Gente del Vangelo

7 - Un lebbroso

Un uomo va incontro a Gesù lungo una strada della Galilea, lo supplica, gli si inginocchia davanti. E' un lebbroso, costretto a vivere ai margini dell'abitato: immagine di tutta una situazione umana emarginata, affidata al proprio destino a morire di malattie giudicate inguaribili.
Poteva dargli fastidio quella figura che di umano doveva avere ben poco. Ribrezzo, forse.
Ed è sempre con difficoltà che accogliamo il problema fatto caso concreto dinanzi agli occhi, in persone che non chiedono, ma supplicano, non espongono la loro situazione con educato distacco, ma ti si appoggiano addosso e ti scuotono a dar forza a parole che sentono inadeguate ad esprimere tutto un dramma.
La storia di tutti i giorni per chi lascia la porta di casa aperta o va in giro per le strade mescolato alla folla come Gesù.
«Se tu vuoi puoi guarirmi»: un atto di grande fiducia. E mosso a compassione, Gesù stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii guarito»: un atto di grande amore che non tradisce la fiducia. Poche parole tra i due, perché tutto è così chiaro che unicamente la nostra pigrizia e la nostra mancanza di fede hanno potuto inventare in simili occasioni un vocabolario di consolazione per poter continuare la propria strada senza disturbo alcuno.
Ma Gesù non si ferma a questo punto, rifiuta di considerare ciò che è accaduto come un fatto privato tra lui e l'uomo ormai guarito. «Guardati di non dir niente a nessuno, ma vai, mostrati al sacerdote e offri, per la tua purificazione quanto ha prescritto Mosè in testimonianza di fronte al popolo».
La Legge ha emarginato il lebbroso, la Legge deve riabilitarlo.
Gesù, rispettando le prescrizioni della Legge, pone questa di fronte ad un fatto nuovo che non può contemplare: non contro la Legge, ma certo fuori della Legge, oltre la Legge.
Un gesto di amore diviene gesto di lotta, teso a costringere le autorità e per esse tutto il popolo, ad emettere un giudizio sulla sua opera e la sua persona. Perché da questo ne venga un chiarimento anche se inevitabilmente ciò provoca un risentimento.
I sacerdoti, e con loro i farisei e gli scribi, sono costretti a sanzionare per la loro stessa Legge che i1 lebbroso è guarito. Farlo significa dar credito e stima a Gesù e soprattutto ammettere che in lui si compie la misericordia di Dio. Non farlo significa sopprimere le prove e non è cosa semplice. E' inevitabile lo scontro.
Perché la Legge, e con lei tutti i suoi rappresentanti, perde l'aureola di estrema sapienza e di supremo ragionevole giudizio, riducendosi ad un ruolo complementare di servizio, quando è chiamata a sanzionare una sapienza superiore, un modo tutto diverso di affrontare i problemi.
Un pericolo che non possono correre coloro che di questa Legge si fanno garanti e difensori perché da questa Legge traggono potere e privilegio e sicurezza. .
Così anche oggi. Ed è dimensione questa, di un amore che si mostra e diviene lotta, che i cristiani non possono trascurare. Perché l'amore non chiede unicamente di realizzarsi nell'opera buona, nella consolazione fraterna, ma di manifestarsi come forza, come unica energia capace di vita nel mondo. Per un chiarimento, per un manifestarsi di luce che non può essere assolutamente nascosta sotto il letto, anche se inevitabilmente ciò accentua le tenebre e le rende più tenebrose. Forse tutto questo ormai l'abbiamo compreso e fatto nostro. Allora non resta che imboccare una strada ed attendere l'incontro.


don Luigi


in Lotta come Amore: LcA dicembre 1972, Dicembre 1972

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