Tra poco tempo vi sarà l'inaugurazione ufficiale del nuovo stabilimento. Ma già diversi reparti hanno abbandonato quel triste e pesante caseggiato di Via Pucci. Grigio e soffocante anche soltanto a vederlo, all'interno levava letteralmente il respiro: non vi era un angolo libero, non un metro quadrato sgombro, quasi da non trovare dove mettere i piedi. Entrando era come se uno avesse tutto il macchinario e tutto il rumore assordante addosso, come un peso terribile, fino a dare l'impressione di rimanere schiacciati.
Vi devono avere sofferto molto gli operai in quella vecchia officina, alla fonderia, alla pulitura. Una sofferenza forse nemmeno avvertita più perché ovattata dall'abitudine, fino ad essere scontata da sempre, quasi ormai acquisita e connaturata con se stessi, ma proprio per questo pesante e opprimente, sull'anima, come qualcosa d'inevitabile.
Ve n'è tanta di questa sofferenza nei mondo operaio. Generalmente è un po' come la strada sulla quale si cammina, è l'aria che si respira, è il clima normale, dentro le aziende. E quasi sempre questo angoscioso problema di sofferenza generica, ormai accettata e normalizzata, viene risolto ricorrendo al fatto che gli operai vi sono abituati. Come se l'abitudine togliesse la sofferenza o non ne facesse invece una continuità, una situazione permanente penosa e triste.
E' chiaro e risaputo che la Direzione dell'Azienda Ponsi è particolarmente sensibile a certi problemi e a questi in modo particolare. Sicuramente la ristrettezza dello stabilimento, la situazione di sacrificio per mancanza di spazio, d'aria, di movimento e di respiro, non era sofferenza soltanto degli operai.
E sta venendo il nuovo stabilimento colmato d'aria e di luce, attrezzato in modo razionale e intelligente. Sarà un vantaggio per la produzione sicuramente, ma è perché metterà gli operai in condizione di lavorare a cuore aperto e a nervi più distesi.
Vi saranno servizi per una comodità serena e accogliente. Parlano di una sala di lettura con biblioteca. E possibilità di riposo, speso in modo intelligente, durante gli intervalli di lavoro.
Tutto bene. Rimane però - e fa un certo spiacevole clima d'incertezza - un problema. Gli operai e la Direzione sanno bene di cosa si tratta. Scriverne non è molto semplice.
Ecco, è un po' come quando due fidanzati (capita soltanto nelle famiglie "bene") si sono sposati e vanno ad abitare nella casa nuova, nell'appartamento acquistato dal papà di lui e ammobiliato dal papà di lei. Un appartamento, splendido, un sogno, roba da novelle orientali. Dovrebbe essere una felicità. E' possibile che non lo sia? E' possibile. Perché forse i due sposi novelli sembra, a vederli, che non si amino di vero amore.
C'è per aria un'incertezza, una dubbiosità del genere nell'azienda Ponsi. Il vento ha portato una nuvola ad attorbare il sereno azzurro del cielo. La famiglia, così d'accordo e unita, è assai turbata nella sua serenità e come disorientata nella sua intesa.
E la situazione rende tesi i rapporti fra maestranze e Direzione e crea un clima di sofferenza per tutti.
Gli scioperi sono una dura e penosa e disastrosa necessità per gli operai. Sono un dovere oltre che un diritto e se una volta sono stati composti il sacrificio è stato grande, per questo ciò che è stato promesso ha un particolare valore, assai più delle poche migliaia di lire. E non può voler dire che allora il diritto di sciopero, sopravvenendo altri problemi specialmente di carattere nazionale, come gli attuali dei metalmeccanici, sia stato per sempre accantonato e quel dovere completamente scomparso.
L'irrigidirsi sulle proprie posizioni è libertà per gli industriali, dev'essere uguale libertà per gli operai e forse per gli operai è valore assai più grande questa libertà, perché perdere da mesi gli straordinari e giorni e giorni di lavoro, è sacrificio che per gli operai arriva fino sulla tavola da pranzo, nel guardaroba dei figli, e forse fin nel pacchetto delle sigarette (dato che poi il governo aumenta così disinvoltamente anche le nazionali).
E' pagato duramente quell'irrigidirsi nelle loro posizioni sindacali: e questo sacrificio dà agli operai particolare diritto al rispetto.
Bisognerebbe allora che, se lottare è necessario e inevitabile, la lotta non turbasse una certa serenità di rapporti.
Il clima di vicendevole simpatia, di stima reciproca, di fiducia fra la Direzione e le maestranze (e nell'azienda Ponsi ve n'è tutta la capacità e la possibilità per questo clima) è lo stabilimento modello, assai più importante di quello fatto di vetrate tutte sole e di pavimenti a specchio. E la Direzione e le maestranze sicuramente sognano questo stabilimento modello.
in Il Nostro Lavoro: Il NL num. unico gennaio 1963 - Viareggio, Gennaio 1963
Luigi Sonnenfeld
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