Nel tentativo di contribuire alla riscoperta de valore sacro di ciò che Dio ci ha donato in Gesù Cristo. dei segni d'amore e di comunione con Lui e fra di noi che Egli ci ha offerto come prolungamento nella storia della Salvezza e della Liberazione da Lui compiute, ho pensato di mettere a confronto due «racconti» che riguardano l'Eucarestia e che mettono in stridente risalto la gravità delle situazione religiosa a cui siamo giunti.
Questo nella speranza che una simile riflessione non sia giudicata cocciuta e ostinata volontà polemica e distruttrice, ma servizio sincero per la ricerca della Verità, per la comprensione più autentica possibile del dono di Dio.
Parlare del problema dei sacramenti nella Chiesa, soprattutto partendo da motivazioni pastorali senza guardare in faccia il tradimento storico che di essi, in alcuni casi, è avvenuto, sarebbe certamente contribuire a seppellire nella tomba la Resurrezione di Cristo e a spengere la forza vitale del seme del Regno di Dio.
Il confronto aperto di certi fatti può essere motivo per una presa di coscienza alla luce della Fede della necessità di un profondo cambiamento di mentalità per tutti noi che ci dichiariamo discepoli del Signore morto e risorto.
Non possiamo chiudere gli occhi sulla realtà di compromesso in cui spesso - anche nelle nostre chiese, nelle nostre solenni liturgie - celebriamo l'Eucarestia riducendola a puro rito commemorativo di un dono d'amore pagato da Gesù Cristo a prezzo di sangue e di croce.
Dono d'amore vissuto giorno per giorno nella offerta totale di sé, del proprio corpo e del proprio cuore, come pane e vino lasciati alla fame e alla sete di tutti.
I fatti che proponiamo, o la vergogna che ne dovrebbe seguire, sono esattamente per la crescita di questa capacità di dono in ciascuno di noi.
Ai genitori
.. Purtroppo non ci hanno autorizzato ad avere la messa per Natale e Capodanno. E' incredibile che, in un paese che si dice cristiano, i carcerati non possano partecipare al sacrificio del Signore. Nessuno può impedirci di pregare, di ringraziare Iddio per tutto ciò che abbiamo vissuto a somiglianza del suo Figlio.
Non potete farvi un'idea di come sono stato felice di sapere che papà ha ricevuto l'Eucarestia. E' stato il miglior regalo di Natale nella nostra famiglia. Per molti anni ho pregato per questo e adesso il Signore ha accolto le nostre preghiere. Viviamo un Natale permanente, perché stiamo rinascendo nello Spirito. Sarei disposto a subire altre prigionie affinché altre famiglie potessero ricevere la stessa grazia. L'anno scorso meditai molto sul mistero dell'Eucarestia. Fu istituita da Gesù nella sua ultima cena con gli apostoli, quando parlò loro delle sofferenze che avrebbe affrontato per la nostra redenzione. Gesù prese in mano ciò che esiste di più semplice sulla mensa degli uomini, il pane e il vino, e li consacrò. «Questo è il mio corpo che sarà dato per voi. Questo è il mio sangue che sarà sparso per voi. Fate questo in memoria di me». Cosa significano queste parole di Gesù ripetute nella Messa? Significano semplicemente che la consacrazione è fatta in memoria di Gesù, come ricordo del suo sacrificio? No. E' vero che la messa rende attuale per noi il suo sacrificio, ma è anche vero che costituisce un appello a ripetere il gesto redentore di Cristo, affinché siamo suoi imitatori. Quando il sacerdote ripete il gesto nella messa e aggiunge: "Fate questo in memoria di me", io intendo che Gesù ci dice: «Vi ho amati radicalmente, al punto che ho accettato di morire per voi. Ho dato tutto quello che avevo per liberarvi. Mi restava soltanto la vita, e non l'ho risparmiata, l'ho data, anche per insegnarvi che il limite dell'amore è amare senza limiti. V i ho dato il mio corpo e il mio sangue. Ho fatto di questo gesto un sacramento, affinché possiate ricevere, in qualunque luogo e epoca della storia, la mia vita in voi. Affinché possiate ripetere la mia vita nella vostra. Quando ho detto "Fate questo in memoria di me" non volevo dire soltanto che dovete ricordarvi di ciò che ho fatto. Intendevo dire che dovete fare lo stesso. Che anche voi dovete dare il vostro corpo e il vostro sangue per la redenzione degli uomini. Così come nella messa ricevete il mio corpo e il mio sangue, allo stesso modo .nella vita, dovete dare il vostro. Fate questo affinché il mio gesto sia sempre presente e attuale attraverso il vostro. Quindi, se mi ricevete nell'Eucarestia, altri dovranno ricevere voi nella vita. Così saremo in comunione».
Purtroppo molti cristiani ignorano che la messa si vive, non ci si assiste, e si vive nella misura in cui accettiamo di sacrificarci per la liberazione degli uomini. Invece di essere una sofferenza, questo sacrificio è la suprema gioia, perché in esso troviamo l'amore in tutta la sua trasparenza, e diventiamo sacramento di Dio nel mondo ...».
(Dai sotterranei della storia, pag. 12; ed. Mondadori)
Questa lettera del padre Betto, chiuso con i suoi compagni nella cella del carcere di S. Paolo non ha bisogno di commento. Essa è una testimonianza vivissima di una situazione realmente euca-ristica, di uno spazio umano così vicino al mistero di Cristo da trovarsi in perfetta sintonia con la ce-lebrazione della memoria della sua Morte e Resurrezione.
Le sue riflessioni, che nascono dal concreto di un' esistenza che si trova "in catene" per amore del Vangelo e quindi dei fratelli oppressi, sono fortemente indicative di quale contenuto dovrebbero avere le nostre riunioni eucaristiche. Di quale realtà nuova, liberata, risorta dovrebbero essere il segno tangibile, la liturgia vivente.
Il fatto che questa celebrazione sia stata impedita alla "chiesa del carcere" è significativo di come certa realtà cristiana scoperta, coraggiosa e sovversiva del disordine costituito possa diventare immediatamente segno di contraddizione.
Il confronto, perciò, con i fatti di casa nostra è tanto più stridente e provocante.
Roma, 8 maggio '73
«Alla presenza del ministro dell'interno, è stata celebrata stamani, all' accademia del corpo della guardia di pubblica sicurezza, la festività di S. Michele Arcangelo, patrono della polizia italiana.
Dopo aver passato in rassegna uno schieramento, nel quale, con in testa la bandiera del corpo, erano rappresentati tutti i reparti e specialità di stanza a Roma, oltre all'Assoc. nazionale guardie di sicurezza in congedo, il ministro dell'interno ha raggiunto il palco d'onore dove si trovavano altri funzionari del ministero e ufficiali del corpo.
La cerimonia si è quindi conclusa con una Messa al campo, officiata dal primo cappellano militare capo del corpo delle guardie di pubblica sicurezza».
(da AVVENIRE del 9.5.'73)
Mi sembra onesto e doveroso chiederci che cosa vi possa essere di comune fra l'Eucarestia sopra descritta e il mistero di amore, di dono totale di sé di cui il Signore Gesù ci ha chiesto di fare memoria.
Come è possibile che nel processo della storia cristiana le cose si siano così aggrovigliate fino a giungere all'assurdo così dolorosamente evidente di questo fatto?
L'aver messo a confronto diretto questi due racconti - separati da diversissime vicende stori-che - vorrebbe semplicemente aiutare a mettere in luce la gravità di un problema che viene continua-mente rimandato, non affrontato allo scoperto. Credo che nessuno possa a cuor leggero ammettere con piena sicurezza che la Messa al campo celebrata nell'accademia della polizia sia stata veramente una "memoria" autenticamente realizzata di quella lontana Cena pasquale in cui Cristo offriva il do-no del suo corpo e del suo sangue perché si compisse la nuova alleanza nell'Amore. Siamo così lontani da quel clima, dalla profondità di quel gesto di Gesù che lo compie radicalmente nel comando di amare come Lui ha amato, di dare la vita come Lui l'ha data, di essere gli uni i fratelli degli altri, che a confrontare i due avvenimenti par quasi di udir risuonare una bestemmia. E altrettanto impressionante risulta il confronto con la situazione descritta nelle lettere di. padre Betto traboccanti di sofferenza di croce, di passione dolorosa, d'amore e di comunione con l'umanità povera e oppressa.
Dico questo senza l'ombra del più piccolo sentimento di disprezzo per nessuno, nel rispetto di ogni persona: ma non si può chiudere gli occhi e il cuore di fronte alla realtà drammatica di certi fatti che ci inchiodano alla nostra responsabilità di Chiesa di Cristo, di discepoli e testimoni del Risorto così compromessi nel servizio agli idoli sempre risorgenti nella trama della storia. Fino al punto di celebrare tranquillamente il mistero della Morte e Resurrezione del Signore nel contesto di una struttura di potere politico repressivo e oppressivo.
Accettare serenamente che tutto questo sia buono, sia fedeltà al comando di Gesù di spezzare il pane e dividere il vino come segni di una reale comunione con Lui morto e risorto, mi pare sarebbe tradirlo nuovamente ai piedi della croce, nel cuore stesso del mistero cristiano. Sulla croce Gesù ha inchiodato per sempre il peccato dell'uomo, l'inimicizia, la divisione, la sopraffazione, la violenza delle potenze delle tenebre: dalla sua tomba, insieme con Lui, sono risorti l'amore, la comunione, la pace, la libertà, la vita nuova dei figli di Dio.
Chiedere che il gesto più sacro che noi compiamo in perenne memoria della morte liberatrice di Cristo fino al suo Ritorno sia liberato da tutti i compromessi in cui - spesso inconsciamente - lo abbiamo seppellito, penso che sia un doveroso atto di Fede che dovremmo fare tutti insieme per rendere autentica e credibile la testimonianza della sua Resurrezione.
don Beppe
in Lotta come Amore: LcA settembre 1973, Settembre 1973
Luigi Sonnenfeld
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