Evangelizzazione e Amore

E' questione d'intenderci (e il discorso, chissà perché, diventa subito tanto complesso e difficile) su cosa significa Amore (non usiamo di proposito la parola «carità» ormai popolarmente disusata se non, a significare un rapporto caritatevole, una mentalità caritativa, sicuramente irrecuperabile alle sue originarie significazioni teologiche e mistiche).
Ma anche l'Amore, in un parlare cristiano, s'intende, è sentimentalizzato a rapporti sdolcinati, velati di riguardi e di rispetti, coperti di degnazione e di educazione, fino a precise falsificazioni personali, a nascondimenti della verità, ad arrotondamento di problemi, a sviamento di scontri, ad impedimento di lotta...
Pensiamo che l'Amore cristiano, questo rapporto deciso e determinato da una scelta cristiana del come essere uomini e donne nei confronti di altri uomini e donne, questo modo d'incontro o di scontro con la vita e con tutti i problemi che la vita comporta, imparato da Gesù Cristo, quell'Amore cristiano, pensiamo che non possa mai essere diviso dalla Verità..
Velare la Verità, o peggio ancora nasconderla, presentarne un'altra piuttosto di quella autentica, tradire insomma la Verità, non potrà mai essere Amore. Non si ama il prossimo non amando la sua Verità. Perché è la Verità il valore essenziale, costitutivo dell'uomo.
Camminare su una strada oppure su un'altra decide semplicemente dell'arrivare o no, là dove è decisivo giungere.
Pensare in un modo o diversamente, comporta una possibilità di determinazione esistenziale, con conseguenze inimmaginabili per se stessi e per chissà quanti altri.
Essere nella luce o nel buio vuoi dire semplicemente camminare e camminare con sicurezza oppure brancolare, andare avanti a tastoni.
L'Amore cristiano, prima che in ogni altra realtà di rapporto, si gioca tutto nei confronti della Verità.
Il Cristianesimo, la Chiesa, porta nel mondo, fra gli uomini, la pesantissima responsabilità di Amore all'umanità che si precisa e si realizza, con antecedenze assolute, nella Verità.
Non sono le opere buone che possono dare senso e valore al cristiano, al popolo cristiano, alla Chiesa, alla cristianità, ma è questa infinita opera buona di annunciare la Verità al mondo e di essere questa Verità.
E' adorabile in Gesù questa antecedenza assoluta della Verità, di annunciare la Verità e di esserla Lui stesso nei confronti di tutto quello che è la vita, compresi i miracoli.
Rimarrà sempre Verità splendida, stupenda, apologeticamente formidabile per una qualificazione di uomo, fino alle misure estreme di onestà, di rettitudine, di giustizia, ma specialmente di misura totale di Amore, quello che a Gesù devono dire a proposito del tributo i suoi nemici farisei ed erodiani: "Maestro, sappiamo che sei sincero e insegni la via di Dio secondo verità, senza preoccuparti di nessuno, perché tu non guardi all'apparenza degl'i uomini".
E' quest'Amore alla Verità, gridata scopertamente, dichiarata liberamente, che porterà Gesù in Croce: questa Verità, segno e realtà d'un Amore all'uomo e all'umanità, più forte della morte e reso vivente dalla sua risurrezione.
Ogni cristiano è giudicato continuamente da quest'Amore che si esprime in una vera evangelizzazione, in un autentico annuncio della Verità di Dio in tutta la realtà della vita, dell'esistenza, della storia.
Ogni sacerdote porta, fondamentale e decisivo nel suo destino, la consacrazione a quest'Amore verso l'uomo, vissuto nella e attraverso la Parola del Vangelo.
La Chiesa è questa violenza d'Amore nel mondo fatta di proclamazione della Verità, di libertà di annuncio della Parola di Dio, di incisione nella storia dell'umanità della storia del Figlio di Dio, Gesù Cristo.
Se l'evangelizzazione è Amore, non vi possono essere limitazioni, rispetti, compromessi, perché non può che cercare immediatamente e appassionatamente ciò che è la Verità di tutto e di tutti e cioè la Verità di Dio che è anche l'unica Verità dell'uomo.
Se l'Amore è evangelizzazione, gioca tutto e rischia ogni cosa per fedeltà alla Parola, nella ricerca di una chiarezza, di una libertà totale, di una immediatezza assoluta, puntando risolutamente e coraggiosamente alla salvezza, alla salvezza ritrovabile soltanto nella Verità di Dio.
Il Magistero di Verità che non rischia nulla, compromette la sua autenticità.
La parola che non brucia e non incendia, è più parola d'uomo che Parola di Dio.
L'evangelizzazione che non provoca crisi, respinte, contrasti, non è evangelizzazione di Vangelo.
Il Vangelo che lascia in pace, fasciando di sentimento religioso il facile compiacimento dei devoti e dei praticanti, può essere una buona omelia, ma non è Parola di Cristo.
L'annuncio che catechizza, istruisce, spiega, addottrina, fa cultura religiosa, è senza dubbio scuola teologica per gruppi specializzati, ma è totalmente un'altra cosa del gridare il Vangelo compromettendovi dentro la vita.
E facciamo un esempio, tanto per concludere queste riflessioni così amare e dure per noi cristiani e anche per evitare la tentazione (che sentiamo piuttosto forte) di parlarne più diffusamente, come forse sarebbe giusto.
Fino a dopo la firma della pace nel Vietnam, portare il discorso, la riflessione, la coscientizzazione, alla luce della Parola di Dio, su quella maledetta guerra, era fare politica, si rischiava di parteggiare da una parte, di calare le responsabilità sull'altra che, stranamente, non poteva essere esposta alla deprecazione, ecc.
Nemmeno un piangere insieme a quel disgraziatissimo popolo durante quegli spaventosi bombardamenti prima di Natale.
Niente Amore, quindi evangelizzazione perché impossibile dire la Verità.
Finita la guerra (e Dio voglia che sia finita), questo tirar su, sulla disgrazia degli altri, il buon cuore del popolo cristiano, la premurosa e paterna sollecitudine della Gerarchia, la caritatevole generosità della Chiesa, per la ricostruzione di quello che prima si è lasciato, senza alzare un dito, distruggere.
Però i milioni di morti, figli di Dio ammazzati nei modi più spaventosi da una lotta orrenda di fratelli contro fratelli, quelli non c'è carità cristiana che li possa risuscitare.
Vi si pianterà, sopra a questo immenso cimitero, pietosamente, una gran croce, e tutto sarà sistemato.
Si chiederanno cento lire per la ricostruzione, e serviranno a mettere in pace le coscienze, a mettere in evidenza l'organizzazione cattolica della parrocchia, della diocesi, ammanteranno la Chiesa di carità, ma indicheranno anche una spaventosa ipocrisia: il tentativo di coprire di opera buona la terribile responsabilità di una evangelizzazione che non vi è stata, di una lotta per Amore fraterno che non è stata combattuta, di un orrore contro la guerra (e la guerra lo è sempre maledetta ed inutile) che non ha impegnate in una respinta appassionata la Chiesa e il popolo cristiano.
Evidentemente pensiamo e crediamo che l'evangelizzazione dovrebbe essere una realtà di Amore alquanto diversa.


La Redazione


in Lotta come Amore: LcA febbraio 1973, Febbraio 1973

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