cuore. Non può che essere spietato perché ciò che gli importa è soltanto l'interesse.
Invisibile e irraggiungibile, governa e determina tutto un ingranaggio. E tutto, a seguito della sua forza misteriosa, va avanti e si muove.
Non ha una coscienza che possa essere sensibilizzata, e tanto meno aggravata di responsabilità.
Non si può sperare nel suo senso umano, non si può fare nessun assegnamento sulla sua comprensione. Perché il padrone è la ragione economica, è il calcolo dell'interesse, è il bilancio. Sono i famosi e assurdi pacchetti azionari.
E masse e masse d'uomini e migliaia di operai, senza che vi sia una coscienza che ne porti il tremendo peso di responsabilità.
Un dirigente si appoggia all'altro e così via fino al dirigente centrale. Ma anche lui è un funzionario e scaricherà la sua responsabilità morale nel gran vuoto di un dovere adempiuto in nome del Capitale.
E' terribile, a pensarci bene, lavorare e spendere la propria vita totalmente in braccio al capitale, alla ricchezza anonima. Il frutto della propria fatica l'andranno a prendere ad una banca e lo spenderanno, così, senza nemmeno sapere qualcosa delle braccia che l'hanno guadagnato.
Ma torniamo al discorso iniziale. Stando così le cose, m questo tipo di aziende il senso di responsabilità dei capi reparto, dei capi personale, dei dirigenti d'azienda ecc. è ciò che decide del fare un passo avanti del dipendente.
E' doveroso in coscienza che il capo reparto conosca e sappia giustamente apprezzare le attitudini degli operai. E bisogna che compia il suo dovere di segnalare chi merita un inquadramento migliore. E insistere nell'affermare questo diritto. E darsi da fare per aiutare il dipendente a migliorare la sua posizione.
Non è giusto che il capo reparto, il capo officina, il capo personale senta la sua responsabilità soltanto nei confronti del padrone o del diretto superiore e nemmeno soltanto la responsabilità dell'andamento del lavoro, egli è responsabile, prima di tutto, nei confronti degli operai alle sue dipendenze, è a loro servizio sia per facilitarne il lavoro dirigendolo, sia per valorizzare con giustizia la loro attività.
Perché chi va avanti nella carriera e chi no? Spesso è troppo facile e copertura indegna, risolvere lo spinoso problema facendone ricadere la responsabilità sulle incapacità degli interessati.
A meno che questa incapacità sia intesa come incapacità a fingere, ad adulare, a ungere il capo reparto o il diretto superiore. Incapacità spesso - per troppa onestà e rettitudine - a seguire certo vento di fronda, correnti di favore, clientele e vassallaggi. Incapacità a tacere di fronte all'ingiustizia, a ingollare le proprie ragioni, a chinare la schiena.
Allora succede, quando il clima che imperversa nell'azienda è così viziato e mefitico, che uno «serve» per 37 anni e dopo essersi rovinato il fegato a forza d'ingurgitare umiliazioni e delusioni, per non morire aggozzito si risolva a chiedere il licenziamento.
in Il Nostro Lavoro: Il NL num. unico gennaio 1963 - Viareggio, Gennaio 1963
Luigi Sonnenfeld
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