Nella ricerca, a volte così intensa e appassionata, di un chiarimento e d'un approfondimento della Fede cristiana, responsabilizzandosi più che sia possibile nei confronti del significato e della portata di una scelta di Dio e di Cristo che deve decidere della propria identità, del proprio rapporto con Dio e con il mondo nel quale si vive, è comprensibile che possono succedere eccessività, acutizzazioni di problemi, accentuazioni particolari e anche smarrimenti e disorientamenti.
Vi sono secoli di tutta una spiritualità, di tutto un modo più o meno standardizzato e sistemato della vita cristiana, che si stanno scontrando con valori di nuovi, con prospettive diverse.
Non c'è da stupirsi né da spaventarsi se la coscienza cristiana si sta sensibilizzando fortemente a problematiche prima raramente percepite e senza dubbio non avvertite come valore normale, logico di Fede, come semplice attualizzazione d'impegno cristiano, come condizione indispensabile e decisiva (perché completante) della propria sincerità cristiana.
E' di qui, da questa formidabile ricerca di autenticazione della Fede cristiana, che la scelta, per esempio, politica sta diventando un concretizzarsi di rapporto fraterno, un dare una possibilità di essere viva, vivente alla Fede, un giocare i valori sociali, materiali, fisici, storici insieme e in maniera unitaria, senza quindi assurde e stranissime scissioni, al proprio spirito, ai valori spirituali, religiosi, cristiani, soprannaturali.
Del resto (e questa è una parentesi che non vuole entrare nel discorso) la Chiesa, gerarchica, ecclesiastica e cattolica dal '46 fino a pochi anni fa (per riferirei a esperienza vissuta), negli avvenimenti elettorali e nelle scadenze dei mandati politici, si rifaceva a questo insegnamento "unitario" di Fede e scelta politica, se è vero che il voto è un'azione politica, come ci sembra innegabile. E le pressioni attraverso lo «spirituale» fino alle scomuniche a livelli popolari, non è per fare i cattivi, ma è semplicemente doveroso ammettere, che era tentativo di superare e scavalcare, specialmente negli ambienti poveri e operai, la separazione dello spirituale dal temporale.
Non si vede perché questa realtà unitaria non debba e non sia doveroso in coscienza che il cristiano la continui anche in un progredire di visione delle cose, e può darsi anche in un possibile venire di più (ogni giorno di più lo Spirito Santo lo porta avanti) del Regno di Dio.
Per noi è motivo di gioia e di profonda speranza (una delle più grosse che custodiamo nel cuore) che la conoscenza di Gesù Cristo e di tutto il suo Mistero di vero Dio e di vero Uomo sempre più comporti pienezze di vita cristiana e capacità d'impegno e di responsabilizzazione a misure sempre più totali della vita umana e a misure sempre più universali, «fino agli ultimi confini della terra», cioè di tutto l'uomo e dell'intera umanità.
E che l'impegno e la lotta e cioè il sentirsi responsabili del fratello nelle sue problematiche ter-rene, umane, sociali, politiche, diventi ostacolo e comporti inevitabilmente un rapporto, come si dice soltanto orizzontale, con l'esclusione, volere o no, del rapporto verticale e cioè dei valori spirituali, religiosi, soprannaturali, di vita eterna, ecc., è immaturità religiosa, è ottusità cristiana, è quella vi-sione parziale della vita e della storia contro cui è doveroso lottare con una incessante evangelizzazione, con una vita cristiana intensa di preghiera, di sacramenti, di comunione col Cristo e di fedeltà a tutto il Vangelo e cioè una vera e seria, incessante conversione.
La paura non costruisce niente. Raggomitola nel proprio guscio. E dà di uscirne per strumentalizzazioni, fin troppo scopertamente e soltanto a proprio ritorno.
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Gesù del resto giudicherà gli eletti e i non eletti, non sopra e circa problemi spirituali, interni alle anime, sulle preghiere, i digiuni, i sacramenti, il peccato originale e tutte le teologie, i codici di diritto canonico, le pastorali, ecc.: giudicherà semplicemente sul rapporto col prossimo, se è stato di Amore o di egoismo.
E dare il pane a chi ha fame, da bere a chi ha sete, la casa a chi vive in una topaia, come dare il vestito a chi è nudo, accogliere il pellegrino, andare a vedere chi è malato e porsi i problemi della malattia e affrontarne le matrici sociali, visitare il carcerato e sensibilizzarsi ai motivi della sua carcerazione e sollevare e agitare problemi di liberazione da troppo carcere, spiegabile spesso soltanto dalle ingiustizie della società o specialmente da sopraffazione politica... Tutto questo è giudizio su un comportamento sociale, in ordine a precise scelte politiche, nei confronti di valori umani, terreni, di storia concreta, di quotidianità della vita, con in più e per un potenziamento d'Amore, e quindi di serietà d'impegno, derivabile dall'identificazione dell'oggetto di questa azione sociale e politica con la stessa Persona del Cristo "ogni volta che l'avete realizzato (o no) questo rapporto di Amore con uno di questi piccoli (sono i poveri, gli indifesi, gli emarginati, gli sfruttati, il sottoproletariato, il terzo mondo, i popoli di colore, i popoli schiacciati dalle dittature, dalle grandi potenze, dalla ragione economica e cioè chi ha fame, sete, è nudo. senza casa, malato, imprigiona-to...) l'avete fatto (o no) a me".
Intendiamo così il Cristianesimo. Siamo fuori del Vangelo, mettiamo in pericolo la Fede, stiamo minando la Chiesa?
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Non neghiamo il peccato originale, Dio ce ne guardi, e poi perché? Anzi lo affermiamo con una constatazione che coll'andare avanti della storia cresce di più. Perché non è possibile non rendersi conto delle conseguenze così spaventose di questo primo peccato che sta già all'origine dell'esistenza umana e cresce, come un fiume, ad ogni giorno che passa.
Crediamo nel peccato originale, ma crediamo anche, quindi, in tutte le sue conseguenze che sono realtà storica, concreta. contro le quali dobbiamo lottare, se è vero che il battesimo indica che vi è stata già in noi, a seguito di Cristo, questa lotta vittoriosa contro il peccato originale che logicamente deve continuarsi contro tutto quello (e è spaventoso) che il peccato originale ha scatenato nel mondo.
E ognuno con la misura di responsabilità secondo quello che Dio gli fa affidato di impegno nella vita e secondo i doni di grazia di cui Dio l'ha ricolmato per sostenerlo in questa lotta.
Quindi il peccato originale, e tutto quello che nasce, come da radice maledetta, dal peccato originale, non si può non chiamarsi e non essere peccato altrettanto capace di dannazione.
Ne facciamo un piccolo elenco, di quei peccati da combattersi senza dubbio con la preghiera e il digiuno, i sacramenti, il pentimento, ecc., come vanno combattuti e vinti i peccati d'ordine individuale e personale (anche ammesso e non concesso che vi possano essere peccati senza un riflesso e una risonanza, almeno soprannaturalmente, a misure universali). Vi sono peccati personali che però diventano collettivi: quando succede che vengano commessi da molte persone, diventano peccati di un gruppo, di una società, di una classe, di una cultura, di un popolo, di una razza ... diventano cioè peccati sociali, organizzati, classisti, politici. Bisogna combatterli con la preghiera e il digiuno, i sacramenti, ecc., questi peccati, è vero, ma forse anche con una lotta sociale, organizzata, politica.
Anche se, senza dubbio, sulla linea del Vangelo e secondo la Parola e il metodo di Cristo, e cioè nell'Amore, e per Amore, giocandovi anche la vita e rischiando tutto, anche la Croce. Il che non può non succedere quando seriamente si prega, si frequentano i sacramenti, ecc. Ma è però lotta, è scontrarsi, è uscire all'aperto, è operare delle scelte, è rischiare... Perché così è fatto l'Amore e precisamente l'Amore cristiano. Valore ancora molto da scoprire, ma che il mondo, guidato dallo Spirito Santo, sta costringendoci a scoprire, se vogliamo cogliere i segni dei tempi.
Peccato originale e cioè: il se stesso come valore assoluto, l'egoismo in tutto il suo esprimersi: l'appropriarsi e diventare il padrone. L'accumulare, e cioè la ricchezza, e quindi lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. La necessità del potere, e quindi l'inevitabilità di usarlo a costo di oppressioni fino alla disumanità. La disuguaglianza sociale, il capitalismo e il proletariato, il razzismo, il nazionalismo, la sopraffazione e quindi la distruzione di popoli, di regimi dittatoriali, la provocazione di rivoluzioni, le guerre, sintesi e scatenamento di ogni malvagità che è la guerra, sempre, maledizione e dannazione di povera umanità.
La ragione economica, il gioco finanziario dei gruppi economici che provoca le guerre, sfrutta fiumi di sangue. Le fabbriche di armi. Il colonialismo. Tutto quello che sta combinando ai danni dell'umanità intera questa ormai odiosa razzaccia bianca, per il suo benessere, il suo dominio fino all'uso infame, quando gliene viene un tornaconto, una possibilità di sopraffazione, di violenza e di prepotenza, e quindi di sfruttamento della sua scienza, della sua cultura, della sua civiltà... E l'elenco di questa orrenda storia di peccato si allunga quanto la storia dell'umanità, quella che si legge sui libri, ma specialmente quella che gronda dalla marea di lacrime che ha affogato il mondo, che straripa dalla fiumana di sangue che ha dilagato ogni angolo della terra: e tutto continua con una volontà e una violenza capace di macinare ogni resistenza e vanificare ogni ricerca di realizzare un mondo diverso.
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Il cristiano che vuol essere cristiano, a nostro parere, si carica di questa umanità, porta nel suo destino questa storia che, è chiaro non deve aggravare con i suoi peccati personali dai quali deve convertirsi, come la pecorella che torna all'ovile e come il figliol prodigo, ma non per starsene poi in pace nel tepore dell'ovile e negli agi della casa paterna, quanto per alleggerire dei suoi peccati il peso di peccato che grava sul mondo e poi allargare la luce nel buio dell' esistenza, essere pugno di lievito che lievita l'umanità, il sale che dà sapore alla terra, la pietra angolare sulla quale costruire «il nuovo cielo e la nuova terra».
Il cristiano deve caricarsi del peso dell'umanità nei suoi destini terreni ed eterni e piangere, ma anche lottare contro il peccato che fa di questo mondo un inferno di qui (e non soltanto metaforicamente), tentando le misure estreme della disperazione del mondo per realizzare le condizioni per un inferno anche di là.
Il cristiano, e tanto più il sacerdote, il religioso, il Vescovo, evidentemente, deve caricarsi della fatica impossibile in se stessa, ma possibile per virtù di Cristo, di tentare e di lottare perché l'umanità sia la nuova creatura, l'esistenza diversa, quella sognata da Dio che l'ha creata e realizzata dall'umanità di Suo Figlio Gesù Cristo.
Deve il cristiano, a seguito e in obbedienza della sua Fede, coinvolgersi nella lotta, compromettersi, uscendo dal guscio dell'ipotetica, perché egoista, salvezza personale, dalla sua passività, dal suo tirare avanti per la sua strada come il sacerdote e il levita della parabola, e rischiare. Perché senza rischio non c'è Fede e non può esserci Amore. Rischiare portando dentro la gran lotta, che travaglia e entusiasma gran parte dell'umanità, l'Amore di cui lui solo è capace, l'onnipotenza di Dio di cui lui soltanto può essere testimone, la parola e la realtà di tutto il Mistero di Cristo di cui lui unicamente è la continuità nella storia.
E perché troppi valori sono stati travolti e travisati, strumentalizzati e sfruttati (macchiati sacrilegamente di peccato), non è detto che non siano, purificati e liberati da tutto ciò che non è Amore, segno e realtà di Dio, valori cristiani, da affermare e testimoniare e per i quali quindi lottare nel mondo.
La libertà sarà sempre il dono supremo di Dio.
La giustizia, l'uguaglianza saranno sempre realtà di fraternità. La pace, il pane quotidiano, la casa per la famiglia, un lavoro dignitoso, il diritto allo studio, ed essere uomini e donne e popoli e razze allo stesso livello di valore umano, con gli stessi diritti e doveri, su parità assoluta... saranno sempre condizioni essenziali rispondenti al Pensiero di Dio creatore e realtà di salvezza di Cristo redentore. Questa umanità che è famiglia di Dio, quest'umanità che tutta può chiamare Dio Padre.
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E' in quest'umanità che il Figlio di Dio si è fatto Uomo. E uomo vero, con una storia precisa di uomo, incarnazione autentica, compromissione con tutta la esistenza, assunzione di tutta la realtà umana nella propria storia. Che è storia concreta, raccontabile, fatta di avvenimenti di persone, di folle, di Amore infinito, di lotte tenaci e durissime, di offerte a cuore aperto sulla misura di Dio e di respinte implacabili, fino alla morte di Croce.
E' tutta una storia che è la storia della salvezza dell'umanità dal peccato, di riconciliazione con Dio, è storia che converge tutta assolutamente in Dio raccogliendovi l'umanità intera. Lo crediamo profondamente e con infinita gioia.
E' anche però storia di un Uomo diverso, di un Uomo nuovo, di un Uomo che è anche Dio (e questa Fede comporta misure impressionanti di convincimento al discorso) che ha fatto le sue scelte le ha vissute per coerenza assoluta, ha affrontato' il suo tempo (e quindi tutti i tempi) con una potenza di Amore e di lotta inimmaginabili, si è incontrato e scontrato con l'umanità della sua terra (e quindi di tutta la terra) nella ricerca appassionata di renderla nuova, diversa, in una liberazione totale rendendola umanità vera, possibile ad essere figlia di Dio. E' in questa lotta (che solo in Lui può essere sempre unicamente Amore) che è stato sopraffatto nella violenza dei potenti, dalla prepotenza del potere, dalla ragione economica e politica e si è lasciato inchiodare alla Croce, in una fedeltà semplicemente adorabile alle sue scelte e cioè a risposta totale alla Volontà del Padre.
E' questa storia di Cristo vero Uomo che è necessario raccontare nel nostro tempo. Perché raccontata sotto questa visuale, diciamo così, sociale e politica, si è dimenticato, nell'evangelizzazione, di annunciarla. E se si è raccontata, è stato per spiritualizzarla fino al sentimento più banale, per soprannaturalizzarla fino allo svisamento, estraniandola (e è responsabilità terribile) dalla coscienza del popolo e dalla realtà concreta delle lotte per la sua liberazione da tutto il peccato, e cioè da tutto quello che non è Uomo e non è Dio, contro l'Uomo e contro Dio.
Torniamo ora a raccontarla e a entusiasmarcene cercandovi una possibilità di concretezza storica e una possibilità di presenza cristiana insieme a tutti i nostri fratelli, umanità in cerca di essere umanità e di realizzare umanità vera per tutti, per chi è disumano e per chi è sottoumano.
Logicamente e nella misura della Fede di cui c'è il dono. nella gioia profonda, letteralmente esaltante di ritrovare e di credere che nella storia di quest'Uomo, Gesù Cristo, è anche la storia di Dio, perché è la storia di Dio quando si è fatto Uomo.
E dovrebbe essere la storia di chi di questo Cristo è cristiano.
Che quest'impegno sia difficile e vi siano compromessi, annebbiamenti, tradimenti, strumentalizzazioni, confusionismi ecc. ecc., è comprensibile, ci sembra a chi appena avverte l'enormità del problema.
Crediamo però che sia il caso di ricordare la raccomandazione di Gesù: «chi è senza peccato scagli la prima pietra», quando si tratta del problema di evangelizzazione del vero e autentico Mistero di Cristo.
La Comunità del Porto
in Lotta come Amore: LcA febbraio 1973, Febbraio 1973
Luigi Sonnenfeld
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