Un nostro amico

Cerco di seguire i passi di Cristo e mi accorgo che, col suo carico di condannato a morte, mi conduce anche oggi «fuori» dalle mura dove meno pensiamo di incontrarlo, dove spesso lo ignoriamo, dove a volte diciamo che non c'è. I suoi passi mi conducono oggi fuori dalla Chiesa del nostro paese, per le strade del mondo, fuori dalle nostre mura che abbiamo fatto ben solide per non accorgerci di ciò che ci dà troppo fastidio, dal quale ci potremmo ritrarre con un gesto di ripugnanza e di paura.
Le sue tracce di sangue mi portano là dove ancora oggi è processato e dichiarato colpevole senza aver fatto nulla di male, ma per aver aspirato a una liberazione dei suoi amici, dov'è condannato per aver fatto del bene, per voler essere rispettato. Ancora oggi lo incontriamo in un tribunale che condanna i poveri perché vogliono essere uomini liberi, uguali a tutti. Ancora oggi siede sul banco degli imputati assieme a troppa gente che non chiede al mondo nient'altro che essere uomini, uomini veri, con un rispetto, una dignità, una libertà, una eguaglianza che è loro negata.
Anche nel 1973 lo incontro in un condannato innocente, e ancora oggi il mondo non si scandalizza di questa sua condanna, la condanna a essere povero, ad avere i piedi di altri sul capo, a essere sputato in faccia a vedersi negata una giustizia che non è fatta per lui e per tutti quelli come lui.
Fuori dal tribunale lo incontro ancora per le strade del mondo, basta che mi guardi attorno per incontrarlo pesto di botte, malandato, col suo carico pesante che porta da duemila anni. E' il povero che soffre, che è calpestato, che non parla, che subisce. E' l'operaio disumanizzato dal suo lavoro che lo nobilita solamente perché lo fa essere un altro Cristo in cammino verso il posto dei condannati a morte. Da qualsiasi parte mi giro lo incontro quel volto, sempre uguale, sempre il volto di Cristo. E ha sempre in spalla una croce, sempre uguale, sempre pesante, anche se cambia nome: sfruttamento, affitto, sfratto, fame, alienazione, persecuzione, licenziamento, malattia, denuncia, debolezza, ignoranza, ingiustizia.
Per questo Cristo tutto l'anno è Venerdì santo, ogni giorno, quel peso se lo porta sempre dietro. Duemila anni fa è arrivata anche la Pasqua, è arrivata la liberazione. Ma per il Cristo che mi gira attorno, col suo carico che mi dà fastidio, quel giorno benedetto di Pasqua non è ancora arrivato; forse è nata la speranza di quella liberazione, ma il suo venerdì santo per ora continua. E questo non mi dà pace, mi dà fastidio, perché soprattutto mi chiama in causa.


Oliviero


in Lotta come Amore: LcA novembre 1973, Novembre 1973

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