Non saprei immaginare l'esistenza di una Comunità cristiana senza i «segni» sacramentali che Gesù Cristo le ha donato come realtà fondamenta di un' esistenza secondo il Dio vivente.
Non credo che possa esistere una Chiesa senza Battesimo, senza Eucarestia, senza Perdono dei peccati, senza Sacerdozio: e per «esistere» intendo vivere in comunione di Fede col Padre, il Figlio lo Spirito Santo; l'accogliere la Parola di Dio raccolta dal cuore di Cristo; il realizzare l'Amore fraterno fino ad essere una cosa sola in pienezza.
Essere comunità di persone credenti nel Figlio di Dio fatto uomo credo debba necessariamente realizzarsi nel flusso di vita che ci è stato offerto dall'Amore misterioso ma concreto di Colui che ci genera continuamente alla Vita Eterna per mezzo dei frammenti di materia inseriti nella realtà sacra del Mistero di Cristo morto e risorto; l'acqua, pane, il vino, il gesto della riconciliazione e del perdono, il segno dell'amicizia.
La dimensione dell'Incarnazione la sento vicina, mescolata alla vita e alla storia del mondo proprio attraverso i segni di comunione con l'eterno che Gesù ci ha lasciato quasi a prolungamento della sua Presenza fisica. I sacramenti, in una visione di Fede, hanno lo spessore della vita umana di Gesù Cristo, ce Lo riconducono vicino, ce Lo fanno prossimo, sulla stessa strada, seduto alla stessa tavola, compagno di destino e di lotta.
Realmente credo che la Chiesa prende corpo come umanità nuova, terra redenta e liberata, popolo di Dio che cresce, proprio intorno a queste sorgenti che il farsi carne e sangue del Figlio di Dio ha aperto fra le pietre della storia.
Chi ha fatto l'esperienza della fame e della sete, sa, quanto sia preziosa una briciola di pane o una goccia d'acqua. Chi ha compreso tutto il limite, il peso, la solitudine, l'assurdo della vita umana, sa quanto sia meravigliosa la scoperta di una Presenza che rende buone tutte le cose, le rinnova, le salva e le conduce a Vita Eterna.
Se c'è bisogno di un seno di donna per venire al mondo e entrare nella vita, credo che i sacra-menti possono essere pensati come la dimensione visibile del seno di Dio nel quale ognuno può at-tingere le energie della Nuova Creazione. Essi quindi costituiscono delle realtà vitali per la Chiesa perché la realizzano e la rinnovano nell'esistenza secondo Dio, secondo le ragioni del suo Regno, nella dimensione del cuore di Cristo.
La rendono capace di essere nel procedere della storia umana «sacramento» di comunione col Mistero di Dio, fermento e lievito di Vita Nuova dentro la massa.
Ma se mi è impossibile immaginare una comunità cristiana, una Chiesa senza segni sacramentali, non mi è difficile purtroppo immaginare una Chiesa che continuamente li compromette, li svilisce, li riduce alle dimensioni del ritualismo, della cerimonia, delle parole vuote, dell'interesse economico e del privilegio. Una Chiesa perciò - e siamo tutti noi - che fa diventare droga, oppio allucinante e alienante ciò che ha di più meraviglioso e di più caro.
Nessuno mi può togliere dal cuore la tristezza di appartenere ad una Chiesa che non si decide a liberare i segni della Grazia e dell'Amore di Dio per gli uomini da tutta una realtà di vita concreta, di modi d'esistenza di legami col potere e col denaro da cui è necessario uscire perché questi segni riabbiano la loro genuina fisionomia.
C'è tutta una vita cristiana che tradisce ciò che nelle realtà sacramentali viene annunciato e riproposto per la maturazione del Regno di Dio: il denaro, il potere, il privilegio, il tornaconto personale e di casta, ci hanno rimangiato lungo i secoli i doni di Libertà, di Fraternità e di Vita che Dio ci aveva offerto in Gesù Cristo.
Così il Cristianesimo è diventato un grosso apparato religioso-ritualistico, dove soprattutto il denaro è rimasto a tutto inquinare e dominare: i sacramenti sono stati proprio quelli che hanno fatto le spese di questo strano e assurdo processo di svilimento della Novità cristiana. Basti pensare alla vita di una parrocchia (a cominciare da quelle della nostra città) per renderci conto di come siano andate le cose: intorno ai sacramenti si muove tutta una vita religiosa, cristiana e sacerdotale, che su di essi ci campa, ci si mantiene, se ne fa una vantaggio personale e una sistemazione.
I preti sono diventati così i gelosi custodi di un tempio che rende bene, che tramuta in soldi tutto il complesso sacro dei doni di Dio. Il sacerdozio è diventato anche una realtà civile, inserita - e sempre a livello economico - nell'apparato dello stato secondo precisi privilegi e vantaggi.
E i fedeli, i poveri cristiani cresciuti ed educati in questa dimensione di Fede, hanno accettato - quelli che non hanno respinto tutto il blocco - una proposta di vita religiosa che in fondo non chiede troppo in cambio di una sistemazione per la propria anima.
I segni sacri che ci riconducono alla comunione con la Morte e la Resurrezione di Cristo hanno finito così per diventare la base di una vita che non ha niente a che vedere con quella di Gesù alla quale invece essi sono ordinati.
Una Chiesa che vive sui sacramenti, ma non per una Vita Nuova, per la Vita delle Beatitudini, per la Gloria di Dio e la Liberazione dell'uomo da tutti gli idoli e da tutti i padroni.
Una vita cristiana che non realizza storicamente ciò che lo Spirito Santo le ha affidato negli incontri sacramentali col Dio vivente.
«Quando vi radunate insieme, quello che voi fate non è un mangiare la cena del Signore»: questa parola di S. Paolo ai cristiani di Corinto io la risento attualissima per tutta la nostra realtà di Chiesa di oggi. Un discorso sui sacramenti che non parte dalla seria e responsabile presa di coscienza dei nostri tradimenti alle «cose sante» che Dio ci ha dato, può essere estremamente pericoloso e ingannevole.
Penso che per comprendere seriamente il problema sacramentale, il suo senso e la sua reale collocazione nella Chiesa, sia necessaria una volontà decisa di incamminarci verso una vita nuova, diversa, liberata, realmente consacrata al servizio dell'Unico Signore della Vita. I sacramenti devono collocarsi nell'ambito di una vita umana protesa a riscattarsi dalle servitù della potenza della forza, del denaro e del compromesso con l'ingiustizia e l'oppressione.
Una vita di Chiesa che li rioffra puri e chiari segni d'Amore, di Comunione e di Libertà, di apertura all'incontro col Cristo Risorto e vivente fra noi per la crescita incessante del Popolo dei figli di Dio.
Una vita di Chiesa che non «venda» i suoi tesori più sacri a nessuno, che non li prostituisca per nessuna cosa al mondo al potere delle tenebre: ma che li viva e li offra all'interno di un processo di conversione, di adesione coraggiosa alla Parola di Dio, di obbedienza al soffio dello Spirito, di lotta per i valori del Vangelo.
Credo che soltanto recuperando questa dimensione di esistenza che si lascia costruire concretamente da Dio, la realtà dei sacramenti potrà essere compresa in tutta la sua portata di Novità di Vita, di Nuova Creazione che germoglia nel divenire della storia.
don Beppino
don Beppe
in Lotta come Amore: LcA giugno 1973, Giugno 1973
Luigi Sonnenfeld
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