Gente del Vangelo

11 - Una scelta per la vita

Leggo questa pagina del Vangelo nel contesto della nostra comune riflessione sui sacramenti e mi soffermo sulle motivazioni della scelta di Gesù: «e ne stabilì dodici per tenerli con sé e per man-darli a predicare, col potere di scacciare i demoni» (Marco). Con diverse responsabilità, è scelta ancor oggi viva e vivente nella storia degli uomini fino ad interpellare con chiarezza la nostra esistenza. Missione personale e di insieme in quanto Chiesa, annuncio della salvezza in Cristo Gesù in parole ed opere, in totalità d'esistenza. Un piccolo ruscello divenuto torrente impetuoso per frenare a poco la sua corsa nel letto di un fiume pigro e assonnato che si confonde con gli appiattiti orizzonti della storia umana.
Non è facile infatti comprendere oggi la volontà del Signore e non tanto per l'irrequietezza troppo poco disciplinata della ricerca, quanto per un interesse prevalente nell'aggiustare le situazioni per una pacifica convivenza con il mondo attuale. Il salire sulla montagna con Gesù, seguirlo offrendogli una vita, accogliere l'umanità come Lui l'ha accolta, scoprire passo passo la potente presenza del Padre, condividere nel più concreto dell'esistenza una storia di salvezza che non conosce privilegio e si snoda là dove vuole lo Spirito, proclamare in fondo la propria fede con piena responsabilità come di vera autenticità personale: questo è atteggiamento molto difficile da incontrare quando si vive in una Chiesa tutta presa da problemi di organizzazione interna, preoccupata per esempio, ad alto livello di definire quando si può fare la comunione con l'ostia in mano o farla due volte al giorno. Proprio nella celebrazione dei sacramenti, d'altra parte, si riscontra la vanificazione di ogni autenticità dispersa in un devozionalismo dalle forme rinnovate. Proprio riguardo ad essi quindi il discorso diventa crudo fino alla possibile rottura, riscontrando una dimensione individualistica che soffoca un vero rapporto con la vita. I segni dell'incontro con Dio sono divenuti riti di convenienza sociale, e coloro che li amministrano hanno dimenticato spesso a loro favore che sono segni che provocano alla vita. Infatti i sacramenti fanno sì vivere, ma chi li amministra, e sono per lo più il segno della potenza economica della grazia di Dio capitalizzata a dovere dai suoi sacerdoti. E, di riflesso, sono anche il segno di un riscontro ad una buona predi-cazione, ad un buon "lavoro pastorale", ad una presenza sacerdotale, cristiana e comunitaria, benedetta da Dio. Procedendo a fondo nell'analisi è facile capire come il risultato non si discosti dalla premessa iniziale. i segni sono svuotati perché la vita cristiana rinuncia a vivere di fede e a cercare la provocazione di fede nei sacramenti, preferendo una sistemazione organizzabile a pastorale unitaria con motivazioni desunte in forza di convenienze, di ricerca di potere, di assestamento burocratico. Lo scacciare i demoni diviene un esercizio di facile attuazione contro tutto ciò che tradizionalmente è demoniaco e che spesso è solo pretesto per sviare le ricerche del vero spirito maligno.
Il potere di cacciare i demoni che rendono schiavo e alienato l'uomo è al contrario segno di autentica liberazione e di chiara fede in una nuova realtà. E' dono di Dio elargito a braccio teso, con il gesto proprio del seminato re preoccupato unicamente di fecondare la terra. Dovremmo essere veramente capaci innanzi tutto di accogliere questo manifestarsi della potenza di Dio libera da ogni possibile limitazione o privilegio. "Abbiamo visto i demoni precipitare": ecco la testimonianza entusiasta dei discepoli di Gesù a dire tutta una provocazione ad una sempre più larga fiducia nella potenza di Dio.
Per un discorso che non voglia cadere ed essere svuotato dei contenuti di fede, è importante questo atteggiamento di fondo, questa capacità di accoglienza di ciò che avviene all'intorno ed è rottura di schemi egoistici, la limpidezza di chi si lascia prendere dall'entusiasmo e accetta di toglier ogni limite alla possibilità di un'esistenza nuova. E' inoltre facilmente comprensibile come questo atteggiamento di fondo non si fermi al livello di sensibilità interiore ma possa essere spina dorsale di tutta una ricerca che penetra nella carne e nel sangue fino a determinare modi di esistenza, scelte concrete, impegni e compromissioni senza riserve. Esistenza che non si estrania dalla vita degli uomini, ma vi si immerge fino a perdervisi per un gran peso di croce. E' importante soprattutto questo atteggiamento esistenziale in quanto possibilità di toccare con mano una vita polarizzata dalla potente presenza di Dio, in continuo incontro con Lui.
E' in questa realtà di vita, in questa autenticità di fede che i sacramenti possono offrire la loro dimensione poiché a questa realtà di vita richiamano e questa realtà di vita crescono alla misura di Cristo. Diversamente è impossibile.
E' necessario quindi che i segni sacramentali per cui si annuncia il mistero della storia di salvezza, siano posti in una sempre più viva sete di Dio. Desiderio cioè di un superamento effettivo di ogni cosa a possibile ritorno personale, di ogni barriera a difesa dell'individualità o del privilegio di gruppo.
Una fatica improba, che spesso taglia le gambe, una fatica che comunque va tirata avanti con coraggio accettando il passo incerto e sacrificato che la lotta comporta. E' lotta che va combattuta prima di tutto dentro di noi, non tanto, davvero per dare ragione a tutta una spinta intimistica che si serve del tuo problema personale per immobilizzarti e renderti innocuo, ma in quanto lo spazio personale è - quasi senza eccezione -, l'unico spazio in cui è possibile agire in libertà. Celebrare il sacramento diviene, a questo punto, chiamata personale che interpella ciascuno di noi nel profondo. La risposta va rischiata sulla propria fede. E' così che dovrebbe essere ed è di qui che si può partire per "costruire" un sacramento: molto più dall'intimità del cuore che dalla scienza catechetica, dall'atto di fede che dalla perfetta esecuzione dei segni richiesti. E' "costruzione" forse troppo difficile e faticosa, certo capace di tanta semplicità. Penso a ciò che doveva essere nel cuore degli apostoli mentre Gesù scandiva i loro nomi e annunziava la loro missione. Penso a tutta la storia in cui la potenza di Dio si incontra con la debolezza degli uomini. Credo che sia storia da accogliere nella nostra esistenza perché sia la nostra storia, la storia della nostra vita così come tante altre volte è avvenuto.


don Luigi


in Lotta come Amore: LcA giugno 1973, Giugno 1973

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