Alberto Melloni, con "Chiesa madre e chiesa matrigna" (ed. Giulio Einaudi 2004) ha evidenziato i problemi messi in mora, in attesa che un falso unanimismo li riporti all'orizzonte. Ma lo stesso discorso forse è possibile farlo per quanto riguarda i soggetti e le espressioni di Chiesa che vivono come sommersi e che - in regime di totale visibilità -sono perciò inesistenti. Per chi come noi vive ed osserva la condizione di non visibilità ecclesiale, è stata una gradita sorpresa riascoltare la voce di una comunità cristiana sorella, come quella del Luogo Pio di Livorno, che ci riporta con la memoria al carissimo Martino Morganti. E' una lettera che la comunità affida al giornale La Repubblica e che viene pubblicata nelle pagine di Firenze il giorno 16 gennaio. La lettera fa seguito ad un articolo apparso sulle stesse pagine il 6 gennaio, come seconda puntata della serie curata da M.C. Carratù "Le nuove vie della fede". Vi si parla di alcuni frati francescani che a Quinto Basso (Sesto Fiorentino) vivono tra i rom e i barboni, non per "fare" qualcosa di "sociale" e neanche di "religioso", ma "per stare da nomadi con i nomadi".
Ad essere intervistato è il Padre Provinciale Maurizio Faggioni, che presenta il tutto come una sorta di "integrazione rovesciata", senza la minima pretesa di "fare" o "dire" nulla. Il fatto è che l'astuto -o incauto - Provinciale quasi a voler avvalorare simile scelta, evoca errori compiuti - a suo dire - negli anni '70, e precisamente con la nascita della comunità di frati operai a Livorno.. .
La vicenda in se stessa è emblematica e si presta a qualche utile considerazione di ordine generale, per capirne la logica sottesa. E questo perché essa rappresenta uno spaccato del modo in cui dentro la Chiesa - e in particolare nell'ambito di Ordini religiosi -vengono trattate le situazioni non gradite e non inquadragli entro schemi convenzionali: si fa di tutto perché muoiano, per poterle dichiarare defunte. Diciamo che è un esempio di come nasce una "chiesa sommersa", da cui però arriva qualche voce. E' quello che è avvenuto trasversalmente nei confronti del movimento che andava a suo tempo sotto il nome della contestazione o del dissenso, ma che in maniera larvata continua ad avvenire davanti a ogni vento di diversità..... ....Andando col pensiero al Vangelo, è la tecnica dei farisei che chiedono se "ha peccato lui o qualcuno dei suoi", non per avere una risposta di liberazione, ma per condannare in tranquillità, dall'alto di una superiorità istituzionale o di primogenitura o di affiliazione, che vale per alcuni e per altri no! Quando quest'estate tutti hanno esultato per la ritrovata unità dei cattolici (CI e AC) nessuno dei grandi si è ricordato dei tanti desaparecidos delle ex o attuali comunità di base e di tutte quelle persone che hanno dato la vita e il sangue per prendere sul serio il Vangelo prima di tutto e il Concilio poi. Se poi andiamo a vedere il viaggio che M. Politi fa nella Chiesa italiana ("II ritorno di Dio"), questa dimensione, storica prima che teologica, appare del tutto assente, come a dire che il panorama riconosciuto della Chiesa italiana non presenta più buchi neri o voci discordanti, e come se tutto fosse stato appianato, magari schiacciato!...
... Come si spiega questa rimozione su tutta la linea di una parte consistente di chiesa ricacciata nel silenzio e senza più diritto di parola e di cittadinanza, almeno ufficialmente? Forse una rilettura delle parole del Provinciale ci può aiutare a capirlo e a tenerlo presente. L'esperienza di Livorno sarebbe fallita, perché appiattita in un ruolo sociale, mentre a Quinto Basso si starebbe "da frati": il punto è proprio qui, nello "stare da frati" formalmente, più che da fratelli realmente. Il fatto importante è salvaguardare una immagine o identità convenzionale, che consenta una qualche novità come fiore all'occhiello, ma non disturbi e non comprometta il sistema! E' quando si può contare su tutte le approvazioni canoniche e magari suscitare il consenso e l'entusiasmo anche dei frati di ottant'anni! Ed è quando "la contestazione dell'ufficialità, anche della Chiesa" appare decantata, ed anche le iniziative più ardite sono organiche e compatibili ad un sistema di chiesa immobile e immodificabile ed intoccabile nella sua organizzazione. Siamo all'equivoco di fondo, che porta ad identificare l'istituzione con la prassi e le forme di governo, per cui i non allineati ideologicamente sono irrimediabilmente "fuori" anche se canonicamente in regola, dove la legittimazione non nasce tanto dalla validità o dalla fedeltà delle scelte, ma unicamente dalla conformità o meno ad una mentalità egemone o ad un sistema dominante di appartenenza. L'esperienza insegna che in genere si parte da una squalifica pregiudiziale - o da un'iniziale caduta in disgrazia -che cerca poi appigli giuridici di convalida per così neutralizzare il motivo di scomodo. Da qui un inevitabile cortocircuito, che porta all'incomunicabilità totale, naturalmente tutta a carico dei più deboli: da una parte ci si strappa le vesti per qualche "scandalo" subito o presunto, dall'altra scattano lo sdegno e la denuncia. Ma tutto rimane sterile, fino a quando non ci sarà la volontà di chiarire e confrontare apertamente e coraggiosamente logiche diverse e plausibili. Ma come?... ... Come evitare il cortocircuito azione-reazione, che blocca ogni cambiamento reale, che non sia quello di difese contrapposte o del dialogo tra sordi? E' illusorio aspettarsi che la parte emergente e visibile di chiesa accetti il proprio ridimensionamento e l'invito a lasciare il primo posto. Solo chi si ritrova all'ultimo posto o è ancora fuori della sala può invece essere invitato a farsi più avanti o ad entrare, non per primeggiare a sua volta o soppiantare gli altri, ma semplicemente per prendere parte alla convivialità del banchetto offerto a tutti, buoni e cattivi: "Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali" (Mt. 22,1)
Alberto Bruno Simoni
Koinonia, n. 3 Marzo 2005
in Lotta come Amore: LcA maggio 2005, Maggio 2005
Luigi Sonnenfeld
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