Riportiamo una brevissima sintesi di uno spettacolo popolare a impegni pastorali. Il testo è di don Sirio. E' stato realizzato a Viareggio da un gruppo di giovani.
1.a parte: il lavoro.
Una chiesa. Qualche cenno di inizio di liturgia. Gli spettatori seguono, unendosi alla celebrazione. Improvvisamente l'urlo di una sirena di autoambulanza, si spalanca la porta e gli attori sparsi tra il pubblico si precipitano a vedere cosa è successo. Una barella con un corpo inanimato coperto da un lenzuolo. Una voce grida: "Portatelo in chiesa, a insanguinare un altare,
a macchiare la tovaglia che il Corpo e il Sangue di Cristo ogni giorno raccoglie".
E' un operaio, uno delle diverse migliaia all'anno, ucciso da un infortunio mortale sul lavoro.
Gli operai raccontano cella inumanità del lavoro e processionalmente cantando portano il compagno caduto sull'altare. Dietro segue la moglie e alcune donne con lei.
"O Cristo Signore Dio, fratello di tutti, immagine eterna di noi,
nato dal seno di Dio e dal grembo immacolato di donna, sei tornato crocefisso ancora una volta ... ."
E prorompe lo sconforto della vedova, la ribellione, l'accusa violenta e appassionata contro tutto il sistema che ha portato alla morte il marito e conclude:
"Non so dove lo potrò ritrovare ma, credo, sempre su quest'altare:
il suo sangue mescolato con il tuo, (quello di Cristo) la tua innocenza simile alla sua:
insieme vi chiamerò Amore mio,
perché unico Amore insieme allo sposo mio sei tu Cristo Signore Dio!".
Un canto operaio, insieme a considerazioni pessimistiche del gruppo di operai, conclude lo sconforto, la desolazione, l'abbattimento che ha dominato tutta la scena. Ma all'improvviso si accende un canto giovanile a ravvivare la fiducia, a infiammare la speranza:
"Non a seppellire qui siamo venuti ma risuscitare insieme compatti.
Siamo qui a raccogliere il Sangue di Cristo e tutto il Sangue di tanti poveri cristi,
perché rossa di sangue è la nostra speranza!".
E il canto continua e è come una luce nuova colmata di fiducia e di speranza e mentre "l'uomo vecchio" g,rida:
"Vi scongiuriamo, non imparate da noi a costruire la casa a gabbia dorata
per una fetta di potere a tradire il fratello,
per un pugno d'oro a schiacciare il compagno, per ideali diversi a mangiarci tra noi".
"L'uomo nuovo", la giovinezza, nata dal sacrificio, richiama all'impegno di essere creazione nuova:
"La morte ci ha chiamati tutti alla vita usciamo di qui come nuovi dal lavacro di sangue
di Cristo e di un nostro fratello".
Tutti si fanno intorno all'altare e alzano verso l'alto la barella con il caduto, in un gesto di offerta e di consacrazione:
"Popolo, popolo, popolo, famiglia infinita di Dio!
Dio ti chiamiamo da ora e per sempre, per noi e per tutti e tu chiamaci Figlio!".
2.a parte: la guerra.
Ancora la chiesa. l'altare. Sulla barella vi è ora un soldato caduto in guerra, coperto da un lenzuolo e un giubbotto militare. Un soldato per piangere e ribellarci contro la guerra, contro tutte le guerre.
Musiche militari. Una voce che grida proclami di guerra, discorsi patriottici, ecc. Tre o quattro soldati, seduti per terra, sugli scalini dell'altare, visibilmente depressi, si lasciano andare a contestazioni violente contro tutto quello che è opera di guerra.
"E' un nemico della povera gente chi parla incitando alla guerra
prepara la morte anche se parla di pace, di onori, di gloria!".
"Ci han benedetti per balzare all'assalto perché Dio ci aiutasse a uccidere l'altro
e ci dicevano che santa era la guerra quest'orrore infangato d'acqua benedetta!".
Prorompe un canto di risveglio antimilitaristico della coscienza cristiana:
"...O popolo popolo, distruggi i cannoni e come il sogno che Dio ha sognato
di spade e di lance fai attrezzi da grano".
La mamma (segno e realtà di tutto il dramma di dolore che la guerra scatena nella famiglia fino a sconvolgerla tanto violentemente) inizia e descrive il suo dolore, la sua disperazione, affronta però tutto il suo problema della guerra nella sua spaventosa disumanità, spiegata e giustificata soltanto dalla spietatezza della ragione economica, politica e militare:
"Lo posso gridare, io sono la mamma che siete voi a vestire di nero,
voi che le armi per i vostri sporchi guadagni fabbricate
voi, sfruttatori della disperazione del mondo, che poi le vendete,
voi della politica, che sulla potenza militare campate,
voi che dell'esercito siete i padroni, generali di corpo d'armata".
"O mamme, o mamme gridiamo,
ladri e assassini a chi vuole le guerre".
"O mamme, o mamme, se contassimo i figli
che le guerre han divorato:
sono i figli della povera gente
chi ha versato il sangue in tutte le guerre!..".
Le si stringono intorno donne e giovani ragazze che si uniscono alla mamma fino a respingere il folclore dei canti di guerra:
"Non mescolateci ai vostri cannoni
non cantateci con cuore che odia
con la mano tenendo il fucile
a uccidere l'amore di una nostra sorella!
No, no, non ci batte più il cuore
quando passa e canta il reggimento ..".
Si leva un canto di ribellione alla guerra:
"Ribellati o popolo alla legge di guerra
lavati il sangue che le mani ti macchia
se vuoi che Cristo ti senta fratello
e il Padre del cielo ti consideri figlio ....".
Segue la lettura di alcune condanne al carcere di obiettori di coscienza. Immediatamente tra il pubblico tre giovani si dichiarano obiettori di coscienza:
"Signor generale,
quando la gloria non sarà più sangue sul campo di battaglia,
ma sarà gloria la strada, la scuola, il campo arato, la casa popolare,
tutta la storta di gloria e di boria conquistata a vostro comando
a chi la racconterete? Io ve lo domando....
"Non voglio sferragliare un carro armato
o alzare il tiro di un cannone puntato:
un trattore colmato di sole e di azzurre, ho sempre guidato".
''Vi sono ospedali e scuole e case da costruire,
non voglio scavare trincee, imparare ad uccidere e seppellire dei morti,
voglio cantare canti di pace
e lavorare dove c'è bisogno di braccia giovani e forti".
Uno dei soldati, compagni del caduto, visibilmente scosso dal problema, si alza, si toglie il giubbotto militare gettandolo sulla barella del caduto:
"Non voglio divise di guerra
Non voglio essere uomo di morte.
Voglio lottare contro una legge di patria
Che ti condanna se uccidere non vuoi
Che ti condanna se rifiuti di essere uomo di guerra!".
Tutti gli obiettori si uniscono insieme e gridano:
Siamo obiettori di coscienza..
Giudicateci come volete, generale di corpo d'armata,
la nostra risposta è una sola: no alla guerra e a chi la prepara".
Riprende fortissimo e appassionato il canto: ribellati, o popolo.. che a questo punto anche tutto il popolo canta.
3.a parte: il giudizio
Ancora la chiesa e l'altare dal quale è stata tolta la barella. Ora vi verrà innalzata una croce. E' davanti alla Croce, sulla parola di Cristo, che è il giudice dei vivi e dei morti, di ogni giorno e dell'ultimo giorno, che l'uomo e l'umanità verranno giudicati: l'impegno di ogni cristiano è di lottare perché la giustizia, secondo questo giudizio, sia fatta nel mondo.
Questa ultima parte deve avere chiarissimo un andamento liturgico, profondamente religioso.
Una musica d'organo. Una voce proclama il brano di Vangelo di Mt. 24,29-31.
Dall'ingresso avanza una processione di giovani che portano una grande croce e cantano:
"Portiamo una croce, la croce del mondo, vi è sopra inchiodato un nostro fratello: si chiama Gesù e lui è tutti i fratelli crocefissi su tutta la terra... ".
Arrivati all'altare, la croce viene issata sopra a dominare tutta la scena.
Una voce proclama:
"Alziamolo su, su questa pietra, pietra che è tutta la terra,
è ancora rossa del sangue della nostra morte in pace e in guerra".
Rivolto alla croce:
" ... ascolta, o Cristo, le nostre parole, ci mettiamo a nudo qui davanti a te e tu giudica il nostro peccato
e ognuno di noi si porterà nel cuore il tuo Amore o la tua maledizione".
S'inizia un dialogo, più che altro rivolto al Crocefisso, riprendendo le sue parole e verificandole nell'andamento della vita e. della storia. Il ricco (e la ricchezza) il povero (e la povertà), l'operaio (e la condizione di sfruttamento del lavoro), il potere (con tutto l'ingranaggio spietato della potenza politica, il perseguitato dalla cosiddetta giustizia (il sistema legislativo e giudiziario sempre a servizio di una giustizia unicamente a sostegno di realtà terribili d'ingiustizia).
"La storia continua come sempre
e tu, Cristo, sei nell'ingranaggio del potere
e gravi anche tu sul popolo
anche tu a mettere fiori nelle sue catene!
Sei morto in croce allora
non so se sei risorto,
la tua morte ci conviene
detestiamo la tua risurrezione.
E se gridi le tue antiche parole
a ribellare la schiavitù della povera gente
non ti lasceremo in pace, o Cristo risorto,
ti arresteremo, ti flagelleremo, a morte ti condanneremo
ai quattro chiodi degli angoli del mondo,
ad agonizzarvi l'agonia dei poveri
e a morirvi la morte di tutti i giustiziati...
a meno che di paradiso parli
o d'Amore, ma dopo la fine del mondo!.. ".
E dopo un appassionato richiamarsi a Gesù Cristo da parte del perseguitato dalla giustizia, si fa buio e una voce grida la chiamata al giudizio:
"Giorno verrà ed è oggi, che tutto è chiamato a giudizio!
C'è un tribunale, o uomo, che non si compra e non si sbaglia... ".
Riprende una musica d'organo. Si accende una luce su un gruppo di ragazze che portano un grosso volume del Vangelo.
Lo intronizzano su un leggio; in mezzo, davanti all'altare dove è sopra la croce e vi si raccolgono ai piedi, intorno al leggio. Cantano accompagnandosi con una chitarra, quasi salmodiando, le Beatitudini, brani del Vangelo, tutto in una viva e scoperta attualizzazione della Parola di Dio.
Ad ogni brano cantato, seguono letture parafrasate del Vangelo da parte di giovani:
"Beatitudine sia con voi che ora patite afflizione
perché non potrà mancarvi la gioia della consolazione.
Venite, benedetti, dove l'Amore è l'unica legge
voi che divideste il pane della gioia con chi moriva di fame
e offerto avete a tutti la sorgente d'acqua a cui voi avete bevuto!".
"Guai a voi, uomini di governo,
che pulite il di fuori del bicchiere e del piatto
e coprite il di dentro
che è pieno di rapine e di ogni lordura!
Guai a voi, ipocriti della politica,
perché siete come sepolcri imbiancati
belli di fuori e marciume di dentro
ripieni di ossa di morto."
"Beati voi che avete la fede di lottare e di morire
senza vedere quale sarà il frutto della vostra fede
e ciò che nascerà dalla vostra morte!...
"Maledetta sia la nazione che con la forza dei suoi militari
ha crocefisso un innocente e povero popolo
e schernendolo ai piedi della croce
se ne divide le spoglie.
E maledetto sia il regime
che la libertà ha chiuso nel sepolcro
e i sigilli vi pone e alla polizia si affida
per impedirne la resurrezione... ".
S'inizia una musica d'organo, sempre in crescendo insieme alle voci del gruppo di giovani e ragazze che incalzano affermazioni appassionate del Vangelo, concludendo a gran voce:
" .. .il piccolo seme che cresce a dominare la storia
il sale che dà sapore alla terra
il pugno di lievito che lievita il mondo... ".
A questo ultimo grido si sovrappone il canto finale:
"Venite, fratelli vi sono parole
da gridare nel mondo gridiamole insieme
e le ascolti tutta la terra".
E continua il canto, mentre il gruppo che ha realizzato la rappresentazione ritorna tra il pubblico.
in Lotta come Amore: LcA ottobre 1972, Ottobre 1972
Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455