Una lotta di Morte e di Resurrezione

Ci ritroviamo ai giorni di Pasqua e quindi davanti al Mistero che ha investito l'umanità con una morte e una resurrezione - quella di Gesù Cristo -, non certamente risolvibile e spiegabile in un facile atto di Fede, in azioni liturgiche, in celebrazioni puramente memoriali, ecc.
Sono due fatti che sicuramente vogliono incidere nella storia e in tutta la realtà della vita - dall'individuo, chiunque sia, all'umanità intera - una presenza violentemente. attiva, producente, misurabile sulle misure di valore di chi questi fatti compie, Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo.
Perché questa è la Fede cristiana - e c'è da aver paura ad affrontare le affermazioni, paura della enormità del suo significato e paura per il dover constatare che forse nemmeno un'ombra ne abbiamo, di questa Fede - questa è la Fede cristiana,che Dio nella sua realtà di Uomo è morto sopra una croce e che questo morto - Dio e Uomo - è risuscitato e vive.
Con tutto il rispetto dei dogmi, affermazioni di uomini, sia pure guidati dallo Spirito di Dio, per precisare e chiudere in formulazioni di parole il rapporto di Amore che unisce essenzialmente, e cioè anche nella vicenda umana, Dio all'umanità e l'umanità a Dio, non possiamo non lasciarci andare a considerazioni che ci nascono su dall'accoglienza di quelle sistemazioni dogmatiche, che però non possono rimanere lì in un formulario arido e imparaticcio,ma bisogna che risuonino a rispondenze armoniose, risplendano a illuminazioni di piena luce, nella realtà spesso tanto rabbuiata e stanca del cuore e nella concretezza così amara e tanto deludente, fino alla sfiducia, della storia degli uomini, dell'umanità.
Non è voler essere dei teologi, non è per sostituirsi al Magistero, tanto meno voglia di cercare evangelizzazioni nuove... è semplicemente tentare di conservare l'anima aperta, il cuore fiducioso e riaccendere la Speranza alla luce della Fede per rianimare e confortare il coraggio dell'Amore.
E tutto questo per sé e per gli altri, come accendere una luce, offrire un bicchiere d'acqua, una stretta di mano.

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Ci viene da riflettere, in questi giorni, forse a seguito di un filo di discorso interiore ed espresso anche all'esterno in tutti i modi e le occasioni che ci sono capitate, ormai da molto tempo - ci viene da riflettere con particolare chiarezza, almeno interiormente, che la morte e l'a resurrezione di Cristo sono una tremenda, impressionante, sconvolgente realtà di lotta.
Una lotta - e che la sua motivazione e intenzionalità siano unicamente e infinitamente Amore, come la sua realizzazione, è verità come verità è che Dio è Amore - una lotta che Dio nel suo farsi Uomo è venuto a combattere fra gli uomini dal suo nascere, lungo tutto il suo vivere, e quindi, e tanto più, con il suo morire e la sua resurrezione.
Si è preso su di sé il peccato, e cioè tutta la realtà dell'uomo diversificatasi dal Pensiero e dalla Volontà di Dio, si è fatto questo peccato e la morte di Cristo in croce vuole essere e è la morte del peccato; la conclusione, la fine, la consumazione finale di tutta una storia, la storia della disumanità, dell'uomo contro l'uomo, dell'umanità contro Dio.
La resurrezione è l'inizio di un'esistenza nuova, una realtà completamente diversa, una umanità al principio di una storia, l'uomo posto in condizione di partenza, rivolto al divenire, con prospettive e possibilità assolutamente nuove.
Gesù è questa lotta adorabile contro una umanità che deve morire e realmente muore con la sua morte.
Gesù è questa lotta adorabile per una nuova realtà, che realmente inizia la sua storia con la sua resurrezione.
Viene sempre in mente, e mai è pienamente chiarito e risolto, il perché della morte di Cristo. Perché Dio fatto Uomo, Gesù Cristo, fu il compimento della Volontà del Padre - Padre di Lui e Padre di tutti - e quindi a motivo di un Amore che per il suo essere Amore di Dio obbedisce alla necessità della non misura, perché sia dovuto morire e morire di morte violenta e di sopraffazione assoluta come la morte di croce.
Le motivazioni sono tante, quelle ricercate dal'la indagine teologica, esegetica, dalle intuizioni della Fede, dalla visione mistica, lungo la storia di Fede e di Amore a Cristo e al suo Mistero.
Questa riflessione sulla morte di croce di Gesù Cristo come un fatto di lotta contro tutta una realtà umana. che in fondo non è che realtà disumana, ci impressiona profondamente.
Sta di fatto che il. farsi uomo di Dio comporta il suo entrare nella realtà, nella concretezza della vita così come l'esistenza umana è, dalla sua origine fino all'aggravarsi di disumanità, progressivamente al passare del tempo, al crescere dei secoli.
Come una fiumana che cresce e sempre più diventa inarrestabile, una marea che sale spietatamente e sta tutto traboccando.
E' strano come a leggere la storia non si abbia neppur minimamente il senso dell'orrore, qualcosa come di sgomento, di una fatalità assurda di male, assolutamente irrimediabile.
L'abbiamo studiata, la storia, e la leggiamo (quella che i libri ci ammanniscono) come il racconto di una normalità, come di un qualcosa che non può che essere che così. E difatti siamo molto più disposti a subirla, la storia, che a combatterla, ad acconsentirvi che a trascurarla.
Dio vi è entrato, nella nostra storia, non per lasciarsene portare rimanendovi passivo, non per subirla come una inevitabilità, non per consentirvi quasi allineandovisi.
. La pazienza è una virtù che Dio fatto Uomo non conosce. La misericordia e l'Amore sì, ma la pazienza, la rassegnazione, l'adattarsi, l'a passività, l'accettazione, no.
Dio è venuto fra gli uomini per lottare e lottare contro tutti nella ricerca, nel tentativo appassionato di forzare l'esistenza a fermare, a concludere un cammino, una strada e cominciarne un'altra, iniziare un nuovo destino.
Gesù Cristo sulla croce vuoi essere il chiudere una storia umana che è storia di disumanità. Dio muore su una croce per segnare i! limite estremo e quindi concludere una realtà d'esistenza che è tutta un orrore, grondante lacrime e sangue, fino all'ultima goccia.
In Lui, Dio venuto a vivere, a fare sua la realtà dell'uomo, l'ingiustizia è totale, la sopraffazione assoluta, la legalità un'assurdità, il tradimento, la solitudine, l'abbandono una logica, la cospirazione, l'unificarsi del nemico, l'odio implacabile, l'assassinio come unica soluzione: "compie veramente in Cristo, la spirale di disumanità che è la normalità della storia".
E viene in mente che tutta questa misura estrema di disumanità, questo riversarsi sopra di lui la sintesi della umanità non più umanità, Cristo l'abbia accettata con spirito e motivazione e violenza di lotta come per tentativo di concluderla, di esaurirla, di consumarla tutta e quindi di vincerla con la forza stessa di Dio, con le misure e le capacità infinite del suo Amore.
E' di qui la realtà di redenzione, di riscatto e cioè di liberazione: togliere via, assumendosela tutta, la disumanità della storia perché l'umanità si trovi liberata, umanità vera, fraternità, Amore, libertà...
La morte è sempre compimento, realizzazione suprema, conclusione, qualcosa che finisce.
In Cristo sulla croce non è la sua morte, la morte, ma la morte di tutta la disumanità, di tutta la vita che non è vita, dell'uomo che non è più l'uomo. E' la morte (così vorrebbe essere secondo il cuore di Dio) è la fine di una storia, la conclusione di una vicenda orrenda che ha reso la terra, terra di maledetti, l'esistenza una dannazione, vera realtà d'inferno.
.. «schiodò Gesù dal1a croce, l'avvolse in un lenzuolo e lo depose in un sepolcro scavato nella roccia, poi rotolò una pietra dinanzi all'entrata del sepolcro» (Mc. 15,46).
La disumanità è seppellita, come un corpo morto, come una storia conclusa.
Ogni orrore, ogni ingiustizia, tutta la violenza, la sopraffazione, l'odio omicida, la politica sporca e sfruttatrice, la religione oppressiva, la prepotenza militare, il potere della ricchezza, la legge del più forte, il sangue dalle vene spaccate, la morte-assassinio... e cioè il peccato: questa parola che dovrebbe sgomentare come il suo sinonimo: disumanità.
Da dopo quel seppellimento, quella pietra rotolatavi sopra è stata e è continuamente tolta: e è per una resurrezione, una vita nuova e una storia diversa o è per disseppellire ancora un cadavere e ricontinuare la morte di sempre.
Ogni uomo, ma specialmente ogni cristiano, e più ancora la Chiesa e tutta la storia, è giudicata dal rimuoversi di quella pietra: la constatazione amara e drammatica di ogni giorno, anche dei nostri giorni, fa pensare ad un disseppellimento di cadavere: e dovrebbe essere - anche perché è stato veramente e così dev'essere ogni giorno, per la resurrezione, cioè per esistenza nuova cornei! vivere nuovo di Cristo.
Portiamo come suprema responsabilità l'avere dato alla morte di Cristo di concludere una storia di morte e alla sua resurrezione l'iniziare una storia di vita. AI'la sua morte di segnare la fine della disumanità, alla sua resurrezione l'inizio e la realizzazione dell'umanità.

* * *
Pesano, come rimprovero bruciante, su tutti noi credenti nella resurrezione di Gesù, le parole dell'angelo alle donne andate al sepolcro la mattina di pasqua per imbalsamare il cadavere di Gesù:
«Perché cercate fra i morti colui che è vivo?».
«Non è qui, è risorto!» (Lc. 24, 5).
Con tutta la Fede di Chiesa di Cristo, di gente battezzata e credente e praticante, bisogna riconoscere che non crediamo nella Resurrezione. Nemmeno abbiamo accettato la morte-liberazione-redenzione di Cristo, se non soltanto nell'affidarci alla Croce. e agli infiniti meriti del Crocifisso, per scampare dall'inferno e meritarci il paradiso.
Ma nella morte di Cristo come liberazione dalla disumanità, nella croce come conclusione e consumazione di tutto l'egoismo, la sopraffazione, lo sfruttamento, la violenza, non ci crediamo.
E tanto meno crediamo nella Resurrezione come realtà di lotta che Cristo ha iniziato e di cui lui è la indicazione e la garanzia, per una umanità nuova e diversa, per, un mondo nuovo iniziato nella sua Resurrezione.
La Fede nella Resurrezione, chiara e limpida, vuoi dire non cercare Cristo fra i morti, dentro tutto quello che è morte perché disumanità, ricchezza, potere, sopraffazione e sfruttamento dell'uomo sull'uomo: "colui che è vivo" non è più possibile trovarlo fra i morti, dentro un sepolcro, è assurdo andarvelo a cercare "non è più qui!".
La Pasqua è indicazione esatta e sicurezza assoluta di dove Cristo assolutamente non è più: e ogni cristiano e la Chiesa deve sapere dove Cristo assolutamente non può essere.
La Pasqua è Fede chiara e allo scoperto, coraggiosa e forte, capace d'impegno esistenziale e storico, che Cristo è fra i vivi, è "colui che è vivo". E ogni cristiano e la Chiesa deve sapere che Cristo è nella vita, è nell'essere vivi, è nell'uomo che è vivo, è nella umanità vivente. E fino al punto da essere forza creativa di vita, realtà vitale e quindi energia liberante e costruente dell'uomo nuovo, dell'umanità diversa.
Sta il fatto che la morte di Cristo, figlio di Dio, intesa come conclusione di tutta la disumanità della umanità e la sua resurrezione accolta come instaurazione di una vita nuova, inizio di storia di umanità diversa, è il "progetto" di Dio sul quale continuamente dovrebbe verificarsi la Chiesa e ogni cristiano, perché è questo "progetto", pensiamo e crediamo, che è stato consegnato e affidato alla Chiesa e al Popolo di Dio per una attualizzazione storica, concreta, esistenziale, da poter rassomigliare sempre più al Regno dei Cieli sulla terra.


La Redazione


in Lotta come Amore: LcA aprile 1973, Aprile 1973

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