Evangelizzazione come lotta

Evangelizzare, almeno così ci sembra riflettendo sull'enorme problema dell'insegnamento religioso, è cercare di calare e di introdurre la verità di Dio manifestatasi da Gesù Cristo nel pensare degli uomini. E' rivelare, manifestare il pensiero di Dio e la sua Volontà alla intelligenza e al cuore dell'umanità. E' tentativo di mettere in comunione il Mistero di Dio con il mistero umano attraverso Gesù, che noi crediamo vero Dio e vero Uomo.
E siccome la Parola di Dio si è fatta carne ed è ad abitare fra gli uomini da dopo che Gesù è nato e continua a vivere dentro la vita per la sua Resurrezione, evangelizzare è annunziare Lui parlare di Lui, manifestandolo e offrendolo a tutta la realtà della vita umana.
Evidentemente, trattandosi di Dio il suo annuncio non può essere una scienza o un trattato di cognizioni, di cose da sapersi. Trattandosi di Gesù Cristo, Dio fatto Uomo, il parlare di Lui è assurdo che possa significare soltanto un raccontare la sua storia, spiegare le sue parole, approfondire il suo pensiero.
Fare della evangelizzazione una predicazione è un grosso peccato di cui noi della Chiesa portiamo una pesantissima responsabilità. Perché abbiamo fatto del Cristianesimo una dottrina parolaia, un insegnamento verboso senza fine, un magistero che si conclude sempre e soltanto in un insegnamento.
Tutta la problematica pastorale più urgente e assillante è nell'inventare strumenti catechetici, nel tentare catecumenati per trovare spazi e tempi per un addottrinamento, creare occasioni per approfittarne e calarvi dentro la sapienza, organizzazione di corsi, incontri, aggiornamenti per espandervi teologie, conferenze e dibattiti e tavole rotonde per suscitare interessi e ai soliti gruppi ammannire raffinatezze bibliche ed esegetiche.
Senza considerare - anche perché il discorso potrebbe risultare molto strano e suscitare inutili e vuoti risentimenti - la sconsacrazione della liturgia facendole spesso perdere la sacralità dell'incontro con Dio, cuore a cuore, nel silenzio dell'adorazione e nella profondità della Fede, per farne un'occasione catechetica di un parlare e parlare, di uno spiegare verboso e fastidioso, sempre per insegnare, addottrinare, fino alla nausea, all'insopportazione.
La Chiesa (tutta la Chiesa, ma in questo caso la Chiesa della pastorale come soggetto) avrà tanti problemi e assilli e disperazioni, però sopra tutti ha l'angoscia inconsolabile che il popolo è e continua ad essere di un'ignoranza religiosa spaventosa, irrimediabile. Un abisso nero, buio, una materialità accecante, una sordità cupa, una insensibilità refrattaria.
Dopo secoli di teologia eccoci a che punto siamo.
E possono venire in mente molte cose, ma senza ombra di critica e tanto meno di polemica può anche venire in mente che tutto un metodo di evangelizzazione non sia stato quello giusto e cioè non sia stata semplicemente, così come dovrebbe essere, evangelizzazione.
E siccome si sente dire frequentemente che bisogna ricominciare tutto da capo (che pena che tutta quella oppressione di insegnamento dottrinalistico, predicatorio, teologico ecc. i tempi, con la spietata resa dei conti che sempre comportano, ci costringano a queste costatazioni di fallimento, mentre ad illuminare dovrebbe essere più che sufficiente la Parola di Dio...) è semplicemente doveroso cercare di confrontarci, serenamente e fraternamente, sul problema dell'evangelizzazione.
Sta il fatto che tutti siamo tenuti, in quanto cristiani, all'evangelizzazione. Guai a me se non avrò evangelizzato, ogni cristiano può dire con S. Paolo. La missione di evangelizzare fino agli ultimi confini della terra e cioè in tutta la realtà della vita, appartiene alla Chiesa, al popolo di Dio, al cristiano, a chiunque ha ricevuto il dono della Fede che è luce accesa per illuminare tutti quelli di casa e la casa è tutta la terra.
Evidentemente l'evangelizzazione non può che essere il rapporto cristiano che ciascuno ha con la vita, con i fratelli, con l'umanità. Perché un Cristianesimo passivo, ad uso personale, a ritorno sul se stesso, non ha senso: è negazione di Amore, e cioè un'assurdità.
L'evangelizzazione è quindi prima di tutto una presenza cristiana nella vita, nelle condizioni esi-stenziali nelle quali viviamo.
Anche per la Chiesa, anche per lo stesso Magistero, per i vescovi, per il clero, per la Chiesa cosiddetta docente, l'evangelizzazione è prima di tutto una presenza cristiana, una realtà concreta d'esistenza costruita, determinata dalla Fede cristiana, nelle condizioni storiche in cui la Chiesa sta vivendo.
E' da questo rapporto, da questa illuminazione, da questa provocazione esistenziale che nasce e si sviluppa e si realizza l'evangelizzazione fino alle misure della Parola, «al gridare sui tetti tutto quello che si è ascoltato nel segreto».
E' un vecchio discorso che può essere sbriciolato fino ai livelli deprimenti e spesso farisaici del buon esempio, elevato fino alla montatura vanificante della testimonianza; ma può essere anche formidabile indicazione del problema-dovere essenziale della evangelizzazione.
E cioè della necessità del rompere con tutto un mondo col quale è sincerità ed autenticità cristiana, semplice e normale, il rompere. E annunciare e cioè portar dentro una diversità e una novità che è per l'appunto il Cristianesimo, questa realtà di vita, di umanità nuova, pensata da Dio, realizzata da Gesù Cristo ed affidata per l'evangelizzazione nella storia alla Chiesa, popolo di Dio.
Esprimiamo con semplicità la nostra Fede cristiana, come è fatto il nostro Amore alla Chiesa come ci sembra che debba concretizzarsi (farsi carne e sangue e dunque Croce) il rapporto fra noi cristiani e il mondo in cui viviamo, filo d'impegno d'evangelizzazione che ci lega al nostro tempo.
E' di qui, da questa viva e profonda responsabilizzazione cristiana, che ci sembra che evangelizzare, prima ancora che predicazione, addottrinamento, insegnamento o se non altro nel frattempo, senza dubbio per poter realizzare le condizioni indispensabili per l'autenticità della Parola, voglia dire affrontare una lotta.
Quando Gesù diceva le sue beatitudini faceva un tremendo annuncio di lotta.
Quando gridava i suoi «guai a voi» era un appassionato grido di Amore che lottava. Perché il suo essere segno di contraddizione; una realtà di rovina e di salvezza, un fatto di discriminazione e un crocevia nella storia di ogni uomo e dell'umanità, rientra e è parte essenziale nel suo essere il Salvatore del mondo, cioè colui che dà all'umanità di avere nella sua storia il bene totale e la respinta al male assoluta.
L'evangelizzazione ha bisogno di questa chiarezza, di questo «tutto nella luce» di Cristo. Quindi ha bisogno di lotta, non può fare a meno di lottare.
Perché la svincolazione della Parola in catene avviene soltanto attraverso la lotta. Perché l'uomo nuovo è sulla morte di quello vecchio che risorge. Perché l'adorazione a Dio e il servizio a. Lui solo è possibile soltanto calpestando e respingendo la potenza del mondo. Perché per piacere a Dio bisogna inevitabilmente rompere con Mammona...
L'evangelizzazione è l'annuncio di una scelta chiara, coraggiosa, irreversibile, pazza quando si vuole, ma che gioca tutto sulla Parola di Dio e a seguito del Mistero di Cristo. E per realizzare nel mondo, nella vita, nella storia, non una civiltà (che idea assurda e per lo meno equivoca questa della civiltà cristiana) ma una cristianità, cioè gente, poca o tanta che sia, libera e tutta nella luce, che richiami l'umanità a essere fa-miglia. di Dio e ne possa essere il segno e la garanzia.
L'evangelizzazione è l'annuncio di una lotta contro le sistemazioni più o meno legalizzate dal potere degli uomini, contro i valori furbescamente proposti come assoluti, contro gli imbrogli più o meno diplomaticizzati di chi decide tutto per quelli che non possono mai decidere nulla, contro le potenze delle tenebre che dominano il mondo e traboccano di schiavitù gli individui e i popoli...
Essa è l'annuncio, che non può non tradursi in lotta, che gli uomini sono figli di Dio, fratelli fra loro, uguali nei diritti e nei doveri umanità destinata alla pace, fatta per bontà, vera unicamente nell'amore, autentica soltanto nella libertà, umanità in cammino per una liberazione incessante e crescente, fino alla compiutezza del Regno dei Cieli.
Evangelizzazione come lotta perché occorrono delle scelte e quindi dei contrasti, ma non è possibile evitare lo scontro e logicamente il rimetterci tutto: la perdita di privilegi, il servire senza vantaggi, il morirci dentro...
Tutto quanto il cristianesimo deve sapere e non a discorsi evanescenti o a vacue esaltazioni, ma attraverso una evangelizzazione fatta di scelte da chi è il Magistero, da chi è l'insegnante, da chi è il catechista e quindi da tutto un popolo, se e in quanto è popolo che questa evangelizzazione raccoglie e vi consente.
Altrimenti bisogna scuotere perfino la polvere del calzari.
Pensiamo che l'evangelizzazione o affronta questa problematica di concretezze esistenziali storiche, capace di rendere chiaro, visibile l'annuncio oppure non rimarrà che rifarci eternamente alla catechizzazione dei bambini scervellandosi ad inventare nuove e più efficaci catechesi per il battesimo, per la cresima, per la prima comunione etc. con la certezza di ritrovarci sempre alle amarissime delusioni di quando i catechizzati arrivano a quindici anni (tanto per essere generosi) o mettono piede in una scuola superiore o in una fabbrica.
E' possibile o no evangelizzare la vita adulta responsabile, le condizioni normali dell'esistenza, portare il Vangelo,. cioè, dentro la realtà quotidiana della vita individuale, familiare, sociale e quindi della vicenda della storia?
Noi crediamo profondamente a questa realtà di evangelizzazione e chiediamo perdono di avere la presunzione di offrire agli amici questa nostra Fede.


La Redazione


in Lotta come Amore: LcA dicembre 1972, Dicembre 1972

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