Matrimonio: cerimonia o famiglia cristiana?

E' sempre un grosso problema e quasi, direi, un'angoscia strana, quello che avverto quando mi capita d'incontrare due giovani. Vedo bene che mi cercano e capisco a volo di cosa si tratta: ci vorremmo sposare e siamo venuto a cercar lei, perché... e i motivi sono sempre tanti.
Sempre, ma specialmente da qualche tempo questo celebrar matrimoni mi tira su dal profondo dell'anima un terribile senso di responsabilità.
Si tratta di matrimonio religioso e cioè di un cercare, dichiaratamente, e scopertamente, la presenza di Dio a realizzare quest'unione, quest'unità di uomo e di donna, l'unica realtà nella creazione capace, secondo il pensiero di Dio e la sua destinazione di essere l'immagine e la rassomiglianza di Lui cioè segno e realtà di ciò che Dio è: l'Amore.
E' impegno di matrimonio cristiano e cioè realtà umana - quella dell'uomo e della donna è la più fondamentale, sta alla radice - da realizzarsi nel nome di Cristo, da concretizzarsi attraverso le sue scelte, la sua Parola, il suo Mistero: la pienezza di Cristo a ottenere compiutezza di vita umana in tutto la realtà naturale e soprannaturale, nei rapporti vicendevoli d'integrazione e di completamento, nei rapporti con il mondo esterno, con l'esistenza umana e la sua storia, i suoi valori, i suoi problemi.
La famiglia cristiana è l'immenso, inimmaginabile valore, al quale è affidata e consegnata la dignità umana in tutta l'ampiezza e vastità dei valori individuali e universali capaci di realizzare l'umanità nuova, l'uomo nuovo; il rinascere continuo, incessante della speranza, il concretizzarsi di una Fede che si precisa e si sostanzia nel credere nella vita, il toccare con mano, l'esperienza di ogni giorno che l'amore è possibile e è bellissimo, è motivo che giustifica l'essere al mondo, è realtà di felicità. E' segno, indicazione, riprova adorabile che Dio ha fatto veramente molto bene tutte le cose.
Diversamente, è rischio terribile di mediocrità, di superficialità, di banalità, è rischio causante un riflettersi di sfiducia, di depressione, di sconforto perché è riconoscere e dover accettare una sconfitta: rabbuiano sempre la luce del sole i disastri familiari, riflettono sul mondo e sull'umanità ombre nere di egoismo capaci soltanto d'intristire, immiserire non solo gli interessati, ma tutti l'uomo e la donna in se stessi, l'umanità nei suoi motivi più determinanti.
D'altra parte vi è tutto il problema di una consuetudine, di una formalizzazione sacramentaria che nel matrimonio raggiunge, già nella celebrazione del sacramento, i limiti di una banalità, di una superficialità impressionanti.
Generalmente la famiglia cosiddetta cristiana inizia con un atto di falsità, cioè con una vera e propria falsificazione, perché quella celebrazione di matrimonio è un grosso imbroglio vicendevole che gli sposi fanno fra loro, nei confronti dei partecipanti alla cerimonia, e viceversa, nei confronti del sacerdote e della chiesa che del resto consapevolmente accetta questo inganno. L'unica sincerità è che tutti e due (e i motivi sono sempre individuali, e spesso molto diversi, e a volte in maniera impressionante) hanno deciso di sposarsi in chiesa. Hanno fatto i documenti ed eccoli lì, emozionatissimi sotto i lampi dei fotografi e delle cineprese, fra fiori e musiche e i sorrisi più o meno di convenienza degli invitati.
Il sacerdote è il ministro del culto. La cerimonia, il discorsetto, la Messa, le firme. Gli auguri.
E così da secoli, con aggravanti estremamente spiacevoli, anche se in via di estinzione, almeno dove il senso sociale si è affacciato in qualche spiraglio di sagrestia: ma ancora resistono, abbarbicate ai diritti di stola bianca e nera, differenziazioni di apparati e di rituali secondo l'estrazione sociale degli sposi.
E' tutta una storia di autentica scoscentizzazione da parte della Chiesa e del suo ministero pa-storale e liturgico e quindi logicamente degli sposi.
Era per non avere matrimoni civili, famiglie di concubini, di associati, di conviventi, senza rendersi conto che era anche il modo di non avere famiglie autenticamente cristiane, almeno nella celebrazione del loro matrimonio.
Ma torniamo a noi.
Vinta la prima impressione di sgomento (anche in vista, bisogna che lo confessi, di tutta un'immensa fatica per la preparazione, nel caso che si prospetti la volontà di un ricerca di sincerità per la celebrazione del proprio matrimonio) è bene che ci parliamo subito con grande franchezza con i fidanzati in cerca di un sacerdote per il loro matrimonio.
Nonostante le apparenze e il giudizio di chi non mi conosce bene e non sa le cose esatte della nostra comunità, dichiaro subito di non essere il sacerdote-funzionario per celebrare matrimoni. Non passo sopra disinvoltamente a quello che giudico, secondo la mia coscienza, essenziale per una sincerità religiosa e cristiana del matrimonio e della famiglia.
E propongo tre soluzioni: 1° matrimonio civile. E' modo semplice, chiaro, onesto di sposarsi quando per l'Amore degli sposi e la loro unione è sufficiente la legge civile. Se il proprio matrimonio si adatta ai livelli di valore puramente umani, va benissimo il matrimonio civile. E' chiaro che la Fede o non esiste o non avanza esigenze da risolversi nel matrimonio religioso. Con tutto un serio rispetto derivante da una profonda comprensione, consiglio di celebrare il matrimonio con questa sincerità e chiarezza. Del matrimonio religioso se ne può parlare in seguito, se ne nascerà l'esigenza, e rimaniamo disponibili per incontri, discussioni, ecc. in un clima di assoluta amicizia.
La seconda soluzione è tutta nel consiglio di cercare una parrocchia, un sacerdote e una chiesa, dove non si manifestano particolari esigenze, si è disponibili alla celebrazione di matrimoni con un adattamento, che può essere anche apprezzabile - ognuno ha la sua coscienza di quindi merita ogni rispetto -, alle esigenze manifestate dagli sposi.
La terza, nel caso d'insistenza e intuendo motivi e valori che possano dare fiducia, va bene, sono d'accordo a celebrare il matrimonio. Rimane chiaro però che nel caso che gli sposi siano disposti a consegnarsi alla mia sensibilità e responsabilità di sacerdote per la loro preparazione, si resta d'accordo di sentirsi totalmente liberi, anche dopo conversazioni di preparazione, ma specialmente di approfondimento del valore e della portata del matrimonio religioso, di decidere se celebrare o no il matrimonio.
Più che di una preparazione si tratta di prendere coscienza, il sacerdote e gli sposi, vicendevolmente, di questa responsabilizzazione che nasce dalla celebrazione del matrimonio. E' necessario quindi conoscerci seriamente, stabilire un fatto di autentica amicizia e impegnarsi insieme nella realizzazione di una famiglia cristiana, in se stessa, secondo la Parola di Gesù Cristo e nei suoi rapporti all'intorno, nell'ambiente, nel contesto sociale, nella realtà della problematica umana, così vasta e così terribilmente insidiosa e spesso maledetta, specialmente nei confronti di una famiglia che intende essere famiglia cristiana. per decidere quale soluzione. Bisognerà pure che i fidanzati parlino e discutano del problema della scelta. Normalmente i fidanzati, anche in prossimità del matrimonio, parlano di tutto, si dedicano a tutto, nei casi più democratici, trattandosi di figli di papà, ecc., imbiancano insieme le stanze dell'appartamento, si scelgono i mobili, attaccano i quadri ecc. e non parlano mai, non si comunicano mai i loro problemi interiori, la problematica religiosa, non rivelano affatto uno all'altro le loro anime, non si conoscono per nulla nei valori più importanti e più decisivi, cioè il loro vero se stessi, quello nascosto nella profondità della loro coscienza, del loro spirito, della loro sensibilità interiore e quell'esistere, quella personalità comunitaria, fatta da due che saranno uno, quell'uno che avrà inizio d'esistenza e dovrà essere il vivere quotidiano, cominciando dal momento del matrimonio. Il figlio, i figli che nasceranno ne sono il segno, la realtà materiale, bellissima di quest'unità di anime, di questa interiorità di Amore, di questa comunione che nasce dall'interno e si realizza come pienezza, come completamento nell'unità dei corpi.
E' problema enorme questo, psicologico, di comunicabilità o di incomunicabilità, .estremamente decisivo per una convivenza matrimoniale (e ovviamente non solo quella!), ma, e tanto più, è problema di valore religioso, di necessità assoluta religiosa e cristiana, perché è semplicemente assurdo costruire un vivere insieme in nome di Dio e di Cristo e Dio e Cristo non sono l'incontro più alla radice dell' Amore, non sono terreno comune dove ritrovarsi nella luce chiara e limpida che la Fede. nello stesso Dio e l'Amore allo stesso Cristo logicamente accende nella vita così totalmente comunitaria (fino al niente escluso) di due sposi, diventati uno solo nell'onnipotenza della Grazia sacramentale del matrimonio.
Se dopo questo ripensamento viene fuori la decisione di un matrimonio da realizzarsi a seguito di una coscientizzazione più che sia possibile religiosa e cristiana e nella comunione di responsabilità di un sacerdote, allora si può cominciare a parlare, a discutere, ad aiutarci insieme per celebrare quel matrimonio, il sacerdote e gli sposi, con la maggiore sincerità possibile e quindi giustificatamente davanti a Dio e davanti agli uomini.
E' chiaro che ogni coppia ha la sua posizione religiosa, la sua estrazione familiare, le sue sensibilità o difficoltà, la sua problematica, realmente impossibile di identificare con un'altra. D'altra parte la costruzione di famiglia, l'autenticità dell'Amore, le possibilità di comunione ecc. nascono da motivazioni personali e si realizzano sempre in condizioni particolari.
La preparazione collettiva difficilmente può andare più in là di un fatto nozionistico, colmabile e rimediabile unicamente dal fatto di un conoscersi e di una amicizia che può realizzarsi fra le diverse coppie. Rimane sempre però tutto un insieme di valori assolutamente particolari, propri di ogni coppia e forse anche gelosamente custoditi, e con giusta ragione.
Pastoralmente viene fuori il problema delle grandi parrocchie ecc. dove i matrimoni sono fre-quentissimi.
Pensiamo però che l'offrire possibilità di scelte chiare e responsabili rimane un dovere di considerazione di rispetto verso gli sposi, liberandoli dalle necessità e doverosità oggettive sacramentarie; comporta il giusto apprezzamento e la seria valorizzazione del sacramento, il dovere di scoperta e di spinta alle possibilità di famiglie capaci di autenticità cristiana, l'impegno sacerdotale e pastorale di lottare contro tutto un tipo di famiglia cristiana dove il sentore di verniciatura s'inizia al primo giorno di matrimonio e permane nauseante e stomachevole nella casa dove vive la famiglia - cosiddetta cristiana - e dove logicamente si battezzano i figli costringendoli (fino a che non se la squagliano spalancando la porta) a respirare una verniciatura sempre accuratamente rispennellata.
Del resto il racconto, la descrizione, la presentazione e la santificazione di questa famiglia è facilmente riscontrabile, è a portata di mano, anche all'ingresso delle chiese parrocchiali, venduta in milioni di copie: il periodo cosiddetto «famiglia cristiana». Ma questo è un altro problema, anche se non è di minore importanza.


don Sirio


in Lotta come Amore: LcA settembre 1973, Settembre 1973

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