Caino e Abele oggi

La riflessione sugli avvenimenti di questi giorni, segni dolorosi del travaglio dell'umanità nel suo cammino misterioso, porta a valutare con profondo senso realistico quello che i vescovi del Nord-est brasiliano affermano nel loro documento del 6 maggio '73: "Siamo convinti che questa è l'ora di scegliere Dio e il popolo. E' l'ora di essere fedeli alla nostra missione".
Ho ripensato a quest'affermazione del documento che testimonia la coraggiosa volontà di scelta e d'amore di questi vescovi, collocandola nel quadro delle vicende tragiche che affogano il cuore perché salgono come marea violenta da ogni angolo della terra. E mettono in questione tutto un modo concreto di vivere la fede in Dio, l'amore autentico a Gesù Cristo e all'uomo.
Per chi ha orecchi e cuore per intendere il senso nascosto di ogni movimento che attraversa la storia umana, non è davvero difficile avvertire che questi nostri tempi - forse molto più che per il passato e forse come sempre ad ogni generazione - richiedono la decisione per una scelta di cammino e di vita che si fa sempre più bruciante. E la necessità di questa decisione, di questa scelta di campo e di frontiera si riannoda da una generazione all'altra fino alle origini dell'umanità, ai drammi e alle lacerazioni che con essa sono nati.
C'è una vicenda angosciosa che attraversa lo svolgersi storico come spada fino a lacerare la nostra stessa carne e ferire il nostro cuore sbigottito di fronte alla realtà inspiegabile del male. La storia di Caino che uccide il fratello Abele non è novella da raccontare ai bambini del catechismo, ma dramma terribile che brucia la terra, insanguina la vita, scava solchi profondi di disperazione e di solitudine. Abele e Caino sono individui e sono popoli, sono singoli e sono nello stesso tempo gruppi, masse, razze, generazioni. Sono come la radice della storia umana, del suo tempestoso scorrere nel tempo e nello spazio: radice maledetta, segnata dalla morte, se fra le tenebre di questo dramma non si fosse accesa la luce, se Qualcuno non avesse posto per sempre la sua casa fra di noi. Per abbattere il muro della divisione, ricomporre l'unità, fare la pace, ristabilire la perfetta comunione, dar vita ad una nuova creazione e ad un mondo nuovo. Riconsacrare e riscattare lo spazio umano, la terra e il cuore, dalla maledizione di Caino: perché solo l'amore sia la nuova radice dei pensieri, dei sogni, delle lotte umane. Perché ogni uomo, ogni donna, ogni popolo sia unicamente amore per l'altro.
Così il dramma di Caino continua; ma dentro, nel profondo, nascosto come seme nella terra, come germe vitale in un seno di donna, si muove la vena d'acqua viva che può condurre ogni cosa a vita eterna. Che può impedire che l'umanità diventi deserto.
Gesù è quest'acqua viva, questa luce, questo germe di vita nuova. Dio calato, incarnato, nascosto nel seno dell'umanità, nel profondo mistero di questo dramma umano. La sua storia è storia di Abele crocifisso e ucciso dal Caino che siamo noi tutti, ma è anche vicenda di resurrezione, di vittoria sul peccato e sulla morte.
La storia è salva perché dentro di essa è stato radicato per sempre l'amore di Dio in Cristo e da Lui nasce una speranza che nessuno può distruggere, perché essa getta le sue radici di vita nel cuore degli avvenimenti. Se è annuncio di un futuro ricolmo della pienezza del regno di Dio, essa è anche energia viva per il presente, per condurlo più avanti e farlo crescere nel senso della liberazione dalla miseria e dall'ingiustizia, dall'oppressione della violenza e del potere.
Da questa certezza della presenza vivificante del Cristo risorto nel processo della storia scaturisce per i cristiani - per la Chiesa -- il dovere di testimoniare questa speranza di salvezza nell'intricato tessuto della vita quotidiana. Sperare non vuoi dire conoscere già tutto del futuro; ma saperlo accogliere come un dono. Tutto questo però esige di essere testimoniato nella negazione dell'ingiustizia, nella protesta per i diritti umani schiacciati e nella lotta per la pace e la fratellanza.
La speranza in Cristo se conduce da una parte all'accoglienza delle gioie dei fratelli, alla dolcezza dell'amore comune, porta anche allo scontro, alla lotta per le ingiustizie da sopprimere, per la schiavitù da cui liberarsi, per la verità da gridare ai quattro venti. Anche se spesso i quattro venti acquistano la dimensione concreta dei quattro angoli della croce.
Basta collocare questa riflessione - come a me è capitato - nella prospettiva concreta di ogni angolo di terra bruciato dall'odio fratricida, per accorgersi di quale tipo sia la scelta richiesta ai credenti in Dio che è amore.
Ho pensato al Cile: un angolo di terra insanguinata dallo stesso vecchio dramma appena appena adombrato dal racconto biblico. Qui Caino ha preso l'aspetto di uomini decisi a stroncare nel sangue tutta una ricerca di un modo diverso, nuovo, di impostare le relazioni umane, il lavoro, la cultura, il vivere insieme di un popolo. Caino - in Cile come in mille altri lembi insanguinati del mondo - ha il volto duro, il cuore di pietra, il pugno sprezzante dei militari. A Santiago imbraccia il mitra, guida i carri armati, dà ordini spietati, brucia le parole della speranza sulle piazze, fucila studenti, sindacalisti, operai, fratelli che cercavano e sognavano un mondo più umano e più giusto. Ed ha anche il colore tagliente dell'oro delle banche, delle grandi compagnie internazionali, dei piccoli interessi di chi preferisce uccidere piuttosto di perdere il proprio star bene. Caino è cresciuto, è diventato molto forte, ha dimensioni nuove; ma è sempre lo stesso, uguale al primo, perché come lui è assassino.
E' di fronte a questo volto drammatico di un'umanità che si fa omicida di se stessa, di uomini che si giustificano del sangue versato ("a scopo di libertà e di ordine") che diventa urgente compiere una scelta che nasca da un cuore pieno della fede in Dio, dell'Amore a Gesù Cristo, della volontà di essere fratelli e sorelle di tutti, specialmente degli ultimi degli uomini, dei rifiutati, dei respinti, dei crocifissi.
In Cile, come in Vietnam del sud col suo carico di prigionieri torturati e uccisi; come in Brasile, in Angola,in Palestina... come dovunque gli uomini decidono di affogare nel sangue lo sforzo di libertà e di costruzione di vita nuova.
La scelta richiesta ha un senso tragicamente chiaro per chi voglia compierla in fedeltà a Gesù Cristo, anche se essa costringe a uscire allo scoperto, a confessare nella concretezza del momento quella fede che era come luce nel segreto. E' allora che la Chiesa, la comunità dei credenti si mostra veramente per ciò che essa è. Chiesa di falsi pastori, di falsi profeti, di mercenari; Chiesa di testimoni di Gesù crocifisso e risorto, fedeli amici di chi per amore andò a morire fuori delle mura di Gerusalemme - la città della pace, la città santa - appeso alla croce. La diplomazia, la doppiezza, la saggezza e la furbizia sono smascherate dall'irrimandabile dovere di scegliere fra Caino e Abele, fra i crocifissi e i loro crocifissori. E lo scegliere è imposto da un amore così serio e autentico che abbraccia tutti e due - Caino e Abele - e che per amore costringe ad aprire la porta e scendere in strada dove il popolo dei poveri e dei perseguitati compie la sua marcia dolorosa.
A Santiago come a Saigon; a San Paolo come a Gerusalemme, come dovunque ci sono Erode e Pilato con i loro eserciti e il loro potere a processare e condannare a morte il popolo che grida e cerca la verità, la scelta mette a nudo la contraddizione dei credenti.
Perché non si può servire a due padroni, non si può stare con Caino e Abele nello stesso tempo; non si può rimanere nelle mura del tempio perché la casa di Dio è là dove si alza una croce "O con me o contro di me", è la proposta radicale di Gesù, quello di allora e quello di oggi: e ci chiama a sceglierlo nel suo volto di condannato, torturato, ridotto a una piaga sanguinante. Ed è allora che vorremmo tanto avere la grazia di riconoscerlo e di non rinnegarlo.


don Beppe


in Lotta come Amore: LcA ottobre 1973, Ottobre 1973

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