Verso la Redenzione

immagine:  Verso la Redenzione Ho sempre pensato che il lavoro - specialmente il duro lavoro materiale quotidiano, spremuto dai muscoli e irrorato dal sudore, fatto di fatica e di logorio di energie - sia problema umano misterioso e terribile come la malattia e la morte. E non per nulla la Religione lo considera come una condanna a seguito e a conseguenza del male, del peccato.
Porta in sé qualcosa della maledizione. Non può quindi non pesare, non opprimere, non soffocare. E' inevitabile che sia sentito come una catena al piede, come un morso spietato fra i denti, come un giogo pesante sul collo, come una schiavitù opprimente il bisogno di libertà.
Fa parte il lavoro della condizione umana disperatamente bisognosa di liberazione e di redenzione e è sicuramente per questo che il Figlio di Dio facendosi uomo per quasi tutta la Sua vita è vissuto in questa condizione di schiavitù del lavoro, ne ha accettato il peso e l'oppressione fino a tirar fuori dal lavoro delle Sue mani il mangiare per Sé e Sua Madre, Lui il Padrone dell'universo.
Non può e non deve sorprendere allora la scontentezza permanente del mondo operaio. Hanno ragione gli operai a sentire il peso e l'oppressione del loro lavoro. Come avevano ragione gli schiavi a mordere le loro catene.
E il diritto di cercare una liberazione è chiaro e sacro. E' un autentico dovere. Anche se non avvertito e conosciuto nel suo risalire al peccato originale commesso da Adamo e Eva e continuato e così vissuto nell'egoismo spaventoso di tutti gli uomini - questo dovere di cercare una liberazione rientra nel fatto religioso cristiano di redenzione, compiuto dalla morte di Gesù sulla Croce. Ed è per questo che crediamo, noi cristiani, che Gesù ci ha liberato dalla schiavitù, da ogni e qualsiasi schiavitù, rendendoci liberi figli di Dio.
Dalla schiavitù del male e del peccato ma anche dalle conseguenze di questa schiavitù.
E' vero che gli uomini sentono molto e ne soffrono terribilmente di queste conseguenze e vorrebbero liberarsene, mentre si dimenticano e non si preoccupano di liberarsi da ciò che è causa di queste conseguenze. Si lamentano e si risentono per i frutti acerbi e selvatici e non guardano invece alla radice dell'albero e tanto meno lì mettono la scure.
Però rimane vero che lottare e cercare con tutte le proprie forze di sollevarsi da una situazione di condanna e liberarsene più che sia possibile è sempre azione religiosa e cristiana.
Da oltre un secolo in maniera organizzata e cosciente (ma da sempre più o meno individualmente) i lavoratori cercano questa liberazione dalla schiavitù del lavoro.
E' tentativo di migliorare le condizioni di lavoro. E' rivendicazione di rispetto e di valutazione della persona umana. E' ricerca continua di vendere sempre meglio il proprio sudore e la propria giornata e quindi la propria esistenza. E' avanzare il diritto che sempre più il proprio lavoro sia lavoro di uomo libero e non di uno schiavo. E' cercare di rendere l'ambiente di lavoro una famiglia dove tutti fanno il loro dovere e non una galera. E' tentare di andare al lavoro con una sicurezza di tranquillità e non tremando di paura. E' per riuscire a realizzare un rapporto umano di fraternità e di collaborazione. E' per impedire che tu faccia del lusso e la bella vita spremendomi come un limone fino all'ultima goccia.
E' per impedire che imperversi l'ingiustizia e rimanga come condizione ormai normale e definitiva di questa povera condizione umana... è insomma lotta, sofferenza, sacrificio, croce per una liberazione, per una redenzione, per una affermazione di valori.
D'accordo che è su un piano storico, materiale, di benessere terreno, di rivendicazioni temporali ecc., ma la liberazione non può non cominciare dal basso, dai valori più immediati, dalle situazioni più sentite e sofferte.
Nel secolo XX siamo ancora, in gran parte e in tanti paesi del mondo in maniera totale, siamo ancora a lottare per una liberazione a livello animale, per una liberazione dalla fame. Si lotta ancora per mangiare a sufficienza. In altri paesi per avere una casa per la propria famiglia. In altri per il minimo di benessere offerto dal progresso.
Siamo ancora lontani dalla ricerca di una liberazione su un piano sociale, spirituale, religioso.
Siamo però sulla strada anche se sarà lunga di millenni. Intanto però l'operaio, deve sapere che è in nome di Dio che ha il diritto e il dovere di impegnarsi in una seria ricerca di miglioramento di vita, di smaterializzazione dei propri problemi, liberandoli più che sia possibile dal soffocamento che deriva dal lavorare per il solo mangiare per se e per i suoi figli e tanto più dalla situazione che metta in forse anche lo stesso mangiare.
E' cristianesimo questo impegno e questa volontà di liberazione e di redenzione anche se nelle sue realtà più terrene, come fu Cristianesimo lo spezzare le catene della schiavitù ai tempi di Roma pagana, duemila anni fa.
Evidentemente la liberazione dell'umanità non si fa in un giorno. Forse è come un piccolo seme, direbbe Gesù, che cresce e cresce fino a diventare albero e coprire tutta la terra.


don Sirio


in Il Nostro Lavoro: Il NL num. unico gennaio 1963 - Viareggio, Gennaio 1963

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