Lotta per il Vangelo

A Natale, si sa, vengono sù tante riflessioni. Oltre a quelle terribilmente malinconiche per via di un natale festaiolo, commercializzato, fino alle banalità più stomachevoli e oltre a quelle, oltremodo sentimentali delle liturgie a effetto, dalle cappelle delle suore fino alla liturgia della grotta di S. Oreste, vi sono anche delle riflessioni e più ancora delle constatazioni che lasciano lì, senza fiato, a rimuginare verità formidabili, di quelle che ci vuol un bel coraggio ad accettarle e realtà di fatto, così impressionanti che richiedono misure di Fede senza limiti per non lasciarci disorientare.
E' un fatto, per chi ha fede cristiana, che Dio si è fatto uomo. E' nato, è vissuto, è morto nella storia dell'umanità. E' risorto per la continuità di comunione fra l'umanità e Dio perché Gesù Cristo è eternamente l'uomo in Dio e Dio nell'uomo, in una concretezza di unità come è quella. realizzata nella Persona di Cristo.
Salta agli occhi immediatamente che il motivo, per dir così, fra i tanti che Dio soltanto può conoscere, che ha spinto a questa nascita di Dio. al suo venire ad abitare fra noi, è il desiderio - infinito Amore - di mettere insieme il suo essere con il nostro, il suo vivere con il' nostro vivere, in un sogno adorabile di unità e cioè di Amore.
Ma le cose sono andate diversamente. I Vangeli sono il racconto di un sogno meraviglioso, quello di Dio e di un risveglio drammatico, quello di Dio venuto ad abitare fra gli uomini.
Luca, nell'imminenza della nascita, dice che per Lui non c'era posto, nemmeno in un albergo. Giovanni, precisa con cruda chiarezza fin dalla sua prima pagina che è venuto fra i suoi ma i suoi non l'hanno voluto accogliere, non ne hanno voluto sapere.
E tutta la storia di Gesù, a parte pochissime persone vinte da un Amore personale per Lui, è storia di respinte, di rifiuti, di emarginazioni da parte dell'autorità politica, militare, religiosa, da parte della cultura, dei suoi discepoli, delle masse popolari. di tutto un popolo, fino alle misure estreme della crocifissione, gettato a morire come un cane, fuori della «città».
Questa è la storia di Dio fra gli uomini. Almeno così come noi cristiani crediamo che sia, facendo Fede sulla Scrittura e sulla Tradizione. E cioè liberata e ritornata alla lettera della verità, genuina e schietta, come deve essere un racconto storico, composto di fatti, di avvenimenti, di realtà di cose.
Dopo, questa nascita di Dio fra gli uomini, è diventata il Natale. E c'è posto nel cuore di tutti e nelle case e nelle città per il Natale, non altrettanto per la nascita di Cristo fra gli uomini. E la dissociazione fra natale e nascita di Cristo è un fatto spaventoso.
Il mondo è diventato «cristiano». Ma fra il cristianesimo del Vangelo e il cristianesimo dei cristiani e della Chiesa (il cristianesimo nelle chiese) la diversificazione sgomenta fino all'inconciliabilità.
Ne consegue un fatto curiosissimo (e impressionante a ben pensarsi) che soltanto a farne esperienza è possibile valutarne tutta l'enormità.
E cioè che a cercare di riprendere dei motivi fondamentali del Vangelo (è molto semplice farne una elencazione di questi motivi) si rischia immediatamente di essere respinti da tutti.
Si rischia di essere così tanto respinti da tutti che praticamente questo annuncio chiaro e tondo del Vangelo è impossibile, perché assolutamente controproducente.

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Immediatamente si perde, se l'evangelizzazione si presenta e argomenta direttamente dal pensiero di Cristo e dalla. sua parola, nuda e cruda, come è possibile leggerla sulle pagine del Vangelo, si perde la comprensione e l'approvazione della Chiesa. Perché l'esclusione di tutta la teologia (e cioè dei teologi), della patristica (e cioè di come hanno visto e vissuto il Vangelo i cristiani di secoli e secoli fa) dell'esegetica (gli studiosi e cioè gli anatomici della Parola, anche di quella che si è fatta carne e è venuta ad abitare fra gli uomini) della pastorale (cioè della pastorizzazione del Vangelo secondo i dosaggi ben calcolati degli specializzati e secondo le esigenze e le possibilità digerenti del popolo cristiano), l'esclusione cioè di tutta quella farragine di cose che gli uomini di chiesa hanno incrostato sul Vangelo fino a riscoprirne la pagina vergine e a proporla, più intatta che sia possibile alla realtà dell'esistenza, comporta una evangelizzazione liberata, che insospettisce immediatamente la Gerarchia.
Continuando in questa evangelizzazione cercando anche realizzazioni concrete, forme esistenziali, scelte ben delineate e seriamente qualificanti, il sospetto cresce e piano piano e a volte anche di colpo e pubblicamente, si tramuta in una vera e propria respinta.
E nasce nell'intimo della coscienza, fino a volte a possibilità d'incrinature della saldezza della Fede, la discriminazione fra Chiesa e Vangelo, Gerarchia e Parola di Cristo, apparato ecclesiastico ed esistenza cristiana. Con la conseguenza di una necessità di scelta e quindi di una inevitabilità di contrasto e di lotta.

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Nella ricerca di una fedeltà a Gesù Cristo, di un consenso totale a Lui fino a farne, di Cristo, la scelta e la determinazione della propria vita e giocare su Lui i modi e le misure del proprio rapporto con l'esistenza e la storia, si rischia di essere respinti da tutti.
Respinti anche, e tanto più, da uomini e gruppi, organizzazioni ecc. che il messaggio di Cristo raccolgono (anche perché al fondo di questo messaggio vi è sicuramente l'antica ispirazione cristiana) nei suoi valori umani, nelle sue chiarezze rivoluzionarie, nei suoi formidabili annunci e impegni al rinnovamento della vita e della storia, ma ne respingono la metodologia di urto e d'incidenza fatta di valori religiosi, motivata dall'Amore verso tutti dalla volontà di salvezza, assolutamente non di tutto, ma senza dubbio di tutti.
E la non violenza è discorso che comporta respinte pesanti. No ad ogni militarismo, condanna di ogni e qualsiasi guerra, comporta dissensi inevitabili. La rivoluzione armata, la giusta vittoria della classe del proletariato unicamente attraverso il rovesciamento violento dell'oppressione, la volontà a tutti i costi della liberazione dell'uomo compresa la violenza sull'uomo, non può che provocare rifiuti dolorosi e irrimediabili.
Perché anche qui non è possibile e tanto meno giustificato forzare spiegazioni esegetiche sulla parola di Cristo o visioni di Lui, diversificate dalla percezione semplice e schietta del Vangelo, nella faticosa e artificiosa ricerca di possibilità di accostamenti e di comunicabilità impossibili.
Rimane semplicemente il constatare vie diverse sulle quali coraggiosamente camminare e lungo le quali inevitabilmente scontrarsi: e nello stesso tempo cordialmente camminare affiancati, rivolti alla stessa meta, perché questa è indiscutibilmente la stessa, quella dell'uomo che sia uomo e dell'umanità che possa essere umanità (e è qui che si stabilisce la possibilità d'incontro anche col Pensiero di Dio e con tutta la realtà di Cristo).
Ma questo scontro-incontro è molto difficile e spesso la mano è tesa ma l'altra stringe convulsamente soltanto un fucile.
E la mano che stringe una croce e l'altra che stringe un fucile rendono impossibile una stretta di cordialità e di collaborazione. A meno che (e Dio ci liberi!), come dolorosamente successe nel terzo secolo e tragicamente continuò lungo i secoli e ancora continua, la croce non venga issata sui labari che conducono gli eserciti alla guerra o la benedizione consacri le armi e vescovi e preti cerchino di alleare Dio e Cristo alle forze armate.

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E una evangelizzazione chiara, coraggiosa, di rottura e di tentativo di costruzione dell'uomo diverso e nuovo, ottiene soltanto isolamento e respinte anche da parte del popolo. Di questo popolo, venuto fuori dalla scuola micidiale della vecchia aristocrazia che ha insegnato soltanto il classismo più deteriore e il diritto al privilegio.
Questo popolo allevato, piano piano alla mentalità borghese capace di appassionarsi soltanto al proprio benessere, pronta a farlo pagare a qualunque prezzo, dal colonialismo allo sfruttamento industriale. Questo popolo catechizzato con un insegnamento cristiano totalmente a ritorno personale, con cristi, madonne e santi e chiese e preti e sacramenti, tutti impegnati per un pacifismo pacioccone e rassegnato in questa vita e la pace eterna nell'altra.
Questo popolo, passivo e irresponsabile, accarezzato da liturgie sentimentalizzate ed evanescenti. Rinchiuso nelle case riscaldate, incollato alla televisione o istupidito nelle sale fumose dei cinema e dei bar o impacchettato nelle automobili a cercare una liberazione o a respirare entusiasmi e rabbia più che aria buona sulle gradinate degli stadi...
Questo popolo che crede soltanto nei quattrini che ha o in quelli che spera in facili guadagni e si-cure sistemazioni o al limite in quelli che sogna ad ogni giorno del Signore recitando la preghiera dell'il-lusione con la schedina del totocalcio...
Questo popolo a parlargli di Cristianesimo di Cristo e di Vangelo e di lotta per la libertà a forza di Amore, di valori molto più importanti dei quattrini, di solidarietà umana, di ribellione al sistema, di Dio, padre di tutti. di uomini uguali e fratelli, ecc., e chiedergli di rischiare un capello, di dare un minuto di tempo, di fare un passo in avanti, c'è da sentirsi compatiti, commiserati, guardati come gente pericolosa, rivoluzionaria, rompiscatole e immediatamente si è respinti. Gettati fuori a morire dissanguati sulla croce della solitudine.

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Per chi lo desidera, è possibile fare questa esperienza di come è facile e semplice perdere la stima della Chiesa ed essere tenuti ai margini(quando va bene e si è capaci di un minimo di strategia). Come e quanto è inevitabile l'impossibilità di legare con persone e gruppi e movimenti con i quali poter lottare per i valori fondamentali capaci di costruire una umanità diversa. Specialmente quando questi gruppi e movimenti e partiti sono dommatizzati e gerarchicizzati a S. Uffizio di venerata memoria. E come può succedere di perdere amici, simpatie, colleganze, comunità, rapporti e intese, soltanto a tirar fuori discorsi a base di Vangelo, e rifarsi a Gesù Cristo pienamente e totalmente, mettendosi a lottare contro questa nostra civiltà assurda, contro tutto il sistema che la domina e la governa, contro l'assolutismo della ragione economica, contro l'oppressione del benessere, lo sfruttamento dominante e a parlare di povertà, di lotta per la fraternità, di liberazione dell'uomo, della guerra del Vietnam, dell'America latina, del Terzo Mondo, dei diritti dell'operaio, dell'assurdità dell'esercito, della violenza poliziesca, ecc., ecc.
Allora si capisce come e quanto Gesù Cristo realmente divida, separi e allontani in una solitudine senza speranze, dove è possibile sopravvivere soltanto finché regge e sostiene la Fede: quella Fede che dà di credere in Gesù Cristo come abbracciati (e sarebbe più giusto, inchiodati) ad una croce rizzata in un deserto.
Dio si è fatto uomo ed è venuto a portare questa solitudine sulla terra, abitabile soltanto da gente fatta per essere perdutamente e unicamente Amore.


La Redazione


in Lotta come Amore: LcA gennaio 1973, Gennaio 1973

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